Elpis: Nel segno della speranza
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Un dolore improvviso, pulsante alle tempie, lo costrinse a serrare forte gli occhi. - Dannazione, non mi ci abituerò mai. - Con i denti stretti, si posò due dita nel punto dolorante. - E adesso, che cosa vorrà? - Trasse un respiro profondo e si piegò su un ginocchio. - Ade, dimmi cosa... - si fermò di colpo, conscio di aver commesso un errore e, prima di proseguire, si schiarì la gola. - Signore, al suo servizio. La ascolto. - - Sei sempre stato il mio soldato migliore. - La voce di Ade gli rimbombò tra le pareti della mente. - É per questo motivo che sei stato scelto per una missione. - - Cosa devo fare, signore? - - Siamo in guerra, mio caro Solomon. Il mio adorato fratello Zeus, a quanto pare, secoli fa non è riuscito nel suo intento! - Il timbro di Ade vibrò forte, mosso da una sonora e perfida risata. - Signore, precisamente di cosa si tratta? - - Ho sempre saputo che fosse un rammollito buono a nulla e dopo secoli ne ho avuto la conferma. Stavolta, caro fratello, me l'hai servita su un piatto d'argento! - Tutto il disprezzo era concentrato in quelle parole. - Mio fedele soldato, tu sarai colui che mi aiuterà a ottenere la vendetta. - Ancora giri di parole. Ade sembrava volesse prendersi gioco di lui. Ma davanti al signore degli inferi, anche il più ribelle dei demoni era costretto a sottomettersi. - Conosci il mito di Pandora? - - Sì, signore. - - I poteri del vaso, a quanto pare, sono tornati in vigore, dopo secoli di inattività. Ma il possente Zeus è stato tanto magnanimo e buono da lasciare una piccola speranza all'umanità! Tu, Solomon, scenderai sulla terra per trovare la Speranza e il vaso. - - Signore - sussurrò Solomon, mentre aggrottava la fronte, - come faccio a trovare qualcosa di astratto? - - Vedo che non hai studiato bene - lo derise Ade. - La Speranza non era astratta, in quel caso. Si trattava di un piccolo uccello azzurro lasciato in fondo al vaso e che, adesso, risiede da qualche parte. Tu lo troverai e lo distruggerai con ogni mezzo disponibile. Fino all'ultima piuma! - Solomon strinse i pugni così forte da far diventare le nocche bianche. - Sì, signore, farò del mio meglio. - - Siamo noi la razza superiore! Quella feccia dell'umanità si sottometterà al nostro potere. Con la distruzione della Speranza, ogni male riacquisterà forza e il mondo delle tenebre regnerà su ogni cosa! - L'enfasi con la quale Ade pronunciò quelle parole, fu percepibile persino al di fuori del contatto mentale e, come un rombo di tuono, fece vibrare le pareti e il pavimento. - Mi è stato riferito da un mezzo-demone di terra, che in una cittadina in particolare, ci sia un'alta concentrazione di malvagità. Ti farò contattare da lui, così avrai le indicazioni. Potresti iniziare proprio da lì - ordinò. - Adesso vai. Dovrai fornirmi ogni tipo di informazione o indizio che ti porti vicino la soluzione, senza che ti sfugga nulla. Sono stato chiaro? - - Certamente, signore. - Solomon non lasciò trapelare titubanze, né mostrò alcun segno di esitazione e, una volta terminato il contatto con Ade, buttò via l'aria che aveva inspirato. Scosse le spalle per scrollarsi di dosso la tensione accumulata e, facendo scrocchiare le dita, si appoggiò con la schiena alla roccia vicina. Era pronto a scendere sul campo di battaglia. Proprio lui, scelto come guerriero migliore per una missione di tale livello. Era orgoglioso di ricoprire questo ruolo prestigioso e, di certo, non si sarebbe fermato davanti a nulla pur di raggiungere l'obiettivo prefissato. - La Speranza? Come diavolo farò a trovarla? Un demone come me che deve cercare un tale sentimento? - Riuscì a stento a trattenere una risata. - Uno come me, che non sa più cosa sia da secoli! Questo è davvero il colmo. - Sgranchì le braccia e le gambe. Poi, spalancò le ali e si librò verso il tunnel scavato nel soffitto.
* La vibrazione delle ali, disturbata a tratti dall'affanno, si interruppe di colpo. Dall'alone, fuoriuscirono per primi i sandali alati e, toccando con la punta, si poggiarono alla base della superficie che faceva da specchio al sole. - Zeus, ho sentito i corni suonare - ansimò Ermes tra un respiro e l'altro. - Efesto mi ha detto di aver udito strane voci dal sottosuolo. Hai saputo? - Zeus alzò la mano, spinse le spalle indietro e annuì con un cenno del capo. - Sono già al corrente di ciò che sta accadendo. - Si lisciò il groviglio di peli bruni. - Dopotutto, sono io il padre creatore dell'oggetto in questione. - Appoggiò le mani sul marmo della ringhiera e si perse con lo sguardo nell'infinito. - Avrei dovuto essere più cauto secoli fa, la mia rabbia nei confronti degli umani è stata ingiusta. Il tradimento di Prometeo ha offuscato la mia ragione e ho agito inconsapevolmente, punendo chi, invece, non aveva colpe. - - Caro, adesso non c'è tempo per crogiolarsi sugli eventi passati. - Zeus si voltò, la stoffa porpora che aderiva intorno al collo e cadeva leggera sulle spalle, svolazzò al vento. - Era. - Con le labbra piegate in un sorriso, allungò la mano e fece scorrere le dita tra i boccoli ramati, tenuti a bada dal diadema incastonato di gemme colorate. - Hai conosciuto il lato peggiore di me e, nonostante questo, sei rimasta sempre al mio fianco. - - Sono trascorsi secoli dalla creazione del vaso e anni da quando hai esiliato... - - No! - Con tono autoritario, Zeus la interruppe. - Non voglio che quel nome venga pronunciato. Non in mia presenza e nella mia casa! - Strinse un pugno e se lo portò alla bocca. - É stato la mia rovina. Ho già pagato a caro prezzo i miei errori. Ho perso tutto. - - Non la tua autorevolezza, Zeus. Rimani pur sempre il padre di tutti gli dèi. - Zeus annuì con un cenno del capo e fece segno a Ermes di avvicinarsi. - É necessario che ogni divinità venga avvisata della tremenda calamità. Manda questo messaggio a ognuno di loro affinché si riuniscano tutti nell'Olimpo. - Ermes drizzò le spalle e infilò l'elmetto. - Ai tuoi ordini. - In un batter d'ali spiccò il volo. - Non riesco a capacitarmene. - Zeus si premette il palmo sulla fronte, celando gli occhi. - Il vaso avrebbe dovuto perdere ogni tipo di potere dopo il compimento della missione di Pandora! - Batté un pugno sul bracciolo del trono. - Si sarebbe dovuto autodistruggere. Eppure, nonostante non fosse più integro, qualcosa ha fatto sì che riacquistasse la sua magia originaria. I frammenti potrebbero trovarsi in qualsiasi parte del mondo, adesso. Io stesso non avevo messo in conto questa possibilità. - Prese a camminare avanti e indietro. - Non c'è tempo da perdere, dobbiamo agire immediatamente e... - Un colpo metallico sul pavimento echeggiò tra le pareti delle colonne. - Padre. - - Atena, figlia mia - esclamò Zeus, allargando le braccia. - A quanto pare, anche tu hai appreso la notizia. - Atena annuì e avanzò, mentre si sfilava l'elmo d'argento, liberando la lunga massa di capelli scuri, acconciati in una spessa treccia. Lo adagiò sul pavimento e si piegò su un ginocchio. - Mi offro volontaria per questa missione. - Con entrambe le mani, strinse il manico della lancia che portò davanti a sé, la punta dorata posizionata in cima, luccicante sotto i raggi solari. Zeus, in poche falcate, accorciò la distanza tra di loro e le posò la mano sulla spalla. - Sei sempre stata la prediletta, abile nelle strategie, deduttiva. Hai la mia benedizione, figlia... - - Zeus! - L'urlo terrorizzato di Era interruppe quel momento di raccoglimento. Zeus aggrottò la fronte e la raggiunse di corsa. - Che cosa succede? - Era gli indicò di guardare giù, al di là del parapetto, dove le candide nuvole avevano iniziato a dilaniarsi e ingrigirsi. Con le dita strette attorno al corrimano, Zeus alzò lo sguardo. - Le rondini fuggono. L'energia maligna del vaso aumenta a dismisura e sta richiamando a sé ogni male. - Voltò le spalle a quell'inquietante spettacolo e, trascinandosi fino al trono, si lasciò cadere con uno sbuffo. Era gli si inginocchiò ai piedi e gli posò la testa sulle ginocchia. - Cosa succederà adesso? - Zeus prese ad accarezzarle la nuca, affondando le mani nei capelli setosi. - La Speranza deve rimanere viva. Ha bisogno di protezione. Senza di essa, l'umanità verrebbe sopraffatta dalle tenebre e sulla terra calerebbe la notte. Per sempre. -
Serena Palombo
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