Frank mi comunicò via radio che tutti erano saliti a bordo e che potevamo finalmente decollare. Azionai i comandi per dare potenza ai motori e feci decollare la Liberty che attendeva impaziente di riprendere il volo. Volai a bassa quota, poco sopra le chiome degli alberi, e a velocità ridotta dirigendomi verso la direzione opposta a quel villaggio, seguendo il letto di un fiume che scorreva sotto di noi e che puntava verso nord, attraversando una vallata e folti boschi. Volare a bassa quota e a velocità ridotta non era un'esperienza piacevole, soprattutto con una nave come la nostra. Al di sotto dell'astronave, si formavano turbolenze e correnti ascensionali che mandavano in vibrazione lo scafo rendendo difficoltoso il volo stesso. Nonostante avessi attivato gli stabilizzatori che usavo quando volavo all'interno dell'atmosfera di un pianeta, la nave percepiva continuamente quelle turbolenze. Proseguivo in quel modo perché prima di salire in orbita volevo assicurarmi di trovarmi a qualche decina di chilometri dal villaggio per non venire avvistati mentre prendevamo quota. - E neanche questa volta mi avete portato con voi - intervenne Giulia che mi stava assistendo ai comandi della nave. - Avrai comunque la tua parte - risposi con disinteresse senza distogliere l'attenzione dai comandi. - Avrei... voluto... fare la mia parte - puntualizzò lei. - Avrai la tua occasione... non temere - risposi - Ora andiamo in orbita. - Non avevamo raggiunto la distanza che mi aspettavo, ma volevo uscire da quel vortice di lamentele in cui mi stava portando Giulia. Così, diedi massima potenza ai motori e azionai la cloche per lanciare la nave verso il cielo soprastante. Come un lampo attraversammo l'azzurro del cielo di quella luna, oltrepassammo alcune nubi e ci trovammo nell'infinito cosmo che solcava le nostre teste, dove la Liberty si trovava a suo agio. - Brava la mia ragazza! - borbottai ammirando le strumentazioni che avevo di fronte a me. Una volta in orbita e sufficientemente lontani da quella luna, impostai una rotta commerciale, una delle più trafficate, che collegava Ganimede con Europa. Dopo un colpo, preferivo mescolarmi con altre navi da carico come la nostra. Quello era un buon diversivo per evitare noie durante il viaggio. Impostata la rotta, lasciai la nave nelle mani del pilota automatico per poi allontanare le mie dai comandi, quando Michael fece il suo ingresso sul ponte di comando. - Tra quanto tempo saremo su Europa? - chiese rimanendo sull'arco della porta. - Almeno sei ore di navigazione - risposi voltandomi verso di lui. - Bene. Molto bene - fece lui - Una volta atterrati... tu andrai da Franklin a consegnare il suo pacco... porta Giulia con te, così potrà sgranchirsi le gambe e fare la sua parte. E... fatti pagare! Frank ed Ellen installeranno i nuovi propulsori, quelli con sistema FTL... resteremo a terra per tre o quattro giorni al massimo. - - Quattro giorni a terra con quella pazza? Da soli? E pensare che ti ho salvato la vita su quella dannata luna! - si udì la voce di Frank echeggiare per il corridoio degli alloggi che si trovava proprio dietro il ponte di comando. - Non mi hai salvato la vita - dissi mentre sentimmo il portello del suo alloggio chiudersi con violenza. Rimanemmo tutti in silenzio con lo sguardo rivolto verso il corridoio degli alloggi, in attesa che Frank intervenisse di nuovo. Ma dopo diversi istanti tutto tacque e tornammo alla nostra conversazione. - Il solito Frank - risposi - Ma... tu cosa farai? - - Ho degli affari personali da sbrigare... non mi porteranno via molto tempo... un paio di giorni probabilmente - rispose alla mia domanda - Ora, scusatemi, ma ho bisogno di una doccia. - - Capito. Porta i miei saluti - dissi a Michael sapendo a cosa si riferisse dicendo affari personali - Dobbiamo chiedere altro lavoro a Franklin? - - Grazie Sarah - fece lui - No, per il momento ci concediamo una pausa... digli che ci faremo sentire noi. - Michael lasciò il ponte di comando per dirigersi al suo alloggio. Attesi senza dire niente che chiudesse il portello, per poi rivolgermi a Giulia che aveva ascoltato la nostra conversazione. - Ed ecco la tua occasione - dissi a Giulia che aveva ascoltato la nostra conversazione senza dire niente. - Ha sentito le mie lamentele, giusto? - domandò abbassando lo sguardo verso il pavimento. - No! In realtà lo avevamo deciso sin dall'inizio - risposi sorridendo. Giulia, udite le mie parole, sollevò lo sguardo verso di me e mi fissò con gratitudine, ma anche con imbarazzo a causa della sua reazione durante il decollo. Da parte mia, comprendevo benissimo il suo stato d'animo. Probabilmente, quando decise di unirsi a noi, pensava che avrebbe vissuto le nostre avventure in prima persona, ma purtroppo era ancora una fuggitiva. Dovevamo prestare attenzione per il suo e per il nostro bene, almeno finché non fossimo stati sicuri che il governo avesse allentato la cinghia nei suoi confronti. - Ora - dissi alzandomi dal mio sedile - Vado a riposarmi un paio d'ore. A te il comando! - Il viaggio proseguì senza problemi e ci trovammo in orbita intorno ad Europa nel tardo pomeriggio. Appena arrivati, contattai l'addetto al porto spaziale per chiedere il permesso di atterrare. Ci rispose dicendo che non avevano piazzole d'atterraggio disponibili e che dovevamo aspettare qualche ora in orbita. Per non intralciare il traffico aereo del porto spaziale, ci portammo alle coordinate che ci inviò l'addetto dove avremmo aspettato senza disturbare la conferma per atterrare. Ne approfittammo per incontrarci in sala mensa per cenare insieme. Quella sera affidammo il compito di preparare la cena ad Ellen, che si era preoccupata di fare la spesa all'emporio di quel villaggio su Ganimede, mentre noi eravamo impegnati nello svolgere il nostro lavoro. Per tutto il corridoio che conduceva alla sala mensa, si poteva odorare l'odore di ciò che stava preparando la nostra amica. Ellen, oltre ad essere un ottimo meccanico, era anche una brava cuoca. Riusciva a preparare dei piatti appetitosi, con quel poco che riusciva a trovare in giro per il sistema solare e noi eravamo entusiasti nell'assaporarli. - Eccovi finalmente! - ci accolse sorridente vedendoci entrare nella sala mensa - Accomodatevi... la cena è quasi pronta. - - Dicci Ellen... hai intenzione di avvelenarci? - chiese Frank mentre prendeva posto alla tavola apparecchiata. - Non stasera - risposi sorridendo - Ora siediti e smettila di fare il bambino. - Lasciai perdere Frank e mi allontanai dalla tavola per recarmi ai fornelli, mentre il resto dell'equipaggio stava prendendo posto. Tolsi il coperchio dalla pentola che si trovava sul fuoco, annusai il buon profumo che proveniva dal suo interno e presi un cucchiaio per assaggiare il sugo. Non rimasi del tutto soddisfatta, così aggiunsi un pochino di sale e un pizzico di spezie che avevo trovato su Ganimede in un negozietto proprio vicino all'emporio. Chiusi nuovamente il coperchio e lasciai cuocere per altri istanti il tutto. Spento il fuoco del fornello, indossai i miei guanti da cucina e presi la pentola per poi portarla in tavola. - La cena è pronta! - annunciai sorridente al resto dell'equipaggio - Spezzatino di manzo con patate - e appoggiai la pentola fumante al centro della tavola. Dopo aver tolto il coperchio dalla pentola, nessuno si mosse per prendere la sua parte. Tutti rimasero immobili ad osservarla, mentre il suo odore stava lentamente impregnando la sala mensa. Ero talmente imbarazzata. Temevo che non apprezzassero quell'odore, nonostante, a parer mio, era davvero invitante. Decisa nel rompere il ghiaccio, presi il mio piatto dal tavolo e mi allungai verso la pentola per prendere la mia parte. In quel preciso istante, tutti scattarono, imitando il mio gesto, senza permettermi di avvicinarmi alla pentola. Si scagliarono su quella pentola con i loro piatti in una mano e un cucchiaio nell'altra, quasi prendendosi a gomitate, pur di averne di più degli altri. Rimasi immobile ad osservarli con stupore, ma allo stesso tempo ero divertita dal loro comportamento. - Capisco la fame - dissi osservando quella scena - Ma ce n'è... in abbondanza per tutti. - Consumammo la cena in silenzio, senza parlare. Si udiva solo il rumore dei cucchiai che battevano sui piatti o dei bicchieri che venivano appoggiati sulla tavola dopo aver bevuto. Il tutto veniva colorito da qualche ruttino, anche se fatto a bocca chiusa per non apparire troppo maleducati a tavola, cosa che Michael non apprezzava molto.
Michele Scalini
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