I giochi degli Dei. Camminava lenta per le strade della bassa Corintho, piene di chiasso, rumori e movimento di vita vera. Era finalmente uscita dall'acropoli, dove tutto è ovattato. Sull'alto monte anche i suoni risultano meno vividi, nelle grandi mura di pietra delle case nobili o del tempio, la vita scorre lenta e con ritmi completamente diversi da quella dei comuni mortali. Tra le vie ampie della città bassa, il mercato si svolgeva con la solita foga. Mercanti provenienti da paesi diversi e contadini locali vendevano le loro preziose merci. Nel caos più totale delle persone che cercavano di comprare l'ultima terrina di terracotta con i disegni proveniente da Creta, o i fichi dell'isola di Tera. Bambini festanti corre-vano per i vicoli, sfrecciando tra nugoli di compratori. Odori di agrumi, pesce fresco, carne essiccata, pane appena sfornato, si mescolavano con l'olezzo poco piacevole degli animali vivi, pronti per essere portati a casa e macellati. Le grida erano tali che in alcuni momenti Me-lania credeva di non riuscire a udire altro. Invece ogni tanto, nelle strade meno affollate, udiva le chiacchiere delle signore alle porte di casa, mentre stendevano i panni ad asciugare o prendevano l'acqua al pozzo. Era piacevole sentire anche i pettegolezzi certe volte, erano meno invadenti delle mezze parole dei nobili, delle allusioni e delle proclamazioni dei sacerdoti. Melania si chiedeva come mai avesse scelto una certa vita, ma poi si chiariva: non aveva avuto scelta, era stata destinata a quella esistenza. Nobile di nascita e sacerdotessa di Athena per volere della sua famiglia. Lei, snella, alta, carnagione d'alabastro, bionda e con profondi occhi azzurri, era il simbolo della perfezione secondo gli antichi. Non poteva che essere destinata al sacerdozio per il padre, fervente credente. Non era però una bellezza straordinaria, ma aveva un'intelligenza fuori dal comune, per questo la famiglia aveva scelto la dea della saggezza e non Afrodite. Il padre, per la sua quarta figlia, aveva scelto il sacerdozio come pagamento per i favori ricevuti dagli dei in quegli anni. Così la giovane Melania era cresciuta nell'alto tempio della dea fin da quando aveva cinque anni. Ogni tanto però sentiva che da quel mondo fatto di tuniche bianche e corpi perfettamente curati, doveva al-lontanarsi, per scendere nel mondo reale, quello della gente comune, sporca e puzzolente. Mentre rifletteva, un grido la destò: - Attenzione sotto! - , e poi un getto di piscio lanciato da una finestra le cadde a pochi metri, schizzando la parte inferiore del vestito. - No, la sacerdotessa si arrabbierà! Devo lavarla! - disse ad alta voce la giovane ragazza. - Sacra vergine! - esordì un'anziana seduta nelle vicinanze, - Se volete posso aiutarvi io! - . - Grazie buona signora - rispose educatamente la ragazza, avvicinandosi ed entrando nella casa, seguendo la donna. Preso un bacile con dell'acqua e del sapone iniziò strofinare la veste in alcuni punti, mentre continuava a can-tare una canzoncina. - Buona signora, la dea vi sarà grata per questo servi-zio! - concluse la ragazza quando fu terminata l'attività. - Buona sacerdotessa chiedete alla divinità la grazia di far tornare mio figlio dal servizio militare sano e salvo! - . - Certo buona donna, serve come milizia il re, in quale divisione? - . - È nella fanteria leggera, un fromboliere! Una mira eccellente! - disse con orgoglio la donna, - Adesso è in missione per il re, ma non so dove - . - Non preoccupatevi buona donna, non siamo in guerra. Saranno a protezione del territorio dai banditi! - concluse la ragazza, rassicurando l'anziana. Il viaggio per le strade di Corintho riprese per portarla alla baia, mentre un'ombra seguiva i suoi passi e degli occhi osservavano da un vicolo il suo incedere lento e sicuro. Arrivata al porto poté sentire l'odore di salsedine, mi-sta al puzzo del pesce marcio. Le barche erano state poste sulla sabbia, mentre i marinai districavano e ripara-vano le reti. Il sole risplendeva sulla loro pelle abbronzata. Caratteristica questa che rendeva evidente la diversità tra gente comune e nobiltà. La sua pelle era così in contrasto con quella grinzosa e scusa di quegli uomini rozzi. Così come la sua condizione sociale era diversa e superiore alla loro. Dei bambini le passarono accanto correndo, urtandola. Quasi cadde a terra e per un caso sentì delle braccia che la riprendevano, sollevandola e appoggiandola ad un muro. - Monelli! I vostri genitori dovrebbero punirvi! - gridò loro. - State bene, sacerdotessa? - chiese l'uomo con voce calma. - Vi ringrazio, buon uomo! - rispose Melania, senza prima aver alzato lo sguardo, ma rassettandosi le vesti. - È sempre un piacere servire gli dei, in modi così semplici - . La ragazza alzò lo sguardo e poté notare il volto sereno e tranquillo di un giovane uomo, dall'abbigliamento modesto, con alcune daghe appese e un arco dietro la schiena, che la stava fissando. - Voi non siete un popolano? - . - No, mia buona signora. Sono un cacciatore e un mercante. Sono di passaggio in città! - rispose con cortesia l'uomo. - Non mi sembrate un normale cacciatore, voglio dire non avete il genere di abbigliamento che si confà a chi vive all'esterno - . - Buona signora, diciamo che non caccio animali - rispose sereno l'uomo. - Ah capisco - mentì la ragazza. - Ma voi pensate davvero che i cacciatori di bestie siano sempre sporchi e puzzino di sangue? - chiese sorridendo il mercante. - Beh, no, ma me li hanno descritti così, cioè non volevo offendervi, non vorrei, ma credevo... - balbettò la donna. - Non preoccupatevi sacerdotessa! Non mi offendo così facilmente - le rispose con cortesia, per proseguire men-tre l'accompagnava sino alla battigia, - Posso offrirvi qualcosa? - . - No, vi ringrazio, al tempio non mi è permesso bere, tantomeno in compagnia di un uomo, poi al porto! - disse le ultime parole la donna con una paura strana nella voce. - Ah, capisco, siete una delle sacre vergini! Poseidone o Athena? Se posso - . - Athena! - rispose con sicurezza la donna. - Ah, capisco! Io sono Laios Demurkatos, è stato un piacere! - . - Piacere Laios, io sono Melania - . - Se aveste ancora bisogno vi prego, mi troverete per alcuni giorni in quella locanda - indicò l'uomo una piccola bettola del porto, dove i marinai passavano il tempo dopo il lavoro. - Curioso, ma non credo che avrò queste necessità! Ora se volete scusarmi proseguirò con la mia passeggiata, tra poco dovrò rientrare - concluse la ragazza allontanandosi da quell'uomo dallo sguardo affascinante. Da dietro un angolo, uno dei soldati della regina si voltò, appoggiando la schiena al muro, e cercando di fare mente locale. Qualcosa non gli tornava, ma non sapeva proprio cosa fosse. *** Quella giornata il sole risplendeva come tutte le mattine della settimana passata sulla lucente città di Corintho, sui piatti tetti, le bianche mura e le alte colonne dei templi dedicati agli Olimpi. Il cielo era terso e limpido, tanto che si riusciva ad osservare la costa opposta dello stretto con poco sforzo. Le barche rientravano dopo una notte passata a pescare. Il mercato era vivo, pieno zeppo di merci e persone per acquistare beni di ogni sorta. “La città non è mai stata così ricca e prospera come ne-gli ultimi anni sotto il regno di Kreios. Il magnanimo e pio re che siede sul trono da quindici lunghi anni”. Questo pensò l'uomo avanzando veloce. Nelle sale del palazzo reale, un uomo anziano, canuto, bianco vestito, muoveva i suoi veloci passi nelle sale alla ricerca del sovrano. - Mio re, dove siete? - si chiedeva l'anziano sacerdote Aeson, girando in ogni sala con maggiore affanno. Alla fine, uscendo nel giardino interno trovò l'uomo, seduto su una panca di legno, che guardava i propri giovani figli giocare. Stavano rincorrendosi tra l'ulivo pian-tato da suo nonno e i cespugli di rose piantati da sua madre decenni prima. - Mio re, finalmente! - sospirò l'anziano uomo con il fiato grosso. - Buon Aeson, cosa ti angustia tanto da cercarmi e venire qui in queste condizioni? - chiese con voce musicale ma tono basso e calmo l'uomo sulla quarantina che se-deva sul legno di acacia. - Mio re, vi devo parlare, è urgente e importante! - queste parole gli uscirono osservando negli occhi il sovrano. Kreios non aveva mai visto quell'anziano uomo così preoccupato in tutti i suoi anni di vita, e quel gran sacerdote svolgeva il suo lavoro da prima che lui nascesse. - Vieni buon Aeson, andiamo nella sala del trono! - , aggiunse il re alzandosi e facendo cenno alla sua guardia di restare con i bambini. Durante il tragitto, Aeson fu intransigente nel non voler dire nulla se non fossero stati soli. I servi erano orecchie aguzze in un palazzo come quello di Corintho, e lingue lunghe tra le strade cittadine. Giunti finalmente nella sala: - Buon Aeson, ti prego parla! - pretese spazientito il sovrano. - Signore ho avuto una visione! Il grande Poseidone, mi ha benedetto con una delle mie profezie - . - Era tempo che non ne avevi una e l'ultima ci ha por-tato grande prosperità e gioia! - concluse il re rilassandosi sullo scranno di marmo. - Purtroppo maestà - s'interruppe l'uomo, non riuscendo a trovare le parole giuste, - Questa mio malgrado non è buona, anzi, reca sventure per la povera Corintho e tutti noi! - , sollevò il viso l'anziano sacerdote fissando con sguardo spiritato gli azzurri occhi del re. - Che vuoi dire? Parla! - ingiunse Kreios, sollevandosi dal trono. - Il divino Poseidone, mi ha fatto avere la visione della città di Corintho distrutta da un orribile e gigantesco mostro! - . - Un mostro?! Quale potrebbe fare una cosa simile? - chiese con tono preoccupato il sovrano, sgranando gli occhi. - Un Titano, mio signore, il Kraken! - . - Quanto sei sicuro della tua visione? - . - Signore, ne ho avute poche nella mia lunga vita, ma nessuna è mai stata errata! - sentenziò il profeta. Il corpo in tensione del sovrano si sciolse come neve al sole, adagiandosi sullo scranno di marmo ricoperto di morbidi cuscini. L'uomo si mise le mani alla testa e mormorò: - Siamo perduti! - . - Forse mio signore c'è una speranza! - aggiunse Aeson. - Quale? - lo guardò l'uomo, con speranza, - Hai avuto altre premonizioni? - . - La venuta del Kraken era congiunta con un evento specifico, un'eclissi! - . Il sovrano pendeva dalle labbra del sacerdote. - Dovrebbe verificarsi, ho controllato con l'astrologo, non prima di un anno da oggi! - . - Abbiamo sì del tempo, ma come fermare un essere del genere? - . - Forse dovremmo evacuare la città? - chiese il sacerdote. - Per emigrare dove? Nessuno ci accetterà, saremmo esuli senza patria! - sospirò il re, ponendo le mani tra i ricci capelli. - Forse potremmo trovare qualcuno che fermi il Kraken in questo tempo! - propose una voce al limite della sala. ~ 16 ~ - Chi osa? - tuonò il sovrano, osservando da dietro una colonna emergere la figura della regina Dada, sua con-sorte. - Io, mio signore e marito! - disse la donna avvicinandosi, - Benché non metta in alcun modo in dubbio la visione del potente Aeson, credo che potremmo trovare tra gli abitanti di Corintho e tra gli eroi dell'Ellade, qualcuno in grado di salvarci! - . - In cambio di cosa, moglie? - . - Della gloria e del nostro tesoro, o almeno parte di esso! - suggerì la donna. - Miei signori, è rischioso, il Kraken è un titano. Contro di esso anche gli dei possono poco! - suggerì Aeson, - Forse è il caso di chiedere consiglio agli Olimpi? - . - Provvedi Aeson! Chiedi agli dei se l'idea di mia moglie è gradita. Fai anche sacrifici a mio nome agli immortali! A Poseidone chiedi protezione! Nel frattempo, io penserò a farli cercare e a spargere la voce, senza che si sappia nella città, per non scatenare il panico! - . - Presto, perché non abbiamo molto tempo, mio signore! - concluse la donna con cipiglio serio.
Christian Bonora
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