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Autore: Isabella Galeotti
Erbaluce
Racconti
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Erbaluce
27 racconti in cerca di lettori. Storie tra ieri oggi e domani.

Stamattina si è svegliata presto.
Un misto di tristezza e gioia hanno mosso i suoi gesti. Ha fatto il caffè, e per sbaglio ha versato un po' di zucchero sul piano di marmo.
Ma non le è importato.
Il giornale è ancora sul tavolo e quando si è girata per prenderlo ha sollevato gli occhi oltre il vetro e ha visto la neve. Si è avvicinata e ha notato che una pioggia gelata si sta posando sulla corte già bianca.
Non è riuscita a smettere di guardare.
Qualcosa ha cominciato a sciogliersi dentro e scorrerle lungo le braccia e le gambe. Un po' alla volta tutto è diventato nuovo, anche lei. E non è che non abbia percepito il frastuono che viene dall'altra stanza. Solo, non vuole muoversi, andare di là.
Si sente rinata ed è contenta.
Erbaluce è felice di essere lì e di poter assaporare quel caffè in quel luogo con quel tempo.
Nonno Frangelico Rinaldi le insegnò a non rinnegare mai il proprio passato.
Il fracasso dell'altro locale si acquieta. Trascina la pesante sedia della cucina e la pone accanto alla finestra. Il freddo le fa accompagnare con un movimento lento e preciso, il lembo del pigiama di flanella vicino alla gola.
Il quotidiano con le notizie fresche non le interessa più. Perché ha la tazza bollente tra le mani e vuole solo ammirare il panorama che non le capiterà più di vedere. I suoi fratelli hanno deciso di vendere la fattoria del grand père. All'inizio anche lei era d'accordo. "Venderla e dividere il malloppo", così aveva proposto Caremo.
Lui questa casa l'ha sempre disprezzata, in quei campi non ha corso, non ha ricordi felici. Lui sotto il pergolato non ha lasciato la scacchiera, con una partita interrotta.
Ruchè il farfallone, non condivide il mio romanticismo, non conciliava con il nonno per via del carattere austero e testardo. Frangelico, con l'aiuto di altri viticoltori, fu un pioniere a imporre l'Arneis. I suoi acini servivano solo come uvaggio da mescolare con il nebbiolo e poi era bianca in un territorio completamente di uve rosse. Con un mercato costantemente alla ricerca di nuovi gusti, ebbero l'intuizione di porre un nuovo vino bianco, e così l'azienda divenne una delle più fiorenti delle Langhe.
Nel frattempo dei passi arrivano alla porta della cucina.
- Luce, è arrivato Monsieur Marengo, il notaio per l'accordo. - Borbotta Caluso.
Lei è assorta nei ricordi.
- Erbaluce! - Sollecita.
- Ho capito. Non desidero essere la prima a imbrattare il foglio della condanna. Passa dagli altri. - Ribatte lei.
Più i minuti scorrono sulla vecchia pendola in sala e più la donna si riprende dal torpore durato tanto, troppo tempo. È stanca di acconsentire continuamente al volere dei suoi fratelli. Rivive alcuni episodi.
La vigna che vendettero ai Banfi, e io non ero d'accordo, ma procedettero ugualmente. Poi presero in mano la mia vita, iscrivendomi a giurisprudenza e ordinandomi di frequentare Nicolas, il nipote del sindaco.
La donna ora si alza di scatto e decide di vestirsi e darsi una lavata. Deve essere pronta, quando ritornerà il notaio Marengo e davanti alla famiglia porterà alla luce la complessità dei valori che racchiude questo podere. Ora deve immediatamente pianificare una difesa con i fiocchi. È un avvocato. Sa cosa deve fare.

Dopo una rinfrescata al viso, con acqua ghiacciata, piglia dal trolley il dolcevita blu e i jeans. Come stivali, i "moon boots" vanno benissimo e, per ultimo, un velo di rossetto rosa. L'antico specchio appeso sopra il comò, riflette la luminosità dei capelli color dell'uva.
Così vestita si dirige verso lo studiolo.
Prende la scatola di metallo marchiata Supercrema Giandujot che contiene vecchie foto e lettere d'amore, poi preleva dei soprammobili dal camino, velocemente si sposta in veranda e afferra la pesante scacchiera di onice, appoggia le mercanzie sul tavolo della cucina, e per terminare va nel fienile e agguanta la bicicletta. È pronta per difendere un imputato inerme.
Oggi questo luogo ha saputo risvegliare in lei l'amore per la sua terra e l'orgoglio di essere Langarola. Tale concetto vuol far capire ai suoi uomini.
- Sorellina, abbiamo firmato, manca solo la tua approvazione. - Grida Roero.
A grappolo arrivano; Caluso dal carattere cupo, Roero dalla chioma rosso granato e il sorriso aspro dei Rinaldi, Ruchè con le couperose e il naso a mazza da golf, Arneis con la sua aria da birichino, Caremo e la sua zoppia. Per ultimo M. Marengo.
- Sapete che c'è? - Comunica grintosa Luce alzandosi dalla sedia. - Non siglo un bel niente! - Riprende fiato, e con le gote rosse inizia la sua arringa.
Tutti la guardano attoniti.
Alza la mano verso la sua giuria bloccando ogni reazione.
- Sedetevi e ascoltate, vi ruberò una manciata di minuti, quelli che voi non volete dedicare alla faccenda. -
Il raclage di Luce si presenta, come sempre, nei momenti di stress, quando lei ha bisogno della sua voce chiara e precisa, si manifesta il fastidioso disturbo.
- È da molte generazioni che la nostra famiglia ha lavorato questa terra con passione e costanza. Nonno Frangelico l'ha resa ancora più rigogliosa e produttiva, guardate nella scatola di latta. - La donna la fa scorrere nelle loro mani indicando il trattore, i contadini, il raccolto e le romantiche missive. Lui con la nonna ci accolsero nella loro vita dopo che i nostri genitori morirono nell'incendio della vecchia vigna. Osservate i lavoretti creati da noi con il cuore per loro. Ecco il tuo pupazzo di pietra Arneis, ti ricordi, quando lo hai dato al nonno? Mi spieghi cosa hai provato? -
La ragazza si aggira fra le sedie e si ferma a lato di Ruchè.
- Ruchè, con il tuo fisico armonioso, avevi sempre tante fanciulle, ma sbagliasti con Nadine. Rammenti, quando la mettesti incinta. Lui ti coprì e non svelò mai nulla a nessuno. Ora tuo figlio studia in un collegio svizzero. Per non parlare di Caremo mio adorato ora non ti fai più problemi per la gamba, che con il resto del corpo, sbottò a terra dall'albero di ciliegio. Quella maledetta domenica mattina. Eravamo pronti per andare a messa. E lui che fa? Non vuol venire e sale sulla pianta per poi caderci immediatamente dopo. -
Riprende fiato.
Si avvicina alternativamente a quegli uomini che intendono cancellare il passato, solo per fare quattrini.
- Ricordi, Caremo, come lui ti ha viziato, e poi spronato, per la gamba? Ti ha insegnato a essere te stesso nonostante il tuo handicap. Fissate la bicicletta, quante volte siete saliti, quante volte avete percorso i sentieri impolverati della vigna? Certo io qui ho passato quasi tutta la mia vita, voi avete cominciato a volare presto fuori dal nido. Ora sviluppate il vostro senso olfattivo, io sento ancora il profumo delle torte alle nocciole della nonna, il riso bianco spolverato di tartufo. Piatti indimenticabili. - Un attimo di pausa, calcolata, per dar modo al pubblico di riflettere. - Un ultimo appunto, noi non potremmo mai dimenticarlo. Lo porteremo sempre sulla pelle nel cuore. I nostri nomi sono legati al territorio. Roero, Caremo, Ruche Caluso, Arneis e il mio Erbaluce. Certo sono impegnativi, ma oramai fanno parte della nostra vita. -
- Non ti eri mai rivolta a noi con questo tono arrogante. Noi ti abbiamo sempre protetto. - Ribatte immediatamente Caremo.
- Sono stanca di essere coccolata, Caremo, ora voglio convincervi a lasciar perdere, e riprendere le nostre radici. -
- Non puoi aggrapparti ai ricordi. Essi non tornano, non ostacolarci. - Risponde Arneis agguerrito.
- Perché hai portato la damiera? - Domanda Roero.
- Lei è un mio ricordo, qui c'è la prova che la partita non è ancora finita. Pensateci. Vi assicuro che cambierete idea. -
Luce si alza volta a loro le spalle ed esce nella neve a fumare.
- Forse è meglio che rimandiamo. - Interviene M. Marengo.
- Vedrà, domattina firmerà. - Ribatte sicuro Caremo.
Ruchè raggiunge la sorella e la trova avvolta nel morbido cappotto color pesca, le sposta il viso verso di lui e le dice a bassa voce: - Ti adoro piccolo passerotto, sei stata brava, hai fatto riaffiorare in me palpitazioni e commozioni che avevo seppellito, mi hai fatto capire che qui c'è la nostra vita. Meravigliosa terra fatta di armonia, caparbietà e orgoglio. Non si vende il passato per quattro soldi. -

Isabella Galeotti

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