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Autore: Sonia Alcione
Il bacio del necrofilo
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Il bacio del necrofilo
Al suo rientro si era subito occupato di lei. Come prima cosa aveva suddiviso le ciocche dei capelli e aveva creato degli stupendi boccoli che aveva poi raccolto con il fermaglio, creando un'acconciatura molto elegante.
Poi era passato alla lingerie, che le aveva fatto indossare ponendo la massima attenzione e infine si era dedicato al trucco.
Rimase ad ammirarla per molto tempo, era splendida, proprio come se l'era immaginata, avrebbe dovuto solo attendere qualche ora. Le sorrise e andò a preparare la cena a base di pesce fresco.
Alle diciannove e trenta la tavola era preparata di tutto punto, con fiori e candele. Come prima cosa diede il via a una musica romantica di sottofondo per creare l'atmosfera adatta a quel corteggiamento.
Per l'occasione aveva acquistato una bottiglia di champagne; l'aprì, ne versò un po' in due flutes, poi bevve brindando all'occasione.
Gustò l'ottima cena senza toglierle gli occhi di dosso, coprendola di attenzioni e di dolci parole. Le disse che l'amava, l'aveva amata fin dal primo momento in cui l'aveva vista e aveva sofferto molto quando se n'era andata. Ma si erano ritrovati ed era tutto ciò che voleva.
Una volta terminato di mangiare il dolce si era avvicinato a lei e l'aveva baciata, l'aveva accarezzata in ogni parte del suo corpo, infine le aveva tolto quella magnifica biancheria e si era unito a lei dando sfogo in pochi secondi alla sua passione repressa, cercando di non rovinare il suo dolce corpo.
Infine l'aveva rivestita con cura, le aveva ritoccato il trucco, era rimasto ad ammirarla per molte ore e poi se n'era andato a dormire.
Il mattino successivo il primo pensiero era stato per lei. Le si era avvicinato e l'aveva baciata con delicatezza, mentre il suo corpo aveva di nuovo iniziato a fremere.
Si era buttato sotto la doccia, nella speranza di placare quell'istinto. Aveva diverse faccende da sbrigare e non poteva trattenersi con lei.
Uscì di casa portandosi dietro il sapore e l'eccitazione che quell'attesa gli provocava.
Poi, finalmente, scese la sera.
Nel pomeriggio si era fermato ad acquistare dei fiori freschi; una volta rincasato, aveva apparecchiato la tavola, acceso le candele e dato di nuovo il via a quel romantico sottofondo musicale, per creare l'atmosfera perfetta.
Era la loro ultima serata insieme e durante la cena, ancora una volta, l'aveva coperta di attenzioni e di parole dolci.
Infine il suo corpo aveva di nuovo assaporato quella felicità che si era consumata in pochi secondi e che avrebbe portato con sé per il resto della sua vita.
10 febbraio 2017
Il dottor Banci arrivò al laboratorio intorno alle otto. Voleva controllare che i tavoli settori e ogni attrezzo fossero ben coperti, quel giorno erano previsti diversi lavori e non doveva esserci alcun intoppo.
Oltre alla riparazione della porta automatica danneggiata, era stato deciso di sostituire i portoncini di ingresso, sia per quanto riguarda l'entrata del personale, che quella delle salme.
Le chiavi, almeno in attesa del montaggio delle telecamere, previsto per lunedì 13 febbraio, sarebbero state consegnate solo ai due medici e ai quattro assistenti.
Non appena varcò il corridoio il cuore gli si fermò. Sul tavolo della sala incriminata giaceva il corpo di Susanna Palmieri.
Colto dal panico rientrò negli spogliatoi, dove si imbatté in Romano Tieri e Flavia Costantini che erano appena arrivati per dare una mano durante i lavori. Ci sarebbe stato da disattivare e riattivare l'energia elettrica, fare attenzione che nessuno toccasse niente e dare una ripulita all'ambiente a lavori ultimati e l'anatomopatologo aveva richiesto il loro aiuto.
Banci era visibilmente agitato.
“Dottore tutto bene?” gli chiese la Costantini.
“No, non ci crederete, ma chi ha rubato il corpo di Susanna Palmieri questa notte lo ha riportato.”
“Cosa?” domandò Tieri con gli occhi sgranati.
“Si, e c'è dell'altro, ma prima di tutto vorrei chiamare immediatamente la polizia.”
La Rosati e Marri arrivano nel giro di venti minuti.
Poco dopo si presentarono anche il dottor Fornari e gli altri due assistenti, avvisati dell'accaduto. La Rosati aveva chiesto a tutti di attendere fuori. Se ci fosse stata qualche impronta, avrebbero potuto contaminarla.
Una volta fatti tutti i rilievi del caso, i medici e gli assistenti poterono rientrare nel laboratorio.
Quando si avvicinarono alla sala dove giaceva Susanna, la Rosati notò lo sgomento sul volto di tutti.
Il corpo, posizionato sul tavolo settorio con cura, non era coperto dal consueto lenzuolo, ma era abbigliato con una vestaglia in seta color oro, con le maniche a tre quarti che copriva le gambe fino a metà coscia, un reggiseno a balconcino e un paio di mutandine in pizzo di colore bianco.
I capelli erano stati raccolti in un bel fermaglio dorato ed erano stati fatti dei boccoli per renderli vaporosi. Gli occhi erano stati truccati nelle tonalità del giallo e dell'oro ma era un trucco insolito, che assomigliava a una maschera.
Intorno al collo lo stesso colore formava due anelli di tre centimetri circa, uno disegnato all'altezza del mento, l'altro proprio sopra le spalle.
“Il responsabile è entrato esattamente come la volta scorsa” disse la Rosati rompendo il peso di quel silenzio. “L'unica differenza sta nel fatto che la porta della sala settoria era già aperta perché non ancora riparata.”
“Io non mi rendo conto di come sia possibile” disse a quel punto Banci guardando i colleghi e poi la Rosati.
“Per sicurezza ho anche tolto le chiavi dalle segreterie di medicina generale e chirurgia.”
“Ha fatto bene” replicò Marri, “anche se non possiamo escludere che qualcuno abbia fatto delle copie in passato.”
“Quel rischio purtroppo c'è” proseguì il medico “ad ogni modo, proprio oggi dovevamo far sostituire le due porte d'ingresso con due portoncini blindati e lunedì verranno a montare anche delle telecamere.”
Il mattino seguente la Rosati e Marri dovettero nuovamente interrogare Fornari, Banci, i loro assistenti e Linari, nonostante non avesse ancora ripreso servizio.
Da quei colloqui, però, non emerse niente che permettesse agli inquirenti di fare un passo avanti.
Erano persone comuni che conducevano una vita come tanti altri.
Banci, quarantottenne, era l'unico ad avere una moglie e dei figli. Lavorava in quel laboratorio da diciotto anni e da otto ne era diventato responsabile.
Fornari era il suo vice, nonostante fosse molto giovane; trentacinquenne, single, aveva dedicato buona parte della sua vita a studiare per farsi una posizione.
Era stato proprio grazie alla sua disponibilità e la sua voglia di imparare che era entrato subito nelle grazie di Banci e due anni prima era diventato il suo braccio destro.
Gli assistenti erano tutti abbastanza giovani, fra i trenta e i trentadue anni, e la loro carriera lavorativa era iniziata da poco, dopo aver conseguito la laurea e la specializzazione.
Santelli era l'unico fidanzato ormai da quattro anni. Nonostante fosse il più giovane e l'ultimo arrivato, si stava rivelando davvero in gamba e Banci puntava molto su di lui.
Gli altri tre invece erano ancora degli spiriti liberi, sicuramente con le loro storie e le loro amicizie.
Il laboratorio in quei tre giorni era rimasto chiuso, anche se gli operatori vi si erano recati, seppur con orario ridotto, per sistemare le sale in attesa degli imminenti lavori di sostituzione delle porte e per alcune riunioni che Banci aveva indotto dopo l'accaduto.
Nelle ultime ore era emerso un fatto inquietante, che oltre ad aver ulteriormente sconvolto i sei colleghi del laboratorio, aveva ancor di più rafforzato il pensiero della Rosati che la verità si nascondesse all'interno di quell'ambito lavorativo.
Per il momento però aveva preferito non esternare quel suo pensiero a Banci.
Inoltre sarebbe stato prematuro fare qualsiasi ipotesi e non voleva lasciare niente di intentato.
Alle sedici arrivò Rita Ravelli, la mamma di Susanna. Ora che era stato deciso di allargare le indagini, era necessario conoscere tutto della ragazza e della sua famiglia.
Il volto della donna mostrava gli evidenti segni di una notte insonne. Quando le era stato comunicato che il corpo di Susanna era stato riportato al laboratorio aveva insistito per poterla vedere, ma purtroppo ciò non era stato possibile.
“Innanzitutto devo dirle che sono molto costernata per quanto successo a sua figlia e a lei” iniziò la Rosati non appena la donna si sedette nel suo ufficio.
“È un dolore che non riuscirò mai a superare” rispose la Ravelli “e mi creda, forse fa più male il fatto che qualcuno abbia portato via mia figlia che la sua morte. Quando posso vederla? La prego, anche solo cinque minuti.”
La Rosati guardò Marri e chiuse gli occhi. La notizia che le stava per dare era una delle peggiori che le fossero capitate nel corso della sua carriera.
“Signora Ravelli, domani potrà vedere Susanna.”
“La ringrazio, la ringrazio davvero tanto.”
La Rosati contraccambiò il sorriso, poi prese di nuovo la parola.
“Dopo che il corpo è stato riportato al laboratorio, abbiamo disposto un'autopsia che è stata eseguita da un medico legale incaricato dalla polizia.”
“Quindi sapete di cosa è morta Susanna?” chiese Rita.
“Si, sua figlia ha avuto un arresto cardiaco per via di una malformazione congenita.”
“Ma le avevano fatto tutti gli esami prima di operarla” la interruppe Rita, “possibile che nessuno se ne fosse mai accorto?”
“Purtroppo può succedere” proseguì l'ispettrice. “Non sono medico e mi sono informata, ci sono delle malformazioni che si rivelano fatali dopo eventi straordinari come uno sforzo eccessivo, un'emozione troppo forte o un'anestesia.”
“Quindi non è colpa di chi l'ha operata o del cardiologo che non è riuscito a far ripartire il suo cuore?”
“No, non è colpa loro.”
La Rosati tirò un sospiro, adesso veniva la parte difficile. Avrebbe preferito ricevere una sequela di schiaffi anziché doverle dare quella notizia, che aveva lasciato tutti basiti.
“Purtroppo c'è dell'altro.”

Sonia Alcione

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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