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Autore: Davide Cifalà
Gianluca Branco - Il ring della vita
Narrativa
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Gianluca Branco - Il ring della vita
“ Dietro alla boxe c' e' il nostro modo di vivere, il nostro modo di pensare. Proprio per questo c' e' tanta umanita' in questo sport, perche' e' il riconoscimento immediato del valore della vita e dell' avversario che hai di fronte.
Impari a rispettare tutti una volta che impari a combattere, perche' tutti sono immersi nella tua stessa logica di fondo.
Due schieramenti umani si danno battaglia, per uno scopo identico ed opposto..
E' uno scontro di attrito, dove ciascuno cerca di prevalere sull' altro per le stesse ragioni.
Questo e' il pugilato. Uno sport in cui lo scopo e' sfinire l' avversario.
Mi chiamo Gianluca Branco, ho undici anni ed ho appena combattuto il mio primo vero match di pugilato.
Sono stato un bambino irrequieto in passato ( fino a poco tempo fa ad essere sincero...) e questo mi ha indotto a fare qualcosa che non rientra nei valori sani della mia famiglia : ho rubato una bicicletta... semplicemente perche' non avevo la possibilita' di comprarmene una.
Come un ragazzino invidioso...
Papa' mi ha ammazzato di botte quando ha saputo di questa mia bravata, e non lo biasimo, pero' dopo aver usato il bastone, ha ricominciato poi ad usare anche la carota.
Cosi', non fa altro che assistermi e da quando ho otto anni, fa una marea di sacrifici per me ; mi accompagna tre volte a settimana a Perugia per portarmi agli allenamenti di boxe.

Partiamo alle 14, 00 e rientriamo a casa alle 21, 00.
Lui mi ha iniziato alla carriera di pugile e forse tramite me e il mio fratello maggiore Silvio, desidera realizzare quel sogno che quando era un ragazzo, era anche il suo : raggiungere la gloria grazie alla boxe.
Lui era bravo, un buon pugile, ma purtroppo e' rimasto un dilettante, mentre nella vita mia ed in quella di mio fratello invece, vede un futuro molto piu' roseo.
Il maestro Peppe Peris, colui che mi ha insegnato tutte le basi, mi ha aiutato in tutto questo tempo non solo a dare pugni, ma soprattutto mi ha insegnato che in questo sport non c' e' odio, ne' rancore, ma soltanto la volonta' infinita di fare la propria parte nel mondo, indipendentemente dalla vittoria.
La boxe e' una questione di movimenti, di energia, di stamina, ma alla fine e' una forma della vita.
Cosi', ho partecipato a questo torneo che si chiama “ Torneo dei primi pugni “, all' Eur ( quartiere di Roma ) ed ho vinto...
Quando ho sentito ogni singola parte del mio corpo che vibrava, quando ero stanco e i pugni mi arrivavano in faccia, con la mente che si imponeva di resistere ancora un po', ho capito che non conta vincere o perdere a volte.
Volevo solo sentirmi vivo.
Non so se questo desiderio nasca dal quartiere dove abito, un quartiere di Civitavecchia che si chiama De Sanctis, che non offre moltissime possibilita' , dove ho dovuto imparare alla svelta a farmi rispettare ( dote ereditata da papa', che e' sempre stato uno tosto ), o dalla bravata della bici rubata, ma ho capito che questo e' il mio modo di stare al mondo.
E per stare al mondo bisogna combattere, ognuno a suo modo.

Non volevo annullare la vita del mio avversario, per questo, quando il match e' finito, sono riuscito ad effettuare un' identificazione totale nel suo io stesso.
Avrei potuto essere al suo posto, essere sconfitto.
Sarebbe stata sufficiente una virgola e il corso degli eventi sarebbe stato un' altro.
Ma non e' successo e ho vinto io...
Ho imparato tante cose, in un solo incontro...”
Avete mai avuto un sogno ?
Avete mai fatto un sogno talmente realistico da sembrare vero ?
E poi magari, quel sogno e' diventato un incubo, un chiodo dentro al vostro cuore ?
Gianluca, questa cosa l' ha vissuta per tutta la vita.
Quando oggi qualcuno scrive o dice che egli e' una persona che manca di umilta', dovrebbe riflettere sul fatto che lui ha sempre dovuto combattere contro due avversari : quello sul ring e se stesso.
Perche' non e' facile convivere con la tristezza e riuscire a trasformare i propri punti deboli, nei piu' importanti punti di forza.
Non tutti sanno che a volte ci vuole la disperazione per riuscire ad arrivare alla felicita', e che se non si perde, talvolta non si vince.
“ Erano tempi duri alla fine degli anni settanta, nel quartiere di Civitavecchia dove sono cresciuto io, il quartiere popolare De Sanctis, dove mia madre vive tutt'ora ( dopo che sono diventato pugile professionista le ho comprato casa ).

Non ho mai avuto una bicicletta tutta mia, e con gli altri ragazzi giocavamo con un pallone fatto con il cartone e lo scotch “.
“ C' e' un umanita' estrema anche nella sconfitta, perche' dai tutto te stesso. Cosi', quando il match finisce, il tuo corpo sa benissimo che cosi' come tu hai avuto una paura elementare del tuo avversario, della sua forza, al tempo stesso lui ha riconosciuto la tua.
Cosi' e' una bella sensazione abbracciarlo alla fine della battaglia, saperlo vivo e sereno.
Ma la strada e' ancora lunga da fare e non mi sento ancora felice.
Questo e' stato il primo passo, solo il primo passo...
Se voglio arrivare lontano dovro' fare per tutta la durata della mia carriera, esattamente cio' che ho fatto in questo mio primo incontro, cioe' mantenere la lotta interiormente, ovvero la capacita' di fissare l' idea chiara che qualunque cosa accadra', io non mollero' mai “.

“ Ho dedicato tutta la mia vita a questo sport. Non ho avuto una vita da ragazzo, da adolescente.
E mentre tutti quelli che conoscevo andavano fuori a divertirsi, a vivere la vita, a godersela, io andavo a correre, ad allenarmi.
Mi sento fortunato per quello che ho ottenuto, ma e' una fortuna che mi sono costruito da solo.
Ho lavorato ore e ore e mi sono spinto piu' in la' di chiunque.
Mi sono allenato cosi' duramente da diventare duro da battere “.
Essere un pugile vuol dire dedicarsi giornalmente alla preparazione atletica, in vista dei match prefissati.
Vuol dire avere la mentalita' da professionista e non lasciare nulla al caso.
Questo e' un discorso che vale non soltanto per la boxe, ma per qualsiasi altro sport che si vuole intraprendere come professione, altrimenti rimani un' amatore e niente piu'.
Anche la mente deve essere solida ed allenata.
Il pugilato e' impegno, sacrificio, umilta'...
Un vero e proprio stile di vita.
Una volta iniziata l' attivita' agonistica, ti entra nell' anima e sei spinto da un' irrefrenabile passione.

Nella galassia degli sport, il pugilato si ritaglia un ruolo tutto suo, fuori da ogni schema.
La “ nobile arte “, cosa che non tutti sanno, affonda le proprie radici in alcuni movimenti dello scherma.
Ci sono molte similitudini infatti, tra queste due discipline.
Ad esempio, il jab e' molto simile alla botta dritta dello scherma.
I maggiori campioni che hanno scritto le pagine piu' indelebili della storia, provenivano dai ghetti.
Gli Stati Uniti in particolare, nel dopoguerra divennero una vera e propria fabbrica di pugili e le palestre venivano aperte nei luoghi piu' marginalizzati, in quei posti dove cadere nella criminalita' di strada era un attimo.
Posti come quello in cui Gianluca e' cresciuto ...
Il crescere per strada e le prospettive misere di vita, scatenano due reazioni generalmente : finire a vivere di illegalita', oppure entrare in palestra e provare a dare una svolta alla propria vita.
Per chi fa la scelta giusta, la palestra ad un certo punto diventa una sorta di santuario, una scuola di vita, nella quale apprendi la disciplina, il rispetto delle regole, la lealta'...
La palestra diventa una seconda famiglia.
Gianluca Branco, pugile civitavecchiese cresciuto nella miseria piu' assoluta, in un quartiere popolare, e divenuto poi, anche grazie alla sua fede in Padre Pio ( “ Padre Pio e' il mio Santo, colui che veglia su di me ) un due volte campione d' Europa dei Super leggeri, una volta dei pesi welter e addirittura due volte sfidante

al titolo mondiale Super leggeri, con la sua storia ha tracciato il cammino a molta gente, cosi' come Marvin Hagler aveva fatto con lui.
“ Un giorno, io e i miei amici andammo a vedere l' incontro tra Sugar Ray Leonard e Marvin Hagler, e ricordo che rimasi a dir poco impressionato. Hagler mi ha sempre affascinato : e' il miglior peso medio di tutti i tempi, superiore anche a Monzon. L' ho conosciuto : venne al “ Palalido “ a vedere la boxe, una sera a Milano, ed io ero tra quelli che combattevano. Aveva un bar a Milano ed era sposato con una napoletana. Era una persona splendida. “
Gianluca Branco deve tanto alla boxe, ma anche la boxe deve tanto a lui. Senza il pugilato, egli forse non sarebbe oggi l' uomo completo e quello straordinario padre di famiglia che e' diventato, ma al contrario, se non ci fosse stato “ Silver Horse “ a scrivere la storia, oggi molti giovani pugili non avrebbero un' esempio cosi' straordinariamente edificante a pungolarli e stimolarli nel difficile cammino di sfida, sacrificio e forza di volonta' che e' il pugilato stesso.

“ Le palestre cominciarono a diffondersi in contemporanea con la mia ascesa di pugile, per rimediare i problemi sociali.
Il pugile e' una persona che affronta e tocca con le proprie mani le sue paure piu' ancestrali : montare su un ring, in un quadrato recintato da sedici corde, e' un qualcosa di altamente claustrofobico.
Essere un pugile rappresenta un qualcosa di diverso dall' essere un qualsiasi altro sportivo, non perche' chi pratichi un altro sport sia da meno, ma per ragioni piu' profonde.
E' necessario avere una grandissima padronanza dei propri nervi, perche' si deve essere sempre in grado di poter ragionare ed eleborare una strategia di attacco e difesa. Sbagliano quelli che credono che il pugile che vince sia sempre quello con piu' prestanza fisica, nella maggior parte dei casi vince invece quello con piu' cervello.
A volte basta un niente, anche soltanto una frazione di secondo, per cambiare le sorti di un match : un punto lasciato scoperto della guardia del tuo avversario, una piccolezza...
Allora puoi ribaltare la situazione a tuo favore, con un colpo preciso e ben assestato.
Ecco, un pugile deve tenere conto di tutte queste cose... “
Abituato da sempre a vivere in funzione di colui che assisteva, preoccupandosi per quelli che amava , Gianluca da ragazzino, a volte non sapeva ascoltare se stesso e non sapeva dare una spiegazione al vuoto che di tanto in tanto lo assaliva.

Poco spazio per se', implicava scarsa attenzione e visibilita' , oltre che una forte tendenza ad affidarsi e fidarsi delle relazioni.
Per questo si attacco' cosi' tanto a Pino Brunori, il cognato, l' uomo che sposo' sua sorella Antonella, perche' prima di conoscerlo, egli era erroneamente sintonizzato quasi sempre sul bisogno altrui, e questo lo rendeva incapace di ascoltare se stesso, le sue esigenze, i suoi tempi, il suo corpo.
Il rapporto con Pino seppe sviluppare in lui l' auto- consapevolezza, l' auto- coscienza e l' attivazione delle risorse individuali e familiari.
Questi lo aiuto' tantissimo non solo nell' infanzia, ma soprattutto una volta diventato uomo, quando alcuni traumi ed abissi nella sua vita lo avrebbero reso una persona “ estremamente carnale “ ma anche molto tormentata.
Pur avendo due genitori, dei fratelli che gli volevano bene, qualche volta c' era stato anche Pino a fare le veci paterne, e le veci del fratello maggiore premuroso e presente, facendo si che l' adulto Gianluca imparasse a prendersi cura del bambino Gianluca, il bambino che era stato ( e che non aveva mai smesso di esistere dentro di lui ) perche' avesse finalmente attenzioni dedicate, perche' riscoprisse il piacere della liberta' , delle risate gioiose e affinche' sperimentasse finalmente il senso di protezione.
Questo lo avrebbe fortificato anche sul ring, dove Branco Jr sarebbe diventato in futuro un maestro non soltanto di potenza e velocita', ma anche di capacita' strategica.

Davide Cifalà

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