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Autore: Renato Delfiol
Vi sarò complice
Romanzo
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Vi sarò complice
Tre giorni di psicanalisi.

Proposte.

Quando si parlava di queste cose, come ce n'erano state di chiacchierate sul tema durante i giorni di studio, invidiavo anch'io almeno un po' Vincenzo; per lui l'analisi sembrava veramente un' esperienza, una delle tante della vita. Aveva già un lavoro e il mestiere analitico sembrava un ideale più che una necessità; parlava in effetti poco della sua analisi, il che è quasi sempre un sicuro indice di maturazione; né sembrava avere, a differenza di noi comuni mortali, timore reverenziale nei confronti della sua analista. Gli invidiavo anche la casa che non era male anche se piccola, arredata con un certo gusto, mentre io vivevo con i genitori. All'esame sarebbe stato il più brillante con la sua vasta cultura analitica costruita attraverso anni di letture sistematiche. Non ero facile ad ammirare la cultura altrui, anche perché non avevo mai pensato di averne tanto poca, ma bastava che mi girassi intorno e guardassi gli scaffali per rendermi conto che non avevo certo a che fare con un incolto: le riviste psicoanalitiche, quella italiana e quella internazionale, la Rivista degli Junghiani e poi tutte le collane di Boringhieri, sacre per noi studenti, le opere complete di Jung e Freud, la collana nera e quella blu e la piccola da comodino...anch'io conoscevo i testi ma il loro possesso era in grado di materializzare una solidità che avrei voluto essere certo di condividere. Per vari colleghi la biblioteca di Vincenzo era l'assicurazione sulla sua futura professione analitica.
– Sentite gente – ci riscosse Vincenzo alzandosi e gettando rumorosamente il volume sul tavolo – prendiamoci un caffè. Vado di là a prepararlo.
– Che bel casino vero Rodolfo? Non hai voglia di parlarne?
Il punto morto in cui ci trovavamo mi aveva fatto tornare in mente un'idea che rimuginavo da qualche tempo. Era stata una fantasia da barzelletta sulle prime ma ora cominciavo a pensare che poteva divenire realtà. Però avevo bisogno di tempo per organizzare il discorso che cominciavo ad aver voglia di fare.
Affettando sicurezza dicevo: – Rilassiamoci, ci verrà una soluzione. Lasciavo lo sgabello e mi accomodavo sulla poltrona ancora calda chiudendo gli occhi. Forse Ada era rimasta un po' male ma riusciva a mantenere un po' di silenzio anche se certo non accompagnato da allegri pensieri.
– Certo Vincenzo sa un sacco di cose vero Rodolfo? Riaprivo gli occhi e li indirizzavo come lei sugli scaffali, poi ammettevo con fare distaccato: – Sì è veramente una bella policromia: sembrano disposti, ma ovviamente non lo sono, ad arte, proprio per trasmettere un'idea di pacifica convivenza tra idee diverse nell'unico corpus della psicologia scientifica...Mhh sì, ha una gran cultura anche se non è tutto la cultura in analisi. Tante interpretazioni, tante ideologie, ma la tecnica?
– Toh, il tuo cavallo di battaglia la tecnica lo so... Comunque però è importante aver letto tutti gli autori come lui. E poi Vincenzo è già arrivato in qualche modo, ha un lavoro, un lavoro buono da statale...fa l'analisi così, per crescere di più. Ha sempre donne bellissime e affascinanti che lo vengono a prendere dopo le lezioni o la sera alla fine dei gruppi.
– Mhh, intendi Giulia?
– Sì, l'ho vista, una ragazza che non finisce più, sempre che non le casca un pelo, vestitissima sempre, con ottimi accessori, mica una disgraziata come noi che i soldi ce li spendiamo tutti in analisi e seminari e vestiamo con i jeans e i giubbotti che compriamo ai mercatini.
– Bah sì, una bella ragazza ma un po' vuota, un po' superficiale.
– Mhh, si vede che tu hai di meglio, non ti facevo, Rodolfo.
– No, figurati, lo sai bene che sono un poveraccio senza donne fisse, che rubo gli abbracci dopo i gruppi della sera quando qualche ragazza si sente giù perché non ha partecipato abbastanza o almeno è convinta di non averlo fatto. Sono uno da amplessi fuggevoli che non si ricordano, sono fatto così. C'è tempo per il resto.
– Ecco il caffè che dicevate? – Posò il vassoio sul tavolino scostando un po' libri e appunti.
Ada: – Niente niente, parlavamo di noi, delle nostre nevrosi.
– Tanto per cambiare. Non sopporto le nevrosi, ne ho abbastanza con quelle di Giulia.
– Giulia? ma se è sempre così posata, così impeccabile. Sembra normale come le persone che hanno già fatto l'analisi.
– Eh, proprio lei. E' deficiente quella ragazza. Certe volte mi fa veramente incazzare. Ah, le donne, che palla!... escluse le presenti, naturalmente. – Sorrideva galantemente, anche se certo non doveva importargli niente di Ada. A me aveva detto al momento di organizzare lo studio: sì prendiamoci Ada, è insicura da morire ma è una brava ragazza, è una psicologa, e poi lei adora tutti i maschi in training. Mi piace essere adorato.
Vincenzo era la sicurezza in persona, con lui certo Ada non se la prendeva se parlava male delle donne, anzi probabilmente condivideva. Che poi non fosse tanto sicuro lo sapevo bene. Un paio di volte lo avevo visto sbronzo da morire (sbronzo di fernet!) dopo dei litigi con Giulia e mi era capitato di scorgere sotto le pile di libri seriosi consultate copie di riviste porno. Ma certo Ada pensava che trattava male le donne perché era "risolto", che non era vero che litigava con la ragazza, che diceva così per non mettere l'accento sul fatto che lui aveva una compagna fissa e noi due disgraziati eravamo soli come cani. Non si dice forse in psicanalisi che al complimento è sotteso l'odio? Stavolta però avevo l'impressione che Vincenzo considerasse Ada un po' più del solito mentre le versava il caffè. Era stato lusingato dal complimento alla sua donna? Aveva capito cosa nasconde spesso un atteggiamento del genere? La guardava in uno strano modo così diverso dalle volte in cui a lezione la sbeffeggiava.
Una volta nell'aula dell'Istituto c'era un seminario sulla dipendenza del paziente tenuto dal Dottor Silvio, che era il suo analista. Lei era in prima fila e letteralmente gli pendeva dalle labbra, il che era ovvio, chiunque lo avrebbe fatto. Noi eravamo seduti di fianco a lei, al lato del semicerchio dei condiscepoli, quindi la vedevamo di tre quarti. Vincenzo mi aveva dato nel gomito e poi aveva posto un quesito certamente artefatto facendo il caso di una donna che va in analisi e che ha una paura matta che gli altri si accorgano del fatto che è pazzamente innamorata del suo terapeuta. Ada diventò rossa d'un colpo come se le avesse letto nel pensiero. Ripose tremando il blocco degli appunti e uscì ponendosi la mano alla fronte come ricordando una cosa importante. Vincenzo sghignazzava ma a me parve una trovata di cattivissimo gusto. Eppure Ada non dimostrò mai il minimo risentimento verso di lui dopo di allora. Pensava che il suo intervento fosse casuale? O forse si sentiva finalmente più sicura con lui perché lo riteneva capace di comprendere i suoi sentimenti?
– Sapete che facciamo? – continuò il discorso interrotto poco prima – Non ne facciamo di niente: Abraham semplicemente lo saltiamo, tanto non è che uno dei testi secondari...
– Non farlo? Ma come? Forse riusciamo comunque a leggerne una parte magari l'introduzione, sentite potremmo leggere ciascuno un terzo dei saggi e fare un riassunto per gli altri...
– In tre giorni? – Fui d'accordo con la sparata di Vincenzo:
– Con l'analisi, il gruppo di domani e le faccende che ciascuno ha. Diciamo che abbiamo sì e no nove ore di tempo per leggere circa seicento pagine, duecento a testa. E poi occorre imparare tutto: sia il nostro riassunto che quello degli altri, che palla interminabile. Per me approvo, niente Abraham.
– Ma è importante! Il Professore a lezione ha detto che senza di lui non si capisce bene neanche la Klein e la Klein è fondamentale...
–... Soprattutto per i l tuo analista lo sappiamo.
Ada si chiuse in un mutismo scoraggiato. Ecco, una volta di più era dimostrata la superiorità di noi uomini e di Vincenzo in particolare. Riprese: – Ma ora di questo tempo che ne facciamo? Non possiamo rimaner qui senza far nulla. Tanto vale...
– Perché no? Il nulla è così bello – Vincenzo si metteva a cavalcioni di una seggiola divertito di fare il bastian contrario. Mi sentivo un po' impacciato ma dovevo prendere la palla al balzo.
– Beh, avrei un'altra idea: mi gira in mente da un paio di giorni ma non so se posso... potrebbe essere il momento buono... Su, riconosciamocelo che non abbiamo voglia di studiare Abraham e non ne parliamo più. Semmai, Ada mettiti vicino a me al compito e qualcosa tireremo fuori, e poi Vincenzo sa sicuramente un sacco di cose e il tema ce l'ha già fatto in mente: la sua cultura è veramente preziosa.
– Ma sì, ma sì, se capita questo autore, qualcosa c'inventeremo. Ho una gran voglia di sentire il progetto di Rodolfo.
– Allora niente Abraham promesso? – Il problema era soprattutto la nostra amica.
– Va beh, ma che sensi di colpa anche col mio analista sai.
Risposi brutalmente ma quando ci vuole ci vuole:
– No Ada, non tirare fuori il tuo analista e tutte le tue palle. Io vi propongo un piano eccezionale, un divertimento unico ma prima devi promettermi che non dirai niente al tuo analista.
Ada espresse in volto tutto il suo terrore: una riserva mentale con Lui? Ne sarebbe stata capace? D'altronde, verosimilmente, pensavo, una donna come lei non è che dice sempre tutto al suo analista. Anzi questa sarebbe stata una cosa in più da non riuscire a dirgli.
– Ma voi allora acqua in bocca anche voi?
– La mia la metto nel sacco come voglio. Essa mi offrirà ancora il suo utero caldo e accogliente qualunque cosa io faccia, credo.
– La mia determinazione è fuori discussione se no non ve l'avrei proposto. Dunque sentite: noi ci sentiamo profondamente ignoranti in quanto studenti di una scuola marginale, chi conosce la Scuola gruppanalitica toscana? Noi ne facciamo parte, per noi è importante, ma, oggettivamente, è considerata di seconda categoria, i freudiani ortodossi la guardano dall'alto in basso, per non parlare di altre scuole non psicodinamiche. Non so se questo è un buon inizio per convincervi. Comunque si sa che l'analista non deve saper convincere. Io vi chiamo ad un'azione delittuosa da progettare in questa scansione temporale lasciata libera dalla preparazione dell'esame e da attuare dopo.
– Delittuosa? – Vincenzo non poté nascondere un po'di sconcerto. Si grattava sotto il mento la corta barba. Ada aveva sgranato gli occhi mentre io facevo una pausa strategica: mai continuare senza che gli ascoltatori abbiano elaborato.
– Ingoiato?...Bene, benissimo. Sapete – ridacchiavo con sussiego – Anch'io so un po' di psicologia questo è un tipico rafforzamento dell'Io, quando un paziente sta male basta dirgli "bene, benissimo" e lui si sente subito bene... Io credo che uno psicoanalista sia un uomo che va al di là della legge. Ma è ragionevole andarci solo per un buon motivo. Un buon motivo è la conoscenza. Dunque noi vi andremo per divenire più bravi.

Renato Delfiol

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