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Autore: Maria Cristina Manfrè
Amore e magia
Autobiografico New Age
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Amore e magia
storia di una fiamma gemella
Sempre più mi sento estranea al mondo “normale”
Questo sentire che mi accomuna a molti di voi sta diventando sempre più forte
L'energia che sento e percepisco come tangibile è sempre più presente
Acutizzata dal cosmo ho la sensazione del cambiamento sulla pelle. Strana cosa questa. In famiglia non mi comprendono
Ancora un'aliena
Una che ha le visioni da fuori di testa
Non bastano le persone che sentono questa incommensurabile energia a far comprendere. Finché non si prova sulla propria pelle
Poi ci si mette pure la fiamma
Sapete non avrei mai voluto questo scontro-incontro, ma è accaduto
Si sta male nell'assenza
Che fare? Attendere, sempre attendere
Un'attesa che logora e che fa venire voglia di cadere un un profondo abisso per non uscirne più
Tanto vale ritornare nel limbo dei ricordi perduti
Invece no, tutto si srotola come un tappeto davanti ai miei occhi e allora sono costretta a vedere, sentire
Fili invisibili nel nulla si intrecciano
La trama di Penelope che non smette mai
Il suo Ulisse è tornato oppure no?
Forse no lo sapremo mai
Magari Circe è riuscita a circuirlo per benino e lui è rimasto lì
Oppure si è lasciato incantare da una bella sirena e ancora cantano insieme nel vortice dei flutti
Chi lo sa?
Ma la storia dice altro, lui torna e viene ucciso da quel figliolo che nulla di lui sapeva
Telegono il suo nome, il figlio nato lontano che poi divenne di Penelope sposo
E... ironia della sorte, Telemaco figlio di Ulisse lo diviene di Circe
Certo che a incasinare tutto il fato ha sempre un bel daffare.
Con tutti questi dei e semidei ci fanno ben dannare
Io scrivo, ma di cosa?
Di me?
Di un passato che urla
Di un futuro di qualcosa che sarà?
Non lo so, so solo che le dita si piegano alla tastiera e non smettono di sputare lettere
Allora mi chiedo cosa voglio trasmettere con tutto questo dire?
Qualcuno lo comprenderà, forse
Qualcuno mi prenderà per pazza, molto probabile
Ma non smetterò mai di unire lettere in libertà, perché ormai non posso più tirarmi indietro




Molti l'han cantato
altri poetato
quell'amor ancestrale
ma così vitale
Di Piramo e Tisbe
anche quel William narrò
di quell'amore
così passionale
così carnale
ma mai vissuto in verità
Allora di Giulietta e Romeo
lui ci parla
di quel sublime e disperato amore


che visse poche ore
Un amore che non trova nessuna ragione
Se non nel cuore del poeta che ancora
vaga alla ricerca della sua meta
Lei è lì sua musa che lo ispira
Lui la sogna e la sospira
ma nel suo agognarla
ancora non si azzarda
Le lancia la coccarda
La stringe forte al petto
Le scrive parole di getto
ma ancora da lontano
non osa prenderle la mano



Fiamme Gemelle
queste sconosciute


Non avevo idea di cosa fossero.
Mai sentite nominare prima.

Uno stralcio di un testo chiarirà meglio cosa sono e perché in ognuno di noi c'è quella sensazione di mancanza, la famosa mezza mela.

Una malinconia che ogni tanto torna a farsi sentire, giunge una lacrima e non si sa da dove provenga.
Fin da bambina mi sentivo diversa. Avevo la netta sensazione di non appartenere a questa realtà. Ho sempre fuggito quella parte di me che gli altri non comprendevano. Sempre curiosa e piena di domande per le quali nessuno aveva risposta, mi sentivo un'aliena in un mondo che non mi apparteneva.
Una bambina con tanta voglia di sapere ma nessuno era in grado di soddisfare questa fame.
Sono sempre stata giudicata strana, una strega, una schizofrenica (da sempre sento le voci).

Ricordo le fughe nel lettone dei miei quando, sul muro di fronte al mio letto, apparivano scene che non capivo. Vedevo gli indiani d'America, i Nativi. Vedevo scene con cavalli e tamburi e forse c'erano anche suoni.

Spaventata da fenomeni che non erano comprensibili a una bambina di 6 anni e ai quali nessuno sapeva dare risposte, l'unico rifugio era il lettone.
Armata di cuscino chiedevo spazio nel mezzo, al sicuro fra mamma e papà.

Da qui alla visita dallo psicologo il passo è breve. E giù di calmanti, cialdoni che frizzavano nel bicchiere dal sapore dolciastro che mi rimaneva per delle ore in bocca.
Ricordo anche delle volte che, con una musica in testa, ballavo. Balli osceni per mio padre. Era una sorta di movimento caotico col bacino, sembrava (adesso che sono adulta posso intuirlo) un amplesso.

Poi, vedendo alcuni documentari alla televisione ho realizzato che stavo danzando come uno sciamano in preda al suo delirio. Effettivamente sembravo in trance.

Episodi di voci nella testa e la sensazione di essere toccata facevano parte della mia giornata.

Alle volte ridevo con nessuno, secondo mia madre. Mi diceva “ridi con gli angeli?”. Forse aveva ragione!

Di sera, uscivo sul balcone di casa e rapita da tanta bellezza del cielo notturno, incontravo lei, la luna.
Le dedicavo canzoni e poesie, inventando parole, la musica la prendevo da qualche canzone nota.
La chiamavo Amanta. Non so da dove venisse questo nome. Per me era Amanta.
Mentre scrivo mi commuovo ancora al solo pensiero. Lei, io e nessun altro.
Un momento nostro. Un abbraccio di madre. Luna mia bella luna. Tutte le canzoni che si ispirano a lei sono per me motivo di pianto, di malinconia. Una mancanza inspiegabile. Famiglia.

Cresco e con questa voglia e curiosità cerco spiegazioni. è un periodo in cui si parla molto di astrologia, lettura delle carte e tutto ciò che è esoterico.
La famosa New Age.

Mia madre ogni tanto andava a farsi fare le carte.
Un giorno andai con lei... avevo preso una cotta per il mio professore di Lettere.
Un orso buono e gentile. Una cosa molto sciocca lo ammetto ma anche divertente pensavo. Volevo sapere se avrei fatto colpo su di lui o no. Chiaramente non ci fu nulla... anche lo carte lo confermarono.
Quindi le carte sono un mezzo che funziona!

Cominciai per gioco a utilizzare un vecchio mazzo di carte da 40. Gli arcani minori, lo seppi in secondo tempo.
Giochino che mi riusciva anche piuttosto bene. Fino a quando si trattava di amore nessun problema ma mi imbattei nella morte.
Non mi piacque “vedere” la morte del papà della mia migliore amica che peraltro stava bene. Pochi mesi e un tumore fulminante se lo portò via.
Non le toccai più, troppo dolore.

Mi cimentai nella “lettura” della mano. Non ci capivo e tuttora non ci capisco una cippa. Erano sensazioni, visioni che scorrevano nella mente. Mi parlavano della persona che mi aveva teso la mano. Parole fluivano dalle mie labbra senza quasi rendermene conto. Un fiume in piena inarrestabile.
Era bello, il mio ego gioiva. Mi sentivo importante. Però pagavo lo scotto. Tutto quello che sentivo me lo trattenevo fino a stare male. Non capivo il motivo. Non sapevo nulla dello scaricare le energie. Come una spugna assorbivo tutto.

Le persone mi hanno sempre avvicinata, come calamitate, sentivano questa mia onda amorevole. Sconosciuti attendendo l'autobus o in metropolitana mi si avvicinavano e cominciavano a raccontarmi le loro pene. Avevano bisogno di orecchie e cuore che li ascoltasse. A volte si finiva piangendo o ridendo insieme. Azioni liberatorie per entrambi. Sono sempre stata un angelo consolatore, così alcuni mi definivano.

Arrivò un periodo buio, non uscivo quasi di casa, credo di aver conosciuto la depressione. Rintanata davanti alla televisione. Inebetita dal cibo e dal tubo catodico. Per fortuna o per amore “loro” quel brutto momento durò poco.

La mia famiglia non mi è stata vicina in questa mia evoluzione, anzi, sempre vista come fattucchiera evitavano come la peste questa mia natura.
Fu così che cominciai a chiudermi sempre di più.
La bambina solare divenne scura come la notte. Paura e dolore erano le mie compagne.
Cresco con mille complessi. Mi rifugio in amori complicati.
Poi, incontro l'uomo che sposerò e che tutt'ora è con me.
è un pò come me ma non accetta quello che sente.

Un giorno che non scorderò mai è quando nasce nostra figlia.Stupenda creatura che mi riempie il cuore e l'anima.
Dolcissima leonessa dalla sensibilità ultraterrena.

Sono una dea.
Sono la Madre.
Madre amorevole.
Come ogni donna in me c'è un pò di LEI
La prima e ultima
Scandalosa e magnifica
Tutte siamo Iside e Ishtar e Inanna
Chi non si sente LEI mente a se stessa

Maria Cristina Manfrè

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