Come il cielo nella terra
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Era un pomeriggio tranquillo. I ragazzi giocavano in oratorio. I loro genitori sarebbero venuti a prenderli qualche ora dopo. Padre Giorgio osservava placidamente il sole rifulgere sugli specchietti delle automobili. Se si riusciva a mantenere fisso lo sguardo, tutti quei riflessi di luce assumevano la forma delle stelle. Chiuse gli occhi, assaporando il calore dei raggi sulla propria pelle, ricaricandosi come se fosse un dispositivo collegato ad un grosso generatore elettrico. La sua vita era stata così bella, da quando era divenuto sacerdote... Quasi tanto potente da cancellare alcuni dolori del passato e qualche... senso di colpa. Chinò lentamente la testa per sgranchire i muscoli del collo, che iniziavano ad intorpidirsi e riaprì gli occhi. La sorpresa che provò nel trovarsi di fronte proprio lui, fu tale da farlo traballare pericolosamente, mentre si poneva la mano sul cuore, come per ammansirlo. E non era solo. Con lui c'era Amal. Sergio fece il suo ingresso nel cortile della chiesetta che lo aveva ospitato per una notte molto tempo prima. Quando entrava in un qualsiasi luogo era maestoso, come un re, dal nobile incedere. Amal teneva abilmente il suo passo dalle lunghe falcate. I giovani, per qualche momento smisero di giocare, per osservarli curiosi. Padre Giorgio, ripresosi dallo shock, lentamente li raggiunse. Quando furono vicini,il prete li abbracciò entrambi e, in silenzio, li guidò all'interno dei suoi modesti appartamenti. Sergio guardò l'amitto, il camice, il cingolo, la stola ed altri indumenti liturgici, appesi a prendere aria su delle grucce saldamente appoggiate ad un vecchio armadio scuro, che gli ricordò la sua conversazione di tanti anni addietro col sacerdote. Amal si inchinò a padre Giorgio, che, rispondendo allo stesso modo,disse: - Benvenuti - . Proseguì: - Amal, Mitr caro. Da quanto tempo! I tuoi capelli iniziano a volgere verso il bianco, così come i miei - . Amal rispose, sorridendo: - Si tingono assieme dei colori della luce, Mitr Giorgio - . L'altro sorrise di rimando. Sergio, senza parlare, attese che l'uomo in tonaca si rivolgesse a lui. Non dovette aspettare molto, perché padre Giorgio esclamò: - Mi ricordo perfettamente di te. Uno dei viaggiatori... - . Sergio assentì col capo, esterrefatto: - Sono io. Amal mi ha condotto qui, ma non mi ha spiegato nulla e non sapevo che foste amici di vecchia data, né tantomeno che tu, padre, fossi a conoscenza... dei viaggiatori! - . Il religioso sembrò non avvedersi delle osservazioni di Sergio. Si fece assorto: - Tu... Non dovresti essere qui - . Tre uomini sulla trentina costeggiavano a passo deciso il Tevere. Camminavano di gran carriera verso un grande tronco, che li aveva ospitati già molto tempo prima. Lorenzo, col suo sguardo furbo, si fermò per primo: - Siamo arrivati - . Angelo, con la polo un po' larga sul petto magro, affermò: - Bene! - . Diego, coi suoi capelli spettinati, proprio come un tempo, non disse una parola. Guardò semplicemente il fiume, che copriva sereno, come sempre, la distanza fra il monte Fumaiolo e la sua amata Roma, dove le rapide selvatiche divenivano cittadine. Lorenzo chiese: - Pensate che saprà darci una spiegazione? - . Angelo rispose: - Presumibilmente potrebbe... - . Diego, serio, chiuse gli occhi, come in ascolto, poi sentenziò: - Non credo che possa - . Angelo si informò: - Perché? Lui è quello che conosce meglio il funzionamento dei varchi. Può aprirli, richiuderli... senza interferire con l'equilibrio... - . Lorenzo lo interruppe: - Perché Diego? - . Il giovane chinò il capo, senza vedere le rifiniture della sua bella maglietta di lino: - Perché temo che sia accaduto qualcosa e che Ethan non sarà presente all'appuntamento con noi - . Angelo si agitò leggermente: - Cos'è successo? - . Lorenzo si protese verso Diego, impercettibilmente. Infine,quest'ultimo rispose: - Non so cosa, ma sono certo che lui... non verrà - . Doc si gettò sul divano. Era distrutto, nonostante la meditazione in genere lo ricaricasse, nelle pause che, quando poteva, si concedeva nel reparto di cui, ormai da svariati anni, era lo stimatissimo primario. Qualcosa oggi, però, lo rendeva nervoso. In verità non era così teso da almeno vent'anni! E non aveva mai provato uno stato d'animo come quello che ora lo avvinceva. Osservò la piccola targa raffigurante il bastone di Asclepio, che tanti anni fa, Ethan aveva lucidato e rimesso in vista, proprio su quel mobiletto. Si alzò e andò verso di essa. La prese fra le mani. Poi la ripose e sussurrò: - Ti è capitato qualcosa - . Le palpebre gli si fecero pesanti. Adele rendeva la casa il più possibile accogliente per suo fratello Amal, giunto dall'America, e per Sergio. Bevve un bicchier d'acqua. Aveva lasciato libero il suo Sergio di diventare luce, anni prima, ma ecco che questo alter ego era tornato a risvegliare i ricordi di una vita felice, tanto felice,in lei. Non che ora non lo fosse, ma, senza suo marito, avvertiva un vuoto costante tra lo sterno ed il seno, proprio lei che sapeva cosa c'era dopo e che mai nessuno moriva davvero. Eppure, anche se lo sapeva vivo in una diversa forma e, a volte, le sembrava di essere accarezzata dal suo respiro, provava lo stesso quel vuoto, che poteva diventare un po' bruciante, se non stava attenta a riportare il battito del suo cuore ad un ritmo normale. Questo Sergio gli somigliava così tanto! Era lui, ma non era lui. E comprese cosa avesse provato quest'uomo gentile, tanto simile a suo marito, quando, molto tempo addietro, si era ritrovato davanti lei, la copia perfetta della moglie che aveva visto morire. Fu allora che le parve di vedere un movimento fugace nello specchio. Si distaccò lentamente dal mobile su cui esso era montato. Niente. Si avvicinò e cercò nello specchio. Niente. Anche se lei era sicura che qualcosa o qualcuno si fosse affacciato, per una frazione di secondo, nella superficie riflettente. Toccò lo specchio. - Niente - , sussurrò colta da stanchezza. - Niente - , ripeté. Laura, seduta accanto a Christopher, in macchina, guardava le strade lasciare il passo ad altre strade. Non riusciva a dire nulla. Restava assorta in pensieri che tentava di riordinare senza successo. La giornata era stata pesante al lavoro. Stava accadendo qualcosa, nel campo quantico,che lei e il suo team non erano in grado di spiegare. Avevano registrato delle inusuali attività a livello elettromagnetico, ma capire da cosa dipendessero era al momento impossibile. Non riusciva nemmeno a comprendere se queste potessero aprire varchi, come era accaduto vent'anni prima o agire diversamente sul tessuto connettivo del multiverso. Christopher ruppe il silenzio: - Sei preoccupata, mamma? - . Lei sospirò : - Sì - . Lui si passò una mano fra i capelli, pensieroso: - Non abbiamo nulla di certo in mano... Forse non sta per verificarsi nessun evento di grande portata - . La donna non rispose. Anche lui si accorgeva che c'era qualcosa nell'aria e che i suoi tentativi di tranquillizzare la madre erano quasi insensati. Quando giunsero di fronte alla villetta in cui era cresciuto, rallentò fino ad arrestare il moto dell'auto e si volse verso di lei. Per un attimo, prima di salutarla, ripensò a quando le aveva detto che voleva studiare fisica e lei, in uno scoppio di entusiasmo, lo aveva abbracciato come se quella fosse la notizia più bella che avesse mai ricevuto. Sorrise teneramente. Lei non lo aveva mai spinto a seguire i suoi passi, ma nell'apprendere che lui condivideva la sua stessa passione, si era accesa come una piazza in festa. Avevano lavorato per anni insieme ed erano sempre stati affiatati. Avevano incontrato ed aiutato i viaggiatori. Avevano visto coi loro stessi occhi le fessure dimensionali aprirsi, inghiottire i loro amici e richiudersi subito dopo. Poi, per tutto quel tempo... più nulla. Soltanto esperimenti che vertevano su altre questioni della meccanica quantistica. Lui si era sposato con la sua annosa fidanzata, Martina. E ora la sua adorata mogliettina stava per dare ai nonni un secondo nipotino e a lui un altro bellissimo figlio. Laura si riscosse dalle sue intime elucubrazioni mentali e lo sorprese a guardarla. Sorrise. Entrambi avevano lo stesso timore: che l'ordine che assieme a tutti gli altri, in qualche modo, avevano ristabilito nell'universo, fosse minacciato da qualcosa. E... ciò che era più preoccupante, era che non sapevano di cosa si trattasse. La domanda che aleggiava fra di loro, che non espressero, era la medesima: sarebbe toccato a uno di loro, adesso, sparire? Si abbracciarono forte, ripensando ai grafici che avevano studiato con grande attenzione e che li avevano messi così in apprensione. Ricordavano bene che la situazione, quando Mah, Ethan, Sergio e Diego Ro erano stati risucchiati dai varchi, non era stata neanche lontanamente così evidente a tutte le loro strumentazioni avanzate. Non come lo era in questo momento. Tutto ciò che sapevano,quando si salutarono e Christopher si avviò verso casa, era che se c'era un equilibrio,in quell'infinito gioco di ologrammi, che tutti li avvolgeva e tutti li permeava anche internamente... e che, in un certo senso, li caratterizzava... quell'equilibrio... si era spezzato.
Laura Intino
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