Torneranno i tramonti rosa degli orizzonti lontani, torneranno gli spicchi di luna che accendono le notti d'estate, torneranno le gocce di brina sulle foglie sempreverdi, torneranno i palpiti intimi e con essi il sottile piacere dell'esitazione nel condividere un banale - Ti amo - , che incurva gli istanti e muta un secondo in un millennio mentre mi specchio in un paio di occhi color ripieno delle olive ascolane.
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- Date obolum Arte! - . Orfeo elemosina a ogni alba sugli scalini di un gelido cavalcavia, come un rettile in un bagno di sole dicembrino. Ha un saluto e un grazie per tutti, anche per chi non si ferma un breve istante a ricambiare il suo vecchio sguardo. Ha un sorriso per tutti, anche per chi fa finta di non vederlo oltre il proprio respiro di zucchero filato. Ha perduto la sua Euridice, o almeno così dice, e adesso siede come satrapo infelice di un regno ormai perduto su un gradino a mo' di trono biascicando rosari di poesie in questo inverno scalzo e coi piedi freddi.
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Lontano lontano nevica cenere rappresa e nubifragi di bombe ma tutto succede sul fondo di un televisore piatto e non ti tocca. Quei cieli vischiosi di morte non sono i tuoi cieli, sono di un altro mondo alieno che vedi in tempo reale. Negli schermi in HD tutto sembra più vero della ciotola di popcorn che stringi in mano, ma non ti riguarda, succede lontano lontano.
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Scalza la Memoria avanza nel proprio palazzo. L'ha ridestata il fruscio di una vecchia foto scivolata dagli scartafacci di liceo. Palpitanti vibrazioni di una luce troppo debole persino per morire rischiarano nell'oblio della mente vestigia sbocconcellate dallo scorrere degli anni, erette quando ogni emozione sembrava una cosa inedita. La teredine del tempo, fantasma perfetto, sadico adepto del vandalismo mnestico, rosicchia implacabile la cariatide del primo amore dopo aver raschiato l'immagine del primo bacio dal libro manoscritto dei Ricordi. L'acqua del Lete ha smussato e levigato i ciottoli del passato, i lineamenti del piacere, gli spigoli del dolore ora sono a prova di bimbo. Nessun restauro infonderà nuova vita in una vecchia reminiscenza di primavera. Un cigolio risuona nell'aria vergine di suoni. Sulla fragile giostra dei ricordi si diverte un bimbo, il viso cancellato, il corpo diafano che evapora sempre più un giro dopo l'altro. Svanisce in una nube di falene, facile pasto dell'oblio portato dalle ali di uno sciame di cornacchie. Giacciono vuote e corrose le anfore dei vani risentimenti: a cosa servì tanto odiare, se il tempo ha bevuto ogni goccia di fiele e cancellato persino l'epigrafe che ne spiegava l'origine? Il puzzo della decomposizione si leva dagli aurei sarcofagi del cuore, in cui i ricordi più cari s'illusero di riposare in eterno incorrotti. Non resta quasi più nulla del corredo funebre di quel gran re che ha nome Io. Un ladro di nome Dimenticanza è già venuto a razziare, forzando invisibili chiavistelli, infrangendo metafisiche ceralacche. Si è lasciato dietro una scia di cocchi e appena qualche simulacro scivolato nella foga del saccheggio. Fallisce la Memoria nel ricomporre quel puzzle: mancano i pezzi, gli incastri sono cancellati. In un piazzale di cenere e lacrime il ghoul succhia con gusto il midollo dall'ultimo osso di una cotta adolescenziale.
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Ora sono convinto che la bellezza del mondo è nascosta in ogni cosa, sotto ogni fazzoletto di materia e ogni velo dell'anima, specialmente dove non andremmo mai a guardare: nelle piccole e misere cose, nella quotidianità priva di sex appeal, nella natura che diamo per scontata. Ma io guarderò anche lì, batterò il gong della rinascita, denuderò ogni bellezza che c'è nel mondo e la porgerò al mio prossimo, ma non distillata da ogni bruttezza – con buona pace di Simonide – bensì mescolata anche a ciò che è turpe e obbrobrioso perché l'obbrobrio e la turpitudine ne aumentano la perfezione. Allora canterò la divinità che si cela persino nel più misero dei parameci e nel più sgradevole dei parassiti, la frenesia operosa della provvida formica, la crudeltà della vespa icneumone, l'ultimo istante di vita del pesce fuor d'acqua, il piacere di cercare conchiglie e ossi di seppia sulla battigia, le pulsazioni della medusa, ninfa urticante alla corte del re Poseidone, il solfeggio della balena nelle cripte amniotiche del mare, il freak show del piano abissale dove nessuno sa cosa sia la luce del sole, il tarabuso e le sventure intessute nel suo muggito, il capriccio peterpanesco dell'axolotl, i mille misteri cosmici crittografati nella tela di un ragno, la solitudine dello scarafaggio sopravvissuto alla guerra atomica, il coraggio della iena che ride nella buona e nella cattiva sorte, la saggezza dell'ippopotamo, che ha capito come tutta la vita sia solo uno scorrere indefinito e vi si lascia levigare, l'ingenuità del castoro, che cerca di bloccare quello scorrere e per questo è così simile a noi umani, la sofferenza del koala, del canguro, del vombato e di tutti gli altri fratelli marsupiali messi al rogo all'altro capo della Terra, la foglia orfana dell'albero che volteggiando va a morire sul terreno, il verme minatore che scava nel ventre maturo della mela, il traffico di ragnetti rossi sul muricciolo sotto casa, la coda della lucertola che si contorce orfana del corpo materno, il lamento del fagiano reso vedovo dal cacciatore, la nuvola di pece dipinta nel cielo settembrino dagli uccelli migranti, il manto cangiante dell'itterico autunno di mezz'età, la spoglia desolazione del vecchio inverno decrepito, il rigoglio infantile della primavera dalle labbra di rosa, l'arrogante pienezza dell'adulta estate, la sinfonia rosa del mandorlo sbocciato e l'organo in lutto per il mandorlo sfiorito, i labirintici arabeschi che germogliano in una lastra di marmo, il Sole padre di vita e di morte, cosmico melograno e corona di fuoco, la Luna madre di tutte le maree, utero di tutti i sogni e le speranze e le larve della nostra specie, alveare di fantasmagorie sepolte nel suo lato oscuro, la Terra culla e patria violentata, pomo della discordia per infinite generazioni di Orazi e Curiazi, di Achei e Troiani, di Kaurava e di Pandava, di Olimpi e Titani, di Asi e Giganti, il miracolo solo apparentemente insulso del seme che mette radici, la prima molecola organica venuta al mondo per pura casualità, i milioni di specie che hanno perso la corsa dell'evoluzione sparendo senza traccia, gli altrettanti milioni ridotti in fossili come premio di consolazione, gli imperi ormai in polvere dei trilobiti e dei placodermi, delle meganeure e dei pelicosauri, dei tecodonti e dei sauropodi, il primo ominide in cui giacevano in potenza tutti gli scienziati e i poeti, i condottieri e i criminali, i politici e i sapienti, i ladri e i santi, i dittatori e i salvatori di anime, i millantatori di indulgenze e gli ingenui, i vinti e i sommersi, e i miei avi, mio nonno, mio padre, io, i miei figli, i loro figli, i loro discendenti che ignoreranno chi io sia, il calamaroide senziente che tra cinquecento milioni di anni erediterà la Terra, il compendio inscritto nelle carni di ogni uomo e di ogni donna, i polsi forti del contadino, le mani ruvide come vino asprigno, l'incantesimo della galaverna che dona agli alberi una pelliccia di ermellino, la fantasia dell'artista che immagina di andare là dove nessun uomo è mai andato prima, la soddisfazione del professore al pensiero – illusorio? – di forgiare una generazione migliore della propria, la giovanile e fresca complicità di due amanti soli contro il mondo, l'impeto ormonale di un desiderio così puro nella sua inesperta carnalità, la vecchia e saggia complicità di due coniugi ottantenni che sanno guardare oltre l'arabesco di rughe e il candore delle vecchie chiome stoppacciose, la fretta della ragazzina che vuole già essere donna e di nascosto indossa i tacchi e si ammira, l'odore delle caramelle che ci riporta all'infanzia, il ricordo della prima cotta custodito gelosamente in un cassetto del cuore, il dito grassoccio del bimbo che disegna sulla condensa la porticina per accedere ai sogni imperituri, i rivoli di pioggia che ruscellano dendrogrammi sul parabrezza, le vene liquide e pulsanti dei continenti che confluiscono nel letto degli oceani, la ballata della cometa che viene a morire arsa dal Sole, il rimpianto del pianeta rosso che non è riuscito a ospitare la vita, la danza macrocosmica dei planetesimi, dei mondi, delle lune, delle meteore, delle stelle, delle galassie, dei quasar, dei buchi neri, la danza microcosmica delle cellule, dei mitocondri, delle molecole, degli atomi, dei protoni, dei neutroni, dei neutroni, degli elettroni, degli iperoni, della materia esotica e degenere, dei quark, dei gravitoni, dei fotoni, delle stringhe e delle brane, la particella infinitesimale in cui forse giace la risposta alla domanda: - Cos'è la materia? - , i miliardi di soli luminosi e di pianeti che danzano intorno a essi – forse su alcuni ci sono già o ci saranno tra qualche eone esseri come me, che si porranno le mie stesse domande e dispereranno per l'assenza di una risposta –, i miliardi di soli oscuri e sconosciuti che attendono solo di essere trovati, i miliardi di mondi stranieri, vicini e lontani, figli di altri astri, madri di altre vite, mondi di pioggia adamantina, mondi di amniotiche placente oceaniche, mondi di tesori biologici sepolti sotto il ghiaccio, mondi di altre giungle, di altri deserti, di altri déi, i primi vagiti nelle nebulose che danno la vita, l'ultimo boato delle supernove prima di morire, il sibilo sempre uguale e sempre diverso delle pulsar, il disperato grido d'aiuto della luce che non può sfuggire ai buchi neri, il bagliore dei mille cori angelici che splendono in ogni quasar, i miliardi e i trilioni e i triliardi di attimi che ci hanno preceduto, prima ancora che questo mondo venisse all'esistenza, l'eco del Big Bang – o forse il primo respiro di Dio? –, i miliardi e i trilioni e i triliardi di attimi che seguiranno, dopo che questo mondo sarà svanito dall'esistenza, la miracolosa alchimia della carne che nell'amplesso dà la vita, la maratona uterina vinta da un umile spermatozoo su milioni, l'ontogenesi che ricapitola la filogenesi, il momento esatto in cui l'embrione trasmuta in feto, il primo respiro dei polmoni di un neonato, il primo palpito d'amore tra i banchi di scuola, il primo buco aperto nel cuore da una delusione e le centinaia di buchi che verranno dopo, l'ultimo battito cardiaco di un morente, la certezza che l'anima deve esistere e non è mai creata né distrutta, ma può solo trasmigrare, la vita che eternamente scorre e resiste a ogni estinzione, a ogni catastrofe, a ogni morte.
Marco Daniele
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