Richard sta per scoprire che tutta la sua esistenza è stata manovrata per un solo scopo: permettere al Signore dei Vampiri di trasferirsi nel suo corpo.
- Io sono Richard, il castigatore, e questa è la vera storia di come ho affrontato il Signore Oscuro e il suo esercito di succhiasangue. -
Richard è stato trasformato in un vampiro contro la sua volontà e per questo ha perso la famiglia. Oggi, dopo quasi cinquecento anni di raggiri, sta per scoprire che il suo Quel gran bastardo di François mi ha manipolato. Dopo avermi ucciso, donandomi la vita eterna, dopo aver trucidato i miei cari e, da allora, raccontato esclusivamente bugie... mi ha mandato a morire. Ma non era da solo. No, no: insieme a quel figlio di una meretrice c'erano altri vampiri e adepti; tutta una lista di persone che mio “padre” mi ha mandato a cercare convincendomi che avrebbero “collaborato” con me per la buona riuscita della missione che mi aveva affidato. Qualcuno ci stava uccidendo e i morti iniziavano ad essere troppi. Dovevamo scovare e catturare quel maledetto assassino. Misi insieme una bella squadra. Sulla carta, erano tutti ottimi elementi! Antonio fu il primo della lista. Lo chiamavano “il politico”. Mi avrebbe dato libero accesso a qualunque posto avessi desiderato. Poi fu la volta di Chris, il mio “fratellastro”, un esperto d'armi da fuoco e tattiche militari. Infine, Krogh, uno scienziato tedesco, adepto di Caius, profondo conoscitore del corpo umano e dei poteri dei vampiri. Stava cercando una cura contro i raggi solari. E non scordiamoci di Greta, la bellissima e attraente Greta... La vampira dai poteri mentali, la moglie di François... L'ipocrita per eccellenza! Si finse la mia defunta sposa per confondermi le idee, per rendermi debole e manipolabile. Tutti facevano capo, in un modo o nell'altro, ad Adam, il figlio di Caius e Iulia, nonché fratello di Ramona. Quello psicopatico è riuscito a mettermi contro l'intera famiglia e ha costruito tutta una serie di indizi per farmi credere che l'assassino che stavamo cercando fosse sua sorella. Un'altra vampira dai poteri mentali che gli avrebbe impedito di conquistare il mondo. Mi hanno trasformato nel killer perfetto, nella pedina sacrificabile alla quale affibbiare tutte le colpe! Dopo la morte di Ramona, Caius mi fece imprigionare e se non fosse stato per Iulia, ora sarei cenere. Giusto, Iulia... Mi ha donato parte dei suoi poteri mentali per affrontare suo figlio e mio “padre”. Siamo riusciti a ucciderli tutti e dopo... Sì, è andata in questo modo. Ora ricordo! L'hanno catturata a Vienna. Rufus, che avevo dato per morto, è comparso dal nulla e l'ha fatta rinchiudere in una struttura segreta. Rammento poco o niente di quella sera e dei giorni successivi. Ho come un blocco mentale che mi impedisce di rivivere quei momenti. Comunque, non ha più molta importanza. Io sono Ricardus, il castigatore, e questa è la vera storia di come ho affrontato il Signore Oscuro e il suo maledetto esercito di succhiasangue.
01 - Richard
Bum-bum... Bum-bum... Bum-bum... Il battito cardiaco scandisce il costante e inesorabile scorrere del tempo che porta ogni essere vivente alla morte. Forse è per questo che il mio non batte. Sono destinato all'eternità.
02 - Lucia
Bum-bum... Bum-bum... Bum-bum... Il rumore delle chiavi nella toppa del portone lo mise in allerta. I suoi sensi ipersviluppati gli permettevano di udire i suoni più impercettibili e individuare gli odori più tenui. - Amore, sono tornata! Sei sveglio? - lo salutò Lucia, rientrando a casa. - Sì, sono nel soggiorno. Ben arrivata! - rispose Richard. - Che brutta giornata! Ho litigato con Giovanni. Non capisce niente, sta sempre a contraddirmi. Ha da ridire su qualunque cosa io faccia - . Fece un profondo sospiro. - Pensa che oggi stavo testando l'ultima tossina che ho potenziato e quel deficiente... - . Il gigante non disse nulla. La ragazza lo raggiunse e lo vide indaffarato davanti al computer. Incrociò le braccia sul petto. - Mi ascolti, quando ti parlo? - sbottò. - Certo, tesoro. Lo faccio sempre - ribatté, senza distogliere lo sguardo dal monitor. - Mi stavi parlando di quel perdente di Giovanni - . - Mi devi ascoltare, ho detto! - urlò isterica. Si avvicinò a Richard e lo colpì con forza alla spalla destra. Una, due, tre volte. - Ti odio, vattene via! - . Scoppiò a piangere e scappò di casa sbattendo la porta.
- Signore! Signore! Signore! - la voce, dapprima bassa, tuonò sul finale. - Che succede? - chiese Richard, scuotendo la testa. Si guardò intorno con le sopracciglia sollevate, gli occhi spalancati e le palpebre tese come le labbra. Sembrava disorientato. - Signore, abbiamo perlustrato l'intera area e non ci sono pericoli imminenti. Ora può entrare - gli spiegò il capo della sicurezza, un uomo esile e dallo sguardo vigile. Dimostrava una quarantina d'anni. I lunghi capelli neri erano sempre legati a formare una coda che gli ricadeva sulla schiena. Si aggiustò il nodo della cravatta color cachi, in tinta con il vestito; nel farlo, il vistoso rolex d'oro scintillò alla luce dei lampioni. - Grazie, Nicolas - si limitò a rispondere il gigante. Con uno sforzo, come se provasse un forte dolore alle giunture, scese dall'Hummer nero, non prima di aver lanciato un'occhiataccia al fax vicino al laptop, dal quale stava uscendo la stampa di un comunicato intitolato “URGENTE”. Al posto di uno dei sedili posteriori, avevano infatti installato una sorta di ufficio. Ovviamente, tutto color avorio, come gli interni in pelle del veicolo blindato. Ingobbito, il vampiro si diresse verso l'ingresso. Restava comunque un uomo imponente che metteva soggezione alla maggior parte delle persone. Dopo i primi passi, si accorse che la fedina d'oro rosa che portava appesa al collo era uscita dalla camicia. La prese tra le dita, la baciò e poi la rimise sotto l'indumento. Gli piaceva tantissimo vestirsi con quel completo grigio. Indossava sempre quel colore, neanche fosse stato un tatuaggio. Entrò nell'edificio, assorto nei suoi pensieri e grazie ai suoi due metri di altezza finì per sbattere la testa contro una trave di ferro della scala antincendio. Un rivolo di sangue gli scese lungo la tempia, ma non emise alcun lamento e proseguì. - Perché continuiamo a portarci dietro quel relitto? - bisbigliò uno degli uomini della sicurezza rivolgendosi a Nicolas. - È talmente fulminato da non vedere neanche dove mette i piedi - . Lo smilzo si limitò a contrarre la mascella e, in silenzio, seguì Richard. Il gigante perlustrò il piano terra di quel fabbricato abbandonato. Si trovavano nell'area industriale di Foligno. A quell'ora tarda, non c'era nessuno per strada. In passato la costruzione doveva essere stata un magazzino poiché c'erano ancora degli scaffali lungo le pareti e qualche scatolone vuoto qua e là. Dai vetri delle finestre rotte erano entrate delle foglie e parecchia sporcizia. Forse, nelle serate particolarmente fredde qualche senza tetto doveva averci dormito e fatto anche i propri bisogni corporali. C'era uno strano fetore in quel posto, qualcosa di morto stava marcendo. Richard sbuffò e, dopo alcuni minuti di attenta ricerca, salì lentamente le scale che portavano al secondo piano. Con lo sguardo esplorò l'intera area in cerca di un indizio che potesse svelargli dove scovarlo. Tutta la superficie era priva di divisori, tranne che sul muro opposto rispetto alle scale. Tre pareti davano forma a una sorta di ufficio. Sparsi qua e là, si intravedevano dei tavoli di fattura scadente. Vi erano anche delle coperte buttate in un angolo. Un materasso sudicio era posto in mezzo al pavimento. Degli scatoloni chiusi con del nastro marrone gli facevano da contorno. L'unico rumore individuabile era lo squittio dei ratti, oltre a quello del vento che soffiava attraverso i fori presenti nella copertura. - Ha trovato quello che cercava? - gli chiese Nicolas, osservando la struttura abbandonata. - No - mormorò il gigante. - Sono sicuro che mi tenessero prigioniero in quella stanzetta là in fondo, ma non saprei dire se due o tre anni fa. Queste sono fibre ottiche, le usava per connettermi alla sua rete - . Si massaggiò le tempie e poi diede un calcio a dei fasci di fili elettrici che spuntavano dal pavimento. Nicolas si diresse nell'ufficio e l'osservò con attenzione: era vuoto. Mancava anche la porta dell'ingresso. Sulle pareti vi erano dei graffiti sbiaditi. Scosse la testa e tornò sui suoi passi. - Anche qui ci sono gli stessi indizi già trovati negli altri capannoni abbandonati - sospirò. - Niente di nuovo. Niente di niente - . Sconsolato, colpì con il piede un piccolo sasso sul pavimento che schizzò di lato perdendosi nel buio della struttura. - Possiamo andare - concluse Richard con un filo di voce. - Come vuole. È lei il capo - . Uscirono dall'edificio e salirono nell'auto. - Torniamo alla base operativa di Monteluce - ordinò il gigante. - Ne è sicuro? Mancano parecchie ore all'alba - constatò Nicolas, consultando l'orologio. - Non mi piace essere contraddetto - ruggì. L'autista mise in moto e, senza proferire parola, si diresse verso la superstrada in direzione Perugia.
Andrea Bindella
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