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Autore: Barbara d'Angelo
per sempre
Romanzo
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per sempre
Ultima settimana dell'anno, faceva freddo. Emma tornò a Boston in taxi dai suoi, io e la signora Betty saremmo rimaste fino a Capodanno. La cena della vigilia buonissima, a base di fagioli di buon auspicio per l'attesa del nuovo anno e carne di maiale al forno cucinata con diverse spezie, una tradizione nella mia famiglia. Rientrammo a Boston con la signora Betty., Davanti a casa, prima di salutarci, per un attimo incrociai gli occhi della mia cara vicina, mi abbracciò.

- Mi mancherai! -
- Grazie dei bei giorni trascorsi insieme! -
- Sarà così per ogni festa che verrà, lei sempre insieme a noi, è una promessa, a domani buona notte! -

Era giunto il momento di occuparmi del mio imminente trasloco, mi avrebbe aiutata Emma. Scatole da riempire, libri, quadri e stoviglie, vestiti e scarpe. Mancavano venti giorni esatti al mio trasferimento, avvolgevo, incartavo silenziosamente, neanche una parola con Emma. Sfogliammo le nostre foto. Momenti indimenticabili, preparai un tè caldo. Il nostro legame affettivo era davvero solido e importante, l'amicizia poteva essere più salda e duratura delle relazioni d'amore, non richiedeva costanza e continuità, viveva libera da obblighi e richieste una “vera” fonte di benessere fondata sull'autonomia nonostante un certo grado di bisogno reciproco. Squillò il mio cellulare era la signora Betty.

- Pronto! -
- Ciao Allison - la sua voce era bassa, - potresti venire da me? Non mi sento molto bene! -

Con Emma ci precipitammo da lei, la porta era chiusa si sentiva Licorice abbaiare. Presi le chiavi nel vaso davanti il portone dove la signora Betty le nascondeva per le emergenze. La trovammo a terra con il respiro affannato, il viso bianco come il gesso e gli occhi semichiusi con il suo telefono cellulare ancora stretto in mano. Un singhiozzo mi chiuse la gola. Provai ad animarla ma niente, la chiamavo e non mi rispondeva. Arrivò l'ambulanza, la lettiga veniva spinta sulla strada. Il medico:

- Non si agiti. La portiamo in ospedale -

Mentre la barella veniva caricata dentro l'ambulanza, le tenevo le mani, eravamo diretti all'ospedale Massachusetts General Hospital, i portelloni dell'ambulanza si chiusero. Cercavano di rianimarla, il monitor rimandava sempre un bip. Appena ci fermammo, fu ordinata una sala operatoria, restai in piedi fra le porte della ambulanza mentre la barella spinta correva dentro inghiottita dalle porte che si richiusero velocemente. Emma mi aveva raggiunta con la sua auto, restammo fuori in silenzio. Ora eravamo sedute su una scomoda sedia di plastica dove si sentiva l'odore tipico dell'ospedale di alcool e disinfettante. Da qualche parte infondo al corridoio c'erano le sale operatorie, lei era lì dentro, era viva o morta? Presi la testa fra le mani e ascoltai il mio respiro, erano già passate tre ore e nessuna notizia. Mandai Emma a casa da Licorice per portarla a casa da me, mi sarei presa cura di lei. Le infermiere passavano frettolosamente degnandomi appena di uno sguardo. Alle nove di sera dopo quasi quattro ore si affacciò il medico, stravolto, con il volto sudato si fermò davanti a me. Mi alzai in piedi, l'espressione grave, gli occhi arrossati, esausto. Per un istante credevo di svenire, il suo sguardo incrociò il mio.

- Signora, è una parente della signora Tessent? -
- No - risposi - sono la vicina di casa non ha nessun parente qui, solo una sorella che vive in Brasile -
- La situazione è complessa, l'abbiamo operata ha avuto un'ischemia cerebrale importante -

Mi lasciai sfuggire un singhiozzo.

- Oh mio Dio! -
- Mi dispiace, l'ipotesi più probabile è che non superi la notte, è molto grave, torni a casa signora, ci lasci il suo recapito telefonico la contatteremo qualora ci fossero novità! -

Tutte le emozioni legate alla morte di mio marito e di mio padre, in quel momento tornarono a galla travolgendomi. Ero pietrificata. Non doveva lasciarmi anche lei, no... Trascorsi la notte su quella scomoda sedia in quella sala d'aspetto fredda e silenziosa. La mattina riuscii a vedere la signora Betty da dietro un vetro, dormiva ogni tanto muoveva la bocca. Mi stava lasciando per sempre. Un taxi mi lasciò di fronte casa sua, dovevo cercare tra le sue cose e non sapevo da dove iniziare, qualcosa che mi indicasse a chi rivolgermi in caso della sua morte. Sicuramente aveva pensato a tutto. Dopo aver aperto diversi cassetti, trovai una carpetta con sopra scritto il nome di un notaio, Peeter Alden, con accanto un numero telefonico. Non esitai un attimo, composi il numero e mi presentai. La segretaria confermò che era il loro studio notarile a occuparsi di tutti i beni della signora Betty, allora li informai delle sue condizioni di salute.
Con Emma tornammo in ospedale ma non c'era stato nessun miglioramento, oramai erano questioni di ore, si stava spegnendo lentamente era arrivato il momento che avevo più temuto in quegli ultimi giorni. Accanto a lei le accarezzavo la mano... Dovevo trovare il tempo di lasciarla andare... Se ne andò per sempre in quel preciso istante, il suo cuore buono e generoso si era fermato. Un'infermiera spense tutto, restai sola con lei, accarezzai i suoi morbidi capelli, bianchi, ondulati baciai la sua fronte ancora calda.

- Signora Betty, non mi dimenticherò mai di lei, non doveva andare così! I suoi sorrisi saranno per sempre la mia forza e prometto che mi prenderò cura di Licorice, addio! -

Andai via piangendo.

9

E così l'otto gennaio l'accompagnai per l'ultima volta dalla cattedrale di Boston “hdy cross” (santa croce) al cimitero di Capps' Hill. In quel luogo dove avevo seppellito mio marito e mio padre. Percorremmo un sentiero di sassolini bianchi e grigi che scricchiolavano sotto i piedi, gli alberi erano secchi e spogli. Alle quattro del pomeriggio il cielo cominciava a imbrunire e il vento soffiava gelido. Per circa dieci minuti restai assorta nei miei pensieri. Si occupò di tutto lo studio notarile, la signora Betty aveva lasciato scritto le sue ultime volontà. Un suo desiderio fu di essere seppellita accanto alla figlia Rosie, mai nata. Guardavo quella piccola lapide con ancora in un vaso le rose bianche riposte dalla signora Betty, non credevo a quello che stavo vivendo. Tenendo per mano mia mamma, ci avviammo all'uscita del cimitero, tra lapidi, statue, lumini, giardini, pozzanghere, quel luogo sembrava immenso, non finiva mai. In un silenzio irreale rientrammo a casa, mi addormentai piangendo con accanto Licorice da un lato e dall'altro la mamma che amorevolmente accarezzava i miei capelli. Non ero pronta alla perdita della mia cara vicina. Intanto in quei giorni, con l'aiuto della mamma, preparai gli ultimi scatoloni per il trasloco. La piccola Licorice dormiva acciambellata nella sua cesta, ogni tanto drizzava le sue minuscole orecchie, apriva gli occhi e si guardava intorno, per poi ritornare ad appisolarsi. Mi chinai ad accarezzarla, povera bestiola si sentiva smarrita. Mi soffermavo a guardare fuori dalla finestra, la signora Betty mi mancava, mi chiedevo perché, ma alcuni “perché” non avevano risposta. La vicinanza di mia madre mi confortava, sarebbe rimasta con me anche per il mio trasloco. Dopo una notte insonne, mi alzai e sorseggiai il mio caffè bollente, suonò il campanello posai la tazza e andai a aprire. Era il postino che mi consegnò una raccomandata, una lettera spedita dallo studio del notaio Peeter Alden. Chiusi la porta, appoggiai le spalle su di essa, cominciai a chiedermi cosa contenesse, guardai mia madre.

- Apri quella busta Allison che aspetti! -

Cominciai a leggere a voce alta:

- Gentile signora Allison Trust, la contatto in qualità di consulente notarile della signora Tessent Elisabeth. Come lei ben sa, è venuta a mancare improvvisamente lo scorso cinque gennaio duemila diciotto. La signora sopra citata ha provveduto tempo addietro a stilare un testamento presso il nostro studio. Lei signora Trust Allison è stata nominata nelle parti del testamento, per tanto le chiediamo un incontro quando le sarà possibile, per leggere il documento custodito presso i nostri archivi in sua presenza. In attesa di risposta, l'occasione è gradita per porgerle i nostri più cordiali saluti -
Notaio, Peeter Alden.

Restai immobile, lettera in mano. Senza parole. Dopo essermi ripresa composi il numero di telefono, fissai un appuntamento per il giorno seguente. Lo studio del notaio era uno di quei luoghi solenni, maestosi pieno di quadri, stampe antiche e argenti che a me hanno sempre fatto un po' impressione chissà perché, sono ubicati in palazzi antichi e maestosi. Dalla grande finestra della stanza, si vedevano le nuvole correre velocemente spostate dal vento. Il notaio dopo avermi stretto la mano, si sedette al capo del tavolo, osservandomi con i suoi occhi grigio azzurri attraverso le lenti mi disse:

- Si accomodi signora Trust -

Mi sedetti in una poltroncina di velluto color pistacchio che a ogni mio movimento rumoreggiava, mostrandomi una busta sigillata :

- Qua dentro ci sono le ultime volontà della signora Elisabeth Tessent! -

Con un piccolo tagliacarte in argento l'aprì e iniziò a leggere:

- Oggi cinque gennaio duemila diciassette, io, Elisabeth Tessent nel pieno possesso delle mie facoltà mentali e fisiche, scrivo un testamento che affido al qui presente notaio dottor Peeter Alden. Possiedo un conto corrente presso la banca “Santarder Bank” di Boston, il notaio sarà delegato a prelevare la cifra per le mie spese funerarie. Possiedo un appartamento in Beacon Hill a Boston, arredo, gioielli, la mia automobile, i soldi restanti del conto corrente e la mia cagnolina Licorice, per mia volontà, saranno ereditati dalla mia cara vicina Allison Trust -

Rimasi impietrita. Continuò il notaio:

- Signora Trust c'è allegata anche una lettera a lei indirizzata, vuole che continui a leggere? -
- Si per favore continui a leggere lei, grazie -
- Cara Allison,
leggerai queste righe solo quando non ci sarò più... Chissà se ti avrò salutata o sarò andata via improvvisamente, sappi che ho sempre odiato gli adii. Per me sei la figlia che non ho mai avuto, non dimenticherò mai il giorno in cui sei entrata per la prima volta nella mia vita e l'hai riempita facendomi ritornare a vivere e sorridere. Te ne sarò per sempre grata.
Quindi capirai anche il motivo per cui ti ho scelta come mia unica e sola erede e conoscendoti sarai stupita, commossa e rimasta senza parole. Mia cara, dolce e timida Allison sei entrata nella mia vita un giorno per caso e rimasta per sempre nel mio cuore, ovunque sarò ti porterò con me e so che lo farai anche tu. Ciò che ti lascio ti aiuterà a vivere un po' meglio, potrai levarti qualche piccolo capriccio, ma so che non saranno i miei beni a renderti felice, io ti auguro tanta serenità e tutta la felicità che meriti. Vivi e mostra sempre quel tuo sorriso il più bello, spontaneo, radioso e coinvolgente che io abbia mai visto. Il tuo grande dolore lo ha reso invincibile.
Grazie Allison di aver fatto parte della mia vita.
Con affetto Betty. Signora Elisabeth Tessent -

Ascoltavo e piangevo.
Il notaio aspettò con molto tatto :

- Signora Trust congratulazioni, lei è l'unica proprietaria di tutti i beni della Signora Tessent Elisabeth -

Cominciai a firmare tanti fogli e ancora fogli. Fu tutto inaspettato... Arrivata a casa mi chiusi nel mio silenzio... Non dissi una parola. Il mio dolore era grande ed ero sorpresa dalle ultime volontà della signora Betty e soprattutto dalle sue belle parole. Quell'incontro con il notaio aveva rinnovato la mia sofferenza. Stremata provai a dormire posai una mano sul petto, le lacrime scendevano... mi abbandonai ai ricordi. Ero felice con Nicolas, avevamo mille progetti, ci amavamo, comprensivi l'uno con l'altra. Quando rimanevo sola, mentre lui era in missione, per mesi la signora Betty era sempre presente, come una mamma e non dimenticherò mai il conforto che mi diede in quei lunghi terribili giorni di dolore che avevo attraversato... E adesso mi aveva donato tutto ciò che possedeva... ma a me bastava lei, io volevo solo lei, con i suoi consigli preziosi e il suo sorriso speciale. Il cielo mi era caduto addosso, mi sentivo schiacciare e non respiravo più. Continuavo a rigirarmi nel letto senza riuscire a prendere sonno. Riaccesi la luce. La sveglia sul comodino segnava la mezzanotte. D'impulso presi il telefono e chiamai Emma. Sapevo che l'avrei svegliata, ma avevo bisogno di parlare con lei, avevo bisogno di sentirla vicina.

- Vorrei tornare bambina, senza temere il futuro -
- Sei una donna forte Allison, la più forte e coraggiosa che io abbia mai conosciuto, sono sicura che supererai anche questo momento terribile -

Una lacrima scendeva silenziosa sul mio viso.

- A domani cara amica grazie! -

Afferrai il cuscino e abbracciandolo stretto a me, mi addormentai.

Barbara d'Angelo

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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