Un anno fa. Il ritrovamento della barca
La tempesta era finita e il lago stava lentamente tornando alla sua placida normalità. Era uno specchio d'acqua grande come un piccolo mare, la cui trasparenza mutava a seconda della profondità del fondale. Una pietra preziosa incastonata in una conca di smeraldo, che seguendo l'umore del cielo riverberava le sfumature dell'acquamarina, del turchese o della tormalina. Al momento però il colore dominante era un cupo malachite, preso durante il maltempo. Identico a quello che copriva i grattacieli della City, su cui si riflettevano le ombre delle ultime nuvole in fuga. La spettacolare vista sul lago faceva di Silent Lake una delle città più affascinanti della East Coast. La vivace metropoli si allargava ad arco, dagli alti edifici del centro fino agli eleganti sobborghi che ricamavano la parte opposta del litorale. A causa della vastità del lago i due versanti erano così lontani che di giorno, guardando dai dock della baia, si vedevano soltanto le cime delle montagne incuneate tra triangoli di cielo. Di notte invece il panorama era diviso a metà. Da una parte lo sfavillio abbagliante e rumoroso della città, dall'altro il silenzio e le luci basse delle ville, con i loro approdi privati immersi nei boschi. Sulla zona elegante ai piedi delle colline il passaggio del violento temporale era ancora evidente. Le strade che collegavano le ricche proprietà apparivano fradice di acqua fangosa. Molti alberi divelti dalle raffiche di vento stavano di traverso, con le radici esposte al timido sole che finalmente era uscito da dietro le nubi. Una tempesta di inizio autunno, improvvisa ad arrivare e altrettanto rapida a svanire. Il servizio forestale era già di ronda per valutare i danni. Erano arrivate molte chiamate d'emergenza, ma la più allarmata era stata quella di Linda Long, in ansia per il padre uscito in barca nonostante gli avvisi meteo. Appena le condizioni erano migliorate, un elicottero aveva quindi sorvolato lo specchio d'acqua e avvistato l'imbarcazione alla deriva. Subito dopo, tre agenti erano montati sul gommone per portare soccorso. - Ecco, laggiù! - Gli uomini avevano virato prontamente e alla vista del nome “Lady Victoria” ogni dubbio era svanito. - Sì, è proprio la barca di David Long. - - E solo lui poteva essere. L'unico abbastanza folle da avventurarsi con la tempesta in arrivo. - Le ondate, esplose in spuma rabbiosa durante il temporale, sciabordavano ora leggere contro lo scafo alla deriva. Era un elegante 12 metri, un piccolo cabinato a vela che sembrava navigare guidato solo dalla corrente. Chiunque ne fosse stato al timone se l'era vista brutta. La randa, ancora agitata da residue folate, appariva lacerata in più punti, mentre il boma ondeggiava senza alcun fermo, assecondando il movimento dell'acqua. Con le vele in quelle condizioni si poteva capire perché il pilota non era stato più in grado di tornare a riva. Sempre ammesso che non fosse stato sbalzato fuoribordo, visto il silenzio che regnava tutto attorno. Subito avevano preso a chiamarlo a gran voce. - Mr. Long! Ehi, ci sente? - - Niente da fare, non risponde. Sarà ferito, o svenuto... - - Dai, prova ad avvicinarti, così salto a bordo - aveva suggerito il più giovane dei tre. Il forestale che guidava il gommone aveva allora messo al minimo il motore per governarlo meglio. L'acqua era ancora abbastanza agitata e doveva muoversi con cautela per non andare a sbattere. La fiancata della barca a vela era infatti troppo alta, l'unica possibilità per salire era accostarsi il più possibile alla piattaforma di poppa. Per fortuna chi guidava era abile e chi saltava, agile. Con uno scatto il giovanotto aveva raggiunto il pianale, aveva sciolto velocemente una lunga sciarpa di seta attorcigliata alla bitta e al suo posto vi aveva annodato la cima per tenere legate le due imbarcazioni. La sua attenzione si era quindi indirizzata verso il ponte. Dopo un rapido sguardo, si era sporto verso i colleghi, che stavano assicurando al gommone l'altra estremità del cavo. - Ragazzi, quassù non vedo nessuno. Scendo sottocoperta. - Giusto il tempo di fare un passo e di posare gli occhi sugli scalini del pozzetto, poi un grido. - Eccolo! - In un attimo gli altri lo avevano raggiunto. Insieme erano rimasti attoniti a osservare il corpo di David Long, malamente contorto ai piedi della scaletta. Giaceva in una pozzanghera insanguinata, zuppo d'acqua e indubbiamente morto. Nel frattempo, poco distante da loro, la sciarpetta di seta si era messa a serpeggiare sovracoperta. Sospinta dal lieve alitare del vento, la stoffa argentata creava un piacevole contrasto sul bronzo delle assi di teak. Era davvero graziosa in quel suo muoversi sinuoso. Un rapido incedere, una breve incertezza, poi con un volo era sparita sotto un divanetto di prua.
Oggi Una donna sola
Tornare a vivere nella casa della sua infanzia è stato inutile. Troppo poca la distanza tra le ville, troppo ravvicinati i lutti. Linda Long non sa quale delle due perdite le procuri più dolore. Due sono stati gli uomini che ha amato ed entrambi se ne sono andati in poco più di un anno. Due uomini difficili, per cui ha provato sentimenti profondi e contraddittori. Due uomini che l'hanno fatta soffrire. Suo padre per il carattere imperioso, lo sfacciato maschilismo e la scarsa fiducia. Rudy per le sue donne. Linda li conosceva tutti, quei tradimenti. Ma li sopportava, perché era suo marito, le apparteneva. Quando rientrava dopo ogni avventura, sazio di sesso rubato, le bastava guardarlo in faccia. Gli leggeva negli occhi la soddisfazione di chi ha goduto e capiva che si era aggiunto un altro paio di corna a quelle che già la incoronavano. Non protestava, però. Con uno come lui bisognava lasciare le briglie molto lente, affinché si sentisse padrone della situazione. Era il sistema migliore per non lasciarselo scappare. E infatti era sempre tornato. Tranne quell'ultima volta, in estate, dove comunque il tradimento c'entrava solo a metà. A portarglielo via per sempre era stato un omicidio. Lasciare la lussuosa dependance in cui aveva vissuto con Rudolph le era sembrata all'inizio una buona idea. Non sopportava di imbattersi ovunque nei segni della sua presenza, come se fosse semplicemente uscito per andare al lavoro. Ogni volta che vedeva il rasoio nel mobile del bagno, le scarpe italiane messe un po' di traverso sulla mensola, i gemelli d'oro con l'inserto di giaietto... Sì, ogni volta era un battito che sfuggiva dal petto, la dolorosa illusione di un istante, subito dissolta dal ricordo. Eppure non riusciva a separarsi dalle sue cose. Aveva dato ordine a Luz e Fernanda di impacchettarle, ma dopo che le colf avevano terminato, aveva reagito come una furia. Si era sentita lei una traditrice e aveva ordinato di rimettere tutto esattamente come stava. Il loop nel passato aveva quindi ripreso a tormentarla, fin quando, non potendo tollerare né di vedere gli oggetti di Rudolph, né di riporli, aveva deciso di andarsene. Peccato che il trasferimento nella villa padronale non era servito a darle pace, visto che anche quelle stanze narravano di un'altra vita interrotta. Sopporta di abitarci solo perché la quotidianità con il padre si era ormai ridotta alle immancabili cene del venerdì sera. Tuttavia la tristezza è sempre in agguato e le dispiace che il vecchio maggiordomo di famiglia abbia ripreso a chiamarla Miss Linda come quando era ragazza. Per delicatezza preferisce non impedirglielo. Sa che Cuthbert lo fa per affetto, ma dentro di lei non potrà mai più essere altro che la vedova Carrington. Si alza dalla scrivania e si avvicina alla porta finestra di quella che da bambina rappresentava la stanza segreta di papà. Nessuno poteva disturbarlo quando sedeva nello studio, così lei si fermava a origliare per cogliere ogni piccolo segno di vita. Un fruscio di fogli, la sua voce al telefono. A volte faceva anche un po' di rumore, nella speranza che la scoprisse a curiosare e le permettesse di entrare nel suo mondo inviolabile. Ma non era mai accaduto. Corre con lo sguardo oltre i vetri che danno sulla terrazza con vista sul lago. Ora è vuota, sotto la luce opaca di ottobre. I domestici hanno ormai portato via tutto per metterlo al riparo dalla stagione fredda. Durante i mesi estivi è stata arredata come al solito da uno splendido salotto in vimini e due grandi dondoli foderati a righe bianche e verdi. Anche la Jacuzzi è rimasta sempre ricolma d'acqua, nell'eventualità che la padrona di casa volesse rinfrescarsi senza spingersi fino alla piscina sul retro. I costumi da bagno erano però rimasti chiusi nel cassetto e Linda si era recata fuori solo raramente, la sera, a spegnere i propri pensieri davanti al tramonto. Lo stridio dei gabbiani sul lago le arriva attutito. Si sofferma sul loro volteggiare con l'accenno di un sorriso. Le ha sempre fatto piacere ascoltarli, ma in questi giorni le sono passati addosso quasi inavvertiti. Lavora. Deve impegnarsi per forza, ormai la casa editrice può contare solo su di lei e su quel Luke Stevens che, per quanto in gamba, non è il presidente migliore per la Long Publishing. Almeno non quanto lo sarebbe stata April May, se non avesse respinto la sua proposta. Dovrebbe odiarla, quella donna, ma sa che non ha colpe. È stato Rudolph a spingere la situazione fino al punto in cui è arrivata. Quando la May con pudore e delicatezza le ha raccontato quanto era avvenuto nell'isola di Sadway, Linda non ha potuto fare altro che ammirare la forza del suo carattere. La stessa che l'ha portata a licenziarsi e a scegliere un nuovo percorso di vita. Le è dispiaciuto, ma la comprende. Anche lei si lascerebbe volentieri l'azienda alle spalle... Si concede un momento per perdersi nella vaga idea di fare come la May e mollare tutto, poi con uno sbuffo torna alla scrivania ricolma di carte. Appena seduta, il suono del campanello la fa sobbalzare. Tende l'orecchio e le arriva il passo leggermente trascinato di Cuthbert che sta andando ad aprire.
Una consegna inattesa
Un tocco discreto di nocche le conferma che la visita è per lei. Linda Long sospira. Negli ultimi tempi si sente senza forze e non ha voglia di fare nulla, ma se Cuthbert è venuto a chiamarla ci sarà un buon motivo. Evitare di disturbarla è l'unico mezzo a sua disposizione per alleviarle il dolore, per questo non compie mai un gesto più del dovuto. - Miss Linda. - - Entri pure. - Il maggiordomo apre, ma rimane sulla soglia. - Chiedo scusa. Ci sono due funzionari di polizia che desiderano parlarle. Li ho fatti accomodare nel salottino azzurro. - - Va bene, grazie. Dica loro che arrivo subito. - Riavvia con un gesto nervoso le ciocche che le sono ricadute sul volto e si domanda che diavolo vogliano ancora. Sa che non è giusto prendersela con i poliziotti, ma le sembra che abbiano ridotto la sua tragedia a un'orribile formalità burocratica. È stanca di rispondere alle stesse domande, tanto il risultato non cambia. Prima di uscire dallo studio osserva la sua figura riflessa nell'ampia vetrata. L'abbigliamento è sportivo e semplice, ma comunque elegante. Una Long non può mostrarsi in modo meno che impeccabile, sia pure a dei semplici poliziotti. Al suo camminare mancherà il ticchettio dei tacchi, ma non aspettava visite e per questo indossa un paio di comode sneakers sotto il pantalone di lino. Quando la vedono entrare, i due agenti scattano quasi sull'attenti. Sul tavolino di marmo al centro del salotto, Linda nota due scatole di cartone, una molto più grande dell'altra. - Cosa posso fare per voi? - Il più anziano dei due prende la parola. È decisamente sovrappeso e ha un'aria mite disegnata sul volto. - Ecco, le indagini del medico legale si sono concluse... - - Lo so. - Il tono secco cela l'irritazione per l'ultimo oltraggio compiuto sul corpo di Rudy. Ha cercato di risparmiargli l'autopsia, inutilmente. Pare sia d'obbligo in caso di morte violenta. O almeno così le hanno detto. In realtà Linda non è convinta che una caduta nel torrente possa essere giudicata in questo modo, ma gli inquirenti hanno appurato che l'incidente di sei mesi prima a Sadway è stato provocato intenzionalmente. Anzi, programmato. Così hanno dovuto fare ulteriori accertamenti. - Ecco, dicevo... - Il funzionario lascia scorrere un secondo nel silenzio, poi prosegue con uno sguardo carico di comprensione. - Il mio collega e io siamo venuti a consegnare gli effetti personali di suo marito. - Fa cenno alla più piccola delle scatole. - L'orologio, il portafogli... Insomma, le sue cose. Ormai l'inchiesta è finita, spetta a lei decidere cosa ne vuole fare. - - D'accordo. E in quell'altra, cosa c'è? - - La ventiquattrore di Mr. Carrington. Come probabilmente saprà, era stata forzata. Comunque, siamo sicuri che non manca nulla. L'albergo sull'isola è stato setacciato da cima a fondo. - - Va bene, non c'è problema. - - Ci dovrebbe firmare la ricevuta, cortesemente. - - Sì, ok. - - Qua, dove c'è lo spazio in bianco. - - So firmare una ricevuta. - Di nuovo non riesce a mascherare il proprio fastidio. A dir la verità non capisce perché li stia trattando così male. Non fanno altro che il loro dovere. Eppure non ce la fa a trattenersi. Detesta la situazione e tutto ciò che comporta, vuole solo che spariscano il prima possibile da casa sua. Sigla rapida il foglio e chiama Cuthbert per accompagnarli all'uscita. Resta immobile, in attesa. Sente la porta richiudersi e i passi di Cuthbert farsi lontani e indistinti, poi si scongela di colpo. Il busto, fino a quel momento dritto come una mazza da baseball, si piega simile a quello di una contadina che ha sopportato troppa fatica. È il peso della morte di Rudolph a pressarla, a incurvarle le spalle. Ma affronterà anche questo e riprenderà in mano le sue cose. Sono le più preziose, quelle che aveva scelto di portare con sé nel meeting motivazionale. Un sorriso acido le si apre tra le lacrime. Conosce bene il vero motivo del viaggio a Sadway. Rudy voleva aggiungere un altro trofeo alla sua collezione. - April... - mormora senza accorgersene. - April May - ripete piano. E chiude gli occhi. Un risveglio speciale
- Mamma, muoviti! Tra poco arriva Ginny e noi dobbiamo ancora fare colazione. - April lancia un'occhiata alla tovaglietta apparecchiata. A mancare sono solo i pancake. - Sì, sì, un attimo, ok? - Mette l'ultimo sulla pila, lo ricopre di sciroppo e poggia il piatto sull'isola dove Laura attende impaziente. - Eccoli qua. Pieni di sciroppo d'acero, come piace a te. - - Ah, ma guarda! Li hai bruciati tutti. - - Quante storie, sono soltanto un po' abbrustoliti. Ma se non li vuoi, no problem bimba. Ci sono i cornflakes e del succo di frutta, non rimani certo digiuna. Oppure chiedi a tuo padre se ci manda Philippe. Sono sicura che da bravo chef sarà felice di correre qui a preparartene un paio. Che ne dici? - Laura si zittisce, ma rimane con il muso. È stata sgarbata, ma non vuole darla vinta a sua madre. Al di là dei pancake bruciacchiati, è molto arrabbiata. È un giorno importante e le sarebbe piaciuto trascorrerlo insieme. Lei invece la sta spedendo a scuola, e questa cosa non le va giù. Anche se, forse, non dovrebbe reagire a quel modo. La mamma ha quasi sempre un buon motivo quando prende una decisione. O meglio, spesso. Anzi no, solo ogni tanto! Però in questo caso ha proprio ragione. Due giorni di scuola non si possono perdere, bisognava per forza scegliere. O saltare le lezioni, dare una mano nell'organizzazione della festa e poi filare a nanna, oppure partecipare alla serata di inaugurazione e dormire fino a tardi l'indomani. E lei naturalmente ha preferito festeggiare. Pentita per i suoi modi sgarbati, tira fuori il sorriso furbetto a cui la madre non sa resistere. - Vabbè, mi spiace. Però oggi è il giorno dei pancake e guarda come li hai ridotti. È una delle poche cose buone che sai cucinare. - Laura parte con la sua risata a piccoli singhiozzi e April le allunga una carezza. Il giorno dei pancake... A dodici anni le priorità sono altre e sua figlia non può capire che per lei è molto più di un semplice lunedì. Oh sì, la sua bambina sa che stasera la mamma inaugurerà una nuova attività, però non ha la minima idea di come sia emozionata e spaventata al tempo stesso. Per quanto felice, non riesce a scacciare la sensazione di stare per tuffarsi nell'acqua gelata. Rifiutare la presidenza alla Long Publishing è stato un azzardo. La ragione avrebbe voluto che accettasse, proseguendo su quella che era una strada lunga e diritta, ma alcune volte bisogna ascoltare il mormorio del cuore. Laura spazza via i pancake in un baleno e si infila lo zaino in spalla, pronta a raggiungere l'amica che l'aspetta sul vialetto per andare a scuola. April la guarda allontanarsi e si chiede dove metta tutto quel cibo, minuta com'è. Richiude l'uscio e dà un'occhiata allo specchio dell'entrata. Uhm, in faccia si vede che ha dormito poco. Pazienza, rimedierà prima della festa con una bella passata di trucco. Adesso forza, spalle dritte e passo deciso per affrontare gli impegni della giornata. Che non è certo una qualsiasi. Oggi c'è l'inaugurazione della sua libreria in Willow Street! - O forse sarebbe meglio dire che stasera inizia la mia follia a Willow Street - esclama ad alta voce, ripensando alle parole borbottate con un mezzo sorriso dal suo ex marito quando gli aveva rivelato di essersi finalmente decisa. Nemmeno il tempo di completare il ricordo, che ecco squillare nella testa la voce amica che ormai le tiene compagnia da qualche mese. - Non dare ascolto a... “coso”, cara. Lascialo perdere e vai avanti per la tua strada. - April si porta una mano al petto. Non ci ha fatto ancora del tutto l'abitudine a quelle entrate in scena improvvise. Rivolge lo sguardo al soffitto con aria di rimprovero. - Nonna! - - Che c'è? Perché ti meravigli? Lo sai come la penso su di lui. Sì, sì, per carità. Simpatico, disponibile, bravo papà, però... - - Non ti sto rimproverando per questo. È che quando arrivi così, mi fai spaventare! Magari un colpetto di tosse, una bussatina con le nocche. Insomma, potresti farti viva in qualche modo, invece di intrufolarti senza preavviso. - - Farmi viva? Spiritosa. - Eh già, una bella battuta. Ma con nonna Sveva si è sempre fatta un sacco di risate e ora che riesce a sentire la sua voce, le piace scherzare di nuovo con lei. Le prime volte aveva pensato di essere pazza. Ma la nonna l'ha portata un po' per volta ad accettare quel magico dono che le ha salvato la vita a Sadway. Ad April non importa sapere come avvenga quel misterioso contatto con un'altra dimensione, né dove si trovi effettivamente Sveva in quel momento. Le basta poter ridere di nuovo assieme come quando era bambina. - Comunque mi farebbe piacere se la smettessi di chiamare Timothy “coso”. - - Va bene, va bene... Ma ora passiamo alle cose serie. Come stai? - - Mah, non so. Mi sento dentro un sogno. - - Certo, è il tuo sogno. Vivilo senza paura. - - Mi terrò occupata fino a sera per non farmi prendere dai cattivi pensieri. - - Stai tranquilla, ti sarò vicina. E ci divertiremo come... Come dice la tua Eliza Momaday? - - Come due jamaicani sulla spiaggia. - - Ecco, così! Che poi non so cosa fanno di speciale i jamaicani sulla spiaggia per divertirsi, ma mi fido. Quella ragazza è davvero in gamba. - April scoppia a ridere. Oh, che gran regalo avere la nonna di nuovo nella sua vita. - Bene, ora vado a prepararmi. Inutile salutarci, tanto so che mi seguirai ovunque. E a me farà bene. Non sai quanto ho bisogno di averti vicina in questa giornata. - Ammicca verso lo specchio, lancia un bacio in aria e si affretta su per le scale.
Sul filo dei ricordi verso Willow Street
Mezz'ora dopo April è alla guida della sua Renegade rossa con la voce di Loreena McKennit a pieno volume. Mentre abbandona la superstrada per inoltrarsi nel dedalo di vie interne che portano a Willow Street, ripensa alla mattina di sette mesi prima, quando un blocco del traffico l'aveva costretta a prendere la deviazione che le avrebbe cambiato la vita. Nervosa e in ritardo si era avventurata per un percorso alternativo poco conosciuto, maledicendo l'ora di punta. Invece era proprio lì che il destino voleva portarla. Senza il misterioso incidente con il cane, non avrebbe infatti mai notato il cartello “Vendesi” sulla vetrina impolverata di quello che adesso è il suo negozio. È davvero molto emozionata. Aprire una libreria è stato sempre il suo sogno, coltivato in segreto anche quando la vita si era ormai incanalata su altri percorsi e aveva ottenuto la direzione della sezione Thriller & Mystery alla Long Publishing. Un desiderio tenuto gelosamente nel cassetto, fino a quando la brutta esperienza con Rudolph Carrington non le aveva fatto capire di non voler invecchiare nei corridoi di quella casa editrice, qualunque fosse il prezzo da pagare. Sembra ieri che ha lasciato l'ufficio di Linda Long, rifiutando il prestigioso posto di presidente. Invece da quella afosa mattina di luglio sono già passati tre mesi. A quel tempo non aveva ancora chiara la direzione da prendere, ma sapeva che non c'era nulla da temere. Non era sola. Anche se non erano più sposati, Tim restava un sostegno sicuro. Insieme al suo compagno Philippe che lo amava, e di conseguenza amava anche lei e Laura. Infatti da lì a poco era comparso qualcuno a indicarle la strada, con la complicità di un nuovo blocco del traffico, che l'aveva riportata a Willow Street. Un caso? Il destino? Chissà. Fatto sta che rivedere quel viale alberato le aveva suscitato la stessa emozione di appartenenza della prima volta. Dopo aver parcheggiato, si era incamminata sotto il verde rigoglioso di mezza estate e, dopo qualche passo, la sorpresa: da dietro un tronco era ricomparso il cane. Assomigliava in maniera sorprendente a Pippo, il golden retriever di nonna Sveva. E in qualche modo sembrava voler comunicare con lei. Lo aveva dimostrato attirando la sua attenzione sull'annuncio di vendita di un negozio chiuso. April si era avvicinata esitante. Era felice di vedere che la bestiola stava bene, visto che pensava di averlo ferito gravemente quando si erano incrociati su quella stessa strada quattro mesi prima. La somiglianza con il cane tanto amato, morto quando era bambina, le impediva però di essere affettuosa come avrebbe voluto. Aveva allungato la mano verso quel pelo color latte, ma gli occhi erano stati distratti dall'interno del locale, davanti a cui l'animale si era accucciato. Aveva sbirciato sporcandosi il naso di polvere contro il vetro e si era innamorata. Del posto, degli scaffali malandati, per non parlare della strada con quell'atmosfera d'altri tempi. La decisione l'aveva presa d'impulso. O quasi. Ci aveva passato un paio di notti insonni e ne aveva anche ragionato con la nonna. Visto che c'era la possibilità, tanto valeva approfittare di quel canale con un mondo che di solito suscita inquietudine e paura. Ma non in lei, visto che l'aiutava a sentire la voce di chi le voleva bene. Sveva aveva approvato la sua idea e l'aveva invitata a mettersi subito all'opera. Passioni così vanno assecondate. - Con giudizio, però. - Ma la nonna poteva stare tranquilla, perché April di giudizio ne aveva sempre avuto. La cosa divertente era stata quando aveva comunicato alle sue amiche più care di voler aprire una libreria dedicata unicamente ai gialli e al mistero. Al tavolo era calato il silenzio. Un lampo di incertezza, sguardi straniti, poi Cynthia e Courtney erano scoppiate a ridere, convinte che il vino le avesse dato alla testa. April aveva accolto le loro battute con il sorriso di Monna Lisa sulle labbra. Era una reazione che aveva messo in conto. Per questo aveva atteso la fine del consueto pranzo del giovedì al Petit Déjeuner, prima di renderle partecipi del suo cambio di vita. In fondo avevano ragione a prenderla per matta. Lo aveva fatto lei stessa, dopo aver chiamato il numero scritto sulla vetrina. Ma ormai era tardi per i ripensamenti e nessuna obiezione avrebbe potuto distoglierla dal suo obiettivo. La caparra per l'acquisto del locale era già stata pagata, un architetto aveva fornito il preventivo per l'arredamento e le prime mail di contatto con i distributori si stavano affollando nella casella di posta elettronica. A breve avrebbe firmato il contratto d'acquisto. Era stata Cynthia a intuire per prima la verità. - Aspetta, tu non stai scherzando! - aveva esclamato, additandola con l'indice laccato di rosso. A quel punto si era scambiata uno sguardo con Courtney ed erano partite con il fuoco incrociato. - Sul serio? Una libreria? Ma come ti viene in mente? - - Con tutti i megastore che esistono in città! - - E poi, dai, un negozio a tema! - - Va bene che in tanti vanno matti per i polizieschi, però... - - Sì, lo sanno tutti che sono in pochi a leggere e la metà di loro sceglie il digitale, per risparmiare. - Erano andate avanti così decise a salvarla dal disastro in cui si stava cacciando, ma April aveva ribattuto colpo su colpo. E il bello era che più cercava di convincerle della bontà della sua scelta, più sentiva crescere la certezza di aver preso la decisione giusta. Dopo la tragedia di Sadway desiderava voltare pagina e la libreria le avrebbe permesso di coniugare il lavoro con l'eterna passione per delitti e misteri. - E da dove hai preso i soldi? - - Ehi, ragazze, non ho mica investito chissà che capitale! Esistono i mutui a questo mondo. Nessuna banca di Silent Lake rifiuterebbe un prestito a una dirigente della Long Publishing. - - Ex-dirigente. - L'acidità di Courtney veniva dal fatto che non le aveva ancora perdonato l'abbandono della casa editrice in cui lei continuava a lavorare. April le aveva sfiorato le dita con affetto. Chi l'avrebbe mai detto che tra loro sarebbe nato un legame tanto forte? Il pericolo di vita affrontato fianco a fianco a Sadway era servito a liberare il cuore da ogni gelosia del passato, lasciando il posto a un'amicizia sincera. - E poi, non dimentichiamoci che hai l'appoggio del tuo bellissimo Tim! - La voce alle loro spalle le aveva colte di sorpresa. Nella concitazione del discorso nessuno aveva notato l'avvicinarsi al tavolo della bella jamaicana con le trecce rasta. - Oh, ciao Lizzy! Prego, accomodati. - Mentre la ragazza prendeva posto, April aveva fatto le dovute presentazioni. - Courtney, la conosci già. Questa invece è Cynthia, compagna di avventure fin dal college. - Poi si era rivolta alle amiche. - Sappiate che anche la mia segretaria personale Eliza Momaday ha lasciato la Long Publishing per venire a darmi una mano in libreria. - - Eh già, mica volevo restare in quella gabbia di matti senza la mia capa! Comunque chiamatemi Lizzy. Eliza lo usa solo mia madre quando ce l'ha con me. - Tutte avevano approvato sorridendo e April aveva ripreso con aria rassicurante. - In ogni caso non avete motivo di preoccuparvi per me. Non ho speso più di quanto potevo e ho le spalle ben coperte, come ha appena chiarito Liz. - Cynthia aveva sospirato sollevata. - Eh già. Di quelli come lui hanno buttato via lo stampo. È senza dubbio l'ex-marito che ogni donna vorrebbe avere! Un brindisi alla sua salute. - Courtney aveva alzato il bicchiere con un po' di tristezza e si era affrettata a cambiare discorso. Il suo matrimonio con Luke Stevens era definitivamente entrato in crisi dopo il ritorno da Sadway, e non aveva voglia di parlare di separazioni ben riuscite. - April, hai già deciso che nome dare alla libreria? - - Contavo sul vostro aiuto. - Lizzy aveva alzato la mano con aria sorniona. - Io veramente un'idea ce l'avrei. Vediamo che ne pensate. - Si era presa il tempo per godersi l'attesa, poi aveva esclamato soddisfatta. - April May Mysteries! - Le tre amiche avevano accolto la proposta con entusiasmo, poi April aveva sollevato nuovamente il bicchiere. - Aggiudicato. Forza ragazze, alla salute di tutte noi.
Chris Greeceman
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