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Autore: Luana Troncanetti
Omicidio alla Garbatella
Giallo Noir
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Omicidio alla Garbatella
Un nuovo caso per l'ispettore Proietti.

Il commissario capo Cusani è seduta in prima fila.

Il commissario capo Cusani è seduta in prima fila. Impassibile, come ruolo istituzionale impone. Le occhiaie le divorano la faccia pallida, la bocca è risucchiata in una smorfia di dolore.
La dottoressa Grasso tortura il bavero del cappotto leggero, si fissa la punta delle scarpe. Oggi non ha voglia di prendere per i fondelli il suo poliziotto preferito.
La Ansaldi ha il mascara colato sulle guance e gli occhi dei colleghi addosso. Se ne frega se adesso capiranno ogni cosa. Quella mezza storia con Proietti, in un anno di quasi amore, non l'hanno mai compresa neppure loro. Singhiozza aggrappata al petto di Mingrone, il più giovane fra gli agenti della squadra. Il ragazzo la sorregge, ma con la mente è altrove. Ispetto', pensa angosciato, noi due in quel bar non ci siamo mai stati. Stia tranquillo, io non apro bocca.
Ci sono i colleghi delle altre sezioni. Quelli della scientifica, la narcotici, due agenti che hanno lavorato sotto copertura come lui, un maresciallo dei Carabinieri insieme a qualche sottoposto. Tutti in divisa, tengono il berretto in mano in segno di rispetto. C'è Ernesto, il suo amico da sempre. Ha la nausea e voglia di bestemmiare, lui che mai l'ha fatto in vita sua. Abbraccia Margherita. Piano, per non schiacciare il figlio che arriverà fra pochi mesi.
Giulia sta addossata alla parete di marmo, fa scorrere le dita fra fronte e nuca. Quei riccioli canuti sembrano esplosi, stamattina. Li strappa a piccole ciocche, neppure se ne accorge. Il marito è in piedi accanto a lei, la schiena curva gli scippa dieci centimetri di altezza. Afferra un braccio della donna che tiene gli occhi chiusi, come il figlio sdraiato nella bara.
- Còre de mamma... - mormora una, due, dieci, mille volte in un secondo. L'anziano impazzisce per quella litania, sbaglia il ritmo del respiro mentre la moglie perde aderenza con il muro e scivola piano verso il basso.
- Mettiti seduta, Giulie'. -
- Non posso. -
- Qui. C'è un banco libero. -
- No. -
- Giulia... -
- Se mi siedo, mòro appresso a lui. -
C'è odore di cera fusa e profumo di rose, un organo che ricama note sommesse nell'aria, un cretino che non ha silenziato il cellulare.

You get a shiver in the dark
It's raining in the park, but meantime
South of the river, you stop and you hold everything...

Venti secondi di Sultans of Swing dei Dire Straits, tanto impiega la mano per spegnere lo smartphone.
C'è anche Manfredi, lo psicologo. Grida che i silenzi uccidono, Proietti avrebbe dovuto fidarsi di lui invece di spararsi un colpo in testa.
Becchini in guanti candidi provano a trattenere Francesca. La donna li scansa e si avvicina sconvolta alla bara. Ha lo sguardo vitreo, le guance accese e un sorriso di plastica aggrappato alle labbra.
- Chi sei davvero, tu? - , chiede a Proietti. La sua voce tremula non pretenderebbe risposte, in realtà. Paolo, poi, non gliene ha mai fornite neanche da vivo. Adesso ogni spiegazione sarebbe fuori tempo massimo, però quell'interrogativo se lo trascina dietro da quattordici anni. La necessità di sapere è più rapida della voce, Francesca ripete la domanda mentre gli passa una mano sul volto. Smette il tocco, sorpresa. La pelle di Paolo è ancora calda. Riprende la carezza a occhi sbarrati, sente il sangue dell'uomo pulsare sotto lo zigomo sinistro. Preme i polpastrelli sulla cicatrice. Insiste, e quella si fa burro per accogliere le dita. Affondano nella carne, riemergono lorde di catrame fuso.
- Sei marcio, vedi? Nero dentro. Proprio come me, Pietro. -
- Lo sai come mi chiamo, France'. Lo sai, falla finita! - , urla Paolo mentre il cellulare riprende a squillare. Stavolta nessuno si preoccupa di bloccare la suoneria.

You get a shiver in the dark
It's raining in the park, but meantime
South of the river, you stop and you hold everything...

Proietti ha i riflessi paralizzati dall'incubo, il collo madido di sudore e il fiato a metà mentre fruga al buio sul comodino. Controlla l'ora sul display, sono le due e ventitré del mattino. Porta il cellulare all'orecchio.
- Che c'è, Mordelli? -
- Scusa l'orario. -
- Scusa un par de palle! Che c'è? -
- Cadavere. -
- E quindi? Sono libero, oggi. Pensaci tu. -
- È che... -
- Che? -
- Ho già avvisato la Cusani e il commissario... -
- ... e lui ha chiamato il capo della mobile, allertato il questore. So come funziona. Arrivi al punto? -
- Il pm. Non l'ho ancora avvisato. -
- Te sei rincoglionito, Morde'? -
- Volevo darti un po' di anticipo. -
- Per vincere cosa, i cento metri piani? -
- Abbiamo un forte sospettato ma è meglio che lo senta tu, prima del pm. -
- Perché proprio io? -
- Perché lo conosci bene. Mi è preso un colpo quando l'ho trovato chino sulla vittima. È in stato confusionale e sporco di sangue. Blatera. -
- Blatera... blatera cosa? -
- Dice che è tutta colpa sua. -
- Ma chi è? -
- Ernesto. -
Ernesto Di Casio, il tassista. Tutti i membri della squadra mobile sanno chi sia. Per Paolo è più di una semplice conoscenza. È il fratello che non ha mai avuto, l'amico con cui ha condiviso stronzate, spinelli e gli ultimi trent'anni della sua vita.
- Che cazzo dici, Morde'? -
- Quello che è. -
- Dove siete? -
- Alla Garbatella. Via Antonio Rubino, Piazza di Sant'Eurosia. Ti mando la posizione sul cellulare. -
Garbatella. A quell'ora del mattino Paolo può raggiungerla in meno di un quarto d'ora, doccia lampo inclusa.
- Da quanto siete arrivati? -
- Dieci minuti. -
- Aspettane ancora dieci prima di chiamare il pm. E poi... -
- Cosa? -
- E poi grazie, Mordelli. -
Ernesto. Sporco di sangue, chino su un cadavere e magari colpevole; sei mesi fa gli ha nascosto elementi utili alla risoluzione di un caso di omicidio. È rimasto zitto per giorni, mentre lo vedeva arrancare senza uno straccio di indizio o una prova concreta, con il pm alle costole e la stampa affamata di notizie.
Ernesto gli ha mentito e Paolo per poco non l'ha ammazzato di botte. Sono rimasti a distanza di sicurezza per mesi, il poliziotto e il tassista. Il primo divorato dall'orgoglio, il secondo dal rimorso, entrambi con la voglia di chiarirsi e nessun coraggio per farlo. Qualche telefonata, pochi incontri di persona imbarazzati e sterili. Sono rimasti tanto tempo a riprendere fiato in una città che te lo spezza, se non sai come respirarla. Distanti trenta chilometri l'uno dall'altro, una sera di dicembre hanno fissato lo stesso cielo promettendosi di non lasciarsi soffocare. E invece.
Paolo ha scoperto che Ernesto e sua moglie si sono separati. Non aspettano un figlio come nel suo incubo. Sa che lei l'ha mollato e adesso vive dalla madre. Ha più che altro scoperto che anche lui, l'irreprensibile poliziotto, è un traditore: lascia che i suoi segreti marciscano e gli crescano addosso, soprattutto di notte. Non è migliore dell'amico con cui è incazzato a morte.
Ernesto non conosce le ombre di Paolo. Proietti non può confessare a nessuno cosa lo torturi, neanche al ragazzino che è diventato uomo insieme a lui. È un equilibrista in bilico su troppe faccende rimaste in sospeso, lacerate a metà come la sua guancia.
Paolo ha appena acceso il gas sotto la moka, quella da tre tazze. Senza caffè non riuscirebbe neppure a ritrovare le scarpe. Lascia il pigiama e i boxer per terra, si infila di corsa nella doccia. L'acqua è gelida, la bottiglia dello shampoo mezza vuota. Scivola sul pavimento bagnato, riesce appena in tempo ad aggrapparsi al lavandino per non cadere e impreca. Si butta addosso qualcosa per vestirsi, non gli interessa cosa, afferra le chiavi di Chicca, la sua moto, prima di sbattere la porta fino quasi a scardinarla.
Esce di casa con i ricci ancora umidi, deve correre alla Garbatella per capire che cosa abbia combinato stavolta suo fratello. Non hanno un filamento di DNA in comune, loro due. Ma questi sono dettagli. Spera che la Guzzi non si rimetta a fare i capricci, l'ultimo mese l'ha lasciato a piedi due volte. Una traditrice anche lei, soltanto che i suoi danni sono perdonabili e tutto sommato veloci da riparare. Bastano una chiave inglese e un po' di pazienza.

2.
Prudence ha soltanto ventun anni.

Prudence ha soltanto ventun anni ma la sua pelle ambrata ne ha respirati almeno mille in più. Alta, flessuosa, con un profilo delicato appena smosso dalle labbra piene, raccoglie i capelli in treccine che disegnano labirinti sulla testa elegante.
Sorride pochissimo, ha sempre un'ombra dolorosa incastrata nello sguardo. Ernesto sa di che sostanza è composto quel buio. Non conosce i particolari, le parole della ragazza sono più rare dei sorrisi. Quel nulla che gli ha raccontato, però, è stato sufficiente.
È diventata una cliente fissa e gli telefona per corse fuori turno. Sarebbe contro le regole, ma il tassista cerca di accontentarla quando può. Entrate extra fanno sempre comodo, erano vitali fino a qualche mese fa. Indispensabili per prendersi cura di Margherita. Ernesto doveva sostenere le cure dalla psichiatra e stipendiare qualcuno che stesse in casa con lei.
Sua moglie non aveva mai superato il dolore della mancata maternità e lui non era riuscito a fare nient'altro per aiutarla. I suoi piccoli angeli, così li chiama lei. Capricci di un utero difettoso che li rigetta dopo pochi mesi, al quinto tentativo ha partorito una bambolina fallata. Minuscola, grinzosa, la pelle violacea nascondeva appena gli organi interni. Arianna ha resistito due giorni, i polmoni troppo deboli per trattenere il respiro. Poi si è arresa. I medici hanno suggerito alla donna di salutare quella figlia di neppure un chilo, soltanto così sarebbe riuscita a dirle addio. Così dicevano.
Invece Margherita è quasi morta insieme a lei, sbriciolata dalla depressione. Ernesto ha provato a tenere a galla il matrimonio per due anni, poi ha cercato rifugio altrove, un'unica volta. L'ha trovato proprio nella ragazza che si prendeva cura di sua moglie. Il suo bisogno di riscoprire qualcosa che somigliasse, anche per disgraziato errore, alla felicità, si è spento dopo appena un'ora di sesso. Ora sono soli, tutti e tre. Il più disperato è proprio Ernesto.
Da mesi carica sul taxi Prudence fuori turno ma non lo fa più per i soldi, è che le vuole un bene dell'anima. Non può lasciarla sola, soprattutto quando cala il buio. C'è una cosa che la ragazza fa da tempo, una volta a settimana, quando è libera dal lavoro. Ernesto la accompagna, la va a riprendere e spesso non si fa neppure pagare. Litigano sempre, quelle notti.
Prudence non vuole elemosina da lui. Le è piaciuto subito quel tassista che conta il doppio dei suoi anni, sfoggia la statura di un gigante insieme alla tenerezza di un bimbo e soffre di una malinconia straziante intrappolata negli occhi chiari. Spesso diventano più cupi dei suoi, sfumano in un grigio scuro che la sorprende. Certe volte vorrebbe chiedergli il perché, ma nella loro stramba conoscenza non sono previste troppe domande. Le serve un amico fidato per muoversi senza lasciare traccia, non può concedersi il lusso di screditare la sua nuova rispettabilità.
Era nessuno. Adesso invece ha un documento in regola e sopra c'è scritto che lei è una persona. Deve scivolare nella città come una delle sue tante ombre, ha bisogno dei soldi di quell'uomo anziano e gentile. Ricco e profumato, la paga benissimo. È pazzo della sua dea, è così che la chiama. Quando finiscono le accarezza piano la schiena. Le bacia con tenerezza i capelli, le scapole, le natiche mentre è stesa a pancia in giù sulle lenzuola a specchiarsi nella luna fuori dalla finestra. Prudence gli passa con affetto le mani fra i capelli bianchi. Non gli offre altro che il suo corpo e non sorride, lei non lo fa mai. Il suo sguardo, però, è pieno di gratitudine.
La ragazza ha da tempo un piano, un obiettivo preciso, ma qualcuno vuole impedirle di riprendersi ciò che le manca per ricomporre la sua vita. Non accadrà. Da quando è diventata una persona ha giurato a se stessa che non avrebbe mai più consentito a nessuno di decidere per lei. Del resto, Roma è piena di fantasmi cattivi. Basta indicargli dove si nasconde il diavolo. Con una spranga di ferro, un coltello, a calci e pugni. Non le importa in che modo. Basta che gli facciano molto male, prima. Sa come procedere, deve solo trovare soldi e coraggio sufficienti per liberarsi di lui. Non troppo denaro, a dirla tutta. I soldi le servono per un'altra ragione. Balordi che ucciderebbero anche la madre per poche centinaia di euro non sono una rarità, la parte complicata è un'altra. Prudence un'alternativa in realtà l'avrebbe, sarebbe sufficiente mandare di nuovo in prigione un delinquente. Stavolta, però, è tutto più difficile.
Il tassista immagina cosa faccia la ragazza certe notti in quella casa, ma non le ha mai chiesto il perché. Arrivano a destinazione, l'indirizzo è sempre lo stesso: una palazzina a tre piani situata nei lotti che si snodano superato l'arco di Piazza di Sant'Eurosia. Il cancello in ferro battuto sta per inghiottire Prudence che scende dal taxi e gli dà un bacio sulla guancia. Prima di voltargli le spalle, gli punta un dito contro.
- Stavolta pago, non fare solito defisciente! - Lui sorride, non ha mai capito se quella sc strascicata sia lingua hausa oppure romanesco.
- Stai attenta, piccole'... -
- Non sono piccola, Erne'. E non devo stare attenta. Non è mica è il diavolo, lui. -
Il tassista attende sempre qualche minuto, quelle notti. Aspetta che la ragazza citofoni, oltrepassi il cancello e poi superi i pochi scalini che la separano dal portone, prima di allontanarsi. Scuote la testa. Non capisce, ma neppure giudica. Prudence ha il diritto di accettare soldi da quel vecchio, se vuole. Nessuno la costringe, è questa la differenza.
La luce dell'ingresso al primo piano si accende, la sagoma della sua bellissima amica si fonde a quella dell'anziano. Lui le regala una carezza dolce sul viso, più tardi Prudence fisserà la luna dalla finestra e gli terrà compagnia senza dover più fare altro. Qualche ora dopo, finito il turno di notte, Ernesto la riaccompagnerà a casa. All'alba, come d'accordo. Le porterà i cornetti caldi, quelli con la Nutella. Solo che stanotte non andrà esattamente così.

Luana Troncanetti

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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