Una piccola storia di disarmante quotidianità.
Pisa, lunedì 1 luglio 2019
Sono appena diventata la portinaia di uno stabile alla periferia di Pisa. Appartengo alle cosiddette “categorie protette”: in breve, a coloro che per un accidente fisico, non otterrebbero un impiego neanche lavorassero gratis un anno intero. Almeno così la penso io. Sono nata sorda. Tuttavia, grazie a un intervento e a un piccolo apparecchio, adesso sento bene. Continuo comunque ad avere difficoltà a parlare. Sono una ragazza normale, è solo quando apro bocca e articolo parole stonate che ci si accorge dell'handicap. L'amministratore mi ha fatto il contratto per un anno, messo alle strette dalle lamentele degli inquilini, pare siano giunti addirittura a scannarsi tra loro per vere o presunte mancanze. Quindi eccomi in questo minuscolo sottoscala, composto da una cucina-soggiorno, camera con bagno attiguo, sgabuzzino con TV a circuito chiuso per la vigilanza, e angusta guardiola esterna. Penso sia il lavoro ideale per me al momento, perché mi permette di dedicare il tempo libero a un progetto a cui tengo molto. - Buongiorno, Angelica! - Questa è Carla, la moglie di Marco, inquilini del terzo piano. Le loro liti rimbombano spesso lungo la tromba delle scale. Ha l'aria accigliata mentre richiude l'ascensore per poi avviarsi al portone. Faccio spallucce e sospiro: è probabile che stasera ci scappi un'altra litigata. Comunque sia, non mi riguarda. Agguanto scopa e mocio per dirigermi all'ultimo piano. Meglio cominciare a guadagnarsi la giornata. Capitolo 1
Inizi
Sabato, 6 luglio 2019
Mi sono fatta un'idea di come vanno le cose nel condominio. Le “teste calde” sono poche e insospettate, anche se è presto per puntare il dito. Nel pomeriggio andrò dai miei genitori, devono ancora abituarsi all'idea che l'unica figlia non stia più con loro. Ci separano solo pochi chilometri e potrebbero venirmi a trovare quando vogliono, ma sono stata chiara: questo è un posto di lavoro, non può e non deve diventare la loro seconda casa. - Buongiorno, Angelica. - - Buondì, Carla! - Da alcuni giorni non giungono più grida dal terzo piano, la situazione tra gli sposini pare essersi calmata. Stavolta, invece di tirar dritto, la signora cincischia e mi guarda, corruga la fronte, infine si schiarisce la voce. - Abbiamo invitato degli amici, stasera ci sarà un discreto via vai - comunica impacciata. Annuisco, prendo il taccuino e scribacchio in fretta: - Stia tranquilla, fino a lunedì non rientrerò in servizio. - Le strizzo l'occhio, agguanto i due sacchetti con i panni sporchi preparati sulla soglia e attraverso l'androne, diretta alla mia Panda celestina parcheggiata nel piazzale.
Martedì, 9 luglio 2019
Di prima mattina, vedo Marco scendere tutto pimpante le scale. - Buongiorno! - - Buongiorno - replico sorridente, e con le dita mimo: - Tutto okay? - - Perfetto! La cena è andata a meraviglia! Gran donna, Carla! - Inforca poi veloce il portone e se ne va. Gran donna davvero, penso, non fosse stato per lei sarebbe stata un disastro. L'occhio cade su, verso la tromba delle scale. Gli inquilini resterebbero sorpresi delle cose che si apprendono, se si sa ascoltare. - Buongiorno, signorina Ferri. - Maledizione! Questa voce acida non me l'aspettavo e sobbalzo. - Buongiorno, signora Guelfi - e scandisco con grande attenzione le parole. Con alcune di uso frequente me la cavo bene, sono le frasi a darmi problemi. Abbasso lo sguardo e osservo il ciuffo di sedano che sbuca dalla sporta. Accidenti, alle 8,45 ha già fatto la spesa? È quasi arrivata all'ascensore, sto per rilassarmi quando d'improvviso l'anziana si rigira e mi squadra. - Signorina Ferri! Le sembra consono accogliere gli inquilini con quei “cosi”? - Con la mano libera indica le mie pantofole a forma di unicorno rosa. Avvampo. Me n'ero dimenticata. - Scusi, non accadrà più - farfuglio in un italiano incomprensibile. Lei scuote la testa, apre lo sportello e borbotta tra i denti: - Proprio una deficiente ci dovevano mettere! - Per fortuna svanisce dentro e non posso sentire il resto. Con gesto rabbioso asciugo le lacrime pungenti agli angoli degli occhi, e cerco rifugio nella guardiola. Stavo meglio quando ero sorda. Con la mano sfioro il microfono dell'impianto cocleare resistendo a stento alla tentazione di toglierlo. Mi lascio cadere sulla sedia, e cerco di recuperare la calma smistando la posta ritirata prima. Brutta stronza, rimugino in silenzio assieme ad altre imprecazioni e improbabili propositi di vendetta. Nella fantasia la immagino torturata a ferro e fuoco da crudeli inquisitori, lapidata a sangue durante il tragitto verso il rogo e arsa viva tra atroci dolori. Tiro un profondo sospiro e scaccio queste inutili immagini. È una povera vecchia sola, penso. Le rimane solo la chiesa e la figlia, che però vive lontano e le fa visita una volta all'anno. Questo però non giustifica il suo essere sgarbata e cattiva, con me e con tutto il resto del vicinato. Il notebook sembra ammiccare dallo stanzino della sorveglianza. C'è una cosa sola capace di rilassarmi. Passo in rassegna i compiti della giornata e mi assolvo: li farò più tardi. E nel giro di pochi minuti sono davanti alla pagina bianca del programma di scrittura. L'umore diventa effervescente, la fantasia adesso galoppa nella giusta direzione, e mi tramuta nel guardiano di un palazzo d'altri tempi, che fluttua sulle onde del tempo. Sì, lo chiamerò provvisoriamente “Giornale di Bordo del Maniero”. Le dita veloci volano sulla tastiera, impostano margini, carattere e numero di pagina e al centro scrivo: Storia di Marco e Carla. Capitolo 2
Storia di Marco e Carla
(Dal Giornale di Bordo del Maniero)
Marco scende dall'ascensore, l'alterco della sera prima è ancora nella sua testa. - Amore, sono tornato! - saluta con un mezzo sorriso. Carla è ai fornelli intenta a preparare la cena. Il dovere innanzitutto, pensa lui, e trova che sia un difetto di sua moglie. - Ciao - borbotta lei senza voltarsi. Merda, è sempre incazzata. Non sa cosa fare, posa il portatile sul tavolino, toglie il soprabito e va all'attaccapanni. Vorrebbe buttarsi sul divano, un aperitivo, due ciance leggere e solo dopo passare alle cose serie, come quando erano fidanzati e si confidavano per serate intere. Problemi di lavoro in vista e vorrebbe parlarne con lei. Ha sempre avuto un acume razionale. Sente lo sguardo di Carla seguirlo di sottecchi, il corpo teso, pronto ad attaccare. Cosa faccio? Non ne azzecco mai una... Tentenna prima di osare un incerto: - Vado a fare la doccia? - - Cazzo, Marco! Sono le nove! A quest'ora pensi di arrivare e darmi una mano? - Si volta e lo squadra, livorosa. - Anch'io lavoro, che credi? - La guarda mogio. Lo so che lavori, tesoro, ma non so da dove iniziare. - Apparecchio la tavola? - - Ci son da fare le solite cose! Muoviti! - Lui sbuffa, alza gli occhi al cielo e agguanta le stoviglie. La gestione della casa è un tasto dolente tra loro due.
La cena si svolge in un mutismo ostinato, lui tace i suoi problemi, lei i propri. - Sai una cosa, Marco? A parole non risolveremo mai nulla, devi provare con mano - sbotta lei a fine pasto. Lui alza il capo di scatto. Adesso cosa vuole?, si chiede. - Ti piace improvvisare? Bene, sabato, la cena con gli amici organizzala da solo. Io non ci metterò mano. - E con aria tronfia si alza dal tavolo. - Perfetto! Ti dimostrerò che il tuo programmare è inutile! - ribatte arrabbiato. - Vedrai! In mezz'ora sarà tutto pronto e apparecchiato! -
Dio, in che casino mi sono infilato! Gli amici girano intorno agitati, sembrano un branco di lupi. Ci credo, hanno fame! Marco osserva l'ammasso di birre, liquori e salatini che da un po' giace ignorato. Come sono stato stupido a pensare che potessero bastare! Carla dove sei? Perdonami per tutte le volte che ti ho criticato! Come un miraggio, lei arriva. - È pronto! Tutti a tavola! - grida allegra, e come d'incanto l'atmosfera si rasserena. La seguono docili in salotto, dove una ventina di pizze fumanti attendono sparse sul tavolo. Le conversazioni tornano vivaci, rilassate mentre, gli amici si servono gli spicchi sui piattini. Lui le rivolge un'occhiata stupita e grata, lei gli strizza l'occhio. - I tuoi amici sono anche miei. Mi avrebbero segnata a vita - risponde e scrolla le spalle. - Hai capito adesso perché certe cose non si possono lasciare al caso? - Marco annuisce e la ringrazia con un grosso abbraccio.
Laura Gronchi
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