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Autore: Marianna Di Nardo
Con Te Ricomincerò
Narrativa Romance
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Con Te Ricomincerò
Era già da un bel po' terminata la storia con Davide, una storia che mi aveva lasciato molto amaro in bocca. Avevo sempre pensato che fosse colpa mia la causa dei nostri litigi, delle nostre incomprensioni, ma a distanza di tempo mi rendo perfettamente conto che di colpe io non ne avevo. Aveva un modo di fare alquanto singolare, mi colpevolizzava in ogni situazione, senza dare possibilità di replica. Si era creato un rapporto decisamente conflittuale, dove a pagare ero sempre io. Non me ne rendevo conto, presa dal mio lavoro accettavo questa relazione, della quale, pur facendomi stare male, non riuscivo a liberarmi.
Un giorno, e questo è stato l'input che mi ha aperto gli occhi, l'ho visto con un'altra. Ero uscita prima del solito dalla mia agenzia di viaggi, che gestisco da alcuni anni insieme a Paola, la mia collaboratrice. Mi ero diretta a piedi verso il centro con l'intento di acquistare un abito per l'estate, ne ho diversi nell'armadio ma ne volevo uno più corto con bretelle e molto svasato. Fuori da un bar, seduto a un tavolino, c'era lui, mano nella mano con un'altra. Ma perché? Che ragione c'era di continuare con me? Se fossimo stati sposati, con figli, può darsi che questo comportamento avrebbe avuto una ragione, ma nel nostro caso non assumeva alcun senso logico. Se non mi amava più se ne poteva andare.
Ecco! Alla vista di quel quadretto “romantico” tutto mi apparve chiaro nella mente: capii i suoi comportamenti, i suoi menefreghismi, il suo distacco, la sua freddezza. E io che mi sentivo anche in colpa! Come avevo potuto essere così cieca, mi sentivo devastata dentro, mi sentivo il mondo crollato addosso. Non riuscivo a muovermi, mentre le lacrime iniziarono a solcarmi il viso, un pugno nello stomaco mi avrebbe fatto meno male. Riuscii a sbloccarmi e iniziai a piccoli passi a tornare a casa.
Mi cercò al cellulare per diversi giorni, poi venne in agenzia; parlava, parlava, io non l'ascoltavo, non rispondevo, per me non c'era nessuno. Si arrese, andò via e non ritornò più.
Le mie lacrime continuarono a scendere copiose per molti giorni ancora, lacrime di dolore, d'angoscia, di desolazione, ma anche lacrime di gioia per aver finalmente scritto “fine”.
C'è voluto un po' di tempo per iniziare ad avere una vita sociale, finché un giorno, spulciando in internet, vidi che nella mia città c'era un'associazione, o per meglio dire un movimento culturale, che si batteva per i problemi ambientali. Dissi a me stessa: “Questo è quello che ci vuole per me.” E senza pensarci molto mi iscrissi.
Iniziai a frequentare assiduamente ogni giovedì pomeriggio. Mi piaceva, conobbi molte persone dotate di una spiccata sensibilità e amore per la natura e l'ambiente, e anche un modo molto civile di intendere i rapporti umani e sociali.
Filiberto, il capogruppo della nostra città - perché ogni città ha un proprio capogruppo -, si è mostrato fin dall'inizio molto corretto e disponibile. È una persona con grande cultura, umanità e senso di solidarietà verso le persone meno abbienti; infatti versa una quota mensile per tutti i senzatetto, si dà molto da fare. È eccezionale. È uno spirito libero, sincero, divertente e ha un debole per tutte le persone in difficoltà. Ripete sempre una frase: “Pensateci, volete guardarvi indietro e dire ‘Ho solo consumato e lasciato tanta immondizia'? Oppure preferite pensare di aver fatto qualcosa per rendere il mondo migliore?” Penso sia un grande filosofo. È così!
L'altruismo è un valore neanche troppo difficile da coltivare; quando si fa qualcosa per gli altri fa bene soprattutto a noi stessi, ci aiuta a superare anche momenti bui della nostra vita, ci dà la forza e il coraggio, ci migliora.
Mi iscrissi anche in palestra, che frequentavo il lunedì pomeriggio. Iniziai con il pilates, un metodo di allenamento per aumentare l'elasticità delle articolazioni e per allungare i muscoli; sostanzialmente non è una comune ginnastica, serve a rafforzare la muscolatura della colonna vertebrale. È importante anche la respirazione, infatti penso che il pilates debba molto allo yoga. La mia istruttrice mi diceva che comprende più di cinquecento esercizi utili per qualsiasi problematica. Prima di iniziare il corso mi ha fatto una valutazione completa, stilandomi un programma personalizzato e facendomi alternare l'utilizzo delle macchine a qualche attrezzo. Posso dire che già dopo qualche mese ho sentito la schiena e l'addome più tonici e fortificati.
Ho praticato per un breve periodo anche yoga, che rinforza tutto il corpo.
Entrambe le discipline si fondano sulla comprensione che il corpo e la mente sono connessi; lo yoga aggiunge anche un'altra componente, la spiritualità. Risponde a un bisogno interiore, attraverso il corpo permette di accedere a momenti di silenzio e di ascolto, ti fa prendere le distanze da ciò che non conta, coinvolge, oltre alla mente, il cuore.
Per problemi di tempo continuai solo con il pilates, che ancora oggi pratico.
Mi resi conto che, se volevo uscire da quel periodo di stallo difficile in cui tutto sembrava grigio, c'era tanto da fare. Bastava imporselo. C'è voluta tanta forza di volontà, soprattutto quando iniziai a soffrire d'insonnia, a dormire pochissime ore o a non dormire affatto, andando al lavoro come una sonnambula. Ho sempre rifiutato di assumere psicofarmaci e allora mi sono tuffata, nel vero senso della parola, in prodotti naturali come la valeriana, la passiflora, l'escolzia, il tiglio, e devo ammettere che mi hanno aiutata tantissimo. Anche nel camminare sul terreno soffice di un giardino, con i raggi del sole che riscaldano la pelle del volto e delle braccia, ascoltando il canto degli uccelli e assorbendo l'energia vitale che trasmette un albero attraverso le sue gemme, i pensieri si fermano, le sofferenze si placano, la mente si libera e lo spazio che si crea è nutrimento energetico per il nostro benessere e la nostra salute mentale, fisica e soprattutto spirituale.
Ricordo che quando raggiunsi l'apice della sofferenza mi ritrovai a invidiare i “poeti maledetti”, tra cui Baudelaire e Verlaine, che conducevano uno stile di vita asociale, autodistruttivo, abusando di alcol e droghe: hashish, oppio. Baudelaire, nella sua raccolta di poesie Les Fleurs du mal, mette in risalto il suo male di vivere, la sua profonda sofferenza interiore e la sua alienazione dalla realtà, abbandonandosi nella malinconia che diviene simbolo di una sensibilità superiore. La sua è una poesia dell'uomo, delle sue cadute e dei suoi tentativi di rialzarsi, ed essendo la realtà e la vita dure da esser vissute, nasce il desiderio della ricerca di un paradiso artificiale che solo le droghe possono realizzare.
Questa invidia svanì in me presto, perché la voglia di vivere una vita sana ebbe il sopravvento. Così iniziai ad alzarmi al mattino con più entusiasmo, con più passione per tutti gli interessi che avevo scelto. È vero: dopo il cattivo tempo viene sempre il bel tempo, è nell'ordine delle cose, una costante evoluzione, un mutamento che riprende elementi di ciclicità per portarli a livelli sempre nuovi. A me le difficoltà incontrate hanno dato la possibilità di progredire non solo nella ricerca di me stessa, ma anche nell'affrontare il futuro con un animo più gioioso.
Anche oggi, che è l'ultimo giovedì del mese, mi trovo in sede. Il capogruppo dell'associazione “Uniti per l'ambiente” sta facendo un discorso molto interessante sui problemi ambientali. È il quarto in un mese, oggi si è soffermato sul riscaldamento globale.
- Il clima sta cambiando. C'è, ed è molto evidente, un mutamento del clima terrestre. Il problema non è iniziato ieri, ma già da alcuni decenni si sono verificati eventi che hanno dimostrato ciò che stiamo per dire. L'innalzamento delle temperature è causato sicuramente dall'aumento dei gas serra nell'atmosfera; il maggior responsabile è sicuramente l'anidride carbonica, aumentata soprattutto a seguito delle deforestazioni. Lo scioglimento dei ghiacciai dell'Artico avrà conseguenze a livello globale e sta raggiungendo ritmi abbastanza veloci. Ciò causerà notevoli cambiamenti climatici irreversibili, si innescheranno reazioni a catena che distruggeranno anche gli equilibri degli ecosistemi. Le regioni polari perderanno una parte dei loro ghiacciai e ciò provocherà l'innalzamento dei mari; i deserti stanno aumentando perché le foreste vengono abbattute e c'è anche una mala gestione del suolo. C'è un detto che afferma: “Per ogni albero che tagli, devi piantarne tre.” - Intervengono al dibattito diversi associati, ognuno avanzando idee e progetti. È davvero interessante.
L'associazione, che è “no profit”, è sorta qualche anno fa in una stradina di campagna, dove le case sono poche e domina la verdeggiante natura. Quello che mi colpì le prime volte che mi recai in sede fu lo stordente profumo dei gelsomini spagnoli bianchi, un profumo inebriante, coinvolgente; ci sono anche frutteti, alberi di pesche, pere, albicocche e un immenso campo di girasoli. Vincent van Gogh ne avrebbe trovati di spunti per i suoi quadri! Ovunque mi girassi percepivo una pace e una serenità dettate non solo dal melodioso cinguettio degli uccelli ma soprattutto dal mescolarsi dei colori e dei profumi dei fiori.
Vedo Filiberto parlare con un nuovo iscritto, si rivolge dalla mia parte e mi fa un cenno con la mano. In quel preciso momento anche l'altro mi guarda, mi fa capire che vuole parlarmi. Mi faccio spazio tra la folla e li raggiungo.
- Ciao Isabella, ho bisogno di te, anzi, abbiamo bisogno di te. Ti presento Maurizio un nuovo iscritto. - Io e Filiberto non siamo molto amici, ma frequentando la stessa associazione alla fine siamo arrivati a conoscerci. Proviene da una famiglia benestante e quindi ha la possibilità di contribuire, molto e spesso, economicamente.
Il nuovo socio Maurizio ha iniziato a frequentare la nostra associazione da circa due mesi, non so esattamente da dove venga e che lavoro faccia, so solo che ha davvero un'aria molto intelligente, sembra molto sicuro di sé; non smette di guardarmi, mi mette decisamente in imbarazzo, arrossisco come una ragazzina di tredici anni. Cerco di non dimostrare quello che sto provando ma secondo me se ne è accorto, infatti accenna un sorriso e con una voce, che mi sembra la più melodiosa che abbia mai ascoltato, mi dice: - Ciao! Sono felice di conoscerti, ti avevo già notata negli incontri precedenti, ma tu sei così sfuggente. -
Non nego che mi sta mettendo un po' in difficoltà, e con mio grande sollievo Filiberto inizia a parlare. - Io e Maurizio stiamo pensando di lavorare su un progetto abbastanza ambizioso che si è diffuso largamente in Danimarca, il cohousing. Si tratta di un movimento che tenta di costruire tutto quello che prima era spontaneo nei piccoli paesi: il sostegno economico e sociale dei parenti, il senso d'identità e di appartenenza a una comunità. Stiamo parlando soprattutto dell'appoggio che un vicino ti può dare, ma non è solo questo, bensì una concezione dell'abitare diversa da quella delle città di oggi. È allo stesso tempo anche una filosofia di vita, e non un concetto astratto, ma concreto e reale in cui tutta una comunità crede. Cosa te ne sembra, Isabella? -
- D'accordo! Però ho bisogno di saperne qualcosa di più - ribatto io.
- Certamente! Intanto devi sapere che il cohousing nasce negli anni Sessanta e si sviluppa rapidamente in tutto il mondo, soprattutto nei paesi del nord Europa. All'interno di queste comunità non ci sono principi politici o religiosi, c'è solo la voglia di riscoprire una nuova dimensione sociale e più umana. -
- Che progetto! Mi piace! - gli rispondo. Devo essere sincera con me stessa, non ne avevo mai sentito parlare. Da come lo ha prospettato Filiberto, sembrerebbe un paradiso sulla terra, dove tutti si vogliono bene, si aiutano e cooperano per il benessere della comunità.
Quando ho iniziato a frequentare quest'associazione, circa un anno fa, mi sentivo in perfetto equilibrio con me stessa, mi ero lasciata alle spalle tutti i miei problemi e con fiducia ho ripreso a interagire con gli altri. Ero finalmente pronta a frequentare qualcuno, mi sono messa di nuovo in gioco; questa per me è stata una grande vittoria.
Maurizio inizia a parlare con Filiberto. - Farò in modo di conciliare i miei impegni lavorativi con il tempo che dovrò dedicare a questa iniziativa; essendo un hotel tester mi ritrovo a viaggiare spesso, ma nelle pause sono a vostra completa disposizione. - Poi, rivolgendosi a me: - Ti va di prenderci un caffè uno di questi giorni per approfondire tutto il lavoro da svolgere? -
- Certo! Però sarebbe opportuno, a causa dei miei impegni lavorativi, rimandare alla prossima settimana. -
- Vuoi darmi il tuo recapito telefonico? - mi chiede. È decisamente un bell'uomo, corporatura atletica, bei lineamenti, viso ovale, fronte spaziosa, capelli scuri e lisci, occhi castani, luminosi, brillanti e soprattutto dolcissimi.
Ci incamminiamo verso l'uscita insieme a Filiberto, ci salutiamo e lanciandomi il suo sguardo, che io definirei quasi magnetico, mi dice: - A presto. -

Marianna Di Nardo

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