Quella che segue potrà sembrarvi una storia come tante, un romanzo semplice di una vita coronata dall'amore tanto atteso, con il solito lieto fine. Devo però informarvi, cari lettori, che si tratta della storia vera di due persone che, nonostante le contrarietà e le difficoltà incontrate sul loro cammino, riescono a conoscersi e, insieme, a vincere. Sì, avete capito bene: vincere! Non alla lotteria (almeno per ora), ma nella vita! Come? Curiosi, vero? Avete ragione, non mi dilungo oltre e vado al sodo. Inutile scrivere: “C'era una volta una fanciulla...”, perché lei c'è ancora! Ha sempre tenuto per sé le sue cose; anzi, ha sempre fatto parlare gli altri. Ma a pensarci bene, non è meglio far conoscere le proprie esperienze? Confrontarle con quelle altrui e magari essere addirittura d'aiuto per coloro che sono scoraggiati, facendo sì che tornino a sperare come accaduto ai due protagonisti di questa storia? Perché la vita non va vissuta passivamente, ma affrontata, godendo dei pro e superando i contro. Pertanto, credo che chiunque possa essere protagonista di questo film; in fondo siamo tutti attori, e l'unica occasione per essere famosi è la nostra storia, la storia di ognuno di noi. Protagonista non è solo lei, come avrete ben capito, ma anche l'uomo che le ha dato la forza, la gioia, l'entusiasmo, insomma l'amore per arrivare uniti a uno stupendo traguardo; e racconteranno la loro storia proprio come alla fine hanno deciso di trascorrere la vita: insieme! I personaggi menzionati nel racconto non devono preoccuparsi di considerarsi comparse, anche perché molti non lo meritano neppure, per aver abbandonato la protagonista nel momento in cui aveva bisogno di loro; benché le vicende siano simili, i nomi sono inventati, come anche ciò che dicono e fanno. Non hanno dunque bisogno di immedesimarsi nel romanzo: lo dovevano fare prima. Agli altri, che le sono tuttora amici, dedichiamo queste righe. Grazie! DUE ANIME SI INCROCIANO PER SEGUIRE INSIEME L'AVVENTURA MERAVIGLIOSA CHE È LA VITA! dedicato a mia mamma Marina Non avevo voglia di alzarmi, quella mattina: ero ancora stanca; non avevo dormito molto, per preparare lo scenario dell'imminente recita. “Marina, stai ancora dormendo? Ti ho portato il caffè!” “Entra, sono sveglia ma non ho per niente voglia di alzarmi. Sai, ho dovuto finire di pitturare le colonne, stanotte!” “Tu sei pazza, stai facendo più di quello che dovresti. Ma chi te lo fa fare?” “Dovresti conoscermi, se ho qualche impegno ci metto tutta me stessa; e poi mi piace! Dammi dieci minuti e ti raggiungo. E grazie per il caffè.” “Figurati, è stato un piacere. A più tardi!” Tania era una delle poche amiche che avevo conosciuto da quando, quattordici anni prima, facendo la promessa di obbedienza e castità, ero entrata come suora nell'ordine religioso al quale ancora appartenevo e in cui fino a qualche anno prima avevo sempre creduto. Sì, perché ora era tutto cambiato, o io e qualche altra avevamo aperto gli occhi. Prima era diverso: ci volevamo tutte bene come sorelle e lavoravamo con gioia, occupandoci dei bambini che le famiglie disagiate ci affidavano. Lì avevo preso, oltre al diploma che già possedevo di operatrice turistica (l'ultimo anno l'avevo fatto da privatista, dato che ero entrata in convento), anche quello di educatrice d'infanzia, per poter dare vitto e alloggio a quei poveri bimbi con i guadagni della scuola. Ho sempre amato i bambini, e non ho sofferto tanto a lasciare la famiglia, per andare incontro a quella che credevo la mia missione. Andai in cucina per la frugale colazione. “Ciao, Ilde. Le altre hanno già fatto colazione?” “Sì, io ora esco per andare a comprare la prolunga che mi avevi chiesto!” “Brava! Non fare tardi, che alle dieci vengono i bambini per le prove, e sai bene che se non fosse per voi due non saprei come fare! Ma dico io: la recita non è una cosa solo mia, non vedo perché le altre debbano essere così ostili!” “Te lo dico io!” disse Tania, giunta in quel momento. “Sono gelose perché negli anni in cui non c'eri tu non si è fatto mai un musical. Avresti dovuto vedere le recite che organizzavano: erano davvero penose, e dovevano chiamare una ragazza che si occupasse per loro dei balletti. Tu hai creato tutto da sola, dai testi ai balli, inclusa la coreografia!” “Bè, ora non esagerare! Per la coreografia mi ha aiutato Ilde.” “Sì, è vero, ma a loro comunque non va giù che t'abbiano scelta per allestire la recita.” “Ma è perché sono l'insegnante e Federica mi ha detto di occuparmi di tutto, ché lei m'avrebbe aiutata con i diplomi e i costumi, dato che non sa fare nient'altro. Non è certo colpa mia; anzi, ho cercato invano di coinvolgerla. E poi a parlare dietro ci riesce bene, è davanti che non ha il coraggio di dire niente!” “Non sopporto le false. Tutto è cambiato, non ci capisco più niente!”, intervenne Ilde. “Te lo dico io” rispose Tania. “Tutto è successo da quando Elisa ha preso il sopravvento sulla fondatrice; l'ha letteralmente plasmata.” “A me non interessa nulla” ribattei. “Voglio solo fare il mio dovere, e farlo bene. Che le altre parlino, io ho la coscienza a posto! Bè, vado, si sta facendo tardi. A dopo, ragazze!” Avevo davvero un gran da fare, non potevo pensare a quelle della comunità. E poi, avevo già sofferto tanto. È vero che avevo fatto la promessa di obbedienza, ma cambiare quattro case nel giro di due anni con la scusa che dicevo sempre di sì, mentre sapevo bene che era per non avere accettato di restare accanto alla vice per informarla di nascosto del comportamento delle mie colleghe, carpendo le loro cose per poi riportargliele... Insomma, fare la spia e rovinare la reputazione mia e delle altre proprio non mi andava, e perciò la dovevo pagare. Ma preferisco essere me stessa che sentirmi un'ingrata per il resto della vita. E così dovevo sorbirmi continuamente dispetti, e non ricevere neanche un complimento per il mio lavoro. Meno male che c'erano le mamme dei miei alunni che mi gratificavano e avevano piena fiducia nelle mie capacità! Non vivo per stare al centro dell'attenzione o per essere esaltata, ma un po' d'incoraggiamento fa bene a tutti. Con questi pensieri ritornai nell'aula dove mi aspettava Federica. “Scusa il ritardo, mi sono alzata tardi.” “Non ti preoccupare, Marina. Stavo vedendo i vestiti per le streghe: mi sembrano buoni, non trovi?” Come pensavo, da sola sembra quasi un angelo. Ma che m'importa? Basta che la recita vada nel modo migliore. “Sì, vanno bene, ora. Vado a preparare lo stereo per provare, tra un po' verranno i bambini!” “Su, bambini! Riproviamo di nuovo il balletto del re leone e poi potete andare a casa, già ci sono le vostre mamme che vi aspettano. Per quelli del charleston, dovete restare ancora. Dai, bimbi! Avete ragione, ma pensate che domani i vostri parenti assisteranno alla recita. So che dobbiamo fare un altro piccolo sacrificio, ma vedrete che bella figura farete!” “Maestra, sai che ci saranno anche i miei nonni? Abitano lontano, ma vengono proprio per vedere la recita!” “Sono contenta, Alfonso!” “Maestra, vuole restare anche Laura.” “Non fa niente, basta che fai la brava vicino a me, va bene?” “Sì, maestra!” “Anch'io!” “Ma non volete proprio andare? Però non dovete far chiasso, chiaro?” “Sì, maestra, è bella questa recita!” “Tania, per favore, vuoi avvisare tu le altre mamme che questi sei li tengo ancora un po' qui? Poveri piccoli, sono stanchi, ma sono davvero fiera di loro!” “Sì, sono stanchi ma contenti!” “È vero, ed è perché ognuno di loro si è scelto da solo il personaggio che gli piace; e poi, quale bambino non ama i personaggi della Walt Disney? A proposito, dov'è finita Ilde?” “Perché, non lo sai? Oggi arriva suo cognato!” “Cavolo, l'avevo dimenticato! Allora mi aiuterai tu a sistemare tutto, dopo?” “Sì, ma dobbiamo fare presto, così la raggiungiamo.” Dopo giusto un'ora arrivammo nel salone, e proprio in quel momento dalla porta entrò Ilde, in compagnia di un uomo sulla quarantina: doveva essere il cognato. Dall'aria mi sembrava uno di quelli che ti squadrano e ti fanno sentire come in difetto per la loro superiorità, ma non mi feci intimorire facilmente e mi presentai: “Piacere, sono Marina!” “Ciao, io mi chiamo Marco. È proprio bello qui. Ho sempre amato Napoli, e appena posso faccio sempre una scappatina in questa meravigliosa città, e ovviamente dalla mia cara cognatina. Non è vero, Ilde?” “Certo. Ma non vorrai restare sulla soglia? Vieni, che ti preparo un caffè!” Beh, non era proprio come pensavo, sembrava invece abbastanza simpatico. “Tu sei proprio di Napoli, vero?” mi chiese. “Sì.” Non so perché, ma provavo un po' di soggezione nei suoi confronti. “Bene, ti dispiacerebbe farlo tu il caffè? Sai, voglio vedere se preparato da una vera napoletana è migliore di quello fatto da una sarda!” “Ci provo, ma non ti assicuro niente!” Oddio, ecco che mi mette alla prova, e chissà quante ne dirà! “Marco, è vero che resterai una settimana?” “Sì, Tania. Sai, ho intenzione di girare un po'; ho sempre desiderato visitare San Giovanni Rotondo, e domani andrò proprio lì!” “Possiamo venire anche noi? Tanto è domenica!” “Questa sì che è una buona idea, così ci distraiamo un po'! Vero, Marina?” “Certo, effettivamente siamo un po' stressate.” “Ok, ma vi avverto che parto presto, verso le sette. Per voi va bene?” “Sì, non preoccuparti.” “Ecco il caffè!” Oddio, mi sembra di sostenere un esame! Marina, sei proprio una sciocca! Ma che t'importa di cosa pensa di te? “Ottimo, brava Marina!” “Dici sul serio?” “Non racconto mai bugie, se non mi fosse piaciuto te l'avrei detto!” Meno male, sono proprio una stupida a volte! “Adesso devo proprio andare. Grazie per il caffè!” “Ma come, già vai via?” “Devo andare a sistemarmi in albergo. A domani, allora. E siate puntuali, mi raccomando!” “Ok. A presto, Marco!” “Visto, Marina, com'è simpatico?” mi disse Tania quella sera. “Bè, devo ammettere che all'inizio mi sembrava uno snob, ma dopo averlo conosciuto posso dire che mi sbagliavo, e che è davvero una brava persona. Ma ora vado in camera mia, domani ci dobbiamo alzare presto!” “Buona notte. E svegliami, mi raccomando!”
Rita Caiazza
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