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Autore: Martine Vanderschueren
Ti aspetto a casa
Romanzo
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Ti aspetto a casa
Il sole sta calando in questa bella serata primaverile lasciando all'orizzonte scie colorate dietro le colline. Gli uccelli danno il meglio di sé schiamazzando e volando tra gli alberi attorno alla casa. C'è un profumo di magnolia che aleggia nell'aria. A quest'ora la temperatura è calata ma si sta bene. Io sono seduta in veranda con un libro in mano. Sono sola, con me c'è solo Gringo uno dei nostri cani che sonnecchia vicino all'ingresso, alza le orecchie per un attimo e poi si rimette a dormire.
In lontananza vedo mio figlio Steven che sta tornando con un gruppetto di cinque persone. Guida a cavallo i turisti in giro per il ranch e oltre e, per chi ama cavalcare, questa zona è perfetta. Siamo in una vallata circondata da colline e nelle vicinanze ci sono paesaggi da togliere il fiato. Il nostro ranch si trova nella contea di San Luis Obispo in California a pochi chilometri da Morro Bay e a metà strada tra San Francisco e Los Angeles.
La nostra tenuta ha circa 20.000 acri, in passato era solo un ranch di bestiame ma con il passar degli anni si è arricchito molto. Intorno ci sono una cinquantina di pozzi, dei serbatoi, dei laghi e delle sorgenti, acqua in abbondanza, per noi necessaria.
Ora abbiamo un allevamento sia di bovini che di cavalli e ci siamo perfezionati anche nelle piantagioni di erba medica e di fieno per il foraggio, di olive e vigneto. Abbiamo un grande uliveto dove coltiviamo diversi tipi di olive che vengono utilizzate per produrre l'olio ricavato dal nostro frantoio di ultima generazione. In collina abbiamo anche dei vigneti che producono un ottimo vino, pascoli e prati lussureggianti ospitano una ricca fauna selvatica e il nostro bestiame.
A parte la grande casa in stile hacienda dove abitiamo, ci sono vari cottage disseminati nella tenuta che affittiamo ai turisti di passaggio e organizziamo delle degustazioni di vino e di olio e delle lezioni di cucina
È diventato davvero un ranch degno di nota.
Il lavoro qui non finisce mai.
Non era così quando arrivai qui 50 anni fa

Prima parte (1953-1971)

* 1953

Mi chiamo Elodie, ho otto anni e frequento la terza elementare in un college sulla costa in Belgio. I miei genitori abitano in un paesino molto piccolo che non ha neanche la scuola. Sono entrambi sarti, mio padre disegna modelli di abiti per i grandi magazzini e mia madre li realizza. La nostra casetta ha un bellissimo tetto di paglia ed è circondata da un grande bosco. Su consiglio del dottore che mi riscontra sempre tonsilliti ricorrenti, i miei genitori hanno deciso di iscrivermi in questo college che, trovandosi in riva al mare, ha il privilegio di godere di un'aria carica di iodio che dovrebbe giovare ai miei malanni. Ora è il terzo anno che sto qui. Torno a casa solo durante le vacanze scolastiche come la maggior parte di noi. Mi trovo bene. Ho un sacco di amiche e loro, insieme alle suore che gestiscono il college, specialmente la vecchia Suor Carmen, sono diventate la mia seconda famiglia. Ovviamente mi mancano i miei genitori ma quella che mi manca di più è Bubu, la mia cagnolina. Tra un paio di giorni iniziano le vacanze estive e non vedo l'ora di tornare a casa. Come di consueto, tornerò a casa in treno, accompagnata da una delle allieve più grandi che abita nelle mie vicinanze. Qui le giornate sono scandite da un ritmo molto preciso. Dormiamo in camere a due o tre letti. Fortunatamente questo college è un posto privilegiato, è piccolo e non ha le grandi camerate. Quando suona la sveglia ci dobbiamo lavare e vestire e, in fila indiana, scendiamo di sotto in refettorio. C'è sempre un grande baccano di voci durante i pasti perché si radunano tutte le allieve. Dopo colazione, possiamo uscire in cortile e aspettare la campanella che indica l'inizio delle lezioni. Le ragazze che sono esterne arrivano in classe insieme a noi. Loro hanno il privilegio di tornare a casa tutti i giorni perché abitano vicino. Un po' sono invidiosa perché sono avvantaggiate avendo l'aiuto dei genitori per i compiti e altre cose. Per le lezioni di maglieria, per esempio, dobbiamo sferruzzare per creare una sciarpa ma io, da quando è iniziato il corso, non riesco ad andare avanti con il mio lavoro, vedo che non è fatto bene, è duro e non avanza in lunghezza invece loro tornano con un bel pezzo fatto in modo impeccabile. Sicuramente saranno state aiutate dalla mamma. Comunque io sono molto brava nelle altre materie. Mi piace la matematica e la geografia e la suora mi loda sempre quando faccio un tema perché ho molta fantasia e scrivo bene. La mia migliore amica si chiama Veronique. I suoi genitori lavorano in Africa in Congo e lei neanche durante le vacanze scolastiche può tornare a casa e la cosa mi rattrista molto. Fortunatamente sono molte le ragazze come lei dunque alla fine non rimane mai sola. Durante la ricreazione, possiamo uscire in cortile e giocare. Il nostro gioco preferito è quello dell'elastico: una fa i saltelli secondo una sequenza stabilita tra noi e le altre tengono tirato l'elastico con le gambe divaricate. Si inizia con l'elastico all'altezza delle caviglie, poi via via viene sollevato sulle varie parti del corpo. È molto divertente quando lo alziamo fino al collo. L'altro gioco che amo è quello della campana con le caselle disegnate a terra. Si lancia il sassolino sul primo quadrato, poi si avanza saltellando fino all'ultima casella, un piede solo nelle caselle singole, due piedi nelle caselle doppie, senza toccare le righe e senza cadere, poi si raccoglie il sasso e si torna indietro, non ci annoiamo mai. All'ora di pranzo, torniamo nel refettorio, purtroppo spesso dobbiamo mangiare cose che non ci piacciono, come i cavoletti di Bruxelles che rimangono nel mio piatto fino all'ultimo ma capita anche che ci fanno mangiare le patatine fritte che sono molto buone, anche meglio di quelle di mamma. Dopo pranzo, la suora ci accompagna in riva al mare dove, anche d'inverno, possiamo giocare sulla spiaggia. Penso a quanto sarebbe contenta Bubu di correre sulla sabbia, io sono abituata al bosco e ai prati, ma anche il mare è molto bello. Dopo circa un'ora, torniamo a scuola per le lezioni pomeridiane, finiamo verso le 16:00, quella è l'ora che preferisco perché in refettorio le suore ci distribuiscono le merende. Ognuna di noi possiede una scatola con delle leccornie che i genitori mandano a scuola. La suora, con molta parsimonia, ci dà qualcosa ogni giorno, io condivido sempre le mie con Veronique perché lei non ne ha visto che i genitori sono all'estero. Le mie preferite sono gli orsetti di gomma, gli speculoos e i nic-nacs sia sotto forma di lettere sia con lo zucchero di colore bianco, giallo o rosa sopra. Dopo la merenda, possiamo andare a giocare, poi ci riportano in classe per fare i compiti. Ovviamente siamo in poche perché le ragazze esterne tornano a casa. La suora che ci sorveglia non mi piace. Sono contenta che tra qualche giorno finisca l'anno scolastico così non la rivedrò per un po'. Finalmente quando finiamo possiamo tornare a giocare. Spesso giochiamo a mosca cieca o a ruba bandiera e corriamo per tutto il cortile. Quando arriva l'ora della cena, ci ritroviamo in refettorio con la speranza che troveremo il cibo che ci piace, ma come spesso accade non è così. Il problema è che la suora ci obbliga a mangiare tutto anche se non è di nostro gradimento, ma con Veronique e le altre mie amiche cerchiamo sempre di fare uno scambio senza farci vedere. La sera, possiamo andare a scegliere qualche libro nella biblioteca ed immergerci nella tranquillità e nelle storie fantastiche che leggiamo. Quando vado a dormire, faccio una preghierina per far star bene i miei genitori e Bubu e poi a letto, dove quasi istantaneamente vengo catapultata nei miei sogni.
***
- Sei pronta? -
Alexandra mi guarda con fare interrogativo. È la ragazza che mi deve accompagnare sul treno per tornare a casa. Lei abita a pochi chilometri da casa mia e da sempre fa in modo che arrivi a casa senza problemi. Prendiamo lo stesso treno e lei scende circa dieci minuti prima di me, poi io continuo da sola, è facile. Abbraccio Veronique, la rivedrò solo dopo le vacanze, sono triste da un lato ma dall'altro sono contenta di tornare a casa. - Arrivo! - Prendiamo i nostri bagagli che sono veramente pochi perché a scuola indossiamo sempre l'uniforme e ci incamminiamo verso la stazione. La piccola stazione brulica di gente che spinge, urla e gesticola. Il treno arriva con uno sbuffo e saliamo nella prima carrozza. Riesco a infilarmi tra la folla e trovo un posticino su una panchina già occupata da due donne in carne, una di loro mi guarda sott'occhio, non mi sento a mio agio, mi tolgo la giacca. Oggi indosso dei pantaloni di velluto a coste marroni con un maglione giallo che contrasta perfettamente con i miei capelli castano scuro quasi neri e i miei occhi azzurri. Mi sento arrossire fino alle orecchie, non mi piace l'esame della donna e mi mette a disagio, fortunatamente dopo alcune fermate, lei scende e la mia amica Alexandra può venire a sedersi accanto a me. Dopo un'ora dobbiamo cambiare treno e finalmente c'è aria di casa. - Mi raccomando - mi dice Alexandra, - tra tre fermate devi scendere, non ti sbagliare! Buona vacanza piccola! - Mi dà un bacio sulla guancia e scende dal treno. Rimango da sola ma sono eccitata dal fatto che tra poco arrivo anche io. La stazione non è cambiata, è sempre circondata dagli stessi alberi, dagli stessi fiori. L'aria profuma di pino perché dietro c'è una enorme foresta che conosco bene. Annuso l'aria con soddisfazione, salto sulla piattaforma e mi dirigo verso l'uscita. Il capostazione mi manda un cordiale saluto. - Buongiorno Elodie! Sempre così graziosa e gioiosa come ti ricordo! - - Buongiorno signor Etienne! Si, sono molto contenta, ho due mesi e mezzo di vacanza, vi rendete conto? - - Certo! Fai presto a tornare a casa, la tua cagnolina ti aspetta! - Non me lo faccio ripetere, di corsa seguo il sentiero che si snoda nella campagna. Passo vicino ad un piccolo ruscello che si riscalda al sole. Rane e rospi si addormentano sotto i raggi infuocati del pomeriggio. Un coniglio corre via proprio davanti ai miei piedi. Lancio un grido di sorpresa. - Mi hai spaventata! Perché scappi? Non ti farò del male! - Continuo per la mia strada canticchiando. Su, tra gli alberi, gli uccelli sibilano senza fiato. Un piccolo scoiattolo mi guarda sorpreso dimenticando di mangiare la nocciola spezzata. - Ciao scoiattolo - gli dico ridendo. - Non mi riconosci? Quindi sono cambiata tanto? - Riconoscendo la mia voce, si muove agilmente lungo il tronco del nocciolo e si appollaia sulla mia spalla. - Ah...ecco - gli dico accarezzandogli la coda. - Sei sempre così bello, dai continua il tuo lavoro, devo tornare a casa. A presto! - Continuo la strada saltellando. Alla fine del sentiero, mi appare la mia casetta con il tetto di paglia. - Finalmente ! Sono a casa ! Bubu! - Immediatamente la porta d'ingresso si spalanca e il cane felicissimo mi salta in braccio abbaiando. - Calma, calma, dolcezza. Mi hai leccato la punta del naso. Dai, fermati che devo abbracciare mamma e papà! - Mi segue come un'ombra mentre entro in casa. - Ciao mamma, ciao papà...come sono contenta di rivedervi! - Mi baciano e mi accarezzano i capelli. - Come sei cresciuta - mi dice mamma. - Ma sei dimagrita. Le vacanze ti faranno bene. - - Siamo felicissimi che tu sia qui - mi dice papà. Non so perché però, avverto qualcosa di strano. Sono entrambi un po' distanti e la loro voce è neutrale e senza enfasi ma credo che sia perché sono stanchi. Loro lavorano sempre troppo. - Bene - mi dice mamma - Perché non vai a fare un giro con Bubu, nel frattempo metterò la tua roba a posto. - - Bubu, andiamo! - La mia cagnetta non se lo fa dire due volte e in pochi balzi si avvicina a me. Le accarezzo i bei peli setosi. - Sei un cane meraviglioso, ti ho pensato durante tutto il quadrimestre. Ecco perché i miei voti non sono dei migliori. Questo college! Vorrei tanto stare sempre qui con te! Andiamo! -
***
Prendiamo il sentiero che si insinua nel bosco. Gli alberi brulicano di uccelli che cantano a squarciagola. Mi siedo per un momento sul ciglio del sentiero vicino ad un ruscello che mormora tra l'erba. Bubu si sdraia vicino a me. Tutto è calmo e riposante. Improvvisamente un cavallo lanciato al galoppo appare non lontano da noi. Non ho il tempo di trattenere il cane che parte all'inseguimento del cavallo. - Bubu, Bubu!! - grido con disperazione ma il cane fa orecchie da mercante. Spaventato il cavallo fa una sterzata e fa cadere il suo cavaliere che lancia un grido di paura. Mi precipito verso di lui, è una graziosa ragazzina della mia età con riccioli biondi e occhi azzurri che si strofina il braccio e fa smorfie.
- Ti sei fatta male? - chiedo preoccupata.
- No, no grazie. Ma dov'è finito il mio cavallo? - - L'ho visto andare da quella parte, non sarà lontano. Andiamo a cercarlo! - Richiamo Bubu che con vergogna si accuccia vicino a me e abbassa le orecchie ascoltando i miei rimproveri. - Non sgridarlo, non mi sono fatta male. Succede spesso con i cani! - mi dice la piccola cavaliera con compassione. - Va bene, quindi andiamo a cercare il tuo cavallo! - Prendiamo un piccolo sentiero a destra e lo seguiamo fino in fondo. Tracce di zoccoli ancora fresche appaiono chiaramente sulla terra morbida.
- È andato da quella parte! -
Un poco più avanti scopriamo il cavallo intento a pascolare tranquillamente l'erba della radura.
- Demoiselle! eccoti qui finalmente, ero così spaventata! - grida la ragazza.
Riconoscendo la voce della bambina, Demoiselle solleva la sua graziosa testolina e appoggia il naso sulla spalla della ragazza. - Non spaventarmi mai più, potrei arrabbiarmi! -
Poi la ragazza si rivolge a me; ero rimasta in silenzio. - Grazie mille per avermi aiutata, senza te e il tuo cane non l'avrei mai trovata... Come ti chiami? -
- Elodie Beaulieu e tu? -
- Isabelle de Brétigny. Abito nel castello in mezzo alla foresta. Lo conosci? -
- Si, certo, conosco tutto il bosco a memoria. Il castello è splendido, passeggio spesso lì. - - Be, se vuoi, vieni con me, faremo una passeggiata nel parco e ti mostrerò le scuderie. - - Va bene, può venire Bubu? -
- Certo, dai, andiamo!>
***
Ci dirigiamo verso il castello e alla fine del sentiero ci appare in tutto il suo splendore, non l'avevo mai visto da così vicino, è maestoso, la grande scalinata che porta all'ingresso ha delle statue di leoni ai lati. Isabelle mi racconta che fu costruito nel XV secolo. Ha un grande parco intorno e anche un piccolo lago che non avevo mai visto perché si trova dall'altro lato del castello ed è proprietà privata. Il castello è anche arricchito da quattro torri che sembrano delle sentinelle.
Sono molto impressionata dal parco immenso che lo circonda e dai fiori che affiancano il viale che porta all'ingresso.
- È bellissimo Isabelle! -
Demoiselle, sentendosi a casa, nitrisce di gioia e lì, dietro ad una fila di alberi, altri cavalli rispondono.
- Quanti cavalli ci sono? - chiedo elettrizzata.
- Una ventina penso, ma non sono tutti nostri, ci sono i due cavalli del Duca de la Faille, uno di Madame de Besterfeld ed uno del signor Dumont. Mio padre è allevatore e allenatore. I proprietari lasciano i cavalli alle sue cure e lui ci lavora, ha grossi risultati. L'anno scorso Prince de Galles, il cavallo del Duca ha vinto il Grand Prix du Parc, come puoi ben capire abbiamo qui dei veri campioni. -
Sono esterrefatta. Che bellezza tutto intorno!
- E Demoiselle è tuo? - chiedo timidamente.
- Si, me l'hanno regalato al mio nono compleanno un mese fa. E tu? Quanti anni hai? -
- Compio nove anni il 25 agosto. -
Cado in silenzio per guardarmi in giro. Davanti alla dimora, c'è un prato enorme. Ci sono tavoli e sedie bianchissime disseminati sull'erba e più avanti c'è un'amaca che dondola dolcemente con il vento. Una piccola fontana, situata in mezzo al prato, lancia verso il sole dei getti di acqua di tutti i colori dell'arcobaleno. Al lato del castello, c'è un vivaio variopinto ed un orto, odori di tutti i tipi aleggiano nell'aria. Più vado avanti, più mi sento trasportata in una fiaba bellissima, i miei passi si muovono su una nuvoletta di benessere.
- Cosa succede ? Perché stai per piangere? -
- Mi sento un po' spaesata, è tutto troppo bello! Non sono abituata. -
- Ma che dici ? Io sono contentissima che stai qui con me e vedrai che diventeremo grande amiche! Che differenza fa che abito in un castello? Sono uguale a tutte le bambine che conosci. -
- Dici sul serio? - dico tirando su con il naso e asciugandomi le lacrime.
- Naturalmente ! - mi risponde Isabelle con una risata contagiosa. - È da tanto che cercavo una amica e finalmente l'ho trovata! - Ora mi sento più tranquilla. Questa ragazzina con gli occhi blu e boccoli biondi mi piace. D'ora in poi ho anche io una nuova amica qui. Giochiamo insieme nel parco con Bubu, fino a quando il sole scompare all'orizzonte. Si è fatto tardi. - Devo tornare a casa, mamma sarà in pensiero. - - Che peccato, Elodie, non puoi restare un altro poco? Dopo ti faccio riaccompagnare a casa da mio padre in auto. - - No, ti ringrazio, è più veloce attraversare il bosco. - - D'accordo allora, ci vediamo domani! Verrai vero? - - Certo che verrò, non vedo l'ora di vedere i cavalli! - Vado via con un saluto della mano e un grande sorriso stampato sul volto. Se fossi stata da sola, avrei avuto paura di attraversare il bosco a quest'ora, ma con Bubu mi sento tranquilla. Tuttavia gli alberi assumono forme spaventose e con il cuore in gola, faccio una corsa verso casa.
***
- Eccoti! - mi dice mamma quando entro. - Mi stavo preoccupando. Dove sei stata tutto questo tempo? -
- Scusa mamma, non ho visto che era così tardi. Ero così contenta di essere tornata. -
Non so per quale motivo non ho voglia di raccontare ai miei il mio incontro con Isabelle, la voglio tenere nascosta nel mio cuore per un po'. Mamma mi ha cucinato il mio piatto preferito. Quant'è dolce!
Dopo cena ci sediamo in salotto per guardare un po' di televisione. Mio padre guarda la mia pagella e sembra contento fortunatamente. In fondo non è andata male. Si può sempre fare di più, ma l'importante è che sono stata promossa.
Il silenzio in casa mi preoccupa. Aleggia un'aria pesante ma non riesco a capirne il motivo. Sono tornata, dovrebbero essere felici. Invece...
- Piccola, dobbiamo parlare... - Ecco, non mi sbagliavo.
- Tra una settimana purtroppo mamma ed io dobbiamo andare via all'estero. Ci hanno proposto un lavoro molto interessante a Singapore, posso presentare i miei modelli ad una casa di moda molto conosciuta. Hanno chiesto di me e di mamma. Non so per quanto tempo saremo via, ma se tutto va bene, ci trasferiremo definitivamente e ci potrai raggiungere presto lì. -
Inghiotto la saliva con difficoltà. Dove si trova Singapore? Io che sono tanto brava in geografia non riesco a ricordarmelo. Inizio a sudare freddo. Ma perché? Perché deve succedere questa cosa proprio ora che sono in vacanza e che sono appena arrivata? - Ma io, cosa faccio? Resto qui da sola? - riesco a chiedere a malapena. - Certo che no. Quando partiremo la zia Anne ti verrà a prendere e starai con lei per le vacanze, poi ritornerai al college come sempre. -
Vedo nero. La zia Anne è una di quelle persone che preferisco vedere in foto che dal vivo. Lei abita a cinquanta chilometri da qui, in un paese di minatori. Sono stata a casa sua qualche volta. È una zona bruttissima, quando esci di casa, è tutto grigio e triste. Ci sono pochi bambini, lei non si è mai sposata e non ha figli. Non riesco ad immaginarmi a casa sua.
- Ma devo proprio andare da lei ? -
- Si, Elodie, però ti puoi portare Bubu, almeno non sarai sola. -
Abbraccio con foga il mio cane e le mie lacrime scorrono abbondanti lungo le mie guance.
- Non voglio andare, sarò infelice! -
- Elodie, non fare così, non ci rendere il compito ancora più difficile, c'è poco da fare purtroppo, non ci sono altre possibilità, però ti ripeto, appena ci sarà l'occasione potrai raggiungerci e inizierà anche per te una vita diversa. - Quando mio padre mi parla in questo modo, so già che non ci sarà verso di fargli cambiare idea. Voglio andare a dormire e non sentire niente più.
- Va bene, papà, capisco, ora sono molto stanca e vado a letto. Buonanotte -
***
- Ciao Elodie! Che bella che sei. Mi piace la tua salopette. -
- Ciao Isabelle - rispondo tristemente.
- Che succede ? Sei di nuovo in pena come ieri ? Ti ho detto ieri che ormai siamo amiche! -
Mi metto a singhiozzare di nuovo. Questa notte ho versato tutte le lacrime del mio corpo, racconto con difficoltà quello che mi succede.
Isabelle rimane esterrefatta.
- Vuol dire che non potrai più venire a trovarmi? - Si mette a piangere anche lei.
- Si, purtroppo. Tra qualche giorno mi verrà a prendere mia zia. I miei genitori hanno già preparato tutti i loro bagagli, li ho visti stamattina in camera loro. -
Isabelle mi abbraccia.
- Mi dispiace tantissimo che vai via. Ma dobbiamo approfittare dei giorni che ci rimangono, spero che verrai sempre da me e che giocheremo insieme. Vieni, ti mostro i cavalli! -
La seguo tristemente ma quando vedo le stalle vado in estasi, non avevo mai visto tanti cavalli insieme. L'odore delle scuderie mi stuzzica il naso. Passo davanti ai cavalli uno ad uno, riconosco Demoiselle che si affaccia al nostro passaggio, c'è un bellissimo cavallo tutto nero e un altro tutto bianco; in una stanza al lato l'odore cambia. Ora quello che si sente è il cuoio e la cera, Isabelle mi spiega i diversi accessori tutti ben ordinati appesi vicino alle pareti: ci sono decine di selle, di staffe, di testiere, di cavezze, di redini, di morsi, di imbracature e di pettorali. Non conosco niente di tutto questo e sono impressionata.
- Come fai a conoscere i nomi di tutto? - le chiedo meravigliata.
- Da quando sono piccola, trascorro molto tempo qui. Il nostro stalliere mi ha insegnato tutto sui cavalli e sul mondo che li circonda. È lui che si preoccupa della salute, dell'alimentazione e del benessere dei cavalli. Mi ha insegnato ad avere cura di loro, come strigliarli e spazzolarli, come avvicinarli. Li amo da morire. Un giorno diventerò una campionessa anche io ! -
Guardo la luce nei suoi occhi e non posso fare a meno di essere invidiosa di tanta passione. Per quel poco che mi ha spiegato, già amo anche io queste splendide creature che non avevo mai avuto modo di avvicinare.
- Vieni, andiamo in casa, ci sono i miei. Ti volevano conoscere. -
Saliamo correndo la maestosa scalinata che porta all'ingresso, mi sento come una principessa nel suo favoloso mondo.
- Ciao Elodie! - mi dice sorridente una bellissima signora. - Benvenuta da noi! -
Guardo timidamente la mamma di Isabelle, è una signora molto distinta vestita con un tailleur blu, una camicetta con volant e delle scarpe con un tacco altissimo. Non sapevo che esistessero delle scarpe così alte! Ho paura che si spezzino. Il suo viso è dolcissimo e ha dei capelli biondissimi che ricadono dolcemente sulle spalle e degli occhi di un blu intenso. Mi si avvicina e mi dà un bacio sulla guancia.
- Buongiorno signora! - rispondo con una vocina poco udibile tanto sono intimidita da lei. - Non aver paura di mamma. Si chiama Emily. - mi dice ridendo Isabelle. - È bravissima. - - Hai voglia di una aranciata ? Andiamo a sederci fuori in giardino! -
Chiama un domestico che prontamente appare.
- Joseph! Porta quattro aranciate in giardino per piacere. Abbiamo un'ospite. -
- Subito, Madame, arrivo tra un minuto. -
Usciamo di nuovo insieme e ci sistemiamo nel prato. La giornata è splendida, il sole già riscalda l'erba impregnata di brina e delle farfalle svolazzano qua e là vicino ai fiori e si mimetizzano con i loro colori.
- Allora, raccontami un po'. Isabelle mi ha detto che vi siete incontrate ieri nel bosco, ci ha parlato di te tutta la serata. Come ti trovi con lei? Non chiacchiera troppo? - Sorride dolcemente. Le voglio già bene come ad Isabelle.
- No, signora, affatto. Mi ha spiegato anche tante cose sui cavalli. Io non li avevo mai visti da così vicino prima di ieri. - Isabelle spiega alla mamma che vado a scuola in college e che non ho molte occasioni di uscire.
- L'unico posto dove ho visto dei cavalli è quando andiamo in spiaggia con la suora, spesso passano al galoppo. Sono bellissimi. -
Arriva Joseph con le aranciate.
- Ti trovi bene in college? - mi chiede la mamma. - Anche Isabelle dovrebbe andarci ma non vuole. Vengono gli insegnanti privati qui al castello per le lezioni. - - Si, sono abituata, ho molte amiche lì. Certo mi mancano i miei e il mio cane ma fortunatamente durante le vacanze vengo sempre a casa. -
Ho un attimo di esitazione. Non voglio raccontare che tra qualche giorno devo partire, non voglio rovinare questa bella giornata.
- Ecco mio marito Georges! -
Un bell'uomo elegante in vestito da cavallerizzo si avvicina a noi. I suoi occhi sono scurissimi come i suoi capelli. Ha dei baffetti. È bellissimo.
- Ciao Elodie! Benvenuta tra noi. Finalmente conosciamo la ragazza che ha fatto perdere la testa a nostra figlia. - Sorride. Anche qui, intimidita, rispondo con un sussurro.
- Buongiorno signore. Grazie per l'aranciata, è buonissima. -
- Chiamami Georges, tanto già so che ci vedremo spesso. -
- Si, piccola, puoi chiamare anche me Emily - mi dice la mamma.
- Ora non vi vogliamo trattenere, avrete tante cose da raccontare e da esplorare. Ci vediamo domani per un picnic in giardino, va bene? -
Sorrido rasserenata.
- Mi piace, grazie, a domani! -
Isabelle mi trascina via.
- Andiamo a vedere il lago. -
Corriamo mano nella mano verso la parte posteriore del castello. Non avevo mai visto il lago perché non fa parte del bosco ed è proprietà privata. Il sole splende già alto nel cielo e si rispecchia nell'acqua. Il lago non è molto esteso ma è bellissimo. C'è una piccola barca sulla riva e ci sono un sacco di anatre e altri uccelli che schiamazzano sia sulla riva che in acqua.
- Vieni, salta su - mi dice Isabelle mostrando la barca.
Facciamo un giro sul lago nella piccola imbarcazione. Isabelle è brava anche a remare. Bubu, elettrizzata, salta dalla poppa alla prua abbaiando.
Sono così felice e vorrei che questa giornata non finisse mai.
All'ora di pranzo, Isabelle mi porta in cucina, c'è la cuoca Marie intenta a preparare un pranzo per degli ospiti arrivati in limousine poco fa. Sulla stufa antica dei pentoloni di rame brontolano e sprigionano odori squisiti. Sul davanzale, ci sono dei vasi pieni di piante aromatiche di tutti i tipi. Marie è una donna in carne, rossa in viso, con una treccia bionda e indossa un grembiule lungo fino alle caviglie. Isabelle la abbraccia.
- Ci puoi preparare un panino, Marie? Lei è la mia nuova amica Elodie. Andiamo a fare un giro nel bosco dopo. -
- Certo, piccola, dammi solo un minuto. -
Poco dopo ci sistemiamo al tavolo in legno di quercia in cucina con un panino squisito. Marie è molto indaffarata. Joseph va e viene dalla sala da pranzo portando le pietanze e il vino ed è sceso varie volte giù in cantina per andare a prendere le bottiglie migliori.
- Papà è un grande amatore di vini, ha una cantina piena di vini pregiati - mi dice Isabelle sotto voce. Penso che questo castello sia la cosa più bella che abbia mai visto. Quando sono entrata per salutare i genitori di Isabelle, ho visto come è stupendo anche all'interno, ci sono travi di quercia, tappeti colorati, mobili rustici e quadri dipinti su tutte le pareti. Ho letto una volta a scuola un libro che descrive un castello simile, ma non avrei mai potuto immaginare di vederne realmente uno.
Nel pomeriggio facciamo una passeggiata nel bosco e qui io conosco i posti più belli perché da quando sono piccola, ho imparato a conoscere ogni angolo, ogni dettaglio, ogni albero, ogni radura.
Bubu ha adocchiato un coniglio e lo sta inseguendo. Ridiamo perché il coniglio è naturalmente molto più veloce di lui. Ci stendiamo a terra con un filo d'erba in bocca. C'è un silenzio assoluto interrotto soltanto da qualche canto di uccelli e dal ronzio delle api attorno ai fiori. Il vento accarezza il fogliame e gli alberi cambiano colore sotto al sole che filtra attraverso i rami. Come vorrei che questi momenti non finissero mai. Isabelle continua a chiacchierare bisbigliando e io faccio lo stesso per non rompere l'incantesimo. Siamo veramente molto simili, abbiamo gli stessi gusti e ci piace ridere. Purtroppo anche oggi la giornata sta per finire e, dopo un caloroso abbraccio a Isabelle, prendo la strada di casa.
***
Stasera a casa il clima è più rilassato di ieri. I miei ridono e scherzano e cercano di coinvolgermi mostrandomi le foto di Singapore. Ricordo vagamente che si trova in Asia e di aver studiato questo a scuola ma inconsciamente mi rifiuto di prestare attenzione. Sicuramente per loro sarà un bel salto di qualità anche se io, piccola come sono, probabilmente non me ne rendo conto. Avranno un appartamento in un grande grattacielo con vista sul mare e la ditta per la quale andranno a lavorare è una casa di moda in grande espansione. Dovranno fare un lungo viaggio in aereo. Nessuno di noi è mai salito su un aereo e loro sono preoccupati.
A me piacerebbe volare. Chissà se veramente un giorno dovrò andare da loro. La cosa non mi attira. Dovrei lasciare tutti i miei amici e non potrei più vedere Isabelle. In un attimo mi rendo conto che probabilmente non la rivedrò più una volta che sarò andata da zia e il magone mi riprende. La notte faccio sogni strani, mi trovo in un castello in montagna ma c'è un fantasma che mi perseguita per tutte le scale, cado giù dal secondo piano cercando di scappare e mi ritrovo a terra tremante in un bagno di sudore.
Non voglio andare da zia!
***
Stamattina, dopo aver fatto colazione, scappo fuori con Bubu. Oggi ci attende un bel picnic. Sono molto contenta di passare la giornata al castello e di stare con Isabelle. Che peccato non averla mai incontrata negli anni passati, abitiamo vicino.
Bubu come al solito rincorre ogni coniglio che incontra. L'aria stamattina è ancora fresca, la rugiada copre le piante ma il sole già ha fatto capolino sopra i rami.
Arrivo al castello e vedo che Isabelle già mi sta aspettando dondolandosi sull'amaca. Vicino a lei vedo dei cani che giocano rincorrendosi, sono cani splendidi, sembrano di razza ma io non ne capisco niente.
- Guarda Elodie! Anche noi abbiamo i cani. Due sono labrador, e l'altro è un pastore tedesco. A casa ci sono quattro yorkshire che sono tremendi! -
- Che belli! Li posso accarezzare? -
- Certo, sono bravissimi! -
Bubu si lancia nella partita e inizia a correre con loro, sembra che si diverta un mondo.
- Purtroppo il mese scorso è morto uno dei nostri cani più vecchi, era un pastore tedesco. Non ti dico come era bello! La notte faceva la guardia ai cavalli nella stalla. -
La cosa mi rattrista. Non voglio pensare al giorno che Bubu non ci sarà più.
- Vieni! Ti mostro la mia camera! -
Isabelle mi prende la mano e corriamo su per le scale.
Oggi non ci sono i genitori o almeno non li vedo. Mi trascina al primo piano per una scala monumentale.
La sua stanza è enorme. C'è un grande letto di ottone con un copriletto a fiori di un colore delicato. Due finestre altissime si affacciano sul lago. Ha un sacco di giocattoli ordinati in un angolo tra cui una casa di Barbie arredata e completa di tutti gli accessori. Spalanco gli occhi, non ho mai visto una cosa così bella, a casa io ho una Barbie e un Ken con pochi vestiti cuciti da mamma, ma quando sto in college non posso portarmi nessun giocattolo dietro.
- Vogliamo giocare? - mi chiede Isabelle. - C'è anche il camper, giochiamo a fare un viaggio. -
Mi siedo a gambe incrociate come gli indiani e prendo una delle Barbie, indossa un vestito da sera scollato e delle scarpe altissime come quelle della mamma di Isabelle. Passiamo un paio di ore a giocare tranquillamente, vestendo e rivestendo Barbie e Ken.
- Ragazze, ci siete? -
È la voce di Emily che ci chiama da giù.
- Si, mamma, arriviamo! -
Lasciamo a malincuore i nostri giocattoli e ci precipitiamo giù per le scale.
- Buongiorno Elodie! Sono contenta che sia venuta! Accomodiamoci fuori sul prato, abbiamo tutto l'occorrente per il nostro picnic. -
Armati di cesti giganti e di una tovaglia ci rechiamo in giardino vicino alla fontana.
- Marie ci ha preparato delle prelibatezze. Spero che ti piaceranno! -
- Grazie Emily! Sarà tutto buonissimo, già sento l'odore dei salumi e dei formaggi. -
Dopo circa dieci minuti, anche Georges si aggrega sedendosi insieme a noi sulla tovaglia colorata. Le api hanno sentito il richiamo del cibo e iniziano a gironzolare attorno a noi.
Io sono davvero tanto felice. La famiglia di Isabelle è veramente straordinaria, sprizza gioia da tutti i pori. Si mettono anche a cantare una canzone scozzese perché da come ho capito la mamma di Isabelle è nata in Scozia.
Il pomeriggio passa davvero in un lampo tra pranzo, giochi sull'erba e canzoni. Georges è andato a prendere anche la sua chitarra e abbiamo cantato tutto il pomeriggio.
Quando arriva sera, torno a casa con il cuore gonfio di amore per loro.
***
Stasera a casa, dopo cena, ho chiacchierato con i miei, raccontando la mia giornata. Ero eccitata e felice. Mi hanno guardato con fare sospettoso. - Non puoi andare sempre da loro! Il Conte de Brétigny è una persona altolocata e non sta bene che vada sempre lì a dare fastidio. -
- Ma papà, ti assicuro che a loro piace che stia con loro. Ho fatto amicizia con la loro figlia e ci vogliamo bene. -
- No, non voglio che ci vada ancora, tanto dopodomani zia ti viene a prendere e domani devi preparare le tue cose. - Le lacrime inondano il mio viso. Come può mio padre impedirmi di vedere Isabelle? Domani dovrei tornare da loro e dobbiamo giocare ancora! Mamma cerca di calmarmi, ma mi divincolo e corro in camera mia. Mi butto sul letto piangendo... Passano un paio di ore in cui mi dispero. Improvvisamente fuori di casa si ferma una macchina e sento bussare alla porta. Mio padre apre e lo sento parlare.
- Buonasera Signor Conte! Che piacere vedere lei e la sua famiglia! -
- Buonasera Signor Beaulieu. Voi siete i genitori di Elodie? -
- Sì, signor Conte, mi dispiace tanto che mia figlia vi abbia dato fastidio, non la faccio venire più, non si deve preoccupare, tanto dopodomani va via. - Mi affaccio timidamente all'ingresso della camera da pranzo. Isabelle mi viene incontro e mi abbraccia.
- Assolutamente no, signor Beaulieu, vostra figlia è di una dolcezza infinita e mia figlia Isabelle ci ha detto che dovete andare via e che lei deve andare da una zia. -
- Sì, esatto. Parte dopodomani. -
- Ecco, volevo proporvi di lasciare Elodie da noi per le vacanze, Isabelle ci tiene tanto, vanno molto d'accordo e noi abbiamo visto che vostra figlia è molto ben educata e graziosa. A noi fa piacere averla in casa, ora se per voi e vostra moglie va bene, potrebbe traslocare da noi dopodomani come previsto, la verremo a prendere con la macchina. - Vedo che mio padre spalanca gli occhi e io non riesco a credere alle mie orecchie.
- Signor Conte, sono lusingato, ma ho paura che mia figlia sia troppo turbolenta... -
- Ma no, affatto. È un raggio di sole in casa e siamo felici di ospitare lei e Bubu naturalmente. Allora? -
Mamma e papà mi guardano increduli, sono tanto felice che riesco a malapena a stare ferma.
- Signor Conte, allora se insiste, va bene. Se avete qualsiasi problema con lei vi lascio l'indirizzo di mia sorella che verrà a prenderla subito. Alla fine della vacanza lei verrà comunque a prenderla per portarla al college. -
- Va benissimo, Signor Beaulieu. Siamo d'accordo. -
Mi metto a fare salti di gioia e trascino Isabelle in una danza attorno al tavolo. Mamma mi guarda inorridita ma si affretta a farli accomodare in salotto per offrire loro il liquore di nocciole che fa con le sue mani.
Continuano a chiacchierare tranquillamente anche se vedo che mio padre ha molta soggezione del Conte.
Dopo un'oretta, vanno via, mi danno tutti un bacio sulla guancia e li abbraccio molto forte.
- Grazie, Georges! -
La notte ho dormito come un ghiro.
***
Da quando sono a casa di Isabelle mi sento al settimo cielo. Certo salutare i miei genitori non è stata una cosa piacevole, chissà quando li rivedrò! Mamma piangeva come una fontana, anche io, abbiamo deciso di scriverci spesso, ci siamo abbracciati e se ne sono andati verso l'aeroporto alzando un turbine di polvere. In questo momento sono nella cameretta che mi hanno assegnato, è molto carina, si trova sullo stesso piano di quella di Isabelle, è solo un po' più piccola. Le finestre danno sulla parte posteriore del castello, sul lago. C'è un grande letto in legno di quercia con un copriletto di colore pastello molto bello. Seduta alla mia scrivania scrivo una lettera ai miei, penso che ormai siano arrivati a destinazione.
- Elodie! Vieni con me! -
Isabelle fa irruzione in camera. Ha dovuto fare i compiti delle vacanze ma ora ha finito.
Scendiamo velocemente le scale.
- Vuoi imparare a cavalcare ? -
- Certo, ma ho un po' di paura. -
- Ma no, vieni! -
Davanti al cancello, Andy lo stalliere tiene Domino per le briglie. È un piccolo cavallo baio dall'occhio vivace che conosco un poco per averlo accarezzato il giorno del mio arrivo. Andy mi solleva delicatamente e mi mette in groppa al cavallo, tremo un po' sentendo Domino fremere sotto di me mentre aggiusta le staffe.
Finalmente i primi passi. L'uomo tiene Domino e ci porta al maneggio.
Qui, mi dà le prime lezioni.
- Tieni le mani basse, rimani ben seduta sulla sella, non gridare, si potrebbe spaventare il cavallo! -
Faccio rapidamente dei progressi. Ogni giorno lo stalliere mi dà una lezione e, dopo alcune cadute e qualche spavento, sono in grado di accompagnare Isabelle nelle sue passeggiate a cavallo. Cavalco sempre Domino, ormai si è abituato a me e io a lui.
Quelle passeggiate sono un toccasana per me, ritrovo la mia amata foresta e i lunghi galoppi con il vento nei capelli mi fanno vivere una sorta di magnifico sogno. Il rumore degli zoccoli dei cavalli rimbomba nella quiete del bosco e il loro respiro affannoso e il loro nitrito sono gli unici rumori che si sentono.
Quando torniamo al castello, ci curiamo dei nostri cavalli asciugandoli con cura e ringraziandoli per le gioie che ci hanno donato. Andy ci spiega che i cavalli sono molto delicati e che bisogna asciugarli bene dopo averli cavalcati per impedire che si ammalino. A me piace rimanere nella scuderia e spesso mi sdraio nel fieno nella stalla.
Bubu non mi lascia mai, ma quando esco a cavallo lei rimane al castello a giocare con gli altri cani.

Martine Vanderschueren

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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