Alberto alza gli occhi sul gufo. Il rapace lo fissa dall'alto della conifera su cui è appollaiato. Un fruscio alle spalle si accompagna a un rumore di passi. Qualcosa lo sfiora, lui fa in tempo ad afferrare una mano e a trattenere la figura che ha cercato di superarlo. Due occhi del colore dell'ardesia gli guizzano addosso come fiammelle. Sofia... La donna scuote la testa. Un secondo suono lo scuote. Sofia lo apostrofa con una smorfia. Io mi chiamo Serena. Ehi, stanno suonando alla porta! Al terzo suono l'ingegnere apre gli occhi e, dopo aver realizzato di avere sognato, si alza lentamente ed esce dalla camera.Scende le scale barcollando come il reduce di una sbronza colossale. Si prepara a vedere il suo vicino, ma quando apre la porta è costretto a respingere le intenzioni più bellicose. Davanti a lui si staglia una visione paradisiaca. Pelle di borotalco, una cascata di ricci dorati lasciati liberi sulla camicetta, in tinta con lo sguardo celestiale. Jeans a sigaretta avvolgono linee corporee armoniche e sinuose. È la donna che ha sempre desiderato, scesa da un qualche angolo dello spazio per rispondere al suo nascosto bisogno di amore. - Ingegnere Magnini? - - Sì. Lei è? - Nel presentarsi, ricorda di avere un pessimo aspetto. Barba di quattro giorni, pantaloncini a metà gamba, una maglietta con una scritta sbiadita al centro, buchi sparsi qua e là. Della serie, come far scappare una donna. - Io sono Deva Giuliani. Ci siamo sentiti ieri. - Alberto alza e abbassa la testa. - Mi ricordo. Ha ricevuto l'articolo? - Nello sguardo ceruleo, gli pare di scorgere una sorta di inquietudine. - Sì, l'ho letto. E, anzi, la ringrazio per la disponibilità. - Il sorriso che sboccia, come una corolla in primavera, lo incanta. La donna ha denti candidi incorniciati da labbra su cui è impossibile non soffermarsi. Lo scuote soltanto la voce in cui gli sembra di ravvisare una nota ansiogena. - Ingegnere, va tutto bene? - - Sì, stavo pensando a una cosa di lavoro. - Si scosta. - La prego, entri. Le posso offrire un caffè? - - Volentieri. - - Le faccio strada. - La guida nel corridoio, fino alla cucina, dove un raggio di sole illumina il tavolo su cui sono impilati alcuni piatti e pentole. Si affretta a riporle nel mobile, alla sinistra del tavolo, balbettando alcune scuse confuse. - Come può vedere, l'ordine non è il mio forte. - Deva ride, coprendosi la bocca con garbo. Il gesto lo incanta: quella donna si muove con gesti sicuri ma al contempo ovattati. - Immagino che sia single - gli dice. - Più o meno. - Deva aggrotta le sopracciglia. Lui la invita ad accomodarsi a capotavola, lei si siede accavallando le gambe. - Cosa intende per più o meno? - Improvvisamente sente le guance calde. Di certo sta diventando rosso per l'imbarazzo, così si affretta verso la macchinetta del caffè. - C'è qualcuno nella mia vita. - Balbetta, mettendo la tazzina sotto il beccuccio erogatore e infilando la cialda nel vano. - Cioè, c'è e non c'è. Insomma, la vita relazionale odierna si è complicata, la gente fugge ai rapporti. Fugge all'amore. - Preme il pulsante, il caffè scende rapido dal beccuccio. Lo ferma premendo di nuovo il pulsante. - Sì, in effetti, le relazioni oggi sono decisamente complicate. Ma del resto Battisti cantava questo folle sentimento - commenta lei, scintillando sicurezza. Alberto prepara il secondo caffè. Raggiunge il tavolo su cui appoggia le tazzine. - Zucchero? - - No, grazie. Io il caffè lo bevo sempre amaro. - Alberto si siede. - Ti faccio compagnia. Per questa volta, niente zucchero. - Ha sempre amato esagerare con lo zucchero. Ma in quel momento, gli basta guardare il volto di Deva per sentirsi pago. Insieme sorseggiano la bevanda, in un silenzio che sembra convogliare tanti detti. Alla fine, la donna prende dalla borsa lo smartphone. - Ha sentito suo marito? - La donna solleva gli occhi dallo schermo. Si sposta una ciocca di capelli caduta sulla fronte. La ciocca ricade di nuovo: questa volta è lui a spostarla. I suoi occhi lo sfiorano e lui si affretta a ritirare la mano, borbottando alcune scuse. Deva posa il cellulare sul tavolo. - Ho provato a cercarlo ovunque. Su Facebook, Skype, WhatsApp. Sono stata in attesa per ore. Niente. Così sono andata a dormire, ma ho passato la notte a girarmi e a rigirarmi nel letto, tipo pollo allo spiedo. A un certo punto, mi sono alzata, ho preso la borsa, ho infilato i primi cambi che mi sono capitati a tiro e mi sono fiondata in auto per venire qui. - Alberto fa per interrogarla, ma un beep la sottrae di nuovo alla sua attenzione. Deva fissa lo schermo per alcuni secondi. Si morde le labbra, le lascia andare, quindi scrolla le spalle. Quando rialza di nuovo lo sguardo, lui scorge una piccola smorfia che le increspa i bei lineamenti. - Ingegnere? - - Mi dica. - Deva fa un piccolo cenno. - Diamoci del tu. - - Certo. E ho una domanda per lei... per te. - - Non mi stupirei se le domande fossero più di una - ribatte la donna, prendendo dalla borsa un astuccio di metallo. - Le dispiace se fumo? - - Hai già dimenticato il tu? - Lei ride, nervosa. - Già... Ti dispiace se fumo? - - Per niente. - Deva si accende la sigaretta. Ogni gesto che fa è elegante e sinuoso. Sembra una di quelle dive dei film degli anni ‘30, avvolte in un alone di mistero e seduzione. Non riesce a smetterla di fissarla È rapito dalle labbra che soffiano ampie volute grigie, dall'espressione che vorrebbe aspirare il profumo di un loto straniante e sublime. Un altro messaggio la riporta di nuovo al cellulare. - Novità? - Le chiede trepidante. Deva lascia cadere il dispositivo. - Messaggio pubblicitario. - - Che scocciatori. - - Però... - - Cosa? - Un'altra boccata crea un momento di attesa. Alberto è ancora di nuovo incantato. La vede chinarsi sulla borsa, da cui estrae un foglio. - Ecco, ho dei sospetti. - Esibisce l'articolo che parla di Serena Balti. - C'entra con lei, ne sono sicura. - Lui resta fermo, a guardarla mentre termina la sigaretta. Per un attimo, vorrebbe sfiorarle la mano, sentire la consistenza della sua pelle, ma poi le intenzioni si arenano nel suo sguardo, nell'espressione di chi è in cerca di risposte che lui ha soltanto in parte. Sta per dire qualcosa, ma si ferma all'ennesimo messaggio. Questa volta è del suo telefonino. E non si tratta di pubblicità. Valerio spalanca gli occhi. È madido di sudore e si sente strizzato dall'incubo che ha tormentato il suo sonno. Rivede una donna bionda: non è Serena Balti, ma afferma di essere lei. Si muove zoppicante, nel volto la bellezza è un'impronta sbiadita. La donna si muove sullo sfondo di grattacieli meneghini accostati al Colosseo e alla Torre degli Asinelli. Nel garbuglio di rumori che lo assediano come un esercito di metallo, coglie lontani brani di discorsi in romanesco. La bionda si avvicina. È ormai faccia a faccia con lei, quando il volto cambia. I colori di occhi e capelli virano verso tinte più calde, le labbra si assottigliano, il naso si allunga. Sofia Magnini ha un ghigno che sa d'inferno. I vestiti sono sporchi del sangue che cola dalla ferita aperta sulla fronte. - Io sono Serena Balti. - La pelle si rinsecchisce, gli occhi si svuotano di vita, i capelli diventano stoppe color cenere. Il cadavere già freddo gli piomba addosso, insieme alla puzza di morte che gli muove un conato. Valerio lascia cadere il manichino congelato, di cui nota i lineamenti. Corre verso la finestra. La apre e respira a pieni polmoni l'aria mattutina per allontanare l'odore del marcio che gli sembra di avere inalato realmente. Lo fa desistere la zaffata proveniente dal campo attiguo. Valerio batte subito in ritirata. Si sfrega il corpo, come per ricacciare la sgradevole sensazione che gli è rimasta addosso. Mani assassine l'hanno toccato, ne è certo. Mani avvezze a ferire. O pronte a ferire. - L'amore non è un folle sentimento, ma solo una grande, abominevole cazzata! - La voce di Serena è il ruggito di una tigre ferita. Avanza, facendo oscillare il cutter davanti a lei. Sarebbe bastato uno scatto, per trovarsi il petto o il ventre squarciato, perciò Maddalena resta immobile, sperando in un qualche intervento esterno. Cerca di non farsi prendere dal panico. Vorrebbe essere nella mente della Balti per riuscire ad anticipare le sue azioni, ma lei non eccelle in lungimiranza. Deve prendere tempo, cercando di assecondare la sua aguzzina. - Sai - esordisce, evitando di guardare la lama - hai ragione! - La Balti la scruta con sospetto. - Su cosa? - - Sull'amore. È una grande cazzata, l'aborto dei sentimenti. - La mano si abbassa in maniera impercettibile. Le parole, tanto più incisive quanto azzeccate, hanno aperto uno spiraglio nelle intenzioni di Serena. Maddalena si sente confortata: sa dove deve andare, e prosegue. - Condivido il tuo pensiero. Alla fine è solo qualcosa che consente a un altro di portarti a letto. Pochi secondi di piacere, barattati con mesi di sofferenza. - Serena abbassa l'arma, Maddalena sente di poter prendere tempo. - E il principe azzurro? È solo una farsa, ma del resto è il personaggio delle fiabe. - - Le bugie narrative - sussurra la donna, che ha lasciato ricadere lentamente le braccia lungo i fianchi.
Roberta De Tomi
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