Parker - diciottesimo episodio-
Può anche darsi che la sua, per quanto comprensibile, sia una forma di paranoia. Brent è il suo incubo, e non potrebbe essere altrimenti. Quel clochard, barba e capelli lunghi brizzolati, gli ricorda in qualche modo l'enigmatico personaggio, celato in uno dei suoi molteplici travestimenti. Parker, attraversa la piazza e s'incammina sul marciapiede senza distogliere lo sguardo su quell'uomo che lo precede di alcuni metri, seminascosto tra la folla, il quale dà l'impressione di accelerare il passo come se volesse dileguarsi in fretta. Il detective non ha intenzione di lasciarsi sfuggire l'occasione, aumentando a sua volta l'andatura fino a portarsi a poca distanza dall'uomo. A un tratto, il clochard si ferma e si gira, osservando impassibile il suo inseguitore. Parker, arresta la sua corsa. Sono momenti di estrema tensione, in cui sembra che né l'uno né l'altro siano propensi nel prendere una qualsiasi iniziativa, questo anche a causa della numerosa gente che transita sul posto. Ma la prudenza non è mai troppa, così entrambi infilano la mano all'interno della giacca, in corrispondenza dell'ascella. Contemporaneamente estraggono le loro pistole puntandole sul rispettivo bersaglio, creando una sorta di panico e un fuggi fuggi generale. All'improvviso, il clochard alza il braccio armato e spara un paio di colpi in aria, incrementando la paura tra i presenti. Parker, rimane indeciso se premere il grilletto della sua semiautomatica; un breve lasso di tempo che permette al suo antagonista di darsi alla fuga, scomparendo tra la folla. Vano è il tentativo del detective nel cercare di rintracciarlo, per cui non gli rimane che ingoiare l'ennesimo boccone amaro.
***
- Sicuro che fosse lui? - chiede Ted. - Certo! Chi altro poteva essere, se non Brent - risponde Parker, seduto dietro alla sua scrivania. - Non lo so, magari è uno dei tanti a cui non siamo simpatici - replica l'amico, accomodato dinanzi. - No, era lui, anche quando si camuffa in uno dei suoi travestimenti si riconosce al primo impatto; possiede un'aura unica. - - Hai avuto la possibilità di averla vinta, ma non l'hai fatto - interviene Jennie, seduta a fianco di Ted. - Già, metti il dito nella piaga, non è la prima volta che succede e non posso esserne fiero. Be', devo ammettere con tutta onestà che anche lui in qualche occasione mi ha risparmiato. - - La situazione è più seria di quanto immaginassi - osserva con una punta di ironia, Ted. - Eppure, sono sicuro che avrei premuto il grilletto se non fosse stato per tutta quella gente innocente che ci stava intorno, poteva scapparci il morto e io non me la sono sentita di correre questo rischio. - - Mi sembra una buona giustificazione - dice Jennie. - Sì - aggiunge Ted. - Verranno tempi migliori. - - Già - replica Parker. - Bene; che ne dite se al momento poniamo la parola fine su Brent e di rilassarci con una tazza di caffè? - dice la donna. - Sagge parole, come sempre - risponde serafico il detective.
***
- Come te la passi? - chiede Golden, seduto a un tavolo di un bar. - Non male, la solita routine - risponde Parker, seduto dinanzi. - Tu? - - Nulla di nuovo. - - Già. - Nel frattempo giunge il cameriere con un vassoio con sopra due boccali di birra che poggia sul tavolo, per poi allontanarsi. Il tenente di polizia alza il boccale ed invita l'amico a un brindisi. - A noi. - - Sì, a noi. - - Come sei messo con gli impegni di lavoro? - chiede Golden, sorseggiando la birra. - Non posso lamentarmi, non mi concedono un attimo di respiro - risponde il detective, bevendo la fresca bevanda. - In questo siamo fortunati - aggiunge con un sorriso ironico. - Già, siamo baciati dalla fortuna. - - Be', per te è diverso, potresti startene seduto sulla comoda poltrona ed essere pagato regolarmente. - - E tu pensi che se non ci fosse questo marciume che ci sommerge ci terrebbero ad oziare pagandoci pure lo stipendio? Io direi che ci sbatterebbero fuori a calci in culo. Questo è poco ma sicuro. - - Devo ammettere che il tuo ragionamento non fa una piega - osserva Parker. – Be', allora dobbiamo essere riconoscenti a questo marciume. - - In un certo senso, è così - risponde Golden. - Che tristezza! - - Già. Il mondo va così, cosa possiamo farci? - - Nulla, proprio nulla. - - Esatto! - - Ogni volta che tocchiamo questi argomenti mi assale un profondo malessere - afferma Parker. - Allora non parliamone - replica Golden. - Ok. È la cosa migliore. - Il tenente di polizia manda giù un sorso di birra prima di riprendere la conversazione. - Ho pensato a te in questi giorni ... - - Riguardo? - - Si è presentato nel nostro distretto un anziano uomo che ci ha raccontato una strana storia. - - Cosa vuoi dire? - gli chiede Parker. - Sì, ha un problema, ma credo che non rientri nelle nostre competenze - risponde Golden. - Vieni al punto. - - L'ho detto, ho pensato a te. - - Cosa c'entro io? - - So che nel recente passato ti sei occupato di casi particolari ... - - Di quali casi particolari parli? - - Ricordi quella villa invasa da mostri? - - Sì, e allora? - - La storia che ci ha raccontato l'uomo ha qualcosa di analogo. - - Vorresti dire, inverosimile? - - Esatto! - - E hai pensato a me. - - Proprio così. Era inevitabile. - - Che cuore d'oro. Hai pensato che io fossi la persona giusta. - - Certo. Naturalmente, insieme alla tua splendida squadra. - - Non so se parli sul serio o stai scherzando? - - Sul lavoro non scherzo mai, lo sai bene. - - Per questo hai voluto incontrarmi? - - Detto così è come mettere in dubbio la nostra buona amicizia, alla quale tengo tantissimo. Ho tenuto conto delle tue straordinarie capacità ... - - Di acchiappafantasmi. - - Perfetto! È il termine giusto, credimi. Sarai sempre tu a decidere se accettare o meno. - - Accettare cosa? Io non mi occupo di queste cose. - - Ma, da quel che ne so, te la cavi bene. È pur sempre un lavoro. - - Tienitelo per te. - - I miei superiori non mi consentono di distrarmi su un caso del genere. - - Certo, questi casi li lasciate ai quei poveri investigatori privati che pur di sbarcare il lunario accettano di tutto. - - Non mi permetterei mai di pensare a una cosa simile, nutro molta stima verso di te, sia come uomo che come professionista ... - - A volte, su quanto affermi mi sorgono dei comprensibili dubbi. Spero lo capirai. - - Sei sospettoso per natura. - - Cosa vuoi farci, è la mia natura. Allora, tagliamo corto, morale della favola? - - Sei una garanzia. Qualunque cosa si tratti. - - Fantasmi compresi. - - Be', quanto meno avrai da divertirti. - - Tienimi lontano da questa storia - dice Parker, sorseggiando la birra. - divertitevi voi, vi farà sicuramente bene. - - Lo faremmo con piacere, ma non siamo in grado di soddisfare le esigenze di quel pover'uomo - risponde col ghigno sorridente, Golden.
***
Parker, non sa esattamente se l'amico Golden stesse scherzando o parlasse sul serio, conoscendolo qualsiasi ipotesi è possibile. L'unica cosa da fare è non pensarci, magari concedendosi un momento di risposo da trascorrere con la famiglia, in casa della madre del detective. - Ho mangiato così tanto che mi sento scoppiare - dice Kate, seduta con un'aria sfinita sul divano del soggiorno, a fianco della nonna. - Lo puoi ben dire, piccola - replica Parker, accomodato sulla poltrona. - La nonna ci vizia ... - - Avete sempre da ridire, non siete mai contenti - dice la signora Parker. - Ha ragione - interviene Norah, seduta sull'altra poltrona. - non facciamo altro che lamentarci, invece di apprezzare le ghiottonerie che ci fa assaggiare. - - Non è sulla bontà che si discute ma sulla quantità - risponde il detective. - Io non mi sento appesantita - afferma Norah. - Nemmeno io - dice la signora Parker. - Be', siamo in perfetta parità. Sarebbe necessario un altro parere per far sì che si sposti l'ago della bilancia ... - dice il detective, volgendo lo sguardo a Doll, il simpaticissimo volpino bianco, accovacciato sul parquet. - In ogni caso, che ben vengano questi momenti - ammette, con un'aria compiaciuta, l'uomo. - Lui starebbe dalla nostra parte - dice Kate. - Ci puoi giurare - concorda Parker - Papà ...- - Sì? - - Ci credi ai fantasmi? - Parker viene colto di sorpresa. - ... bella domanda. Come mai me lo chiedi? - - Una mia amica afferma di averne visto uno e di essersi spaventata a morte. - - Ne sono convinto. - - Allora, ci credi? - - Non è facile risponderti, soprattutto per chi non ha avuto esperienze in merito. - - Tu ne hai avute? - - Fantasmi ... proprio no. - - Io non so se crederci; comunque, se potessi scegliere preferirei non avere nessuna esperienza in merito. - - Ottima scelta! - Certo, non c'è modo migliore per allietare la serata se non di parlare di fantasmi - interviene con tono ironico la Signora Parker.
***
La serata è proseguita in un clima di spensieratezza, com'è normale che sia in queste occasioni, evitando fantasticherie che possono compromettere il dolce dormire. Parker, è risaputo, possiede una forte immaginazione che spesso lo trascina in mondi surreali, a confrontarsi con esseri mostruosi che mettono a dura prova le sue proverbiali capacità di lottatore. Probabilmente, esistono fantasmi buoni e fantasmi cattivi, e quelli che hanno rapito Kate sono terribilmente cattivi. Una ragione in più per far imbestialire il detective, il quale, pistola in pugno, cammina in una specie di lunghissimo corridoio, al buio, alla ricerca della sua bambina. - Se le torcerete un solo capello, vi giuro che non avrò pietà e vi farò sprofondare nelle viscere della terra, senza nessuna possibilità di ritorno. - Si sente una voce, simile ad un acuto provenire dall'oltretomba. - Allora, sei un Dio. - - No, sono colui che ti farà vomitare sangue. - A un tratto, una figura umana, per modo di dire, dall'aspetto poco rassicurante, con quegli occhi che sembrano due porte che conducono all'inferno, gli si para dinanzi. - E come pensi di farcela? - chiede con tono sprezzante il demone. - Non mi pongo mai questa domanda, e sai perché? Raggiungo sempre ciò che mi prefiggo. A te la scelta, o continuare a vagare in questa sorta di limbo o marcire all'inferno. - - Chi sei tu per dirmi questo! - tuona il demone, la cui voce ha una forza d'urto simile a un ciclone, che si abbatte su Parker, scaraventandolo giù per terra. - ... niente male come effetti speciali - dice il detective, rialzandosi lentamente, mentre dalla sua pistola fa partire una pioggia di proiettili che vanno a vuoto, provocando la dura reazione del demone, dalle cui mani sprigiona un potente fluido che spazza via Parker come fosse un ramoscello.
***
- Dio che notte! - dice tra sé e sé Parker, seduto dietro alla sua scrivania, ripesando al sogno. - La notte è fatta per riposare e non per gli straordinari. - A un tratto, squilla il telefono. La chiamata proviene dalla linea interna, ed è Jennie. - John, ho in linea un uomo, un certo Clinton, che vorrebbe parlare con te. - - Ha detto di che cosa si tratta? - - No. Ho cercato di saperne di più, ma sembra intenzionato ad aprirsi solo con te. A dire il vero qualcosa mi ha detto, e cioè, che è stato mandato da Golden. - Cristo, no! - esclama Parker. - Cosa c'è? - gli chiede la donna. - Me l'ha fatta veramente - risponde il detective. - Di cosa parli? - - Questo signor Clinton cerca un acchiappafantasmi. - - Un acchiappafantasmi ... e noi cosa c'entriamo? - - È quello che ho cercato di far capire a quella testa dura di Golden. - - Se vuoi gli dico che sei impegnato. - - Ho la strana sensazione che non me lo scrollerei di dosso. Passamelo. Che questa volta Dio ce la mandi buona. –
Salvatore Scalisi
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