- Ma ti pare? - esclama la biondina rivolta alla ragazza coetanea seduta vicino a lei. Mi trovo in spiaggia. Sono le tredici e trenta. Questo è uno dei momenti che preferisco. Sono tutti a pranzo negli hotel. Poca gente. Silenzio surreale. Oggi è una giornata tersa, un cielo blu. Il mare ha un colore verde smeraldo. Ho appena finito di mangiare un'insalata al bar della spiaggia. Di solito farei un bel pisolino all'ombra del mio ombrellone. Ma oggi vengo distratta. Una fila avanti a me le due ragazze che parlano. Sembrano amiche da un po'. Avranno circa trent'anni. Non le avevo notate prima, forse sono appena arrivate e ho la conferma nel momento in cui noto il colore ancora pallido della loro carnagione. Ascolto incuriosita. - Quindi accetto di uscire - continua la biondina. - Mi ha conquistato con quei suoi modi. Figo è figo, è pure intelligente. Parliamo di tutto. Sembra anche colto, interessante. Insomma, insisti oggi, insisti domani... Anche se ti devo dire la verità lo ha fatto in maniera intelligente, cioè non troppo forzato, capisci? Beh, ho ceduto - . - Se ti piaceva hai fatto bene - risponde l'altra. - Ma quindi? - prosegue. - Quindi ci siamo piaciuti. Prima l'aperitivo, poi la cena, poi è salito da me... e devo dire che di chimica ce n'è parecchia! - . Sento un “ma” che arriva. - Certo che però è un tipo strano... - riprende la bionda. Centro! - In che senso? - le domanda l'altra. - Ma perché... non te lo so spiegare bene, intanto è una sensazione. Potrei sbagliarmi anche se di solito le sensazioni non sbagliano. Dopo le prime tre volte che ci siamo visti, dopo quello che ti ho detto, ha cominciato a trovare scuse poco credibili. La prima volta “Perdonami ma ho avuto un piccolo contrattempo lavorativo”. E vabbè, ci sta, anche se poteva avvisarmi prima e non il giorno dopo. La seconda ha avuto un piccolo incidente che gli ha causato un colpo di frusta, ma è sparito per venti giorni. La successiva mi dice “Ho avuto un lutto in famiglia” - . - Oh, povero! - . - Sì, povero, ma non ti sembra un'espressione un po' strana? A un estraneo dici “Ho avuto un lutto in famiglia”, non a una persona che frequenti - . - Dai, come sei rigida, magari lo ha avuto davvero... magari gli è morto il pappagallo, ecco! - . La biondina la guarda prima interdetta, poi scoppia a ridere e l'amica la segue. - Sì, magari la nonna è deceduta per la sesta volta, come quando andavamo a scuola. Era la scusa per giustificare l'assenza alla verifica di latino, ti ricordi? - . - Sì, è vero, che ridere! Per come la vedo, lui potrebbe rientrare in qualche esperimento sociale o piuttosto è uno di quelli non emotional available - . Mi sono simpatiche! - Sono davvero una SFIGATA, se ci pensi - . - Ma va! - . - No? Vogliamo esaminare gli ultimi tre uomini con cui sono uscita? - . - Dai andiamo a berci un caffè al bar che è meglio - le propone l'amica ridendo. Si alzano e se ne vanno. A quel punto con un sorriso sulle labbra, divertita per quello che ho appena sentito, penso alle parole della ragazza. Davvero basta qualche incontro non troppo fortunato per fare di una donna una SFIGATA? Posso considerarmi tale? Io sono una SFIGATA? Mi rigiro pensierosa sulla sdraio per godermi le ultime ore di mare della stagione.
Arrivo in stazione trafelata, ma per fortuna il treno è in leggero ritardo. La banchina è stracolma. Non siamo nel periodo di punta, eppure c'è un gran caos. Non appena giunge il treno mi appropinquo velocemente verso la carrozza e, dopo una non troppo veloce attesa, riesco a salire. È già piena. Ma che cavolo! Dunque, carrozza 7, posto 15C. Lato corridoio così sto più comoda e non disturbo il mio vicino nel caso avessi la necessità di alzarmi. Esattamente come in aereo. E deve sempre essere direzione destinazione altrimenti sto male. Guardo i numeri dei posti fissati sul finestrino e mi rendo conto che come al solito sono salita dalla parte opposta e dovrò aspettare piano piano che tutti quelli davanti a me nel corridoio si sistemino. Posto 13B posto 14B... ecco, posto 15C... Occupato. Ma come! - Scusi... - . Un uomo seduto al mio posto si sta sistemando con il PC. Non mi sente nemmeno. - Scusi... - con un tono di voce più alto. - Dice a me? - . Andiamo bene. - Sì... quello sarebbe il mio posto - . - Eh no, mi spiace - . E sorridendo si rimette ad armeggiare con il PC. - Mi scusi - riattacco gentilmente anche se mi sta già sulle palle. - Quello è il mio posto... posto 15C - . - Mi spiace ma anche io ho il posto 15C - . - È impossibile, mi scusi. Deve esserci un errore nel suo biglietto... ho prenotato online personalmente - gli dico di rimando. Mi sto alterando. Sento la vena cava sul collo ingrossarsi. - Anche io - e sorride. Ma tu guarda questo! - Senta - proseguo - è stata una bellissima giornata per me, perché me la vuole rovinare? Può gentilmente prendere il suo biglietto, per favore? - . E togliersi finalmente dalle palle? L'uomo si ferma, mi guarda tra lo scocciato e il divertito. - Sono molto contento per la sua giornata. Credo che dopo questa notizia sarò felice per il prossimo mese - . Prende in mano il suo ultimo modello iPhone e me lo mostra. Ecco il biglietto: carrozza 6, posto 15C. Contenta?! - . - Ah ah, vede che si è sbagliato? Questa è la carrozza 7 - . - Ah ah, vede che si è sbagliata lei? Questa è la carrozza 6 - . - Senta, lei mi è simpatico, ma davvero la prego, vorrei sedermi al mio posto - dico abbassando i toni perché ho capito che tanto non si va da nessuna parte. Con gli arroganti cosa vuoi mai fare?! - Ma certo, se vuole l'accompagno alla carrozza 7 - . A quel punto mi guardo intorno. Le persone già sedute che stanno assistendo alla scena sghignazzano. Guardo una signora anziana che mimando con le labbra mi dice: - Carrozza 6 - . Prima impallidisco e subito dopo arrossisco. - Oh... Mi scusi - . - Ma si figuri - mi risponde con un sorriso sornione. - No, davvero, mi scusi... - e silenziosamente, con le orecchie basse e la coda tra le gambe, mi dirigo verso il mio posto nella giusta (spero) carrozza. Questo è uno di quei momenti in cui mi piacerebbe avere il super potere dell'invisibilità. Raggiunto il mio vero posto, tiro fuori il libro che sto leggendo nella speranza di dimenticare in brevissimo tempo la figura di merda che ho fatto. Ma prima mando un messaggio via WhatsApp.
Io: Ennesima figura di merda. Poi vi racconto. Treno in ritardo. Se non arrivo per tempo ordinatemi tre o quattro bicchieri di Inferno. Loredana: Ora si ordinano i bicchieri? Una volta ti ci mandavano! Sei sempre la solita... non vedo l'ora di sentire cosa hai combinato. Io: A mia discolpa posso dire che l'ho fatta con un cretino! Loredana è un vino... Vittoria: Che cazzo c'entra, una figura di merda è sempre una figura di merda, anche se la fai con Julia Roberts! Concy: Come vorrei essere lì con voi, stasera. Sei sempre la solita ahahahah. Loredana: Aaaah. Marty: Non ci deludi mai. Ok per il vino.
Metto da parte il cellulare e penso al TheCoppettisGroup. Non ricordo in che occasione abbiamo deciso di chiamarci così ma ricordo bene il perché. Cinque compagne di classe: io, Vittoria, Loredana, Martina e Maria Concetta. All'inizio ci stavamo antipatiche l'un l'altra e ci eravamo cordialmente evitate sino a quel momento. Poi, a seguito di un'odiosa ricerca per la professoressa di italiano sul Manzoni, le cose andarono in modo inaspettato. Ricordo ancora il nostro primo vero approccio in classe in quel freddo novembre di tanti, tanti anni fa. - Buongiorno ragazzi - disse entrando la professoressa di italiano. Era piccolina, con una voce da topo che accompagnava il suo aspetto da gufo. Aveva dei capelli cotonati stile nido di rondine e si vestiva sempre di un colore unico. Se quel giorno optava per il viola tutto era dello stesso colore, da capo a piedi, orecchini e borsa inclusi. Non era simpaticissima e dava sempre un sacco di compiti, giusto per concludere il quadretto. “Stamattina ho zero voglia di fare due ore di italiano,” pensavo quel giorno. La classe era composta da quattordici ragazze e undici ragazzi. Perlopiù tutti della Milano bene, di cui io non facevo parte, e per la maggior parte secchioni, di cui, anche in questo caso, non facevo parte. - Oggi ho deciso di farvi fare un lavoro di gruppo - continuò la prof. - Tra due settimane mi presenterete una ricerca su Alessandro Manzoni e dovrete esporla a turno davanti alla classe con tanto di materiale - . Rivolta generale in classe. - Ragazzi buoni - disse lei, sbattendo più volte la mano sulla scrivania. - E i gruppi li decido io - . - No! Prof, almeno quello lo faccia fare a noi... - esclamò il rappresentante di classe. - Giussanti, non ci penso proprio. Lo scopo di questa ricerca, oltre a quello di farvi studiare e imparare qualcosa su uno dei più importanti drammaturghi italiani, è anche quello di amalgamare i componenti di una classe che al momento non è ancora abbastanza unita. Chissà che dopo questo lavoro non cambi qualcosa - . “Ottimo, chissà con chi cavolo mi mette adesso,” pensai. “Odio queste cose. Interagire per forza con chi non parlo mai per scelta”. Primo gruppo... non mi chiama... secondo gruppo... Albrini, Biagetti, Caffroni, Loccetti e infine... Masseni. “Ecco, lo sapevo,” dicevo tra me e me. “Mi ha sistemato per le feste con quelle quattro che se la tirano. Che palle... la secchiona so tutto io, quella che si crede figa, Miss Simpatia e la santarellina. Ottimo, con me che non parlo mai, siamo a cavallo”. È così che iniziò la nostra amicizia. Il primo incontro fu a casa di Martina (Miss Simpatia) e più che cercare documentazione sul Manzoni sulle varie enciclopedie (tanto ci aveva già pensato Vittoria la secchiona), Maria Concetta (quella che si credeva figa) ci intrattenne sui vari metodi contraccettivi, con grande attenzione di tutte compresa la santarellina (Loredana). Per la ricerca prendemmo un sei scarso, ma da lì la vita di ognuna di noi cambiò. Ovviamente la mia opinione su di loro si modificò così come avviene per le grandi amicizie. Dopo la maturità, nonostante professionalmente parlando ci dividemmo, non ci perdemmo di vista. Ci univano gli interessi e le amicizie. Poi, diventando grandi, con vite differenti e mille impegni, istituimmo l'aperitivo mensile al quale stavo andando e che iniziava sempre con un brindisi alla prof Coppetti che unendoci per la ricerca aveva visto giusto.
Ritorno alla realtà e cerco di concentrarmi sul libro. Ha un titolo giapponese e serve per curare le ferite dell'anima. Fa sempre bene leggere qualcosa che dia suggerimenti per stare meglio. Vengo disturbata nella lettura dalla voce alta di un uomo. - Vabbè, ma vedrai che i soffitti li potrai decidere dopo... ma sì, andiamo domani... devi fare benzina? Falla! Mica ci sarà solo quel distributore a San Marino - . Il suo tono di voce mi irrita oltre misura. - E allora perché mi hai chiamato... ma scusa ma secondo te ti chiamo per dirti che non vengo... sì ci vediamo una volta ogni tanto, va bene a te, va bene a me, questi erano gli accordi... ma cosa vuoi? Mica ti devo rendere conto di quello che faccio! Se hai problemi a casa io cosa c'entro... ma cosa vuoi? Perché mi hai chiamato? Di cosa hai bisogno? È inutile che fai la sostenuta. Ci divertiamo ogni tanto e stop. Ci vediamo per lavoro, poi se scappa qualcosa... eri d'accordo anche tu, che palle che sei, peggio di mia madre... cos'è adesso non ti va più bene? Ma no che non ne parliamo. Le finestre dobbiamo ordinarle domani, adesso chiama il fornitore... ne parliamo quando torno in ufficio, e muoviti - . Mi sto innervosendo. Ma guarda come tratta quella poverina dall'altra parte. Un tono da padre padrone. Se va avanti ancora mi alzo e gliene dico quattro. Si silenzia da solo. Per fortuna. Per lui, ovvio. Certo che anche noi donne a volte siamo proprio cretine a farci trattare così. E mi tornano in mente le due ragazze del mare. Anche la donna dall'altra parte del cellulare può essere considerata SFIGATA? Il discorso tra le due ragazze in spiaggia mi ha davvero colpito. Nello scompartimento finalmente pace e silenzio. Riesco a immergermi nella lettura. Il treno ha recuperato. Forse questa volta riuscirò ad arrivare in tempo.
Paola Spadoni
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