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Autore: Michele Carini
Giants and Beggars
Giallo
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Giants and Beggars
Quella sera il tintinnio della pioggia incessante, sommato al dondolio della casa galleggiante, al sibilo del vento e allo sciacquio sugli scafi, prometteva una notte insonne. Gianni era l'unico abitante del porticciolo e nemmeno in quelle condizioni prendeva coscienza delle comodità della terraferma. Lui aveva fatto le sue scelte e non si sarebbe più mosso se non costretto. Meritato riposo o consapevole autopunizione? Questo era il dilemma che imperversava nella sua mente all'unisono con la burrasca. La conclusione era scontata e ormai inutile porsi la solita domanda. Le bellezze della vita di mare erano per Gianni quanto di meglio potesse mai desiderare e dopo anni di fatiche e delusioni non si sarebbe fatto dissuadere dal meteo.
Bastò leggere una poesia di Fernando Pessoa per ricominciare a rimuginare.
Al di là del porto c'è solo l'ampio mare... Mare eterno assorto nel suo mormorare... Come è amaro stare qui, amore mio... Guardo il mare ondeggiare e un leggero timore prende in me il colore di voler avere una cosa migliore di quanto sia vivere...
La poesia di Pessoa lo aveva colpito e inchiodato alla sua croce. Sembrava scritta per lui. Come faceva il poeta a conoscere le sue pene? Non per nulla Pessoa aveva scritto Il Libro dell'Inquietudine. E Gianni, in passato, l'aveva letto snobbandolo un po'. Adesso quella poesia, capitatagli davanti durante una navigata sul web, gli avrebbe aperto un mondo.
Il giorno prima aveva avuto la netta sensazione di sentire odore di anguria misto a salsedine. Un odore che alcuni pescatori del posto associavano a sicuro maltempo in arrivo. La tempesta che stava arrivando sarebbe stata sia meteo che sentimentale. Il mare spesso parla con parole lontane, dice cose che nessuno sa. Soltanto quelli che conoscono l'amore possono apprendere la lezione dalle onde, che hanno il movimento del cuore. Eppure nello scegliere il suo rifugio non aveva pensato alle conseguenze. Aveva scelto guidato dall'inconscio. Il suo amore era proprio al di là del mare. Quello stesso mare, che avrebbe dovuto dare conforto, ritmo e gioia di vivere, gli sembrava un ostacolo insormontabile per la felicità.
Il tempo è più complesso al mare che in qualsiasi altro posto, perché oltre al trascorrere dei giorni e delle stagioni, le onde battono il passare del tempo sugli scogli e le maree salgono e scendono come una grande clessidra. Quando i pensieri sono ansiosi, inquieti o cattivi, basta andare in riva al mare, e il mare li annega e li manda via, li purifica con il suo rumore, e impone un ritmo su tutto ciò che è disorientato e confuso.
Gianni aveva tanti amici con i quali parlava dei più svariati argomenti in maniera brillante. Meglio essere più precisi: tutti meno uno. Si confidava e confrontava per lo sport che praticava e per il lavoro che raramente trascurava, ma per i suoi problemi sentimentali non aveva altro amico se non il tizio che vedeva ogni mattina allo specchio. Spesso non aveva voglia di affrontare l'argomento neanche con quello. Si era rifugiato al mare proprio per questo. Possibile che i suoi problemi sentimentali fossero ormai a un livello tale da farlo quasi impazzire? Aveva da risolvere anche un altro problema. Doveva trovare il gigante biondo che aveva sconvolto la vita del suo capo. La ricerca era stata lunga e infruttuosa nonostante i mezzi messi a disposizione. Ora doveva impegnarsi ancora più a fondo per uscire fuori da quella situazione sapendo che l'esito della sua ricerca poteva causargli grossi guai o grandi soddisfazioni.
Capitolo 2
Gianni era sempre stato baciato dalla buona sorte. Figlio e nipote di vincenti sia nel lavoro che nella società. Il padre, Andrea, era titolare dell'avviatissima agenzia Smedini. Il nonno era stato funzionario statale ed era stato anche deputato regionale. Gianni aveva avuto un'infanzia serena, protetto da un ambiente familiare modello Mulino Bianco. Premurosa mamma casalinga, sorellina dolcissima e papà sempre allegro e disponibile al dialogo. Gli studi regolarmente svolti con il massimo profitto, un lavoro gratificante trovato quasi subito vincendo un concorso per ispettore di polizia. Il carattere espansivo e allegro, ma allo stesso tempo forte e determinato gli aveva dato la possibilità di avere una grande rete di amicizie. Anche a livello fisico era stato fortunato e riusciva a cavarsela bene anche nello sport che praticava con gli amici. Unico neo era il rapporto col gentil sesso. Alcune amiche già accasate con suoi conoscenti e amici lo apostrofavano “l'imbranato”.
Un giorno, in piena estate, era quasi riuscito a concretizzare il sogno di flirtare con una bella biondina, ma i suoi amici, per festeggiarlo con degli sfottò, si misero impietosamente a fare il tifo come fossero in curva sud.
Dopo qualche giorno si ritrovò di nuovo in una situazione ideale per comprendere la magia della complicità e dell'intesa con un essere così diverso, ma così desiderato. Ma nonostante l'interessamento per il bel ragazzo che Gianni incarnava, dopo poche chiacchiere, la biondina di nome Jenny, capì quanto fosse meritato l'appellativo “l'imbranato”. Nonostante una buffa serie di gaffe, si trovarono presto in spiaggia pronti a dar vita a un incontro amoroso al chiaro di luna con l'accompagnamento ritmico delle onde del mare. C'erano tutti i presupposti per un'esperienza indimenticabile. E infatti Gianni non avrebbe più dimenticato che, nel momento tanto atteso in cui Jenny gli aveva concesso di venire sopra di lei, se ne spuntò semplicemente con una frase del tipo: “Aspettami qui: devo andare a pisciare.”
E ovviamente, da bravo imbranato non tornò, lasciando Jenny sdraiata sulla sabbia con il viso a punto interrogativo. Dopo un po' sul bel visino della ragazza si formò un ghigno causato dal residuo di una sorta di risata isterica. Ironia della sorte, la fuga di Gianni, oltre a sancire il suo problema, portò altre conseguenze inimmaginabili. Mentre Gianni fuggiva, Jenny non ebbe la prontezza di alzarsi e tornarsene a casa e le sue risate furono un richiamo per qualcuno che, evidentemente, attendeva il momento opportuno per coronare la bella serata estiva con un delizioso dessert.
Quella disavventura rimase poco chiara. Nessuno vide nulla. Non fu esposta alcuna denuncia. Gianni aveva diciassette anni e Jenny sedici, mentre non si seppe chi avesse violato Jenny né tanto meno quanti anni avesse. Unica informazione uscita dalla bocca di Jenny fu che era stato un uomo molto alto e forte che aveva usato con lei parole così toccanti da renderla vulnerabile in pochi minuti. La cosa incredibile fu che Jenny negò di essere stata violentata. Sostenne di aver fatto l'amore consapevolmente e volontariamente e anche con una certa soddisfazione. Veniva da dire: cose dell'altro mondo!
Tornando a Gianni, la sua incapacità di addentrarsi in un rapporto con una donna, probabilmente lo portò a concentrarsi maggiormente sui suoi impegni di studente prima e di ispettore dopo.
Agli inizi della sua carriera l'indagine che gli capitava più di frequente riguardava pestaggi e uccisioni di barboni e quasi sempre vicino le stazioni ferroviarie. Ormai ne aveva viste tante. Quasi sempre si trattava di bande di balordi ubriachi che avevano trovato di moda andare a picchiare i barboni. Alle volte erano baby gang, altre volte naziskin, altre ancora figli di papà che avevano bisogno di emozioni forti. Aveva visto come vivevano quei disgraziati, ma non riusciva a comprendere come ci si potesse ridurre in quelle condizioni. Non riusciva a capire come potessero decidere di vivere così i cosiddetti buskers o artisti di strada. Eppure nelle grandi città se ne vedevano in gran numero. L'ambiente dei senzatetto lo deprimeva tanto che appena ebbe l'occasione di occuparsi di altre indagini cacciò nel dimenticatoio le sue esperienze.
Durante un'indagine riguardante la Cementix, una società appaltatrice di opere pubbliche, Gianni ebbe modo di incontrare nuovamente Jenny. Il tempo aveva attutito l'imbarazzo, ma comunque sudò tantissimo nei venti minuti necessari per le formalità dovute al suo incarico.
Jenny era diventata contabile negli uffici della società e fornì i documenti richiesti per il controllo senza scalfire minimamente la professionalità tanto apprezzata dai suoi superiori.
Prima di congedarsi fece comunque il suo affondo.
- Mi scusi ispettore, se dovesse avere ancora bisogno di me non si preoccupi: vado a pisciare e torno.
- Certo. Vada pure. - Rispose Gianni improvvisamente affetto da una improbabile scarlattina.
Gianni passò un momentaccio che inaspettatamente lasciò strascichi per alcuni giorni. Trascurò persino il lavoro. Colleghi e superiori lo convinsero a prendere qualche giorno di ferie. Gianni meditò a lungo e in quanto uomo ormai maturo, decise di prendere il toro per le corna e con uno scatto di ammirevole coraggio la invitò per un aperitivo. Jenny per mera curiosità andò all'appuntamento non senza aver prima punzecchiato e sfottuto l'imbranato ispettore. Quell'incontro non finì con una fuga. L'attrazione che li aveva fatti avvicinare da ragazzini sembrò essere ancora forte da adulti. Jenny non cercò di rivangare il passato, ma cercò solo di passare una bella serata con un uomo, come non aveva fatto da molto tempo. Aveva avuto tanti pretendenti, ma non aveva mai accettato più di un invito a cena. Si era sempre resa indisponibile per un secondo incontro. Quella sera con Gianni invece, capì presto di sentirsi improvvisamente a suo agio, forse perché in posizione di vantaggio. Avrebbe potuto umiliarlo e vendicarsi, però, man mano che il loro dialogo prendeva corpo, si accorgeva di non aver bisogno di rivalse. Aveva invece bisogno di una relazione con un uomo serio e tranquillo, ma anche forte e bello abbastanza da farla sentire orgogliosa. Gianni, dal canto suo aveva deciso di esorcizzare le sue paure proprio con la donna con cui aveva fatto la peggiore brutta figura della sua vita. Si sarebbe riscattato andando fino in fondo con la determinazione di un mastino. Insomma erano entrambi in una comunione di intenti, talmente convinti che il miracolo avvenne davvero e quell'appuntamento si rivelò importante per entrambi. Ne avrebbero goduto e sofferto, gioito e fantasticato, ma alla fine quella relazione avrebbe segnato il loro destino.
Rientrato serenamente e orgogliosamente al lavoro, Gianni cambiò marcia. Da scrupoloso e rigoroso ispettore, diventò un acuto ricercatore di falsità e menzogne. Il cambiamento fu repentino e spettacolare, in quanto scoprì, grazie a un'intuizione, che la società che stavano controllando in ogni sua attività era pulita, ma che il marcio si trovava a monte, attraverso una lunga catena di personaggi insospettabili. Riuscì a risalire a un faccendiere che tanto pulito non era e che, con ingegno, per anni aveva fatto girare il denaro sporco che serviva a finanziare la Cementix e tante altre società. Queste avevano solo il torto di aver trattato con qualche anello della catena. Dovevano solo dimostrare la loro buona fede. La mente del riciclaggio era il boss della cosca dei valligiani. Da lì in poi ci furono parecchie altre inchieste che portarono ad arrestare altri esponenti della potente cosca. Il successo dell'operazione gli fece meritare qualche momento di notorietà sui giornali.
Negli anni Gianni lesse molto per passatempo. Le sue letture erano molto varie. Era un lettore onnivoro che non poté non imbattersi in argomenti controversi. In particolare si appassionò a letture su testimonianze e teorie ufologiche come da tradizione di famiglia. Mantenne il solito spirito critico e il solito distacco razionale. In sostanza leggeva, ma non si faceva convincere dalle storie incredibili che man mano gli si paravano davanti. La teoria più affascinante era per lui, come già per suo padre, quella di Zecharia Sitchin, che faceva risalire l'evoluzione della civiltà umana dei tempi degli antichi Sumeri alla discesa degli alieni sulla Terra che venivano venerati come dei. Per Sitchin quindi, il futuro sarebbe una riscoperta di quello che fu su un altro pianeta. Teoria di impatto tanto forte che se fosse stata valida per il lontano passato lo sarebbe stata anche per il presente: gli alieni sarebbero tra di noi e si rivelerebbero a loro piacimento. Grazie a queste letture aveva buoni argomenti per intrattenere gli amici al bar.
Capitolo 3
Quando Jenny si accorse di essere incinta fu colta impreparata, d'altronde a sedici anni e senza compagno non poteva essere diversamente. I genitori di Jenny presero in mano la situazione e le fecero fare tutti i controlli ginecologici e soprattutto la misero in cura da uno psicologo per darle più sostegno possibile. Perse l'anno scolastico, partorì e riuscì a tenere il bambino.
Purtroppo Jenny non mostrò un grande spirito materno e così una volta svezzato, il piccolo Benedetto fu allevato prevalentemente dai nonni. Jenny riprese gli studi con un impegno mai avuto prima. Il tempo dedicato al bimbo si ridusse sempre più, forse inconsciamente per non legarsi troppo al bambino, o forse per egoismo o piuttosto per immaturità.
Compiuti tre anni Benedetto fu iscritto alla scuola dell'infanzia. Dopo la prima settimana Jenny fu convocata dalle maestre. Già a tre anni la sua statura e le sue capacità intellettive facevano di Benedetto un bambino problematico. Era pericoloso per gli altri bambini che erano troppo fragili rispetto a lui. Inoltre Benedetto dava chiari segnali di nervosismo causato probabilmente dalla noia di stare in un ambiente troppo banale per lui. In seguito a un incidente con un altro bimbo fu vivamente consigliata di ritirarlo. I nonni decisero di portarlo a casa e allevarlo fino all'età per la scuola dell'obbligo. Trascorsi altri tre anni, con una decisione sofferta, trovarono la scuola che si sarebbe occupata di lui. La scuola adatta avrebbe dovuto garantirgli la sicurezza e l'apprendimento. Era necessario non tarpare le ali di un'intelligenza superiore, quindi la scelta doveva ricadere su una scuola per piccoli geni. L'unico istituto che garantiva anche l'alloggio era l'Istituto Gherardini, noto anche per essere molto rigido per regole e disciplina. Furono praticamente obbligati a mandarlo in quell'Istituto già all'età di sei anni. Come tutor gli fu assegnato il professor Fulvio Marchetti che lo avrebbe seguito fino al completamento degli studi o fino alla maggiore età. Jenny lo avrebbe visto solo nel week-end. Nel momento in cui Gianni avrebbe voluto conoscere Benedetto, il ragazzo aveva quindici anni, era alto due metri e otto centimetri e aveva una folta chioma bionda. Jenny fece ritardare l'incontro tra il suo uomo e Benedetto per paura di rompere il delicato equilibrio che il suo psicologo teneva in conto. Gianni conobbe personalmente Benedetto solo due anni dopo.
Jenny divenne analista contabile col massimo dei voti e grazie anche a un amico di famiglia fu assunta alla Cementix, la società perquisita da Gianni per i presunti appalti truccati. Si era pressoché disinteressata degli uomini, ma anche del figlio. Unica distrazione dal lavoro era il volontariato presso la mensa dei poveri, dove già la mamma Adele prestava la sua opera di solidarietà.
Quell'estate maledetta l'aveva pesantemente condizionata a livello psicologico. Aveva mantenuto un equilibrio con l'aiuto del suo psicologo finché non capitò il secondo incontro con Gianni. L'equilibrio era in forse, ma in compenso sembrava ringiovanita, sembrava tornata all'adolescenza. Certamente Jenny non riuscì a rivivere le sensazioni provate col padre di Benedetto, ma quell'episodio era per lei talmente lontano e surreale da apparire un sogno sbiadito, una vaga visione avvolta in una fitta nebbia. Certe volte le veniva l'idea di averlo davvero sognato, ma pensando al corpulento figliolo che si ritrovava si rendeva conto che doveva essere stato tutto reale. Il suo psicologo aveva lavorato molto sul rendere accettabile il ricordo di quanto avvenuto, ma non avendo subito violenza e non ricordando granché, non aveva chiaro cosa dovesse dimenticare o cosa dovesse accettare. Lo aveva voluto anche lei, anzi probabilmente era accaduto proprio perché era stata lei a volerlo. Cosa sarebbe accaduto se lei non lo avesse voluto? Sarebbe stata violentata? O quell'uomo l'avrebbe lasciata andare? Perché non era più riuscita a trovarlo da nessuna parte? E da quest'ultima domanda partivano congetture tali da far intervenire le teorie più remote e astruse.
Una sera a cena, dopo aver bevuto un bicchiere di troppo disse a Gianni:
- Quell'uomo avrebbe potuto essere benissimo l'Arcangelo Gabriele o per continuare a essere un po' blasfemi un Gigante biblico o come ti piacerebbe sentire, un alieno Orange.
- Perché dici questo? Per il vino che hai bevuto o perché vuoi prendermi per il culo?
- Alle volte credo davvero che potrebbe essere stato qualcuno del genere o forse un jinn del deserto o un orco buono o il diavolo in persona o un santo o un mago che poi ha deciso di fare la magia di sparire o semplicemente uno stronzo, che dopo non ha avuto il coraggio e si nasconde chissà dove o un principe azzurro che dopo ha avuto un infarto...
- Ok ti porto a casa che è meglio. Domani non ricorderai nulla delle cavolate che stai dicendo. D'ora in poi al massimo mezzo bicchiere di vino a tavola, intesi?

Michele Carini

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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