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Autore: Antonella Alboni
Sahara
Avventura
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Sahara
Un anno a Kinnaber - 4° romanzo della saga.

Amandine era imbottigliata nel traffico di San Francisco. Aveva letto troppo tardi di un interruzione ma non era riuscita a tornare indietro e cambiare strada. Voleva fare una sorpresa a Gregory, rientrato in sede dopo settimane a Cape Town.
Le aveva telefonato poche ore prima, stavano atterrando ma sarebbe dovuto andare direttamente in ufficio per una serie di impegni inderogabili.
La visita alla filiale sudafricana doveva essere un impegno di non più di una settimana, così non aveva ritenuto opportuno che lei lo seguisse.
Poi, la settimana si era prolungata ed erano diventate quasi quattro e Amandine si era indispettita, Greg sapeva quanto lei amasse la loro casa di Cape Town, non avrebbe dovuto fare lo spilorcio e piuttosto ospitare i suoi dipendenti in un albergo invece che a casa loro.
Amandine aveva appena terminato un progetto ed era relativamente libera, in attesa che fosse approvato.
Il Feroda le aveva commissionato il rifacimento di un edificio coloniale a Saint Barth, era stata diverse volte nell'isola e dopo settimane di lavoro aveva presentato il tutto allo studio, mancava l'ok finale.
Le cose si erano complicate da qualche giorno e non vedeva l'ora di annunciarlo a suo marito, anche se sapeva che lui avrebbe fatto un sacco di storie e doveva prepararsi a difendere il suo ruolo professionale, il mondo è pieno di mamme che lavorano!
La notizia avrebbe rallegrato Greg, da un po' di tempo lo vedeva cupo e l'aveva sentito diverso dal solito durante le brevi telefonate delle ultime settimane: si era sfilacciato quel cordone di ironia paradossale di cui erano intrise le loro conversazioni, ne sentiva la mancanza e confidava che fossero solo momentanei guai di lavoro.
Era stato un bell'anno, lei e Gregory si erano assestati come coppia convivente, non senza difficoltà. Entrambi non avevano mai sperimentato cosa significasse dividere i propri spazi, reali e virtuali, con un'altra persona e sapevano bene che i banali vizi quotidiani logorano le migliori intenzioni.
Gregory dava largo spazio al suo pragmatismo e, nonostante fosse un uomo che non amava le eccentricità fini a se stesse, si era prodigato affinché la loro casa, quella in cui viveva da scapolo, agevolasse le esigenze di sua moglie.
In seguito si era pentito di averla ampliata per creare un ambiente in cui lei fuggiva per dare sfogo a tutta la sua energia creativa, tanto che spesso se ne andava a leggere nel suo laboratorio così da averla vicino, mentre consacrava le sue esuberanze artistiche.
Forse aveva preso qualcosa dalla madre, ma in cuor suo sperava che i geni responsabili dei caratteri ereditari, una volta realizzato cosa andavano a trasmettere, fossero stati benevoli con la signora Johnson e avessero troncato quella catena, preservandone i cromosomi.
Aveva conosciuto la madre di Amandine poco dopo essere rientrati dal Sudafrica, appena sposati, e non le era piaciuta.
Non aveva nemmeno simulato, non ne era stato proprio capace.
Lei era tutto quello che non accettava nelle persone: artistoide, perdigiorno e presuntuosa, tossica e alcolista persa. Amandine sosteneva che aveva avuto qualche problema con l'alcool durante i periodi bui della sua vita. Per forza, era sua figlia, capiva che lei cercasse di essere magnanima, pur avendo chiarito che comprendeva perfettamente se l'avesse voluta aiutare, senza farle mettere piede a Sausalito. L'avrebbe fatta entrare a casa loro solo dopo un anno in una di quelle cliniche in mezzo al deserto del New Mexico che, al prezzo di qualche organo vitale al mercato nero, garantivano una completa disintossicazione. Poi avrebbe dovuto trovarsi un lavoro onesto e dipingere solo nei fine settimana, non starsene a New York, in uno di quei loft da alternativi stronzi a spese della nonna di Amandine. E per fortuna che la saggia nonna aveva intestato la casa di New York alla nipote, altrimenti la signora Eloise se la sarebbe già bevuta da un pezzo.
Naturalmente si era dovuto trattenere quando l'aveva incontrata e invitata a colazione e aveva semplicemente ribadito il concetto che, dal suo borghese e calvinista punto di vista, una persona senza disabilità conclamate, doveva provvedere a se stessa e, se i suoi quadri non assolvevano all'intento, avrebbe dovuto trovarsi un lavoro serio.
Amandine non si era aspettata niente di meno da Gregory e si era divertita osservandolo liquidare con un cenno il cameriere che si avvicinava per riempire i bicchieri di vino.
Del resto, sua madre insisteva di non avere problemi con l'alcool e un paio di bicchieri a pranzo erano più che sufficienti.
Amandine non era risentita nei suoi confronti, semplicemente non la considerava sua madre. Lei era una donna calata su questa terra e aveva avuto una nonna adorabile che le aveva fatto da mamma e stimolato il suo carattere indipendente e volitivo. Era stata fortunata, aveva avuto un'affettuosa alternativa.
Questa consapevolezza le permetteva di non riversare rancore su Eloise, limitandosi all'affetto riservato ad una zia un po' matta che si incontra solo a Natale.
Aveva però un debole per le famiglie, le piacevano i pranzi domenicali, i compleanni da festeggiare, i Natali esagerati. Dedicava a zia Cat quanto tempo poteva e l'aveva anche portata con sé a Saint Barth quando era andata a vedere la costruzione che doveva ristrutturare. Si erano fermate qualche giorno in più del previsto, fino a quando Greg aveva minacciato la zia di farla interdire a vita per la cattiva influenza che aveva su sua moglie.
Amandine stava bene, ruotava intorno a Greg, instancabile, e lui la respirava compiaciuto, poi si chiamavano, senza necessità di parole.
E ora aveva questa bella notizia, lui doveva essere il primo a saperlo. Aveva fatto una fatica matta a tacere, non aveva chiamato le amiche di Kinnaber, né Henry, né zia Cat né Thomas.
Aveva custodito suo figlio in attesa di incontrare Gregory.

Parcheggiò di fianco all'auto di Greg. In realtà quel posto macchina era di Thomas, ma oramai il padre di Gregory era in pianta stabile a Napa, con il suo vino, e scendeva di rado a San Francisco e men che meno alla Anderson.
Emozionata, aveva serbato gelosamente la notizia, sarebbe diventata vera solo quando Gregory l'avesse saputo.
Volevano dei figli, entrambi. A dire il vero si erano stupiti che non fosse ancora successo, tanto che lei aveva iniziato ad accusarlo ironicamente di avere gli spermatozoi pigri. Greg si era risentito, affermando che la pigrizia non era nel DNA degli Anderson e che probabilmente i suoi spermatozoi erano solo affranti per il troppo sesso, lei era un diavolo tentatore e li aveva sfiancati!
Poi, durante la notte, l'aveva svegliata per dirle che, se voleva rassicurarsi, sarebbe andato da un medico per accertarsi della salute del suo apparato riproduttivo.
Lei si era accartocciata fra le sue braccia e avevano finito per fare l'amore. Le piaceva pensare che avessero concepito proprio quella notte, il periodo combaciava.
Il ginecologo le aveva assicurato che la gravidanza stava procedendo per il meglio, ma il pericolo di un aborto spontaneo per le primipare andava tenuto in considerazione. Era allo scadere dei famosi tre mesi e, in cuor suo, si sentiva fiduciosa. Aveva continuato a fare la solita vita con un occhio di riguardo. Non sapeva se raccontare a suo marito il particolare dei tre mesi, conoscendolo l'avrebbe fatta ricoverare fino allo scampato pericolo. E forse lo avrebbe scoperto ugualmente, dopo un attento colloquio con Dr. Google, o forse avrebbe chiamato direttamente il ginecologo, Greg preferiva i pareri professionali alle chiacchiere da salotto.
L'ascensore le parve lentissimo e quando finalmente arrivò all'ultimo piano, respirò profondamente prima di uscire.
La Anderson Security infondeva efficienza: ogni particolare guidava il cliente alla convinzione di avere preso la decisione giusta e speso bene il proprio denaro.
La Anderson Sec. vendeva sicurezza, in tutte le svariate forme che il poliedrico cervello di Gregory riusciva a concepire.
Mentre si avvicinava all'assistente personale di suo marito, sperò che non fosse impegnato.
Janet si illuminò vedendola arrivare e si alzò per salutarla.
- Mio marito è libero? - .
- Ha appena terminato una riunione, la accompagno -
- Grazie, entro da sola. È una sorpresa, non mi sta aspettando - .
Aprì la porta dell'ufficio, lui era alla scrivania intento a digitare sulla tastiera. Aspettò qualche secondo in attesa che alzasse gli occhi. Era scuro in volto e, quando distolse lo sguardo dallo schermo, non cambiò espressione.
- Amandine, che ci fai qui? - .
- Bel modo di accogliermi dopo un mese che non ti vedo - .
- Hai ragione. Accomodati, ti devo parlare - .
- Se è per scusarti di essere stato via un mucchio di tempo e non avermi portata a Cape Town, non so se accetterò le tue scuse, ma intanto provaci - .
Greg non si era alzato, e nemmeno le era andato incontro, non l'aveva abbracciata, non l'aveva baciata, non l'aveva tenuta stretta come faceva dopo poche ore di ufficio, come se quei cinquecento minuti senza di lei fossero stati un peso.
Suo marito, il suo Greg, le aveva chiesto di accomodarsi. Da quell'istante il suo corpo si era irrigidito e si era sdoppiata per osservare dall'esterno quel pezzo di teatro dell'assurdo.
Amandine lo guardava, congelata, in attesa che lui muovesse un muscolo facciale, mentre cercava qualcosa da dire che non usciva dalla sua bocca perché anche il suo cervello era inerte, incapace di dare vita ad alcun pensiero.
- Amandine, non c'è un modo facile per dirlo, e sai che non amo girare intorno alle cose. – Greg la guardava negli occhi senza che un ombra li sfiorasse, compatto come un ghiacciaio perenne - Durante le settimane in cui, volutamente, ho preferito rimanere da solo, sono arrivato alla conclusione che preferisco questo tipo di vita e il matrimonio è un'illusione che non appartiene al mio carattere. Ho fatto preparare tutta la documentazione necessaria e ti propongo un divorzio che avrà per te molti vantaggi economici, e per me la ritrovata libertà - .
Il sangue ricominciò a girarle in corpo, Greg non aveva problemi di salute gravi come aveva temuto in un primo momento, si era solo bevuto una parte di quello splendido cervello che aveva.
- Bella trovata Greg, so che ami stupirmi e questa volta è stata meglio delle altre. Detto questo, ho una notizia grandiosa, metti da parte quell'aria mesta e ascoltami - .
- No Amandine, tu ascolta me, non sto scherzando, la mia è una decisione seria e ponderata, una scelta difficile se vuoi, ma inevitabile - .
- Un divorzio? Greg credo che tu abbia un'unica necessità, uno psicoterapeuta, e di quelli molto bravi. Il nostro matrimonio va benissimo, almeno fino a questo momento - .
- Appunto, fino a questo momento - .
- Tu soffri di sdoppiamento della personalità, hai un attacco di schizofrenia acuta e saranno necessarie diverse sedute di elettroshock per rimetterti in sesto. Sono comunque magnanima e non arriverò a farti lobotomizzare, non ti sopporterei se diventassi scemo - .
- Vuoi, per cortesia, smettere di parlare e ascoltarmi? È una cosa seria - .
Le mise davanti una serie di fogli che lei guardò senza vedere.
- I miei avvocati lo hanno redatto e ho pensato che anche a te ne servisse uno di fiducia. Ho mandato tutto a Stuart che non può essere qui ma è pronto a collegarsi in video appena lo avverto. Ti suggerisco di leggerli attentamente per potere eventualmente fare delle modifiche. Vorrei chiudere entro oggi - , concluse Greg mentre digitava sul telefono.
- Io non voglio un avvocato che metta il naso nella nostra famiglia, voglio discutere con te di questa decisione surreale. Te ne vai in Sudafrica e tutto funziona a meraviglia e te ne torni un mese dopo e vuoi divorziare? Voglio capire cosa c'è sotto - .
- Non c'è niente sotto. Il periodo lontano da te mi ha fatto riflettere e sono convinto che sia la decisione giusta - .
- Giusta per chi? Hai un'altra? Deve essere scesa da un altro pianeta e avercela a forma di cuore per farti arrivare a questo punto in un mese - .
Un cicalio annunciò il collegamento con Stuart e Greg girò lo schermo affinché lei e Stuart potessero guardarsi.
- Vi lascio soli, così potrete parlare in tranquillità - .
- Non ci pensare nemmeno, io non ho finito di discutere con te, quindi rimani seduto e mi spieghi, voglio capire. Ed è necessario visto che sono l'unica in grado di ragionare fra noi due - .
- Non c'è niente da capire, è una mia decisione. Ne ho diritto, Stuart, spiegaglielo tu - .
- Stuart, non ti impicciare! Il marito è mio e finché quei fogli non sono firmati ho il diritto di torturarlo.
Greg si alzò e uscì dall'ufficio mentre la voce di Stuart la raggiungeva forte e chiara.
- Amandine, mi spiace tanto, so che questo è un momento difficile per te e soprattutto inaspettato, come lo è stato per me, ma ho sentito Gregory fermo nella sua decisione e, quali che siano le sue ragioni, che non spetta a me vagliare, ti consiglio, da avvocato, di leggere con cura i documenti. Se vuoi lo facciamo insieme - .
Stuart lesse ad alta voce una sequenza di parole per lei prive di significato alcuno, parole formali e concise che vertevano su una buonuscita astronomica e il passaggio di proprietà a suo nome della loro casa a Cape Town. E la richiesta tassativa di non risiedere in California per i prossimi cinque anni, nonché l'impegno a lasciare la loro casa di Sausalito entro una settimana.
- Amandine, scuotiti, dimmi che hai compreso. È un ottimo accordo di divorzio, sei pienamente tutelata e per la cifra che ti propone, credo tu possa accettare di non risiedere in California nel prossimo futuro. Greg è fermo su questa risoluzione e sono dell'avviso che una battaglia legale non porterebbe giovamento, a parte inasprirti e ritardare l'accettazione della tua nuova realtà. Se aspiri ad una cifra più alta, la chiederemo, non credo che sia un problema, anche se penso che quella proposta sia più che generosa. Sono costernato per il mio ruolo in questa vicenda, ma siamo amici e voglio assisterti al meglio - .
Amandine continuava a non parlare, sfogliò i documenti ad uno ad uno, prese una penna e la tenne in bilico sul foglio.
- Io non firmo niente, rivoglio mio marito prima versione, non questo clone tornato da Sudafrica - .
- Calmati, è stata una scelta difficile anche per Greg, ma è irrevocabile - .
- Irrevocabile un corno, richiedo una perizia mentale. Me lo hanno sostituito - .
- Non essere irragionevole. Da un punto di vista legale è un suo diritto mettere fine al matrimonio - .
- Per la legge di quale pianeta? Su Terra2 forse, e forse ci è stato trasportato da chissà quale diavoleria ha inventato e mi hanno rimandato indietro il suo doppelganger. Rivoglio mio marito - .
- Amandine, non ti puoi opporre, non c'è nulla che tu possa fare, solo discutere le condizioni dell'accordo - .
- Bene, visto che non è mio marito, lo voglio morto - .
- Faccio finta di non aver sentito - .
- Stuart, non fare il moralista. Convincerò Iggie a divorziare da te solo perché spalleggi il tuo amico. Questa è una cosa seria - .
- Te lo stiamo dicendo in tutti i modi che è una cosa seria, ragiona - .
- Io devo ragionare? Qui non c'è nulla di ragionevole, perché vuole porre termine ad un matrimonio sano? - .
- Non è tenuto a darti spiegazioni vista la cifra che sta sborsando - .
- Secondo te io sono una che si liquida come una borsa vecchia? - .
- Beh, è una borsa che gli sta costando parecchio. Anche Justin ritiene che l'accordo sia a tuo favore - .
- Perfetto, lo sapevate tutti tranne me. Cos'altro? - .
- Non c'è nient'altro. Greg vuole concludere entro oggi - .
- Bene, digli di rientrare, tanto so che sta ascoltando la conversazione. Vuole la guerra e basta chiedere! - .
Greg tornò con un'aria ancora più cupa, se questo fosse stato possibile.
- Possiamo firmare? - .
- Certo Greg2, sono convinta che ti abbiano sostituito ma voglio mettere alla prova quali tratti del tuo carattere hai conservato - .
- Cosa intendi? - .
Amandine teneva la penna minacciosa sul foglio da firmare.
- Il doppio - .
- Il doppio di cosa? - .
- Non far finta di non capire. Voglio il doppio - .
- Amandine, la cifra è più che adeguata - , intervenne Stuart.
- Adeguata? Ti sembro una donna che possa definirsi adeguata?
Vuoi chiudere entro oggi, bene, hai cinque minuti per raddoppiare il piatto - .
- Amandine, la cifra è da capogiro e tu sei ampiamente salvaguardata. C'è la buonuscita e un riconoscimento annuale, per sempre - .
- Non stento a crederlo, sono una donna da capogiro. Il doppio - .
La penna in mano di Amandine continuava a girare in tondo sopra al foglio.
- Tic toc, il tempo scade, altrimenti me ne andrò da dove sono venuta e sparirò dalla faccia della terra e ti ci vorranno anni per liberarti di me - .
- Va bene, il doppio, faccio redigere un altro documento - .
- Grande, ho avuto la conferma che ti hanno clonato. Spilorcio come sei non avresti mai acconsentito - .
Entrò uno degli avvocati della Anderson e consegnò a Gregory il contratto modificato. Amandine lo scorse velocemente e firmò.
Stuart la vide sparire dalla inquadratura, lei si era alzata ed era uscita dall'ufficio senza aspettare che Gregory aprisse bocca, non avrebbe voluto incontrarlo mai più.
La vide percorrere il corridoio fino agli ascensori, con la solita andatura, eretta e incurante, ma l'aria intorno a lei era immobile. Sapeva di avere abbattuto inesorabilmente l'indomita signora Johnson.  

Si ritrovò di nuovo nel parcheggio, erano passati non più di quaranta minuti. Frastornata, non riusciva nemmeno a respirare. Si appoggiò alla sua auto, esausta, le mani le tremavano. Vide arrivare Jack, uno degli uomini di fiducia di Greg, che, con molta gentilezza la scortò al sedile del passeggero.
- È meglio che guidi io, ti accompagno - .
Non ricordò il tragitto fino a Sausalito e, una volta lì, trovò la casa in fermento. C'erano bauli ovunque e Carmen, impassibile come una statua di cera, sovrintendeva le operazioni di imballaggio.
Appena la vide, le andò incontro e l'abbracciò.
- Per quel che vale, sto solo eseguendo gli ordini del signor Anderson. Venga, l'ho trasferita nell'ala degli ospiti, credo abbia bisogno di riposare e la sua camera da letto è sottosopra - .
L'aiutò a spogliarsi e le rimboccò le coperte.
- Le porto una camomilla - .
La bevanda non sortì nessun miracolo ma era calda e Amandine non riusciva a calmare i brividi. Chiuse gli occhi e l'unica cosa che desiderò fu sparire. Sparire agli occhi di tutti, sparire in un luogo sperduto dove nessuno la conoscesse, per potere dimenticare.
Il pomeriggio si fece notte, poi mattino. Forse aveva dormito o forse no. Di sicuro non aveva mangiato, non andava bene, era incinta e doveva a suo figlio dei riguardi. Gregory non avrebbe mai saputo del piccolo e ne assaporò la soddisfazione. Del resto, se non voleva lei, non avrebbe voluto nemmeno il bambino.
Doveva andarsene al più presto, non voleva che Greg la compatisse, la compassione è un sentimento che va riservato a chi ne ha bisogno, lei ce l'avrebbe fatta, ancora una volta.
La doccia fu efficace, lavò via l'incertezza. Il dolore no, quello sarebbe rimasto a lungo, finché non si fosse consumato per combustione spontanea.
Greg non la voleva in California? Ebbene, se ne sarebbe andata, e non fra sette giorni, ma oggi stesso, il tempo di chiudere quella miriade di bauli che erano spuntati chissà da dove.
In cucina trovò Carmen intenta a fare un caffè. Quando la vide le chiese cosa poteva prepararle. Qualsiasi cosa, un frullato di frutta, pane e marmellata, niente caffè, un decaffeinato.
Carmen interpretò la richiesta come l'intenzione di non volersi agitare ulteriormente, non aveva motivo di attribuirla al bambino.
Fece colazione e andò nel suo studio per vedere a che punto erano i bagagli. Jack era in piedi, in mezzo ad una schiera di persone e sovrintendeva i lavori.
- Amandine, credo non ci siano sufficienti bauli. Vuoi che ne ordini altri o usiamo delle scatole? - .
- Le cose dello studio e del laboratorio le potete inscatolare, mi raccomando in maniera ragionata, per le mie cose personali preferisco i bauli. Quanti ne servono ancora? - .
- Almeno due. Se vuoi telefono a Greg per farceli mandare - .
- Non ti disturbare, chiamo io il negozio, li conosco - .
Si appartò in un angolo del salotto.
- Sono Amandine de Villepin, vorrei parlare col direttore. Edward sei tu? Non ti avevo riconosciuto. Avrei necessità di altri due bauli come quelli che ha ordinato Gregory, entrambi verticali se possibile - .
- Sì, certo, sono appena arrivati. Avevo detto al signor Anderson che avrei fatto carte false per poterlo accontentare ma li hanno spediti a pochi giorni gli uni dagli altri e questi sono stati consegnati stamane - .
- Quando li aveva ordinati il signor Anderson? - .
- Direi un mese fa, ricordo mi disse che non era in città e aveva premura - .
- Bene, Edward, quanti ne sono arrivati? - .
- Ne ho quattro, due verticali e due orizzontali, ho avuto un trattamento di riguardo dalla sede di Parigi perché l'ordine era consistente - .
- Allora non deludiamo Parigi e spero che per questa vendita le conferisca l'Ordre national de la Légion d'honneur. Prenda carta e penna, inizi a scrivere e mandi subito il conto al signor Anderson, ci tiene a saldarlo quanto prima, lei lo conosce, è molto preciso in queste cose - .
Dopo un quarto d'ora si ritenne soddisfatta, le ci sarebbero volute tre vite per usare tutto quello che aveva ordinato. Si era fatta mandare anche una borsa per Carmen, una sacca da viaggio sportiva per Jack e una cappelliera per zia Cat, le piacevano i cappelli e forse ne avrebbe avuto bisogno prima o poi. La punta di compiacimento durò esattamente trenta secondi dopo di che tornò da Jack e si mise al lavoro, voleva lasciare la casa prima di sera.
Dopo due ore le fu fatta la consegna, al che dedusse che Greg aveva pagato. Era sicura che gli fosse tremata la mano mentre firmava l'assegno e controllava la lista degli acquisti. La cappelliera non gli era di certo sfuggita, e nemmeno il suo prezzo.
Jack le comunicò che l'aereo era a sua disposizione e che l'avrebbe portata dove avesse creduto.
- Grazie Jack, non ho ancora deciso - .
- Fammi sapere quanto prima perché i piloti devono inoltrare il piano di volo. Io sono a tua disposizione, se posso esserti di aiuto - .
- Grazie, ma la tua giurisdizione termina a San Francisco, credo di poter cavarmela da sola. Chiamerò io stessa i piloti quando avrò un piano, tu organizza solo il carico delle mie valige sull'aereo, i bauli e il resto mandali a Cape Town, a quanto pare ora è casa mia - .
- A proposito di Cape Town, Gregory ritiene che tu debba mantenere il personale attuale, security compresa. Sono uomini di fiducia e mi ha incaricato di dirti che sono a carico suo - .
- Bene per ora, poi deciderò il da farsi - .
Riuscì ad essere sull'aereo che la mezzanotte era passata da un pezzo. Aveva ordinato spremute e roast beef, doveva mangiare cibi nutrienti anche se non aveva fame.
Per un momento aveva pensato di fare un'ulteriore visita al ginecologo, per sincerarsi che tutto fosse a posto ma avrebbe richiesto troppo tempo, e i medici sono ovunque.
Era in modalità da combattimento, suo figlio non avrebbe dovuto risentire delle sue tensioni: suo figlio, non il figlio di Greg, anzi era ben intenzionata a cancellare il lurido verme dal suo vissuto.
Aveva abbracciato Jack e lui aveva un'aria mesta, non sapeva cosa dire.
Nemmeno lei aveva saputo cosa dire e si era sforzata di non rimanere vittima della commozione degli addii, per le lacrime avrebbe avuto tutto il tempo che le rimaneva da vivere.
L'aereo decollò immediatamente, cenò e si sistemò in una delle comode poltrone reclinabili. Non aveva voluto dormire nella camera da letto, lì c'erano fin troppi ricordi.
Ricevette, con un bip, l'avviso di un accredito sul suo conto. Greg aveva atteso che lei adempiesse agli accordi prima di assolvere ai suoi doveri. Tipico, allora forse non era stato duplicato.
Aveva in testa mille pensieri, troppe decisioni da prendere senza il tempo per fermarsi a metabolizzare gli eventi.
Prima tappa, Ginevra. Doveva mettere in un conto protetto quella montagna di denaro e visto che suo figlio non avrebbe ereditato dal padre, quella sarebbe stata l'eredità della famiglia Anderson. Lei avrebbe vissuto dell'assegno annuale, le bastava e avanzava. Avrebbe comprato casa da qualche parte, forse poteva pure andare a Parigi dove una casa già l'aveva. Per il momento, non aveva voglia di Cape Town, si sarebbe depressa ancora di più. La casa di Parigi era affittata ed escluse pure quella. Avrebbe deciso con calma, forse poteva rifugiarsi a Kinnaber da quel traditore di Stuart e quel superbo di Justin. Aveva trovato adeguata la cifra! Gliene avrebbe detto quattro di persona.
Henry? Sapeva qualcosa?
Se voleva andare a Kinnaber doveva farlo alla svelta, prima che la gravidanza fosse evidente, nessuno doveva sapere che era il figlio di Greg. Fra un paio di mesi avrebbe dovuto trovare un posto sicuro dove aspettare che il bambino nascesse.
Sarebbe stata sola, di nuovo. Un sentore di angoscia le schiacciò il petto e si alzò in piedi per ricacciarla giù, non poteva abbattersi, ma un enorme bolla vuota le saliva dallo stomaco e dovette concentrarsi per non farla arrivare al cervello. Allontanò con forza il dubbio che il divorzio potesse essere stato colpa sua, questo non l'avrebbe permesso. Il fedifrago aveva avuto un'epifania a Città del Capo, ebbene, che stesse a vedere i doni dei Re Magi!

Atterrarono a Ginevra nel primo mattino. Aveva mandato una mail alla banca, a un referente di fiducia di Hugh, e fatto il suo nome per avere un canale preferenziale, la stavano aspettando.
Sapeva che avrebbero chiamato Hugh, ma non temeva niente da lui, semplicemente non aveva avuto voglia di sentirlo, troppe spiegazioni da dare e non era il momento.
Lasciò le valige in un albergo del centro e chiese al taxi di aspettarla, giusto il tempo per fare il check in.
Riuscì ad arrivare puntuale, le sarebbe seccato un ritardo, proprio in casa degli orologi svizzeri.
Le pratiche furono veloci, quando si tratta di incamerare denaro le procedure sono semplificate e fulminee. Le prepararono anche un caffè accompagnato da cioccolatini che la mandarono in visibilio tanto che il suo referente le regalò l'intera confezione.
Greg avrebbe avuto da ridire sulla scatola di cioccolatini, un TIR gliene dovevano regalare, vista l'entità del deposito e lei sorrise alla battuta, per poi intristirsi subito dopo.
Si ricacciò in bocca una pralina consolatoria mentre l'auto della banca la riportava in hotel. La banca stessa si sarebbe incaricata di ammantare di legalità la procedura occupandosi di richiedere un permesso di residenza. Avrebbe avuto necessità di una casa, ma non era un problema. A pensarci bene la Svizzera era un buon posto dove fare nascere suo figlio, ci avrebbe dormito sopra.
L'albergo era nelle sue corde, stiloso e discreto. Aprì le valige con tutta calma, si fece portare uno spuntino in camera e mangiò davanti alla televisione. La stanchezza fisica si faceva sentire, quelle dodici ore di volo, se pur comode, non erano state una passeggiata, specie se sommata alla differenza di fuso.
La stanchezza emotiva era devastante e fino a quel momento l'aveva contrastata con l'adrenalina che le circolava rabbiosa, sia per l'incazzatura col suo ex marito, doveva ancora abituarsi all'idea, sia per la tensione delle pratiche da sbrigare in banca, le scelte da fare, i programmi da stabilire, per lei e per suo figlio. O figlia.
Non aveva preferenze, desiderava che fosse sano, possibilmente non stupido, sul bello.... Beh, ci sono tanti modi per essere belli e pure tanti per apparire brutti anche se non lo si è.
Lo avrebbe amato comunque, almeno sperava. Non era sicura che i figli si amassero a prescindere. Sua madre ne era un chiaro esempio, aveva amato più se stessa della figlia.
Non avrebbe corso quel pericolo, lei non si amava in maniera egoistica, si accettava per quello che era, un bel tomo pesante, come le diceva sempre Greg, ma se hai la pazienza di sfogliarlo, ad ogni pagina trovi una meraviglia.
Si piaceva di più attraverso gli occhi di Gregory che per come vedeva se stessa.
Gregory. Sarebbe stato il suo grande dolore, un rimpianto senza fine e soprattutto la nostalgia di ciò che avrebbero potuto vivere, il rammarico del non vissuto. Toccò con mano la precarietà in cui tutti nuotiamo, indifesi, facendo finta che non esista, venti minuti di pazzia avevano cancellato una relazione profonda e non le era rimasto che adeguarsi.
Non l'avrebbe dimenticato, lo sapeva, come sapeva che sarebbe riuscita a vivere senza di lui. La sua capacità di sopravvivenza era sviluppata ed ora aveva anche una sconfinata tranquillità economica.
Inutile girarci intorno, il denaro è importante. Se hai la testa sulle spalle e fai finta di non averlo, un bel conto in banca ti fornisce una delle cose più preziose per un essere umano, la libertà di scegliere.
Non avrebbe smesso di lavorare, sicuramente desiderava rimettersi in gioco dopo la nascita del piccolo e, finché non sarebbe andato a scuola, poteva prendere progetti in giro per il mondo e portarselo dietro. O forse la cosa sarebbe stata ingestibile, lui che non dormiva la notte, inappetente e con le coliche di aria.
Improvvisamente fra i desideri sul bambino, al primo posto ci finì esente da coliche d'aria. Si sarebbe portata dietro una tata, una di quelle che Iggie e Gwyn pescavano a Kinnaber, persone fidate e di vecchio stampo, che sapevano dire di no, gente abituata ad una terra dura.
Non la voleva cinese, non gliene fregava nulla che il bambino imparasse il cinese. O forse no, in fondo era un bel regalo da parte di un genitore. Il cinese, o lo s'imparava da piccoli o poche erano le speranze. Bene, doveva chiedere a quel supponente di Justin di passargli la sua tata cinese, o sua sorella, o una sua amica. E suo figlio avrebbe giocato in cinese con la combriccola Jacobs.
Doveva andare in Scozia, vedere tutti e cercare di capire cosa sapevano del divorzio. Si sarebbe fermata da loro per qualche settimana, o anche di più. Poteva approfittare di Brigg per prendere lezioni sui colori, sulle tecniche antiche per riuscire ad ottenere delle colorazioni particolari, accostamenti cromatici innovativi ma ispirati al passato. Nei suoi progetti, quando occorreva, si era sempre affidata a dei tecnici esperti, che diventavano sempre più rari e con costi proibitivi che il cliente mal digeriva. Avrebbe potuto preparare da sola i colori che voleva, era da un po' che ci rifletteva e Brigg non le era venuto in mente.
Avere pianificato le prossime settimane la distese. In primis doveva trovare una casa, non necessariamente a Ginevra, anche se sarebbe stata più comoda per una serie di motivi logistici. Non era nello spirito giusto per mettersi a vagabondare per la Svizzera alla ricerca di qualcosa che le piacesse, ma doveva tenere presente che la Svizzera è un buon posto per sparire, magari in una bella vallata, e passare in tranquillità i mesi vicini al parto.
L'indomani avrebbe chiamato la banca, il nome del tipo dei cioccolatini era Joseph e qualcosa di tedesco, Joseph Kingsley, ecco, come l'attore. Il cognome era ebreo, con conoscenze ovunque, era la figura giusta.
Efficienza e discrezione, le due qualità che andava cercando. Voleva una casa, non tanto grande, possibilmente con un piccolo giardino, in una bella vallata, non troppo distante da Ginevra. Ci avrebbe trascorso i primi mesi dopo la nascita del piccolo, un posto dove nessuno faceva domande e gli svizzeri non le fanno se qualcuno garantisce per te. Joseph Kingsley le sembrava perfetto e sapeva che lei poteva pagare, una garanzia in più.
Doveva cercare anche un posto dove partorire e le cliniche svizzere sono fantastiche. Da loro non ci entra nemmeno la Cia, ma della CIA non le fregava nulla, non ci sarebbe entrato nemmeno la Anderson Security.
Nelle cliniche elvetiche, le cartelle mediche non sono criptate, di più. Hanno personale specializzato nella ingestione delle cartelle e dei referti, vengono praticamente disciolte dai succhi gastrici così da non poterle ricostruire. Nemmeno Greg sarebbe riuscito a risalire alla data del parto, unico collegamento per reclamare suo figlio. Certo, c'era sempre il DNA, ma se non sospetti nulla e pensi che il bambino sia di un altro, non ti viene in mente!
Le dispiaceva che Greg non potesse fare da padre al loro bambino, sarebbe stato un gran padre. Diceva che voleva molti figli, beh, non ne avrebbe avuti molti, almeno non da lei.
Era sfinita, pur avendo il terrore di non riuscire a dormire e non poteva prendere niente che l'aiutasse. Primo impegno dell'indomani, trovare un medico e una clinica, non riusciva a ricordare dove avesse partorito la figlia di un'amica di Antoinette. C'era Google, forse vedendo il nome lo avrebbe riconosciuto.
Il medico l'avrebbe consigliata su come restare calma pur in un momento così teso, magari con l'agopuntura, o una di quelle diavolerie ayurvediche o qualsiasi cosa la rasserenasse.
Dopo un bagno caldo e profumato, si mise a letto.
Dormì, e quando si svegliò la mattina dopo, Mandie Johnson era pronta per la sua nuova vita.

Le venne in mente Vico, con i suoi corsi e ricorsi storici, l' aveva studiato alla Milton. Se Vico l'avesse conosciuta, l'avrebbe portata in giro per conferenze come dimostrazione pratica delle sue teorie.
Dopo tre anni si ritrovava nelle medesime condizioni, un carico pesante sulle spalle, un periodo della vita da dimenticare. Le pesava, oltremisura. Ci aveva investito, aveva ceduto alla trappola del per sempre, ci si era buttata dentro a capofitto. Unica e basilare differenza era suo figlio. Non lo sentiva ancora dentro di sé, era solo un pensiero, uno sguardo sul domani, ma aveva già accettato il carico di dedizione e responsabilità che l'assenza del padre avrebbe comportato.
Non riusciva a capacitarsi di quanto era accaduto, di quali potessero essere le ragioni di Gregory e in cuor suo non ci credeva.
Accantonava l'infido pensiero per non crearsi illusioni, nemiche dell'azione, che l'avrebbero indotta a crogiolarsi invece di combattere.
Joseph Kingsley era stato allertato e, con piacere, si sarebbe dedicato alla ricerca della casa desiderata, o avrebbe trovato una persona che lo facesse per lui, poco importava, purché ci fosse il risultato.
Google aveva dato gli esiti sperati, aveva contattato la casa di cura e preso un appuntamento con uno dei loro ginecologi, l'aspettavano all'indomani.
Appena chiamato il concierge per un'auto che l'avrebbe portata alla clinica poco distante da Ginevra, squillò il cellulare, era Hugh.
- Amandine, che ci fai a Ginevra? Ho dato ottime referenze ma ora voglio sapere - .
- Ciao Hugh, come stai? Io bene, grazie per averlo chiesto - .
- Non fare questi giochetti con me. Sei a Ginevra, sola e hai bisogno di me, deduco quindi che è successo qualcosa - .
- Non ho voglia di parlarne, tanto meno al telefono - .
- Perfetto, ti aspetto a Parigi, così potrai dirmi tutto - .
- Non posso, ho diversi appuntamenti - .
- Sei a Ginevra per lavoro? - .
- Hugh, ti prego non indagare, non sono qui per lavoro - .
- Indago eccome. Dov'è Gregory? - .
- Hugh sei un impiccione! Io e Greg abbiamo divorziato, sei contento? - .
- Non lo sono, e più che altro sono esterrefatto. Pensavo che le cose stessero andando molto bene fra voi - .
- Unisciti ad uno dei club più esclusivi del pianeta, quello degli illusi! Lo pensavo anch'io e invece mi ha mollato - .
- Non si molla Amandine de Villepin, te lo posso assicurare. Hai bisogno di compagnia, lascia il paese della cioccolata e raggiungimi a Parigi - .
- Non posso, davvero. Sto cercando casa perché voglio trasferirmi qui - .
- Fantastico, magari in una di quelle vallate piene di mucche in estate e con le renne in inverno? - .
- Proprio una di quelle - .
- Amandine, tesoro, tu hai bisogno di Parigi e Parigi ha bisogno di te - .
- Non posso Hugh, oltre alla casa ho altri impegni - .
- C'è qualcosa che non mi dici - .
- Esatto, ma non sono ancora pronta a dirti tutto - .
- Amandine, hai bisogno di me? - .
- Hugh, grazie, sei sempre molto caro ma devo cavarmela da sola - .
- Sei al Woodward? - .
- Sì - .
- Te lo sei ricordata, ci passammo una bella settimana - .
- Sì, eravamo stati bene. E la mostra andò alla grande, fu un successo - .
- Amandine, prendi un TJV e ti aspetto a la Gare du Nord - .
- Non posso, mi spiace, ho un appuntamento importante - .
- Allora dopo domani - .
- Non mi fare pressioni. Dipende da quello che mi diranno, poi vedrò cosa fare - .
- E da quando hai dei segreti con me? Tesoro, mi diresti se stai male, vero? - .
- Hugh, sto bene. Cioè non sto bene, il divorzio mi ha dato un bel colpo e...Hugh, vorrei tanto dirtelo... - .
- Amandine, fai come vuoi, io non ho mai tradito la tua fiducia, questo lo sai. Fra te e me c'è stato qualcosa di speciale, e c'è ancora, lo sento, non farei mai nulla che potesse nuocerti - .
- Lo so. Hugh, ... aspetto un bambino - . Le parole le uscirono dalla bocca come una liberazione e allo stesso tempo un macigno le crollò addosso riempendole gli occhi di lacrime e il petto di singhiozzi.
- Amandine, calmati - .
- Sì, scusami. Sei il primo a saperlo, non ce la facevo più a tenermelo dentro - .
- Raccontami, perché questo divorzio? - .
- Non lo so, è stato improvviso, un fulmine a ciel sereno - .
- Il bambino è di Greg? - .
- Cosa vai a pensare! Ti sembro il tipo che fa un figlio con un altro mentre sto con mio marito? - .
- No, tu non sei così, ma ho unito le due cose. Greg scopre che non è suo e divorzia - .
- Il bambino è di Greg e lui non lo sa. Mi ha lasciato prima che potessi dirglielo - .
- Questo non è corretto, lui ha diritto di sapere - .
- Ovvio, lui ha il diritto di lasciarmi senza una spiegazione, ha il diritto di sapere che ha un figlio, ha il diritto di non farmi mettere piede in California per cinque anni, ha il diritto di trasformare gli ultimi due anni in una menzogna. Sono stanca di bugie, questo è mio figlio - .
- Non ti agitare, avrai tutto il tempo per riflettere - .
- Ci ho già pensato - .
- Va bene, quando vedi il medico? - .
- Ho preso appuntamento in una clinica fuori Ginevra, ho intenzione di farlo nascere qui - .
- Perché Ginevra? Non hai nessuno da quelle parti. A Parigi hai amici, a Londra ci sono Henry, Stuart e tutti loro, perché vuoi isolarti? - .
- Non ho voglia di parlarne ora. Ci ho riflettuto e credo sia la cosa migliore, quello di cui ho bisogno - .
- Mi sembra una pessima idea. Quando mai isolarsi ha fatto bene a qualcuno? Hai bisogno di conforto, di amici che ti vogliono bene. Sei una persona forte ma se non ti ammorbidisci rischi di spezzarti e non te lo puoi permettere, ora c'è tuo figlio - .
- Da quando sei diventato paternalistico? - , gli rispose Amandine con un tono di insofferenza nella voce.
- A te non è mai piaciuto chi ti diceva cosa fare, e non era mia intenzione. Vorrei solo tu riconsiderassi la decisione - .
- Lo farò, non ti preoccupare per me, so badare a me stessa - .
- E a tuo figlio - .
- Ciao Hugh, grazie per la telefonata, mi farò viva io - .
Riagganciò senza aspettare una risposta, non aveva voglia di sentire l'ennesimo uomo che le suggeriva come affrontare la sua vita. Sempre dalla parte degli uomini! Povero Greg, che non avrebbe saputo dell'esistenza di un figlio, ma aveva fatto la sua scelta, irrevocabile, a detta sua. Bene, lei avrebbe fatto altrettanto.
Non era né la prima né l'ultima donna che si trovava in quella posizione ed era priva di affanni di tipo economico. La presenza di un padre sarebbe stata preferibile, ma era sua ferma intenzione riuscire a trasmettere il senso di famiglia a suo figlio, insieme sarebbero stati una famiglia. Avrebbero festeggiato il Natale, compleanni, organizzato vacanze e piantato un orto.
Aveva tempo per riprendersi e il bambino non si sarebbe accorto che era svuotata dal dolore e dall'incapacità di capire la scelta di Gregory; col tempo, sarebbe riuscita a ricostruire l'anima che si era sgretolata, le sembrava di vederla, un mucchietto di detriti fumanti, sì, fumanti per l'incazzatura che le bruciava dentro. Quali erano le fasi del lutto? A che punto stava l'incazzatura? Forse al primo c'era la non accettazione ma lei era sempre stata una che saltava le tappe e il suo stato adrenalinico le dava energie per mettersi in movimento e organizzare il futuro.

Dormì poco e alle sette era già in piscina per bruciare tutti le immagini che vertevano su Gregory e su quale modo farlo soffrire.
Aveva voglia di vendetta, non elegante e sottile, voleva qualcosa di epico, di shakespeariano, sarebbe diventata Amleto, o forse doveva ricorrere ad Euripide, ma di Medea le andava bene tutto tranne la parte in cui uccideva i propri figli.
Nuotare la calmava e i pensieri diventavano più positivi, una vasca dietro l'altra.
Dopo colazione aveva appuntamento per un trattamento viso-corpo e all'ultimo momento decise di affidarsi ad un'esperta per farsi truccare, non voleva arrivare in clinica con le occhiaie per la notte agitata, ripudiava con tutta se stessa il ruolo della derelitta.
Non si godette le cure della SPA, era infelice e qualsiasi cosa facesse, le costava sforzo, a parte nuotare.
Scese in anticipo e la sua auto non era ancora arrivata, così ordinò una spremuta, mentre scriveva una lista delle cose in programma.
- Buongiorno Amandine, ti trovo bene, il trucco è riuscito a nascondere la brutta cera - .
- Hugh! Perché non sono stupita? Se avessi avuto la mente più lucida me lo sarei aspettato - .
- Avrei desiderato almeno un sorriso, ma vista la situazione, mi adeguo. Hai bisogno di me - .
- Mi fa piacere che tu sappia di cosa ho bisogno, io non ne ho la minima idea - .
- Ora ti accompagno alla clinica e sentiamo cosa ci dicono, poi decideremo - .
- Mi piace che stai usando il noi, ma credimi, c'è già un noi, e siamo io e mio figlio - .
- Non essere acida, non lo sei mai stata - .
- Non avevo due matrimoni falliti alle spalle - .
- Noi non siamo mai riusciti a sposarci, purtroppo - .
- Non essere nostalgico, la vita ha giocato le sue carte ed io continuo a perdere contro il banco - .
- Non solo tu hai perso, mi piacerebbe lo ricordassi. Io non c'entravo niente con quella notte. Avevo i miei problemi ma non ho mai condiviso i vizi di Joaquin. Ho capito come ti sei potuta sentire quando pensavi di avere visto me ma non ho mai avuto la possibilità di replicare, di difendermi. Tu non me lo hai permesso, e ora stai facendo la stessa cosa con tuo marito - .
- Hugh, fermati, non è il momento di riparlare di noi e, credimi, il divorzio è stato un pugno nello stomaco a tradimento, di cui non so ancora capacitarmi. E Greg non mi ha lasciato possibilità di replica, la sua decisione era presa. Cosa dovevo fare? Mi ha buttato fuori di casa, messo su un aereo con un paio di valigie e fatto un sostanzioso bonifico. Mi ha pagato, lo capisci? E tutti la ritenevano una cifra più che adeguata, due anni della mia vita hanno un prezzo, e molto alto a quanto pare! Lo detesto, li detesto tutti. Stuart non ha avuto un attimo di incertezza, si è solo prodigato che io accettassi alla svelta e firmassi - .
- Era il tuo avvocato? - .
- Sì, Greg lo aveva contattato prima, così da potermi fornire il parere di un mio legale. È stato crudele, non trovo altri termini. Mi hanno messo su un vassoio d'argento assieme ad una montagna di soldi e mi hanno gettato dalla finestra. Anche Justin era a conoscenza del divorzio, e immagino tutti gli altri. Mi sento come se per Gregory fossi stata una società di cui, ad un certo punto, ha voluto sbarazzarsi. Ha consultato i suoi amici, hanno discusso il giusto prezzo e ha pagato perché mi togliessi di mezzo. Tutto quello che c'è stato fra noi non valeva più e mi chiedo se sia mai esistito o era solo la mia fervida fantasia. Lo capisci che ogni cosa che tocco è una bugia? - .
- Amandine, ora sei in pieno lutto e hai tutta la mia comprensione, ma devi concentrarti su tuo figlio e non su Gregory. Sono allibito anch'io; per come l'ho conosciuto, Greg Anderson è un uomo solido, essenziale e onesto. Ho avuto occasione di incontrarlo diverse volte per la storia di Joaquin e aveva solo un pensiero, tu. Il suo mondo e il tuo combaciavano e si è scagliato contro mio fratello con tutta la forza che ha potuto per salvaguardare te e voi. E ha avuto anche la tenacia di aspettare che tornassi da lui, con tutto l'amore di cui sei capace. Il vostro era un incontro del destino - .
- Grazie Hugh, questo mi aiuta! Forse è meglio se stai zitto fino alla clinica. É tardi, dobbiamo andare e immagino verrai con me - . 
Quarantuno
Il Sahara è vento, luce accecante, vento, blu profondo, vento.
Amandine affondava i piedi nella sabbia, avvolta in metri di lino che si alzavano ad ogni raffica e anche lei volava in alto, il suo volto coperto, gli occhi segnati dal kajal alla maniera delle donne berbere. Si era fatta aria, morbida e mutevole come le dune intorno a lei, ogni suo passo suonava il lamento della terra frammentata e disgregata, lo sguardo aspro come il suolo su cui camminava. Altera e implacabile si plasmava sul deserto, o forse il deserto l'aveva riconosciuta e accolta.
Gregory stava assistendo alle ultime riprese, gli occhi su di lei, e sentì il suo stomaco aggrovigliarsi. La stava guardando per la prima volta, il loro vissuto aveva scalfito una piccola parte della donna che ora si mostrava in tutta la potenza del mistero custodito tenacemente. Era mai stata davvero sua? Lei apparteneva alle profondità degli oceani, alle sconfinate distese di sabbia, alle crepe profonde della siccità, ai cactus che si schiudevano sotto le rare piogge e gridavano al mondo i loro colori.
Dalai nel suo marsupio giocava con la camicia del padre e lei aveva mandato un bacio. Greg aveva intravisto i tatuaggi sulle mani e le cavigliere che le aveva regalato in un'altra vita. Alla prima pausa si avvicinò e li abbracciò entrambi. Gli riservò un lungo bacio sulle labbra e lui tornò a respirare.
- Voglio riempire questa bambina di tutte le coccole che non le ho potuto fare in questi giorni - .
- Prendila, mai che ti avesse dimenticato - .
- Mi stai dicendo che ho rischiato l'oblio? - .
- La signora Johnson non corre questo pericolo e Amandine delle sabbie è splendida - .
- Poi ti faremo vedere i provini, sarà una grande mostra. Guy, mi fai delle foto con Dalai? - .
- Certo, toglile gli abiti, lasciala nuda - .
- I neonati nudi sono pericolosi - .
- Le mamme non hanno paura della pipì dei loro figli. Aspetta, avvolgila in questa sciarpa e rimettiti dov'eri prima, il sole sta scendendo e la luce è magica - .
Dalai sembrava contenta dentro ai veli della mamma che la proteggevano dal vento, rideva, e Amandine con lei mentre insieme si fondevano al rosso tramonto del deserto.
Il divertimento finì, di lì a poco sarebbe venuto freddo, e stavano già smontando le tende.
Amandine abbracciò tutti, raccolse le sue cose e ripartì con Gregory e Dalai.
- Stavo pensando a una cosa, potremmo associare una delle tue foto al pacchetto Sahara della Anderson? - .
- Ne devi parlare con Guy, perché non glielo hai anticipato? - .
- Non era il luogo adatto, gli telefono domani e prima voglio vedere le foto - .
- Rientra a Parigi, lo possiamo raggiungere la settimana prossima - .
- Possiamo andare direttamente da Marrakesh - .
- Ti sei portato la nanny? - .
- Secondo te? Voglio godermi il mio tè nel deserto - .
- Io ho l'abito adatto - .
- Non ti ho mai vista come oggi, c'è un lato di te che ancora non conosco - .
- Ci frequentiamo da poco, cosa hai visto? - .
- Era una scena potente, o forse eri tu ad esserlo. Dominavi le sabbie ed eri tutt'uno col deserto. Hai ma letto i libri di Frank Herbert? - .
- Dovrei? - .
- Sono nel mio studio, leggili, è appena uscito anche il film. Racconta di Arrakis, un pianeta completamente arido, e del potere del deserto. Staresti stata benissimo su Arrakis e avresti cavalcato uno Shai Hulud, il verme delle sabbie - .
- Questa è una lettura da nerd, ne riconosco i segni - .
- A Stanford eravamo un gruppo di appassionati di Herbert - .
- Per questo hai chiamato Sahara l'ultimo prodotto? - .
- In qualche modo è un omaggio all'autore. Il fantasy permette alla mente di non avere limiti, puoi pensare quello che vuoi ed è un po' quello che ho fatto nel mio lavoro. Poi abbiamo dovuto realizzarlo, ma alla base c'è una grande opera dell'immaginazione, non devi soccombere all'impossibile - .
- Mi ha sempre incuriosito questa tua dicotomia, da un lato sei rigido e dall'altro sei un visionario - .
- Le visioni vanno messe in codice e occorrono le regole che, per loro stessa definizione, contengono in sé la rigidità dell'applicazione. Ma le regole si possono cambiare e scriverne altre, quindi occorrono di nuovo le visioni - .
- Gregory Anderson, sei un tipo interessante. Se non fossi già impegnata ci farei un pensierino - .
- Lo sei davvero? - .
- Che cosa? - .
- Impegnata. Ti senti impegnata? - .
- Non capisco dove vuoi arrivare - .
- Ti ho osservata durante il servizio, eri un'Amandine diversa. Tu sei l'essenza del movimento, sei la libertà del vento, riesci a diventare tutt'uno con la natura. Ho paura a legarti a me, lo capisco solo ora. Ci sarà un giorno che ti sentirai in gabbia e vorrai fuggire e non lo potrei sopportare. Ti lascio libera - .
- Stai divorziando una seconda volta? - .
- No, ma non voglio che ti stanchi di me - .
- Gregory Anderson, non ti sopporto. Questa doveva essere la nostra luna di miele - .
- E lo sarà. Dove vuoi andare? - .
- A casa mia, a Cape Town - .
- Non mi ricordare che ora è casa tua - .
- Puoi venirci quando vuoi - .
- Dalai non l'ha mai vista - .
- Dovrò farle la cameretta - .
- Tu sarai impegnata e io lavorerò - .
- Non mi piace questa cosa che mi lasci libera - .
- Non piace nemmeno a me. Abbiamo entrambi paura della tua libertà - .
- Non ho paura, io mi sento già libera - .
- No, subisci i tuoi desideri, non ti abbandoni alla vita - .
- Che significa? - .
- Ti è mancata una famiglia e pensi che sarai appagata con pranzi di Natale e compleanni con torte e candeline - .
- Mi piacciono, sto bene con la famiglia intorno - .
- Lo so, ma non devi scegliere o questo o quello - .
- Non ti seguo - .
- Amandine, guardati dentro, a fondo. Prendi in mano la tua libertà e vivila - .
- Non mi vuoi più - .
- Ti voglio libera, voglio amare la donna che ho visto sulle sabbie, voglio che sia lei a tornare da me, solo così saprò che mi hai scelto, per te stessa e non per quello che ti è mancato. Fino ad allora lasciami con la mia paura - .
- Io sono libera e le mie scelte sono frutto della mia libertà. Tu stai dubitando di me ma in realtà dubiti di te stesso. Cosa è cambiato? Il Gregory che conosco io non avrebbe avuto queste esitazioni. Sei meno coraggioso di quanto pensassi, Capitano - .
- Lo credo anch'io - , le rispose Greg ripensando al mantra di Herbert. La paura uccide la mente. La paura è la piccola morte che porta con sé l'annullamento totale. Guarderò in faccia la mia paura. Permetterò che mi calpesti e mi attraversi, e quando sarà passata non ci sarà più nulla, soltanto io ci sarò.

Antonella Alboni

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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Scrittori si nasce Scrittori si nasce. Siamo operai della parola, oratori, arringatori di folle, tribuni dalla parlantina sciolta, con impresso nel DNA il dono della chiacchiera e la capacità di assumere le vesti di ignoti raccontastorie, sbucati misteriosamente dalla foresta. Siamo figli della dialettica, fratelli dell'ignoto, noi siamo gli agricoltori delle favole antiche e seminiamo di sogni l'altopiano della fantasia.
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