Buenos Aires, 15 gennaio 1979.
Santiago era in preda al panico.
Il suo aguzzino lo teneva in pugno. Gli eventi erano precipitati in brevissimo tempo. Non riusciva neppure a ricordare come fosse arrivato a prendere decisioni così difficili. Avvertiva una strana sensazione sottopelle, la sgradevole percezione di aver fatto delle scelte errate, irreparabilmente sbagliate.
Nonostante questa sottile consapevolezza, egli continuava a rimuginare ostinatamente su ciò che era accaduto nell'ultima settimana, ma la conclusione era sempre la stessa: gli eventi lo stavano travolgendo, ma l'unica opzione possibile era rischiare e sperare che tutto andasse bene. Tutto era cominciato quando un uomo, presentatosi con il nome di Alvaro Ramirez, era entrato nello studio legale Sánchez dove egli lavorava da qualche anno come avvocato. Quel giovane dall'aria spavalda aveva occhi grigio chiaro che incutevano una strana forma di soggezione. Lo sconosciuto aveva grosso modo la sua stessa età, indossava una camicia sbottonata al collo con grandi baveri, secondo la moda giovanile del momento, ma si muoveva scrutando lo studio legale con atteggiamento felino.
Senza alcuna remora aveva dichiarato subito le sue intenzioni. Era interessato a qualsiasi tipo di informazione che riguardasse i sovversivi appartenenti ai movimenti Montoneros o dell'Ejército Revolucionario del Pueblo, o qualsiasi collegamento con eventuali fiancheggiatori e simpatizzanti che si opponevano al regime militare del generale Videla.
Sin dall'inizio Ramirez aveva candidamente manifestato la sua appartenenza agli ambienti militari, sottolineando ripetutamente quale tipo di collaborazione volesse da Santiago e da quale parte fosse conveniente schierarsi, se mai avesse avuto dubbi.
- Questi pazzi marxisti, con i loro ideali utopici, vogliono fermare il progresso, vogliono bloccare la libera economia di mercato! E non esitano a ricorrere alla violenza per raggiungere i loro scopi! Lei che ne pensa? - E puntava i suoi occhi indagatori in quelli incerti di Santiago per saggiare attentamente le sue reazioni.
Santiago non poteva lasciar trasparire il suo profondo disgusto per ciò che accadeva nella sua patria e annuiva affabilmente cercando di fargli credere che non avesse un'idea precisa sulla questione, non omettendo, tuttavia, di approvare l'azione del governo nel mantenere l'ordine e la sicurezza del Paese.
Col passare dei giorni, le cordiali chiacchierate si erano lentamente trasformate in pressioni sempre più insistenti. Santiago non riusciva a farlo desistere, nonostante gli avesse più volte spiegato che non si intendeva di politica; a ogni modo, un po' per timore, un po' per non tradire la sua fiducia, rivendicava con slancio tutto il suo più autentico patriottismo.
In realtà pochi percepivano esattamente cosa stava accadendo in Argentina. Un numero sempre più grande di persone si era rivolto allo studio legale perché, nonostante avessero denunciato alle autorità di polizia la scomparsa dei loro familiari, non avevano ottenuto alcuna notizia utile.
Quelle persone, accomunate dalla stessa misteriosa sorte, erano letteralmente sparite nel nulla, oppure erano state rapite da squadre di uomini armati e incappucciati, di cui nessuno sapeva niente. Le autorità, opportunamente interpellate, negavano l'esistenza di queste bande e rimandavano a casa i parenti dicendo loro che sarebbero stati informati non appena avessero scoperto qualcosa. Alcuni si erano sentiti dire che probabilmente le persone scomparse si erano allontanate spontaneamente, senza comunicarlo ai propri cari, e che presto avrebbero avuto loro notizie, ma Santiago sospettava che la realtà fosse ben diversa.
A nulla erano serviti i suoi cortesi dinieghi circa la mancanza di informazioni utili; il suo interlocutore, che ormai frequentava lo studio quotidianamente, rivelava sempre di più un atteggiamento apparentemente gentile e cortese, da cui trasparivano la presunzione e l'arroganza tipiche di chi non chiede qualcosa ma la pretende. Santiago percepì subito che quella persona, nonostante la giovane età, era molto influente, mentre lui, un semplice avvocato tirocinante, contava meno di niente.
Lavorare presso lo studio legale dell'autorevole Alfonso Sánchez poteva essere d'aiuto, ma poiché Santiago aveva un profondo rispetto per l'anziano avvocato, che oltre a essere suo datore di lavoro era anche suo mentore e consigliere fin dai tempi dell'infanzia, non voleva coinvolgerlo nelle assurde pretese dell'inquietante Ramirez.
Doveva tutto a don Alfonso Sánchez!
Senza il suo aiuto morale ed economico, Santiago non avrebbe mai potuto conseguire la laurea in giurisprudenza, non avrebbe avuto le forze per lottare contro il pesante pregiudizio secondo il quale lui, figlio di contadini, non avrebbe potuto far altro che il bracciante.
Sánchez, che aveva accolto Santiago sotto la sua ala protettiva, gli aveva permesso anche di conoscere la sua graziosa figliola Isabella. Ben presto i due giovani si erano innamorati e dopo un breve fidanzamento si erano uniti in matrimonio. Con l'aiuto del padre di lei erano riusciti ad acquistare una casetta poco distante dallo studio legale.
La nascita del piccolo Emanuel aveva coronato tutti i loro sogni di felicità. Ora che Emanuel aveva compiuto da poco il suo secondo anno, nonno Alfonso passava molto tempo con il nipotino, che lo incalzava con le sue mille domande.
Alfonso era rimasto vedovo da molti anni, quindi adorava trascorrere i suoi momenti liberi con Santiago, Isabella ed Emanuel, i quali apprezzavano la sua compagnia discreta. Santiago voleva bene a don Alfonso come a un padre.
Ramirez aveva puntato lo studio legale perché in molti si rivolgevano all'avvocato Sánchez per denunciare i gravi soprusi della feroce dittatura militare. Tra i suoi assistiti vi erano molte persone che non potevano permettersi di pagare l'onorario, ma Sánchez le accoglieva comunque: aveva sempre una parola di speranza e pretendeva che anche Santiago svolgesse gratuito patrocinio per loro.
Negli ultimi anni, la lista di persone che scomparivano senza lasciare traccia era sempre più lunga, mai nessuno tornava a casa. Nessun giornale ne parlava, nessun notiziario ne faceva menzione, tutto scorreva come se quelle persone non fossero mai esistite.
Solo le mamme urlavano il loro dolore, e prima o poi quel dolore avrebbe lacerato il silenzio dell'omertà. Purtroppo quel momento sarebbe giunto molti anni dopo...
Santiago non voleva che il suocero fosse minimamente coinvolto in questa intricata trattativa. Dopo una settimana di continue visite non gradite, Ramirez, senza alcun preavviso, fece esplicito riferimento ad Alfonso.
Come al solito, era riapparso presso lo studio per commentare le notizie che aveva letto sul quotidiano che portava con sé, quando improvvisamente esordì: - Certo che l'avvocato Sánchez è molto anziano! Quanti anni ha? - .
Santiago sudò freddo. - Ne ha ottantadue. -
- Immagino conosca ogni segreto di questo studio! Vero? -
- L'avvocato Sánchez ha una fibra molto forte; lavora ancora, ma ormai delega gran parte delle incombenze a me! Sono sicuro che non possa fornire un aiuto concreto alla sua ricerca. -
- Purtroppo anche lei non mi sta aiutando, eppure sono convinto che se volesse potrebbe fornirmi dei nomi su cui indagare. È sufficiente che mi suggerisca qualche possibile collegamento. Dal vostro studio passano molte persone, la sala d'attesa a volte è piena: vuole che indaghi su ognuno di loro?! -
- Non credo che troverebbe nulla! - Poi, con tono più conciliante continuò: - Si metta nei miei panni. Anche se le avessi, non potrei darle informazioni che riguardano i clienti - .
- Avvocato Rivero, non vorrà essere complice di una banda di rivoluzionari assassini? - Ramirez con un leggero ghigno riprese: - So che lei vive con la sua bella famigliola in una casa a pochi isolati da qui. Se lei può godere serenamente della sua proprietà, deve ringraziare chi ha impedito che da noi prevalesse l'ideologia comunista. L'Argentina in questo momento ha bisogno di persone valide che collaborino per estirpare questi terroristi, traditori della patria, che sono un cancro per la nostra società! Ci pensi bene - .
Prima di allontanarsi, senza attendere alcuna replica si voltò e disse: - Mi saluti l'avvocato Sánchez! - . Con quelle parole che risuonavano ancora nell'aria, Ramirez uscì dallo studio legale.
Due giorni dopo, l'avvocato Sánchez fu investito mentre usciva di casa e morì all'ospedale. Nessuno aveva visto niente. Il pirata era fuggito senza lasciare tracce.
La morte del suocero era la peggiore risposta ai timori di Santiago. Ora non sapeva più come comportarsi, non poteva mettere a repentaglio la sicurezza delle persone che si rivolgevano a lui per essere difese, ma era terrorizzato perché anche Isabella ed Emanuel erano minacciati.
Il giorno seguente, tornado a casa dopo una causa in Tribunale, Santiago scorse i suoi vicini venirgli incontro allarmati. In pieno giorno degli uomini armati, con il volto coperto dai passamontagna, avevano portato via con la forza Isabella e il piccolo Emanuel.
Da quel momento l'universo intero precipitò.
Santiago chiese notizie presso tutte le stazioni di polizia di Buenos Aires, ma nessuno sapeva niente. Poi chiese di Ramirez e finalmente questi si fece vivo.
Il suo sguardo era una maschera di pietra.
Ramirez disse che Isabella era sospettata di essere una collaborazionista dei movimenti rivoluzionari e che non poteva fare nulla. Emanuel purtroppo era con lei.
Per il solo fatto che Isabella si recasse regolarmente nelle baraccopoli della periferia di Buenos Aires, per insegnare a leggere e scrivere ai piccoli e alle donne diseredate, era accusata dal regime di svolgere attività sovversive. Santiago disperato supplicò Ramirez; era disposto a fare qualsiasi cosa pur di rivedere Isabella ed Emanuel sani e salvi.
La posta questa volta era ancora più alta.
Ramirez, oltre all'elenco di potenziali reazionari, voleva umiliarlo togliendogli anche la sua unica proprietà. La villetta acquistata con l'aiuto iniziale di don Alfonso e poi con mille sacrifici era divenuta merce di scambio, per ottenere la liberazione di sua moglie e di suo figlio, detenuti chissà dove. Quella casa, fino a una settimana prima, era il luogo dove viveva felice con Isabella e il piccolo Emanuel; ora era desolata, con Santiago che si aggirava in essa come uno spettro.
Non ebbe alcun ripensamento.
L'indomani mattina, sul presto, si erano dati appuntamento presso lo studio di un notaio e in meno di mezz'ora avevano formalizzato il cambio di proprietà. Usciti dallo studio notarile, Santiago possedeva un semplice foglio protocollo dattiloscritto, sul quale il notaio aveva certificato la vendita fittizia della sua casa, per una somma che Ramirez non avrebbe mai versato, e in calce a tale documento vi erano le loro firme a confermarlo.
Ramirez fece salire Santiago su una Ford Falcon nera e cominciò a guidare lungo strade che portavano verso la periferia di Buenos Aires. Non diceva una parola. Dal posto passeggero dove era seduto, Santiago osservava il paesaggio circostante attraverso il finestrino aperto. Non ricordava di aver mai attraversato quelle strade desolate, dove non si vedeva neppure una costruzione.
Il sole picchiava impietoso su quelle strade deserte e l'aria calda e secca toglieva il fiato. Sentiva il sudore che gli incollava i vestiti alla pelle. I suoi muscoli tremavano per la tensione e il suo cervello era completamente annebbiato per lo stato d'ansia, l'unico suo pensiero era la speranza di poter rivedere Isabella ed Emanuel.
Mentre cercava di orientarsi, giunsero di fronte a un cancello arrugginito, oltre il quale vi erano carcasse di vecchie auto. Non si vedeva anima viva. Ramirez guidava sicuro lungo le stradine sterrate di quello che sembrava essere uno sfasciacarrozze abbandonato, ove, ai lati, sorgevano alti cumuli di rottami, pile di auto accatastate e pneumatici ovunque.
Giunto di fronte a una casupola di lamiera ondulata, Ramirez frenò bruscamente, sollevando una nuvola di polvere, e scese dalla vettura. Santiago si scosse dallo stato di vacuità nel quale era scivolato nell'ultima mezz'ora, poi scese incerto dall'auto e chiese: - Dove sono? - .
- Lì dentro, tieni! Ecco la chiave! -
Santiago prese al volo la chiave e corse verso il capanno di lamiera senza scorgere il sorriso maligno che si era dipinto sul volto di Ramirez. Santiago, accecato dall'ansia, si buttò a capofitto sulla porta di legno scrostato che chiudeva il capanno, gridando forte il nome di Isabella. Gli tremavano le mani e faticò a centrare la serratura del lucchetto che bloccava la porta.
Finalmente riuscì a spalancare la porta e nel buio di un piccolo vano, spoglio e surriscaldato, vide Isabella rannicchiata in un angolo ed Emanuel che giaceva a qualche metro da lei. Il bimbo sembrava addormentato, ma Isabella era in condizioni pietose. I vestiti erano strappati in più parti, era scalza e la caviglia destra era bloccata con un paio di manette fissate a una catena.
Isabella sembrava in stato catatonico, ma quando lentamente sollevò lo sguardo verso Santiago, un lampo di lucidità la riportò alla realtà.
- Isabella, cosa ti hanno fatto? -
Mentre lei cercava di articolare le parole, il suo sguardo si impietrì e fissò qualcosa oltre le spalle di Santiago. Santiago si girò d'istinto e, con la coda dell'occhio, vide la sagoma di Ramirez sulla soglia della porta, che sollevava un braccio.
Istintivamente si buttò di lato.
Un lampo e due forti esplosioni tuonarono nel piccolo ambiente chiuso.
Santiago voltò lo sguardo verso Isabella, con orrore la vide accasciarsi a terra, mentre sul suo petto sbocciava una terribile chiazza rossa. Ramirez mosse il braccio che impugnava la pistola e lo sollevò con calma verso Santiago. La canna della pistola, ancora fumante, puntava diritta verso di lui. Incrociò gli occhi malefici di Ramirez e capì che era giunta la sua fine.
Attese rassegnato che partisse il colpo fatale. Attese... Ma il tempo sembrava essersi dilatato, scorreva denso, come il sangue nelle sue vene. Un click sordo...
Click... Click... Click...
La pistola si era inceppata.
Giovanni De Bari
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