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Autore: Antonio Coppola
Villaggio buono
Narrativa
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Villaggio buono
Sbrigate le formalità di rito, partirono in treno, e arrivarono a Napoli, agli inizi di dicembre.
Furono assegnati alla stazione del quartiere Porto.
La caserma si trovava in un fabbricato di una traversa di via Mezzocannone, sulle rampe della basilica di S. Giovanni maggiore, a poche centinaia di metri dalla facoltà di Scienze e, affacciandosi al balcone della caserma, si vedeva il palazzo della sede centrale dell'università Federico II il cui ingresso si affacciava sul "rettifilo", così era chiamato dai napoletani il Corso Umberto I.
Da quel balcone, una mattina, Michele vide passare Rebecca che, a passo svelto, saliva in direzionedella Piazza San Domenico Maggiore: era magrissima e vestiva di nero.
Seppe, in seguito, da un'amica comune, che aveva perso la madre dopo una brutta malattia e che aveva lasciato la facoltà di medicina e si era trasferita a quella di matematica, per cercare di conciliare meglio lo studio con l'aiuto che doveva dare alla famiglia, essendo l'unica femmina in famiglia.
La facoltà di matematica si trovava in via Mezzocannone.
A Napoli, come in tante altre scuole d'Italia,
continuavano le agitazioni e le manifestazioni di piazza.
A pochi giorni dall'arrivo di Michele e Marziano a Napoli, gli studenti del liceo classico "Antonio Genovesi",che si trovava in piazza del Gesù Nuovo, organizzarono una manifestazione cui aderirono anche molti studenti universitari.
Siccome piazza del Gesù Nuovo si trovava a poche centinaia di metri dalla stazione dove prestavano servizio,Michele e Marziano, gli ultimi arrivati, furono mandati alla manifestazione con l'ordine di aggregarsi al gruppo dei carabinieri che veniva dal comando provinciale di Piazza della Carità.
Per Michele e Marziano era il battesimo del fuoco: non avevano mai partecipato a un servizio d'ordine pubblico!
Partirono al mattino presto, scesero le scale della rampa della chiesa, salirono per Via Mezzocannone e, arrivati in piazza S. Domenico Maggiore, svoltarono a sinistra, passarono davanti al Monastero di Santa Chiara, e giunsero nella piazza del Gesù Nuovo.
Al maestoso obelisco dell'Immacolataerano legati diversi striscioni: “Lotta dura, senza paura”, “Vogliamo tutto e subito”, “Una rivoluzione non si vota, si fa”, “Diamo l'assalto al cielo”.
I due carabinieri lessero gli striscioni e si emozionarono...
In un angolo della piazza individuarono il gruppo dei carabinieri che si era messoal lato opposto a quello dove gli studenti stavano preparando la manifestazione.
Gli studenti, con il passare dei minuti, aumentarono fino a occupare tutta la piazza davanti alla chiesa, con la sua bella facciata in pietre piperine.
Le ragazze erano numerose: vestivano con pantaloni scuciti e camicette scollate, sventolavano bandiere rosse e facevano casino con fischietti e sonagli.
Sembrava un raduno di amici: si salutavano, si abbracciavano e cantavano.
A un certo punto arrivò un gruppetto, guidato da uno studente che urlava nel suo megafono: “Se non cambierà, lotta dura sarà”, “Se non cambierà, lotta dura saràˮ.
Quando il gruppo si avvicinò, Michele e Marziano riconobbero il loro amico Pierone.
- Che ci fa qui Pierone? - disse Michele
- Fa quello che avremmo dovuto fare anche noi. -
Un gruppo di fascisti intanto si era riunito in Piazza della Carità.
- Mi è stato riferito dal comando provinciale che sta arrivando un gruppo di fascisti. - , disse il giovane comandante dei carabinieri, - mi raccomando massima all'erta. Siamo qui solo per mantenere l'ordine pubblico... niente colpi di testa! Se ci saranno scontri, com'è prevedibile, intervenite solo al mio comando.
Li lasciamo sfogare un po'... osserviamo attentamente chi sono i più facinorosi, e poi, velocemente, li andiamo a prendere e li portiamo via -
Il gruppo della piazza, divenuto molto numeroso, cominciò a cantare, ballare e urlare: “Pagherete caro, pagherete tutto ” , “Noi prenderemo, noi occuperemo”, “Vietato vietare”.
Il gruppo dei fascisti, armato di catene, arrivò in piazza, gridando:“ Boia chi molla”, “ Chi osa vince ”, “A noi”.
“Fascisti, carogne, tornate nelle fogne ”.
Iniziarono gli scontri e le ragazze cominciarono a scappare in tutte le direzioni, e cercarono rifugio nei locali della scuola e del convento di Santa Chiara.
I giovani invece iniziarono una vera e propria battaglia: volarono calci, sputi, pugni, ma i fascisti, con le loro catene, colpivano duro, e cominciarono a fare colare il sangue.
Michele e Marziano guardavano, preoccupati, Pierone che lottava accanitamente, ma non ce la faceva... soccombeva!
Arrivò l'ordine del comandante, e partirono veloci in direzione di Pierone: spinsero alcuni dimostranti, avanzarono facendosi largo a gomitate e finalmente arrivarono da Pierone, lo liberarono dai fascisti che lo stavano massacrandoe lo bloccarono, trattenendolo per le braccia .
- Brutti servitori dello stato, lasciatemi! -
- Ti vuoi fare ammazzare stupido Pierone del villaggio? -
- Marzià,che ci fai qui? -
- Ci faccio, ci faccio, scappa verso il convento, noi t'inseguiremo, e poi ne parliamo, brutto comunista! -
- Ma i miei compagni hanno bisogno di me. -
- Anche noi abbiamo bisogno di te,scappa, corri... - urlò Marziano.
Pierone cominciò a correre, inseguito da Michele e Marziano.
Arrivati in un cortile dove non c'era nessuno, si fermarono e,stremati, si appoggiarono a un muroe rimasero a guardarsi, in silenzio, fino a quando non gli passò l'affanno.
- Pierò, va subito a casa, ci vediamo al villaggio e ne parliamo. -
Si abbracciarono, e ripresero a correre, ma in direzione opposta!
Ritornati in piazza Michele e Marziano, si trovarono davanti a uno spettacolo terribile: per terra c'erano catene, bastoni, biglie, striscioni, borse, pezzi di pantaloni, camicie sporche di sangue, e ragazzi che si lamentavano, piangevano, imprecavano .
Arrivarono le ambulanze e cominciarono a soccorrere i feriti più gravi.
Michele e Marziano aiutarono i feriti a salire sulle ambulanze, fermarono qualche macchina per invitare gli occupanti a collaborare per il trasporto dei feriti meno gravi.
I “ facinorosi” erano stati fatti salire sulle camionette blindate e portati in caserma per l'identificazione.
Michele e Marziano erano rimasti soli: quelli delle forze dell'ordine se ne erano andati con "i prigionieri".
Alla fine, stanchi, delusi e confusi se ne tornarono lentamente in caserma.
- Michè... forse era meglio se restavamo nel villaggio a trapiantare finocchi e cipolle! -
Alla fine del mese, arrivò il primo stipendio della loro vita, circa novantamila lire...
Prima di Natale, Michele e Marziano scrissero una lettera al colonnello comandante della scuola allievi carabinieri di Fossano.
“ Egregio Signor Colonnello, siamo i due indisciplinati allievi carabinieri che l'abbiamo fatta arrabbiare per avere inviato al Ministero della Difesa una domanda, senza chiedere la Sua autorizzazione.Ci scusiamo ancora per la nostra indisciplina, ma vogliamo ringraziarla per averci perdonati.Siamo alla stazione Porto di Napoli e le assicuriamo che ce la metteremo tutta per tener alto l'onore dell'arma.Faremo il nostro servizio sempre con disciplina e, nei momenti liberi, cercheremo di andare avanti negli studi.Facciamo a Lei e alla sua famiglia gli auguri di Buon Natale, e un gentile saluto a Sua figlia Carmen”.
A Natale Michele e Marziano restarono in caserma, in servizio, lasciando ai colleghi più anziani la festa in famiglia, ma, alla fine dell'anno, gli fu concessa una licenza di due giorni.
Arrivarono nel villaggio anche Piero da Viterbo e Sdanga dalla Francia, senza Caterine perché Beatrice era influenzata.
Tutti insieme, un pomeriggio, andarono da Vicienzo.
- Oh che bello!...tutti qui...i carabinieri, il francese e il soldatino - esclamò Vicienzo, felice di rivederli.
Li abbracciò tutti, uno a uno e si commosse.
- Viciè, domani sera sei invitato a una cena allo " scugnizzo" di Castellammare... paghiamo noi! - disse Marziano.
- Ora abbiamo uno stipendio, e possiamo cominciare a sdebitarci con te - , aggiunse Michele.
Marziano e Sdanga assentirono.
La sera seguente i ragazzi si riunirono in piazza, e aspettarono Vicienzo con la sua Fiat 1300 nera.
- Dove si va, stasera? - chiese Gina, affacciatasi alla finestra.
- Andiamo con Vicienzo a cena a Castellammare. -
- Beati voi...siete maschi! -
Arrivò Vicienzo, salirono, e si diressero verso Castellammare.
- Come va a Napoli? - chiese Vicienzo.
- Un casino pazzesco! - , rispose Marziano, - giorni fa, abbiamo dovuto salvare, dalle mazzate dei fascisti, il “ Che Guevara del villaggio”. -
- E chi e'? -
- Pierone, il figlio del pagliaiulo. -
Marziano raccontò a Michele la loro avventura di piazza del Gesù Nuovo.
Arrivati sulla strada del mare, Michele invitò Vicienzo a fermarsi al distributore.
- Stasera ti paghiamo la benzina. -
- Quanto faccio? - disse il benzinaio
- Il pieno - .
Pagarono settemila lire.
Arrivati a Castellammare, parcheggiarono la macchina nelle vicinanze del ristorante, entrarono e ordinarono:risotto alla pescatora, polipi alla luciana, frittura di gamberi, triglie e calamari, vino "Caprettone" e, come dolce, la delizia di limone, la "zizza" della costiera amalfitana.
Mangiarono tutto con appetito e bevvero con piacere e alla fine terminarono la cena con caffè e grappa.
Pagarono in tuttoquarantamila lire che divisero per tre perché Piero, con la sua misera paga di soldato di Fanteria, poteva permettersi di pagarsi solo una cena in trattoria...
Uscirono dal ristorante, e decisero di passeggiare sul lungomare, prima di tornare a casa.
Andarono dalla piazza della Cassa Armonica fino al mostro di cemento al lato opposto, per diverse volte, fermandosi ogni tanto a guardare il paesaggio.
I gabbiani cercavano cibo sulla spiaggia,le stelle riflettevano la loro luce nel mare e,in lontananza,vedevano lo scoglio di Rovigliano e le luci delle case di Torre Annunziata, che arrivavano fino ai piedi del Vesuvio.
Il pensieroandò, inevitabilmente, alle belle giornate trascorse con le ragazze francesi, e i ragazzi furono presi dalla malinconia...
Alla vigilia di capodanno la "banda dei quattro", insieme a Pierone, si riunì nei locali dell'asilo della parrocchia del villaggio, e aspettò l'arrivo della mezzanotte, mangiando i dolcini secchi preparati in grandi quantità dalle loro mamme e bevendo vino rosso del nonno di Michele.
Tutti cantarono con allegria.
Allo scoccare della mezzanotte, aprirono lo spumante e brindarono al nuovo anno.
Iniziava il 1970.
Attesero, come il solito, l'alba del nuovo anno, i primi raggi di sole, e poi si salutarono e, assonnati, ritornarono a casa.
Agli inizi del nuovo anno, Sdanga ritornò da Caterine e gli amici in caserma.
Una sera, Michele e Marziano andarono a cena a Mergellina con alcuni amici che prestavano servizio a Fuorigrotta e che avevano conosciuto a Fossano, durante il corso di addestramento.
Dopo la cena, presero il pullman per tornare in caserma. All'altezza della villa comunale, salì un uomo sulla cinquantina che barcollando si andò a sedere, alle spalle dell'autista.
- Perché ridete, pensate che sono ubriaco? -
- No, sei solo brillo! - osò rispondere una signora, seduta a qualche metro di distanza.
- Stai zitta, cessa...sei una cessa e puzzi. -
- L'unico che puzza qui sei tu... puzzi di vino. -
L'ubriaco si alzò, e minaccioso cercò di avvicinarsi alla signora, ma dopo due passi, perse l'equilibrio, barcollò e cadde a terra.
- Michè...che facciamo? -
- Marzià...siamo in borghese, ma siamo sempre carabinieri. -
Si alzarono e rivolti all'autista: - Siamo carabinieri, ferma subito il pullman! -
Si avvicinarono subito all'ubriaco e lo sollevarono per le braccia.
- Apri la porta...questolo prendiamo noi -
L'autista accostò immediatamente e aprì la porta.
Lo trascinarono giù e lo depositarono sul marciapiede di via Caracciolo.
- Un poco di aria fresca ti farà bene -
- Che fate, ve ne andate?... non mi arrestate? -
- Vai a casa da tua moglie. -
- No!...da quella cessa non torno -
- Perchè? -
- Io lavoro come un ciuccio, faccio tutti i mestieri, il parcheggiatore, il venditore di bibite, pulisco i giardini delle case dei signori, vendo le caldarroste, le pannocchie bollite.Porto i soldi a casa,e la cessa si lamenta sempre. I soldi se li va a giocare al lotto... non salta un'estrazione! - e, imitando la cessa - Si mette a braccetto con quella zoccola di sua sorella e va alla ricevitoria: una volta gioca i numeri della nonna defunta, un'altra volta i numeri di San Gennaro, un'altra volta quelli dello scoppio della fabbrica di fuochi, un'altra volta quelli del cornuto che ha scoperto la moglie a letto con il macellaio.Gioca sempre... sempre! -
- Come ti chiami? -
- Mi chiamo Ciro, ma, ormai, tutti mi chiamano "Giachella". -
- Dove abiti? -
- In un cortile, vicino allaPiazzeta Nilo. -
- Ah,siamo vicini, dai...viene con noi. -
Michele e Marziano presero sotto braccio Ciro e s'incamminarono verso il porto.
- Andiamo a piedi, la brezza del mare ci farà bene. -
Percorsero via Caracciolo, arrivarono al Porto, salirono per via Medina, e arrivarono alla Piazza del Gesù Nuovo.Si sedettero sotto l'obelisco dell'Immacolata e rimasero a parlare a lungo.Dall'obelisco si spostarono e andarono a sedersi davanti al monastero di Santa Chiara, e continuarono a parlare.
- Ciro, hai figli ? -
- Sì, due maschi e due femmine,ma vivono per conto loro. -
- Hai nipotini? -
- Sì, tre...sono una meraviglia! -
- Beh, pensa allora solo a loro, non pensare a quella cessa di tua moglie. -
Rimasero a parlare fino a quando si resero conto che Ciro si era ripreso dalla sbornia.
- Andiamo, si è fatto troppo tardi. -
S'incamminarono e, arrivati nella Piazzetta Nilo, si fermarono a parlare ancora un poco, prima di andare via. - Ciro, noi siamo alla caserma Porto, qui giù, a qualche centinaia di metri e, se hai bisogno, vieni a trovarci.Pensa ai nipotini e, mi raccomando, non ammazzare la "Cessa". -
- Grazie...e scusate per il casino che ho combinato. -
Ciro s'incamminò verso casa con andatura quasi regolare.
- Michè, non è una personacattiva. -
- Marzià, non tutti sono fortunati con la moglie. - , e cominciarono a scendere per via Mezzocannone, - se ti capita una ʺCessaʺ, sono cavoli amari... -



























V E N T I S E I


Il 19 gennaio, Vicienzo telefonò in caserma.
- Michè è successa una cosa terribile! - , continuò Vicienzo singhiozzando, - Piero è ricoverato in ospedale a Roma: è in gravi condizioni...è in coma! -
- Cos'è successo? -
- Stavano facendo esercitazioni con gli estintori, il caporale o chi per lui non era presente... stavano da soli. L'estintore di Piero aveva la valvola difettosa ed è saltata, l'ha colpito alla fronte, e Piero è caduto all'indietro battendo la testa. - Silenzio dall'una e l'altra parte del telefono...
Dopo otto giorni di coma Piero mancò.
La seconda rondine che, caduta dal nido, era stata abbattuta, probabilmente, da uno sparatore sprovveduto ...

Il 7 febbraio la salma di Piero fu accompagnata dal suo reggimento al villaggio.
Michele, Marziano e Sdanga parteciparono affranti alla cerimonia funebre insieme alla famiglia di Piero e a tutto gli abitanti del villaggio.
Dopo la funzione funebre, la bara fu portata in spalle dagli amici e da Vicienzo fino alla macchina, che partì per il cimitero.
La morte di Piero lasciò tutti nello sconforto totale!
La madre di Piero era distrutta dal dolore: era il secondo figlio che la mala sorte le toglieva!
Nei giorni successivi, Michele e Marziano, anche se ancora storditi dal dolore, nelle ore libere dal servizio,andarono diverse volte in facoltà, per vedere cosa si diceva.Un giorno incontrarono Pierone che saliva su via Mezzocannone.
- Dove vai, "che guevara"? -
- Vado a un'assemblea, all'aula di matematica. -
- Per organizzare un'altra manifestazione e farti massacrare di botte dai fascisti, come l'altra volta? -
- Se non mi aveste fermato quel giorno, gli avrei spezzato le ossa a quegli sporchi fascisti -
- Pierò, se non arrivavamo noi, quelli ti avrebbero ammazzato! -
Insieme se ne andarono fino alla piazzetta Nilo,dove comprarono e mangiarono una di quelle pizze calde e buone che le pizzerie esponevano fuori in una vetrinetta.
- Noi dobbiamo tornare in caserma. - , si abbracciarono e prima di allontanarsi, - Pierò, mi raccomando, la prossima volta, quando partecipi a uno scontro con i fascisti, metti un elmetto in testa e sopra un fiocco rosso... noi ti riconosceremo subito e correremo a toglierti dalle mazzate! -

Alla fine di febbraio, arrivò nel porto di Napoli una nave militare americana e scattò subito l'allarme perché i marinai americani, quando la sera erano in libera uscita, affollavano le trattorie della zona del porto e, dopo aver mangiato e bevuto abbondantemente, andavano a sfogarsi dalle prostitute che lavoravano nella zona dei quartieri spagnoli.
Il servizio di vigilanza notturna era affidato a gruppi formati da due militari italiani e un PM americano.
Michele e Marziano furono subito allertati insieme a tanti altri giovani carabinieri di Napoli, ma a loro due toccarono i servizi più faticosi, essendo il porto vicino alla loro caserma.
- Michè, adesso ci tocca fare da guardiani anche alle puttane! -
- Questo cesso di americano vuole anche il mio culo.Io... non sono come le altre, io... sono una puttana seria e il culo lo do solo al mio uomo. - Michele e Marziano, anche se non molto esperti, dovevano intervenireper conciliare i contendenti ed evitare disordini e purtroppo, a volte, anche accoltellamenti da parte dei "fidanzati" delle signorine.
Quando la serata era tranquilla, Michele e Marziano, a volte, si rifugiavano nel Salone Margherita: evitavano il freddo della notte e si godevano qualche spettacolo particolare...
Ci fu anche una sera molto movimentata, quando un gruppetto di marinai ubriachi, cominciò a saltare sul tettuccio delle macchine in sosta, improvvisando una vera e propria gara a chi arrivava primo alla fine della fila.
- Marzià, domani mattina, quando arriveranno i proprietari delle macchine, qui voleranno bestemmie a tutti i santi del Paradiso... nessuno escluso. -
Non mancavano inviti da parte delle puttane:
- Brigadiè, quando volete venire, per voi ci sarà sempre un trattamento speciale, una cosa fatta bene... e tutto molto, ma molto scontato! -
La nave americana partì, ma scoppiò una bomba al consolato greco.
Michele e Marziano furono mandati di servizio davanti alla porta del console greco. Per riservarsi la possibilità di frequentare qualche corso all'università, chiesero di fare il turno che iniziava nel pomeriggio e terminava a mezzanotte.
Il loro servizio consisteva nello stazionare sul pianerottolo, dove si trovava l'abitazione della famiglia del console, per evitare l'avvicinarsi di malintenzionati.
La maggior parte delle volte, e soprattutto nelle ore serali, quando non c'era più nessuno in giro, si sedevano a un tavolo che si trovava davanti all'ingresso dell'abitazione del console, tiravano fuori da un bustone gli appunti dell'università e studiavano.
- E bravi! - , disse una sera la moglie del console, affacciandosi sul pianerottolo, - siete carabinieri che studiano. - e, poco dopo, comparve la giovane cameriera con un vassoio su cui c'erano duetazze di tè fumante. Nei giorni successivi,la moglie del console non fece mai mancare il tè e, a volte, anche i biscottini preparati con le sue mani. La giovane cameriera invece non faceva mai mancare sguardi e sorrisi ammiccanti...
Michele e Marziano, alla fine del loro turno di guardia al consolato, tornavano in caserma dopo mezza notte, percorrendo le strade del centro storico deserte e scarsamente illuminate.
Una notte, da un vicolo completamente al buio, sentirono una voce che li chiamava: - Brigadiè, brigadiè, v'nit quà , vi aggia far bberèna' cosà. -
- Brigadiè, venite qua, vi devo far vedere una cosa. -
- Michè...che succede? -
- Marzià e che ne so? -
- Michè,che facciamo? -
- Marzià ...e che vuoi fare? -
- Non ci pagano per addentrarci nei vicoli al buio, dopo la mezzanotte e dopo un turno di lavoro. -
- Michè, sono perfettamente d'accordo con te! - Alzarono i tacchi, e si allontanarono a passo svelto, fino a quando non arrivarono nella Piazza del Gesù Nuovo dove si fermarono a riposare, sotto il grande obelisco.
Si guardarono intorno per accertarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi, appoggiarono la mano sinistra all'altezza del gomito del braccio destro: - Tiè, vaffanculo! -
Si avviarono verso piazzetta Nilo, scesero per via Mezzocannone, e fecero ritorno in caserma, evitando accuratamente tutti i vicoli al buio.

Antonio Coppola

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
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