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Autore: Yari Loiacono
Dentro di me
Dark Horror Fantasy
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Dentro di me
Stava ultimando le sue valigie con sopra il viso un velo immenso di assoluta tristezza. Pure i suoi gesti fievoli confermavano quella svogliatezza di andarsene da lì, ma era assolutamente necessario. Non aveva altra scelta se non quella di andarsene insieme alla propria famiglia. Si specchiò umile, aggiustandosi l'aspetto trasandato per via delle peripezie subite: voleva essere il più presentabile possibile per il suo addio a quel posto che l'aveva sempre protetta, sin dalla nascita.
A interrompere la sua solitudine ci pensò una vecchia signora, che entrò nella stanza accennando un lieve inarcamento nelle sue labbra sottili. Era in sovrappeso e con una folta chioma rossa sulla nuca, dei vestiti rurali e poco curati, di stoffe grezze, per nulla eleganti o fini. La guardava prepararsi dal margine della porta a braccia intersecate, in attesa che si voltasse per salutarla, cosa che non avvenne per via del suo orgoglio smisurato:
- Tutto il villaggio è in lutto, mancherete molto a tutti noi - mormorò anch'ella terribilmente dispiaciuta. - Sue vi ha perfino preparato una torta di addio, credo che si annoierà da morire senza Melia nei dintorni, combinava un sacco di guai, ma occupava le sue giornate. -
La ragazzina non le rispose, la sua alterigia primeggiava su ogni cosa, senza lasciare scampo alla bontà d'animo. Secondo il suo modo di pensare le aveva fatto un torto, e non sopportava chi le remava contro, sopratutto in una situazione così delicata:
- Sei arrabbiata con me. Lo capisco, sai - sbloccò il ghiaccio l'anziana. - Non è colpa mia se ve ne andate, ma dei barbari che hanno appiccato il fuoco. So che ora sei amareggiata e la rabbia ti offusca la vista, ma starete bene. Il posto in cui vi ho consigliato di andare è veramente un paradiso terrestre, imparerai ad apprezzarlo. Ci abitava mia sorella e credo che la sua casa ci sia tutt'oggi, benché abbandonata ovviamente: lei è morta da non so quanti anni. -
- Non è giusto - disse semplicemente sconsolata. - Non voglio andarmene da qua, io amo questo posto! Come potrò mai essere felice in un luogo così tanto solitario? - .
- Tesoro - le fece cenno di pensare lucidamente. - Hai sedici anni! Hai letteralmente tutta la vita davanti a te e non hai idea di quanti luoghi visiterai nel corso di essa, non avrai mai una casa fissa. Impara sin da ora a viaggiare senza fissarti ad un luogo, sono altri tempi e ora le necessità sono queste. -
- Lo so - concordò trattenendosi dal piangere. - Eppure mi mancherà ogni cosa del villaggio... Le persone, i luoghi, il clima mite e perfino gli animali, esclusi gli insetti ovviamente! -
- Di questo non avevo dubbi - scoppiò a ridere di gusto. - Sei intelligente, brillante, una mente rivoluzionaria, Amelie. Devi cogliere tutte le opportunità che la vita ti porrà davanti e questa è una di esse, devi solo squadrarla meglio. Hai bisogno di un nuovo inizio, dopo tutto quello che hai passato te lo meriti! Posso permettermi di darti un consiglio prima di partire? -
- Certo, anche cento se vuole - rispose lieta. - Non mi stancherei mai di ascoltarla, sa molto bene la stima che porgo nei suoi confronti. Lei è un pozzo infinito di sapienza, sarebbe un onore per me un ultimo suggerimento da parte sua. -
- Sii clemente verso di loro, cerca di perdonarli anche se non se lo meritano affatto - sussurrò protettiva.  - Dio penserà personalmente al loro castigo. Tu procedi perseverante per la tua strada e avrai un bel futuro, ricco di soddisfazioni! -
- Va bene. -
Si abbracciarono commosse e successivamente si distaccarono senza ulteriori contatti visivi. La ragazzina rimase nella stanza a contemplare e una profonda luce le irradiò la vista, accecandola.
Riaprì gli occhi a seguito di vari colpi rinvenuti sul basso ventre, la stavano svegliando sgarbati. Insieme alla sua famiglia si trovava in una carrozza scurrile, in cui erano ammassati come delle cavie da laboratorio con altri estranei. Scesero alla loro fermata e procederono a piedi, intraprendendo il loro cammino.
I sottili raggi ultravioletti del sole battevano decisi su una lunga pianura desolata, smorta, lasciata a sé stessa da chissà quanto tempo, nell'emarginazione più universale e abietta, senza alcun tipo di conforto: nel bel mezzo di essa vi si elevava solenne una modesta costruzione, alquanto rustica e anch'essa lasciata da sola per fin troppi anni. Al suo interno era difatti annosa, incredibilmente retrograda e privata di quelle modernità umili che vi si erano evolute nel corso della storia. Il fattore più triste e cupo era la totale assenza di esseri umani, non vi era nessuno, né lì né tantomeno nella valle.
Eppure qualcosa cambiò, interrompendo la spirale monotona degli eventi riguardanti quell'atmosfera. Non sarebbe più stata pressoché vuota, dato che una famiglia a dir poco numerosa, composta da otto persone, si stava convogliando proprio al suo interno. Erano sfiniti da quello che era stato il loro lungo cammino e non vedevano l'ora finalmente di porre fine a quella fatica indicibile.
La prima cosa che notarono della loro nuova casa era il suo per niente bel aspetto. Il legno era giustamente datato, scolorito e quasi sfatto, la porta era inesistente, o almeno era stata rimossa da terzi, anche malamente per l'aggiunta: ma non avevano altre scelte se non abitarvici. Avevano perso quasi ogni cosa in loro possesso a causa di un dolente incendio che li aveva portati in poco tempo sul lastrico, senza alcun bene liquido e materiale, sopratutto senza un tetto solido sopra la testa.
Erano stati costretti ad abbandonare il loro villaggio, nonché l'unico in cui avevano mai vissuto, per cercare un nuovo punto da cui partire e prosperare: quella era l'unica opzione adoperabile, che una loro amica di vecchia data li aveva proposto su un piatto d'argento, non poterono che accettare.
Entrarono imperturbabili e perlustrarono con somma accortezza ogni stanza, numerandole e decidendo dove ognuno di loro si sarebbe collocato. In tutto conteggiarono tre camere da letto, tra cui una matrimoniale, una sala molto ristretta quanto accogliente, ed una cucina.
Non era niente di che, scarseggiava di molti lussi a cui erano abituati, dovevano lavorarci sù e lo fecero immediatamente, era ancora giorno e quelle ore sarebbero state utili per assestare la loro posizione. Lasciarono tutte le loro cose rimaste a terra e senza indugi si misero a lavoro, il tutto andava ristrutturato per quanto possibile fosse: serviva della vernice, dei chiodi, della legna nuova, qualche utensile per lavorare, per di più avevano delle idee lungimiranti sui vasti campi vuoti da coltivare. Avevano a disposizione un bel po' di verde intorno a loro e sarebbe stato un peccato non usufruirne al massimo delle loro potenzialità, quindi lo fecero con molta arguzia e lo lavorarono fino alla sera. Le donne della famiglia pensarono alla cucina e alle camere da letto, mentre gli uomini alla coltivazione con gli unici attrezzi malconci che avevano a disposizione.
Quando il cielo si imbrunì e la luce morì lentamente, per tutti giunse il momento di cenare e si riunirono. Il tavolo non era ancora pronto, quindi per forza di cose furono costretti a stare per terra, in una specie cerchio e con quasi niente sopra i loro sporchi piatti di ceramica, solamente qualche verdura e un pezzo di pane duro.
I genitori, Kristus e Emeline, cedettero volentieri la loro porzione ai figli, dividendola equamente in cinque parti, anziché sei, essendo che il neonato non ne aveva alcun bisogno, si stava già nutrendo avidamente dall'abbondante seno della madre. Esso era molto prepotente ed a volte attaccava pure qualche morso dettato dall'ingordigia:
- Ci siamo... Un nuovo inizio - disse Kristus. - Ringraziamo la signorina Melissa per quest'opportunità, senza di lei chissà dove saremmo. -
- Forse per strada - rispose sarcasticamente il figlio Melia.
- Non sei divertente! - lo rimproverò Yosiel, la mezzana fra le figlie femmine. - Dovremmo essere grati anche solo di avere questo, è un bel traguardo vista la nostra partenza. -
- Lascialo parlare, non sa fare altro che scherzare! - prese le sue difese Draimon, il più grande dei sei fratelli.
- Ragazzi... Calmatevi adesso - intervenì Emeline. - È giusto ringraziare Melissa, ma dovremmo farlo anche con il nostro Signore per questa cena. Non è molto, ma è... -
- Non è niente! - sbuffò alzandosi in piedi una delle tre figlie, la più giovane e impertinente, nonché la più piccola delle femmine e penultima per ordine generale. - Non abbiamo nulla, di che cosa dovremmo essere riconoscenti, madre? -
- Di essere vivi, Amelie! -
- Mai e poi mai! Al momento il nostro magnanimo Dio non riceverà alcun ringraziamento da parte mia, sapete come mai? Perché ci ha trascurato nel periodo in cui noi avevamo più necessità! Vi sembra giusto? -
- Invece no! - ribatté scontrosa Eda, la sorella più grande, nonché la più ottimista e perseverante. - Non ci ha abbandonati, guarda dove siamo! Dentro un'umile abitazione, al caldo e protetti dal terrificante mondo che vi regna là fuori! -
- Come puoi accontentarti di tutto questo, sorella cara? Io amavo casa nostra, il mio villaggio sperduto e sconosciuto al mondo, ma tanto importante per me! I nostri vicini e i miei amici sono le perdite più care, ed ora non ho più niente di tutto ciò, perché devo essere grata a chi mi ha sottratto dalle mani tutto questo? Provo solo rammarico, delusione, l'amarezza più totale, questo è tutto! -
Si risedette rabbiosa, il suo viso aveva dato vita ad un'espressione furiosa ed i suoi occhi diventavano sempre più lucidi di secondo in secondo. Prese il suo piatto e iniziò a ingerire il proprio cibo, senza guardare in faccia nessuno, con un'inaudita voracità e velocità finì tutto ciò che aveva a sua disposizione. Una volta finito lasciò la stoviglia a terra e corse orgogliosamente fuori dalla porta:
- Amelie! -
- Eda, lascia stare - disse pacata la madre. - Ciò che le hai detto è giusto, ma la conosci molto bene... In questo momento ha un assoluto bisogno di riflettere, prima lo fa e prima starà in pace con sé stessa, e maggiormente con il resto del mondo. -
- Prepariamoci per la notte, presuppongo ci sia da accendere un fuoco finché il camino non sarà agibile... - sospirò Kristus prendendo in braccio il neonato.

Yari Loiacono

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