
Diritto e rovescio
- Chi ragiona col cervello degli altri, il suo se lo frigge in padella - così la maestra ai suoi alunni intendeva dare una spinta verso l'indipendenza mentale. Più tardi a cena Clelia si trovò nel piatto delle strane nuvolette fritte. -Mangia la ciccia, che diventi forte! - la madre decisa a nutrire la bambina di proteine e luoghi comuni. -Che roba è?- Clelia diffidente, ne tasta la consistenza con la forchetta dopo che la madre gliene ha riempito il piatto, con quelle sue dita pizzute. -Senza che cincischi il cibo nel piatto: sono animelle*.- -Cioè? - -Cervello fritto- -Ma se si dice - cervello di gallina - per dire che ne ha poco: questi sono tanti pezzi! - -Infatti non è di gallina ma di mucca! -
Era il compleanno di Milvia. -Allora dimmi, vieni stasera al ristorante per la mia festa di compleanno? - -Sicuro: dove e quando? - -Lo stesso posto della festa di laurea di Giacomo. Alle venti- -Ci vediamo là- con amici di vecchia data non servono molte parole. Una tavolata allegra con commensali ugualmente voraci sebbene diversamente assortiti, per età professione, genere e provenienza. La trattoria è casareccia nello stile della location con tovaglie a scacchi rossi e sedie impagliate. Menù regionale, rigorosamente.
Piatto tipico, una versione di lasagna ben precisa, con ragù ottenuto da un mix di carne di differenti animali. Luciana, la cugina di Milvia ne chiede la ricetta. Il proprietario, che si è avvicinato per salutare gli abituali clienti, è ben contento di esibirsi anche come chef oltre prendere le ordinazioni. - Strisce rettangolari di pasta all'uovo disposte a strati e farcite con ragù di carne suina, regaglie di pollo, cervello bovino, cosparse di parmigiano e cotte al forno. - Le facce degli avventori danno segno di impazienza : tutti vogliono gustare proprio quel piatto: Milvia dice che ce li ha portati apposta. Clelia è ancora assorta nel menù. Tutti gli sguardi sono rivolti a lei in attesa che si decida. -Per me un risotto ai funghi porcini. - Il proprietario non fa una piega. Molto professionale. Il locale ha un grazioso giardinetto. A metà cena, Pino, uno degli amici invitati, medico neurologo, esce per una pausa. Clelia lo segue. -Pensavo volessi fumare- -Una salutista come me? - -Cosa non andava con la lasagna? - -Ah, si è capito qualcosa? - -No, è per sapere: non vorrei fartela trovare qualora ti invitassi a casa mia!- -Non mi piace godermela a spese altrui- -Reputi così miserabile Milvia? - -Ma che dici! - -Non mi piace mangiare la sofferenza degli animali, tutto qua. - -Scherzavo. Capisco. E non hai tutti i torti, sai? - -Ah, sei d'accordo? - -Sono un neurologo. - -E io una antropologa. - -Ti stai riferendo ai cannibali? - -Esatto: non si cibano dei loro simili per fame o per gola, ma nella convinzione di carpire le qualità del defunto, assimilandole mangiandone il cervello. - -E non sono lontani dal vero: nelle cellule del cervello restano registrate per via chimica le emozioni del soggetto. Questo lo so per certo: anche sotto anestesia il dolore e la paura non percepite sul momento grazie al narcotico, restano comunque fissate nei neuroni dell'individuo condizionandone la vita al risveglio, anche senza che lui se ne renda conto.- -Esatto: resta da vedere se dopo la morte avviene una cosa simile, se non proprio la stessa: la narcosi non è la morte e il soggetto torna vivente con cellule attive. - -Corretto: non possiamo sapere quanto restano - vive - dopo la morte le cellule in questione. Insomma la sofferenza inflitta agli animali durante l'allevamento e l'uccisione, può arrivare sulla nostra tavola o no? Ma resta il fatto che chi se ne ciba è consapevole del percorso straziante fatto dall'animale fino alla nostra pancia. -
Claudia Calisti
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