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Autore: Andrea Magrì
Il terzo elemento
Poliziesco Thriller
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Il terzo elemento
A cinque giorni esatti dal suo arrivo a Caronte, l'ispettore Montalto aveva scoperto ben poco. Con il prezioso aiuto di Moretti, aveva passato in rassegna ogni singolo caso, attingendo dai numerosi fascicoli accumulati sulla sua scrivania, senza tuttavia cavarne nulla di nuovo. Avevano incontrato diverse persone presenti al momento degli incendi, ma nessuno di loro era stato in grado di riportare qualcosa di diverso rispetto alle dichiarazioni rese precedentemente nei verbali. Molte altre, invece, spinte dalla curiosità di conoscere il nuovo ispettore, si erano presentate spontaneamente in commissariato, fornendo a Montalto particolari sostanzialmente inutili e, a volte, decisamente fantasiosi.
I due scienziati del CNR avevano installato altre sonde e iniziato ad analizzare i pochi dati raccolti fino a quel momento. Tuttavia, anche su quel fronte non sembravano esserci grosse novità, sebbene fosse decisamente troppo presto per fare bilanci.
- Che mi dici della disposizione delle case? - chiese Montalto a Moretti, la quale se ne stava appoggiata alla sua scrivania anni '60, riferendosi agli edifici coinvolti nei vari roghi.
- Fu una delle prime cose che considerammo con Rende. Ma gli incendi non sembravano seguire nessuna logica - concluse lei.
Nella parete sopra il divano, Montalto aveva fatto appendere una piantina della città e chiesto a Moretti di segnare con delle puntine i siti in cui gli incendi avevano avuto luogo. Quelle macchie di colore, tuttavia, sembravano essere disposte in maniera assolutamente casuale e nulla pareva indicare un qualche tipo di collegamento tra di esse.
- Nessuna linea di forza, quindi - ironizzò l'ispettore.
Si riferiva a una strana teoria sentita quella mattina, quando un signore lo aveva fermato per strada e intrattenuto a lungo parlandogli della presenza di fantomatiche linee di forza che attraversavano la città e, senza un logico motivo, provocavano gli incendi.
- Le persone. Alcune si conoscono altre no, ma non ci sono dei chiari collegamenti tra di loro - proseguì l'ispettore, riflettendo a voce alta.
Moretti fece di no con la testa. Aveva già controllato, e numerose volte, che la maggior parte delle persone coinvolte in quegli incidenti non fosse accomunata da parentele o dalla presenza di amicizie comuni. Inoltre, nessuna di loro aveva avuto nemmeno un piccolo screzio con vicini o con altri abitanti del paese, tale da far supporre un qualche tipo di ritorsione.
- Torniamo per un attimo alla teoria di De Marco - riprese Montalto.
- Nessun testimone ha mai confermato la presenza di individui sospetti nei dintorni della propria abitazione - rispose immediatamente Moretti, avendo capito in anticipo dove l'ispettore volesse andare a parare. - Tranne una - si corresse.
L'agente si riferiva alla testimonianza di una donna, la quale aveva accusato il vicino di aver dato fuoco alla sua casa. In realtà, tra i due non correva buon sangue, dal momento che l'uomo aveva la malsana abitudine di ascoltare musica a tutto volume in orari decisamente inadeguati. Ad ogni modo, al momento dell'incendio, il vicino si trovava fuori città ed era stato immediatamente scagionato da ogni accusa.
Moretti sospirò. Capiva che in quel modo non sarebbero andati da nessuna parte ma, allo stesso tempo, era cosciente del fatto che qualche particolare poteva essere sfuggito a lei o al commissario Rende e, per questo, valeva la pena riconsiderare tutte le ipotesi, anche quelle apparentemente più scontate o ridicole.
- Non abbatterti Moretti, ci rimane ancora la pista degli UFO - disse Montalto, che evidentemente era particolarmente di buon umore quel giorno.
Alcuni testimoni, infatti, avevano parlato di strane luci nel cielo comparse improvvisamente in prossimità dei punti in cui gli incendi avevano avuto luogo. Sebbene quelle testimonianze fossero palesemente poco attendibili, ciò era bastato affinché nella popolazione si diffondessero strane teorie sulla presenza di alieni e dischi volanti a Caronte, alimentate ad arte dai media che non perdevano occasione per spettacolarizzare l'intera vicenda.
Con la sua pettinatura impeccabile, l'agente Mario Spina si affacciò alla porta, interrompendo la disquisizione di Montalto sull'ipotetica struttura di un disco volante.
- Mi scusi ispettore, c'è una signora che vorrebbe parlare con lei - .
Montalto rivolse il suo sguardo verso Moretti, che strinse le spalle. La lista di persone da sentire era stata già esaurita.
- Falla entrare - rispose l'ispettore.
- Io vado, allora - disse la poliziotta, uscendo dalla stanza.
Qualche secondo dopo, una donna minuta di mezza età e con i capelli raccolti in un elegante chignon varcò la sua porta.
- Buonasera ispettore, piacere di conoscerla - disse, abbozzando un timido sorriso.
I due si strinsero la mano. A dispetto del corpo esile, la donna aveva una forte presa.
- Come posso esserle utile? - disse Montalto, facendole cenno con la mano di accomodarsi.
- Mi sembrava doveroso portarle i saluti e l'augurio di buon lavoro da parte della nostra comunità - iniziò la donna.
Aveva una camicia bianca con dei fiorellini ricamati, abbottonata fino al collo, dal quale pendeva un vistoso crocifisso ciondolante sul petto. Parlava lentamente, scandendo ogni singola parola in un italiano perfetto.
- La ringrazio molto. Lei è? - chiese l'ispettore.
- Anita Buccheri - replicò la donna.
Spiegò di essere un'insegnate di latino e greco presso il liceo classico di Caronte.
- Immagino che lei sia oberato di lavoro, quindi verrò subito al dunque - .
- La prego - la invitò lui, che apprezzava particolarmente le persone concrete.
- Lo sapeva che nell'antichità Caronte era una colonia della Magna Grecia? Charon veniva chiamata, proprio come il traghettatore delle anime - iniziò. - Presumo lei sappia chi era Caronte - .
Montalto annuì. Ricordava abbastanza bene dai suoi studi scolastici che, secondo la mitologia greca, Caronte era l'accompagnatore delle anime dei defunti, i quali dovevano attraversare il fiume dell'oltretomba, l'Acheronte, da una sponda all'altra.
- Di sicuro non un nome lusinghiero per la nostra città - riprese la donna, rivolgendogli un accenno di sorriso. - Ma bisogna ammetterlo, un nome azzeccato poiché molti di quelli che passavano da queste parti, qui rimanevano. Per sempre. Gli antichi greci pensavano che l'Acheronte potesse sgorgare proprio qui, sotto i nostri piedi, e che questo ovviamente fosse foriero di sventure - .
- Conosco la mitologia, signora Buccheri. Ma perché mi racconta tutto questo? - la interruppe l'ispettore.
Per quanto si sforzasse non riusciva a comprendere dove la donna volesse andare a parare.
- Perché, come dico sempre ai miei studenti, nelle leggende c'è sempre un briciolo di verità - proseguì lei, con convinzione. - Vede ispettore, i greci ne erano a conoscenza già diversi secoli fa che nel sottosuolo della nostra bella città si nascondeva qualcosa. Qualcosa di potente e di terribile. Lo sapevano, e non a caso hanno chiamato questa città in un modo così profetico - .
Montalto continuava a non capire. Chiese alla strana signora se si stesse riferendo alla possibile presenza di gas sotterranei, come più volte paventato dagli scienziati del CNR, anche se era quasi certo di no. La donna, però, non solo ignorò la domanda ma apparve quasi stizzita.
- Ma lei lo sa quanti incidenti domestici accadono a Caronte? Sei volte la media nazionale, ho controllato - proseguì. - E gli incendi, ispettore, non sono altro che la punta dell'iceberg - .
Montalto la osservò con stupore, notando in lei una crescente irrequietezza.
- Questo posto è maledetto, mi creda! - continuò la donna. - Lo diceva mia nonna e ancor prima la mia bisnonna. Parli con gli anziani, si faccia un giro in città, si faccia raccontare delle cose terribili accadute qui in passato - .
- Quali cose? Di cosa sta parlando? - chiese l'ispettore, sempre più sconcertato.
Dopo quell'exploit, la signora Buccheri si ricompose, ritornando a essere la tranquilla e pacata professoressa che aveva varcato la soglia del suo ufficio solo alcuni minuti prima. Ignorò nuovamente la domanda e continuò a esprimere le sue idee, infischiandosene dei quesiti posti dall'ispettore.
- Come genere umano abbiamo fatto tutto ciò che abbiamo voluto. Abbiamo ignorato le regole che ci furono imposte molto tempo fa, ci siamo sostituiti al Creatore, scavalcando l'ordine naturale delle cose. E con quali risultati? - chiese la donna, sotto lo sguardo sempre più perplesso dell'ispettore. - Questo è ciò che ci meritiamo - concluse con un'aria rassegnata.
Ascoltando quelle parole, Montalto non poté far a meno di pensare che a quella donna mancasse qualche rotella. Per quanto si sforzasse di capire, per la sua mente razionale non era facile accettare quei discorsi, ma nonostante ciò provò a formulare una domanda chiara.
- Quindi, secondo lei, cosa si nasconde dietro gli incendi? - .
La professoressa Buccheri sorrise. - C'è chi dice gli alieni. Sciocchezze, dico io - affermò con sicurezza. - Lo abbiamo sempre chiamato in mille modi diversi, ma lui è rimasto sempre lo stesso - .
Solo in quel momento Montalto realizzò che quella donna stava parlando del diavolo.
- Dal canto mio, posso solo dirle che noi tutti dovremmo affidare le nostre preghiere al Signore - concluse, toccando con la mano destra il crocifisso d'oro che portava al collo.
Quindi la soluzione era pregare. L'ispettore annuì, mentre si convinceva che a quella donna mancasse veramente qualche rotella.
- Capisco - affermò titubante.
- No. Non credo proprio - ribatté nervosamente lei.
- Senta... - .
- Domenica - lo interruppe bruscamente Buccheri - ci sarà una messa di commemorazione per il defunto commissario in chiesa madre. L'intera comunità si aspetta la sua partecipazione - concluse, alzandosi dalla sedia.
- Non mancherò, ma... - riprese l'ispettore.
La donna, tuttavia, non gli diede nemmeno il tempo di completare, dato che si era già voltata in direzione della porta. Montalto si alzò, osservando sbigottito quella strana signora uscire dalla sua stanza e percorrere il lungo corridoio. Si avvicinò all'uscio e con lo sguardo la seguì fino a vederla sparire a sinistra, verso l'uscita del commissariato. Ne aveva vista di gente strana negli ultimi giorni, e parecchia, ma quella donna superava tutti.
Moretti si avvicinò all'ispettore per chiedere come fosse andato quell'incontro e lui la ragguagliò velocemente. A quanto ne sapeva la poliziotta, quella donna era effettivamente una integerrima e stimata professoressa e non aveva mai dato alcun segno di squilibrio. Montalto sospirò, pensando che quell'atteggiamento fosse il risultato della crescente esasperazione dei cittadini di Caronte dinnanzi a una situazione divenuta ormai insostenibile, e per un attimo, provò quasi tenerezza per quella strana signora. Una cosa, però, non gli era sfuggita.
- Ha detto delle cose su fatti accaduti in passato - spiegò l'ispettore a Moretti. - A cosa si stava riferendo? - .
La poliziotta strinse le spalle. Per ciò che ne sapeva, Caronte era sempre stata una cittadina tranquilla. Perplesso, Montalto congedò Moretti e fece ritorno alla sua scrivania.

Andrea Magrì

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