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Autore: Angelo Azzurro
Il collezionista di coscienze
Thriller Poliziesco
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Il collezionista di coscienze
Le indagini del commissario Draghi.

Dopo tutto la serata era volta al termine.
Aveva scrostato e lustrato una cinquantina tra pentole e padelle e qualche centinaia di piatti. Quando anche l'ultimo bancone d'acciaio fu lucidato a specchio e il pavimento lindo e sgrassato, Mary fu autorizzata a varcare la soglia del “Mare e monti”.
Aveva appallottolato cappa e cuffietta in fondo a un borsone e con pochi tocchi veloci e pratici si era truccata e cambiata, trasformandosi da sciatta sguattera in regina della notte.
Il mercoledì dei latino-americani poteva andare come diversivo. L'importante era allontanarsi per alcune ore dai pensieri.
Si era beccata una condanna per spaccio, con obbligo di firma, per colpa del suo ex. Era fuori dal giro, ma ne pagava ancora le conseguenze.
Per fortuna aveva trovato un giudice clemente e i servizi sociali le avevano persino rimediato un lavoro.
Era una tipica notte di fine estate: aria fresca e atmosfera di addio, con i locali semivuoti e i parcheggi più che disponibili.
Mary si strinse al collo il chiodo in simil pelle, avanzava sulle zeppe, attenta a non inciampare nella maxi gonna rosso fuoco. I lunghi capelli corvini ondeggiavano al vento.
Salì con calma la scalinata della discoteca, mostrò il pass alla sicurezza e si buttò quasi subito in pista. Un paio di balli in coppia con Pablo, poi si spostò al bar per un drink.
Tra la folla le era parso di riconoscere un volto noto, al quale non era riuscita a dare una collocazione. Non ci aveva pensato più di quel tanto e si era diretta di nuovo in pista.
Dopo un paio d'ore a ritmo sostenuto si era decisa ad abbandonare il locale prima dell'ora di chiusura. Non voleva rischiare di essere approcciata dal solito rompiballe di turno, desiderava unicamente raggiungere il suo mini appartamento e dormire una decina di ore di fila.
Il percorso dalla discoteca alla sua vecchia panda color mattone era poca cosa, tuttavia un brivido la percorse mentre attraversava l'Aurelia buia e solitaria. Non era la prima volta che rincasava da sola, di certo in piena estate c'era molto più movimento.
Udì passi pesanti rimbombare dietro ai suoi, affrettò l'andatura senza voltarsi indietro.
Cercò le chiavi nella tracolla di paillette con gesti nervosi, le mani sudate. Raggiunta l'auto le scivolarono a terra, le raccolse in preda all'agitazione: voleva aprire in fretta quella maledetta serratura e chiudersi al sicuro nell'abitacolo.
Accese il motore traendo un sospiro di sollievo: non c'era nessuno nei dintorni.
In una decina di minuti giunse al suo monolocale in affitto fuori centro. Tra pini e oleandri riconobbe la finestra illuminata al pianterreno. Non ricordava di aver lasciato la luce accesa. Pensò di aver bisogno di maggior riposo: stava diventando sempre più distratta. Sentendosi ormai al sicuro si attardò a controllare i messaggi sullo smartphone. Rispose ad alcuni e rifiutò l'invito di altri a prolungare la nottata.
Entrò in casa e il respiro le si arrestò in gola: un ciclone si era scatenato sui suoi pochi averi.
Ladri? Perquisizione? Non ebbe modo di porsi altre domande, perché poco dopo una mano ferrea le tappò la bocca con qualcosa dal sapore dolciastro.
Mentre annaspava e tentava di divincolarsi riuscì a mettere a fuoco l'aggressore. Gli occhi pieni di terrore e sorpresa chiesero pietà... poi il buio.

Lo squillo del telefono in fase REM equivaleva a una doccia fredda, un pugno in pieno petto, a cui non aveva mai fatto l'abitudine. Si issò con fatica puntellando i gomiti e accostò l'apparecchio all'orecchio, un occhio aperto e uno chiuso.
- Dottore, dottore! Sono De Luca: uno scempio, una cosa orribile! Deve venire subito. -
- Ho capito De Luca, calmati. Che è successo? -
- Una donna... morta, affogata.. L'hanno trovata stamattina i pescatori sugli scogli alla Villa Araba. -

Il commissario Alessandro Draghi, si vestì in fretta. A breve doveva rincasare Sara dal turno di notte, senza dubbio già al corrente dell'accaduto. Lasciò un poco di caffè nella moka per lei, afferrò casco e giubbotto e si chiuse la porta alle spalle con rimpianto.
Una corsa all'obitorio di prima mattina non era mai cosa gradevole. Il corpo della vittima era stato trasportato nell'immediato per poter studiare velocemente le cause del decesso, prima che cominciasse la decomposizione accelerata dal contatto con l'aria.
Il Dottor Zanchi, con la sua mole ingombrante, sembrava un grosso elefante verde, imbardato com'era nel camice e nella mascherina sterile.
Sullo squallido tavolo di metallo Draghi notò per prima cosa la massa di capelli scuri aggrovigliati e cosparsi di alghe e sale.
La carnagione della donna era bianca, cerea, come se fosse stata candeggiata. Le estremità delle dita e le labbra violacee, il bel corpo femminile nudo, gonfio in maniera innaturale. Osservò piccolissimi fori sulla pelle del viso, braccia e gambe: piccoli morsi di pesci attirati della tenerezza della carne in ammollo, e una quantità di escoriazioni e abrasioni dovute forse all'impatto con gli scogli o ad accanimento pre morte.

- Commissario Draghi, hanno tirato anche lei giù dal letto? - Il vocione del patologo fece sobbalzare Alessandro, intento a cercare nella memoria il suo registro fotografico.
- Precisamente! Vedo che lei ostenta sempre buon umore. Hanno già identificato la vittima? -
- Sì, una certa Mary Storace, 32 anni, vecchia conoscenza dell'arma. Aveva l'obbligo di firma, ma da qualche giorno non si presentava. -
- Ecco, mi pareva un volto familiare. Deduco perciò che non sarà difficile stabilire l'epoca del decesso. -
- A occhio e croce è rimasta in acqua tre, quattro giorni. Ha notato il raggrinzimento dei polpastrelli e della cute della mano e della punta dei piedi? Quasi un distaccamento a guanto. L'acqua marina ha rallentato il processo di decomposizione, devo studiarci meglio per essere più preciso. -
- E per quanto riguarda la causa della morte? -
- A mio parere le posso già assicurare che non è morta per annegamento: assenza di fungo schiumoso. -

Draghi guardò il medico legale con espressione perplessa, si fidava tuttavia della sua competenza e si riservò di chiedere spiegazioni in un secondo tempo.
Decise di rientrare in questura per organizzare un piano d'indagine. La presenza dell'ispettrice Sara Ardenghi avrebbe fatto più che comodo, ma non poteva chiederle di raddoppiare il turno. Doveva accontentarsi di Pittaluga e del solerte De Luca. Affidò a quest'ultimo la ricerca del domicilio della vittima. Il vice ispettore Pittaluga lo stava guardando con aspettativa e un'espressione seria sul viso barbuto già da una decina di minuti, a lui assegnò la raccolta del maggior numero possibile di informazioni sulla donna.
Stava inserendo le monete nel distributore automatico, quando una figura vestita di scuro con tanto di coda ondeggiante si palesò davanti ai suoi occhi.

- Un caffè anche per me, capo. Forte e lungo... -
- Sara, ma che ci fai ancora qui? Dovresti già essere rientrata da un bel pezzo. -
- Sono stata sul luogo del ritrovamento: quella poveretta... Un gran brutto spettacolo. Non riuscirei a dormire comunque. -
- Immagino che sia inutile discutere. Fatti dare l'indirizzo di Mary Storace dall'agente De Luca e procurati un auto di servizio. Guido io. -

Varazze metà settembre, un'estate prolungata che non voleva lasciare il passo alla bassa stagione. Le spiagge ancora affollate e il sole ruggente.
In poco più di mezz'ora Draghi e l'Ardenghi raggiunsero le prime colline della ridente cittadina.
Una villetta a due piani, suddivisa in quattro appartamenti, circondata da un ampio cortile ghiaioso e alberi a medio fusto, pareva acquattata nell'ombra.
Non erano presenti inquilini, tanto meno curiosi, la zona era così tranquilla da sembrare disabitata. Non ci fu bisogno di forzare la serratura: la porta era stata semplicemente accostata. All'interno disordine e segni di colluttazione, i due poliziotti indossarono guanti e soprascarpe di polipropilene. Non toccarono nulla in attesa della scientifica.
Uscirono nel cortile e riconobbero l'auto intestata alla vittima: all'apparenza almeno questa sembrava in ordine.

- Penso che la Storace sia giunta fin qui tranquilla con la sua auto e che sia stata aggredita successivamente in casa. -
- Qualcuno che la conosceva, e magari di cui si fidava? -
- Uhm, probabile... Sì, probabile - , rimuginò tra sé Draghi.
- Facciamo una ricerca tra le sue conoscenze e i luoghi che frequentava. Fatti aiutare da Pittaluga, intanto aspettiamo il referto di Zanchi e della scientifica. -
- E Paolino lo chiamiamo? -
- Per ora non saprei che scusa inventare per coinvolgerlo nel suo ruolo di informatico. Prima o poi qualcosa mi verrà in mente. -

Angelo Azzurro

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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