I Delitti del Brabante
1 - Un cadavere sul tappeto
C'era un cadavere sul tappeto del suo salotto, non era la scena di un telefilm, era un cadavere vero, come il sangue che aveva intriso i decori; doveva sbarazzarsene in fretta, il tappeto non sarebbe stato un problema ma del corpo cosa ne avrebbe fatto?
Il fiume, l'unica soluzione era il fiume ! Il ramo a sud, quello era il punto più vicino, per arrivarci avrebbe dovuto attraversare la piazza e passare davanti alla Cattedrale, lo avrebbe fatto a notte fonda, sarebbe stato faticoso e pericoloso ma non c'erano alternative.
In cantina prese tre sacchi neri, di quelli industriali, pesanti, e del nastro americano, per fortuna Etienne era di corporatura esile, con l'aiuto di Henrietta che aveva smesso di piangere, riuscì a sistemarlo per bene e a sigillare il tutto con il nastro adesivo.
Una volta attraversata la piazza si trattava di percorrere poche centinaia di metri fino al Lamot, lì avrebbe potuto buttarlo nel Dyle dal ponte, Henrietta lo aiutò a sistemare il corpo sulle spalle in modo che il peso risultasse ben bilanciato, se fosse riuscito a mantenere l'equilibrio in pochi minuti sarebbe finito tutto.
Fuori dal portone esitò, ma solamente per un attimo, poi partì. Aveva superato la piazza di slancio e lasciatosi alle spalle lo spigolo della Cattedrale aveva davanti a se la Begijnenstraat, era deserta, le luci fioche, accelerò il passo, il cuore aumentò rapidamente il ritmo, la fatica si faceva sentire, ma anche la paura; a metà strada ebbe la sensazione che non sarebbe mai arrivato al ponte ma resistette e quando stava per arrendersi e gettare a terra il sacco, stremato, vide le luci del Vismarkt, strinse i denti e andò avanti, i polmoni bruciavano, svoltato l'angolo i lampioni del ponte gli diedero le ultime energie, in prossimità dei gradini si inarcò per spostare il peso, salì d'inerzia e senza por tempo in mezzo approfittò dell'abbrivio per lanciare il sacco oltre la spalletta, non guardò neppure, udì il tonfo, si girò e intraprese la via del ritorno, ansimando e cercando di aspirare ogni molecola dall'aria ma deciso a guadagnare la soglia di casa il prima possibile.
Poi avrebbe pensato al tappeto.
2 - Dieci anni prima
Mechelen, la prima volta che lesse questo nome su un foglio di servizio, dovette prendere un atlante dalla biblioteca per identificarne la posizione, l'Ispettore Emile Armand Du Pre era poco avvezzo alla tecnologia, doveva vedere una mappa cartacea per capire.
Mechelen, antica capitale dei Paesi Bassi, odierna cittadina delle Fiandre, a metà strada tra Bruxelles e Anversa, un fiume, una cattedrale, una stazione ferroviaria, fredda e umida.
Mechelen, era che lì che il Capo Bertrand aveva deciso di mandarlo, ne era sicuro, per sbarazzarsene, anche se solamente per tre giorni.
“Congresso di Criminologia per il Coordinamento della Polizie Europee e l'Armonizzazione dei Sistemi Investigativi”.
Difficile obiettare o rifiutarsi, questa volta la porcata era pulita, niente cadaveri stantii affibbiatigli per dispetto, niente casi rognosi, niente indagini senza soluzione assegnate con il pretesto: - Lei è il migliore! - ; un bel Congresso, viaggio pagato, hotel pagato, buoni pasto e l'unico obbligo di produrre un intervento di almeno quindici minuti.
D'altro canto lui era il migliore, questo era vero e nelle occasioni migliori si mandano i migliori, nulla da eccepire ! Non rimaneva che fare la valigia, non esistevano scappatoie, un ordine diretto è un ordine diretto, anche se è una punizione travestita da viaggio premio.
E comunque non avrebbe avuto pace fin quando non avesse scoperto perché Bertrand lo voleva lontano da Parigi in quei tre giorni.
Osservò Emy che dormiva con la faccia affondata nel cuscino e il braccio penzoloni fin sul pavimento, sospirò, prese la pipa da battaglia dalla scrittoio, la ficcò in tasca e si avviò; scese la scala a chioccola esterna che conduceva al piccolo cortile sul retro barcamenandosi come meglio poteva con la valigia, si girò a guardare la gattaiola del piccolo locale garage e invidiò Le Chat che sicuramente stava tranquillamente ronfando sul suo cuscino sotto il tavolo degli attrezzi, si chiuse il pesante cancello celeste alla spalle alle 05.30, l'aria era gelida e umida, una normalissima, gelida, mattina di Febbraio al Quai de Valmy, si tirò dietro il piccolo trolley nero fino alla Renault 19 color blu notte che lo attendeva con il motore acceso, la portiera del guidatore si aprì: - Buongiorno Capo - , Victor afferrò la valigia e la ripose nel bagagliaio mentre lui si sedeva all'interno, le portiere si richiusero quasi all'unisono, dentro c'era un bel caldo e una musica orientaleggiante a basso volume.
- Sicuro di voler prendere il treno ? Posso portarla io fino a Bruxelles - .
- Mi piace il treno - , rispose.
Victor capì l'umore dell'Ispettore, si allacciò la cintura e in pochi minuti furono alla Gare du Nord.
Il treno si mosse puntualmente alle 06.20 e mentre galleggiava sul mare di scambi che lo avrebbe instradato sulla linea per Bruxelles Du Pre ripensò alla motivazione che l'Addetto dell'Ufficio Organizzativo gli aveva propinato alla sua domanda: - Perché un orario così mattutino? -
- Così può prendere possesso della camera appena possibile e avere tutto il tempo per prepararsi adeguatamente - .
Il viaggio durò la prevista ora e venti e il convoglio bordeaux del Thalys entrò puntualmente alla Gare du Midi, ebbe quindi a malapena il tempo per prendere la coincidenza per Anversa e in meno di un quarto d'ora si trovò sul marciapiede della Stazione di Mechelen, faceva molto più freddo che a Parigi e minacciava pioggia, si infilò nel gabbione di legno e vetro che fungeva da riparo al binario per i viaggiatori in attesa, estrasse dalla tasca esterna del trolley i documenti dell'hotel e le istruzioni che Emy aveva scritto per raggiungerlo.
La stazione, in piena ora di punta, era pervasa dalla frenesia dei pendolari, chi andava verso Bruxelles, chi in direzione opposta verso Anversa; appena scese le scale mobili e ebbe guadagnato il sottopasso pedonale che collegava tutti i binari sentì odore di caffè e si ricordò che non aveva mangiato nulla dalla sera precedente, si infilò nel primo chiosco che incontrò nell'atrio e ordinò un café au lait e un pain au raisin, rifocillato ma ancora parzialmente stordito uscì sul piazzale esterno, alla sua destra numerosi bus ordinatamente parcheggiati a pettine nelle piattaforme a loro assegnate, in quelle vuote decine di persone attendevano intabarrate cei loro giacconi che arrivasse il loro numero, alla sua sinistra l'inquietante busto di un militare su uno scarno piedistallo di granito consunto dalle intemperie, sull'altro lato della piazza case basse e dimesse, le une accanto alle altre, tra di esse un classico caffè con la vetrine di legno e i vetri appannati, sull'angolo un mini market palesemente orientale, al centro della piazza una struttura simile a una piccola torre di controllo, un pannello elettronico riportante tutti gli orari degli autobus in tempo reale, sbuffò e estrasse dalla tasca la sua pipa, la caricò osservando lo sconfortante paesaggio ingrigito dal cielo e da una foschia appena accennata, la accese, tirò alcune boccate nervosamente, controllò un'ultima volta le istruzioni di Emy scritte con precisione e con una grafia maniacalmente regolare, afferrò il trolley e fumigando si incamminò, appena uscito dalla copertura della tettoia esterna dell'edificio ferroviario un leggerissimo nevischio lo colpì di sorpresa.
“Attraversare, prendere la strada larga a sinistra/centro, percorrerla fino alla Porte de Bruxelles, attraversare, imboccare la strada esattamente di fronte e percorrerla finché non incontrerai una piazza con giardino alla tua destra, ancora diritto, dopo 100 metri a sinistra c'è l'ingresso di un parcheggio sotterraneo sull'angolo di un palazzo, svolta a sinistra e troverai il tuo albergo.”
Internet fa miracoli, le istruzioni erano precise e svoltato l'angolo si trovò in una piccola piazza rettangolare il cui lato corto era occupato dall'edificio dell'hotel; l'intero piano terra era di vetro, inondato di luce, i piani superiori, ricoperti di lastre di pietra grigia, punteggiate da finestre perfettamente rettangolari, era architettonicamente un pugno in occhio a qualsiasi altro edificio intorno ad esso, gli fece simpatia.
L‘ingresso era ampio, divani, tavoli con computer, un bar interno, tutto molto moderno e luminoso, depositò sul bancone la prenotazione e i documenti, la piccola ragazza bionda lo salutò, controllò, gli fece presente che era troppo presto, il check in era dalle 14.00 ed erano da poco passate le 10, forse fu intenerita dalla sua espressione sfatta.
- Mi lasci controllare - , picchiettò sulla tastiera, - Abbiamo diverse camere già pronte, possiamo fare uno strappo alla regola - , continuò a picchiettare, gli allungò la tessera elettronica sul piano di vetro e gli augurò buon riposo.
La camera era al quinto piano, non la guardò neppure, come un automa aprì il trolley, estrasse il vestito buono sistemato sulla stampella e avvolto nel cellophane e lo appese nell'armadio come gli aveva detto Emy, per stendere le pieghe prima dell'uso, si spogliò gettando i vestiti alla rinfusa sul divano, sistemò sul comodino la sua sveglia, la regolò e si infilò sotto il soffice piumone perdendo conoscenza immediatamente.
Aprì gli occhi in una luce livida, come fosse l'alba, si girò per guardare l'ora, le 12.15, almeno il suo orologio interno funzionava ancora, non aveva perso la capacità di anticipare il risveglio, il resto però ... fissò sconsolatamente il soffitto e si arrese, il suo corpo era stato chiaro, i 50 facevano capolino all'orizzonte e doveva accettarlo, non poteva più permettersi di abusare del ricordo di quello che era stato; le notti di appostamenti, gli orari assurdi, i pasti casuali, non se lo poteva più permettere, gli era bastato svegliarsi prima del sorgere del sole, prendere un paio di treni nel gelo mattutino e una passeggiata di poco più di un chilometro a quasi zero gradi per crollare in un sonno profondissimo di tre ore.
La sveglia suonò, si mise a sedere sul letto e si guardò intorno, la stanza gli piaceva, era moderna, asettica e senza personalità, come voleva fosse una camera d'albergo, un luogo al quale non affezionarsi, alla sinistra del letto una finestra che percorreva tutta la larghezza dell'ambiente, alla sua destra una porta scorrevole a tutta parete in legno chiaro con riquadri di vetro sabbiato che nascondeva la stanza da bagno.
Si alzò, stava bene ora, aprì l'acqua della doccia e regolò la temperatura, lanciò le mutande sul letto e si ficcò sotto il getto caldo, quello di cui aveva bisogno; con un asciugamano in vita scrutò meglio quel che aveva intorno, in una nicchia scovò un frigobar e una mensola con un bollitore, accanto un cestino con caffè, te, tisane assortite, biscotti vari e caramelle, si sentì rilassato, scaldò l'acqua, si fece un caffè, mangiò una confezione di biscotti e giudicò che la pratica pranzo potesse dirsi archiviata.
Recuperò dalla solita tasca del trolley la cartellina con il programma del convegno, si sedette sul bordo del letto e la aprì.
Ore 17.00 apertura del Convegno, saluto del ... bla, bla, bla, ore 18,30, intervento del ... bla, bla, bla, ore 19.30 cena, rabbrividì all'idea di cenare all'ora di merenda.
Aprì la busta che conteneva i documenti per l'accredito e vi trovò un biglietto scritto a mano.
“Il Vice Ispettore Peter van der Broek passerà a prenderla in Hotel alle 16.00”
Erano le 13.00.
Si vestì, prese dal borsello in valigia una pipa e posò quella usata la mattina sul comodino, lasciò la camera dopo essersi assicurato di avere con se la tessera elettronica.
Appena fuori dell'edificio caricò e accese la pipa, uno sguardo alla strada da cui era arrivato e andò dalla parte opposta, c'era una piccola piazza divisa a metà da quel che sembrava un canale e riunificata da un ponte pedonale, emise una voluttuosa nuvola di fumo, lo attraversò e si perse per le vie di Mechelen.
Tornò in albergo poco dopo le 15.00, la lunga passeggiata per le vieuzze della cittadina lo aveva divertito, l'aveva risintonizzato e stranamente lui cittadino che amava i grandi palazzi opprimenti, le vie larghe, gli incroci, i semafori, il clangore delle metropolitane e il frastuono degli aerei, financo l'odore dello smog, aveva trovato amichevole quel borgo silenzioso e brumoso.
Si fece un'altra doccia e stese sul letto il vestito, tolse dalla stampella la cravatta con il nodo già fatto da Emy, visto che lui non aveva mai appreso quella singolare arte e si vestì con cura, calzò le scomodissime scarpe eleganti e scese nella hall ad attendere il collega che lo avrebbe accompagnato.
Appena uscì dall'ascensore un giovanotto alto e dalle spalle larghe, con la faccia da vichingo ben rasato, si alzò da uno dei divani e gli si fece incontro.
Si strinsero la mano.
- Vice Ispettore Peter van der Broek - , si presentò, - Spero che la sistemazione sia di suo gradimento, me ne sono occupato personalmente, ho pensato che non avrebbe gradito risiedere nello stesso albergo degli altri congressisti, qui siamo vicini al fiume e l'ambiente è informale e impersonale quanto basta - , Du Pre lo fissò.
- Ha preso informazioni su di me? -
- L'ho studiata alla Scuola di Polizia, ho letto qualche intervista e i resoconti dei suoi casi -
- Voi mi studiate? -
- Certo! C'è un intero capitolo sui suoi metodi investigativi nel nostro libro di testo - .
L'opera era compiuta, il Viale del Tramonto si apriva dinnanzi a lui, non era più contemporaneo, era storico, oggetto di studio, soggetto da studiare.
- La Duchessa è con lei? - , la voce di van der Broek lo destò dalle sue elucubrazioni.
- No -
- Peccato, molti a Boom saranno delusi - .
Fuori dal palazzo grigio un'enorme Peugeot nera li attendeva.
- La Prefettura mi ha assegnato temporaneamente una delle nostre auto di rappresentanza, il Congresso si svolge a Boom, una decina di chilometri da qui - .
Bertrand sapeva quanto può essere noioso un congresso di criminologia per uno abituato a lavorare sul campo e per questo lo aveva mandato lì, per fiaccarne lo spirito, lo aveva capito, una punizione esemplare, due giorni di strette di mano, di sorrisi forzati e di sbarbatelli adoranti che non avevano mai passato una notte seduti in macchina fuori da un portone in attesa di qualcosa che spesso non accadeva e che al massimo avevano passato qualche notte su un libro a studiare l'esame del giorno dopo, oppure a leggere le sue gesta su qualche saggio investigativo comodamente al caldo delle loro stanze o davanti allo schermo di un monitor a cliccare sui resoconti dei suoi casi del passato, c'erano poi i soloni e i pezzi grossi, quelli che gli stringevano la mano sorridenti ma avrebbero voluto pugnalarlo per l'invidia.
L'unico da salvare era Peter, sembrava veramente convinto del lavoro che aveva scelto, non aveva la faccia da sfigato e quando parlava lo faceva con parole sue e non con paroloni copiati dai testi scolastici, poi era nato a Liegi, una città che gli era sempre piaciuta, era più cittadino di lui che invece era nato in campagna, anche se aveva fatto di tutto per fuggirne appena possibile.
Questo pensava fumandosi quell'ultima pipa sulla panchina del Vismarkt di Mechelen quando l'orologio segnava pochi minuti alle tre del mattino di una notte gelida ma serena, con la valigia che lo attendeva in camera già pronta e il biglietto del treno che lo avrebbe ricondotto a Parigi già nella tasca del soprabito.
3 - Mechelen by Night
L'unica cosa che non era mai cambiata in dieci anni erano le sue fumate notturne al Vismarkt, per il resto era stata una lenta ma progressiva rivoluzione; dopo quel primo punitivo congresso Du Pre era tornato rigenerato, non sapeva neppure perché Mechelen lo aveva segnato, la città in sé era simile a tante altre del Nord Europa ma di notte assumeva contorni fiabeschi, i lampioni sul Dyle, le luci della Cattedrale e quelle del Municipio, non seppe spiegarselo ma per buona misura l'anno successivo tramò affinché fosse riassegnato a quel congresso e il Capo Bertrand fu ben felice di accontentarlo, di poter mettere trecento chilometri tra l'Ispettore e lui senza colpo ferire, sicuramente perché non si rese conto del favore che gli stava facendo, anni dopo quando realizzò scoprì di essere stato la causa dell'ennesima sconfitta trasformata da Du Pre in vittoria roboante.
Il terzo anno la fortuna sfacciata di Du Pre cristallizzò la situazione, si trovò coinvolto nelle indagini sull'omicidio di un congressista durante le quali si scoprì che la vittima era morta da più di venti anni, uno di quei casi contorti che avevano reso celebre l'Ispettore e la sua presenza al Congresso annuale divenne pressantemente richiesta, poi le svolte una via l'altra, i due giorni e mezzo del primo anno divennero tre e mezzo, quattro e infine cinque e da quattro anni era riuscito a far inserire anche Emy nel pacchetto.
Peter era diventato un pezzo grosso della Polizia Locale e la loro amicizia era ormai cosa nota a tutti.
Così uscendo dall'hotel alle due del mattino, come ogni notte da dieci anni, con in tasca la pipa già caricata, tirò su il bavero del giaccone e percorse i cento metri che lo separavano dalla sua panchina preferita, le luci del Lamot era ormai spente e l'enorme facciata di vetro appariva scheletrica nella notte e rifletteva con strani effetti i riflessi della luce lunare sulle placide acque del Dyle; una tirata dietro l'altra la sua pipa si avviava al finale quando sull'altro lato del ponte, improvvisamente, vide passare sotto la luce giallastra di un lampione, una figura anormale, deforme, quasi un gargoyle, lo strano essere salì di slancio la scaletta del ponte e si divise in due, qualcosa di nero venne scagliato nel fiume dove arrivò con un tonfo sordo e sul ponte rimase un uomo che immediatamente si allontanò tornando da dove era venuto, capì che la singolare figura altro non era che un uomo piegato sotto il peso di qualcosa che trasportava a fatica sulle spalle e che aveva appena scaraventato giù dalla spalletta del ponte.
D'istinto cacciò la pipa in tasca e salì sulla passerella mentre l'uomo spariva nella Begijnenstraat, osservò le acque, il sacco veniva lentamente trascinato dalla corrente, tirò su con il naso e si avviò anche lui verso la Begijnenstraat.
Appena imboccata vide l'ombra passare da un cono di luce all'altro, l'andamento era sostenuto ma incerto, forse per la fatica appena fatta, il fiato del fuggiasco condensava in quantità decisamente superiore al suo e si disperdeva in ampie volute rotte dal suo stesso incedere, segno che era in forte affanno, tuttavia non ridusse il passo e lui fu accorto a non avvicinarsi troppo, giunto davanti alla Cattedrale attraversò e la aggirò sulla sinistra, percorse a grandi passi la piazza alberata dietro di essa, si fermò davanti a un portone, lo aprì, entrò e lo richiuse rapidamente alla sue spalle. Du Pre rimase nascosto nell'ombra della torre campanaria lunghi minuti, nessuna luce si accese sulla facciata, attese buona mezzora, nulla o il portone dava accesso ad un altro gruppo di appartamenti interni oppure l'uomo era stato particolarmente accorto.
Riprese fiato e con esso la via dell'hotel chiedendosi a cosa aveva assistito.
Cosa conteneva il sacco? Spazzatura di cui sbarazzarsi senza pagar pegno o il risultato di un crimine efferato?
Guadagnata la hall si tolse il cappello e aprì il giaccone ma il caldo che sentiva bruciagli improvvisamente la faccia non era dovuto alla differenza di temperatura tra la gelida notte di Mechelen e il caldo tepore dell'ingresso dell'albergo.
Rientrò in camera, la luce sulla mensola del bollitore era accesa, Emy la lasciava sempre così in modo da non farlo muovere al buio al suo ritorno, lei dormiva come suo solito con la faccia affondata nel cuscino e un braccio fuori dal piumone, la mano sul pavimento.
Si mise a letto cercando di non svegliarla, conscio che difficilmente sarebbe riuscito a dormire.
Marcello Salvi
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