Donna dalla A alla Zoccola
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Il dizionario romanzato e leggero che gioca a stanare pregiudizi pesanti.
Questo è un dizionario romanzato e semiserio che smaschera credenze, pregiudizi e comportamenti frutto di un linguaggio che le donne, per prime, utilizzano e autorizzano. ...... ALFA Alfa, nel senso di maschio capobranco. È il suo momento, non si parla d'altro nei webinar di crescita personale, nei corsi di leadership, nei magazine di economia e in quelli di costume. E nei racconti di noi donne. Che spesso e volentieri confondiamo l'alfa col troglodita. O, peggio ancora, critichiamo e disprezziamo l'uomo aspettandolo al varco. Piene di pretese. E vuote di dolcezza.
“Pirla” è scritto tutto maiuscolo proprio sopra la sua testa, sul muro della scuola. Lui è già là che mi aspetta, seduto con quella sua faccia di bronzo sul panettone di cemento. È un dissuasore della sosta anche lui, giuro che non ho nessuna voglia neanche di avvicinarmi, figuriamoci di baciarlo, con quella sigaretta sempre in bocca. Si piega in avanti per spegnere il mozzicone, e allora ecco che da dietro esce la scritta completa. “Pirla chi legge”, il graffito dei graffiti, anzi, la madre di tutti i graffiti accarezza impietosa la testa di mio marito. Ma sì, dai, tutto sommato resta un bell'uomo, Federico. Sempre uguale, con quell'aria sana da velista un po' figlio di puttana, con quei denti che non si capisce come fanno a essere così bianchi visto che fuma. Sì, è vero, adesso divento fastidiosa come una nonna Abelarda con tutte queste critiche silenziose, mute, ciondolanti qua dentro di me, dietro le quinte, dietro questa mia faccia impassibile come un sipario chiuso. Non siamo mai riusciti a litigare perché abbiamo sempre pensato che niente fosse importante quanto noi, niente tanto grave. A parte il non litigare. Quello non è grave, è letale. In quei silenzi, per salvare il noi, lo abbiamo ucciso. L'abbiamo tenuto in una camera iperbarica, sotto una campana di vetro come faceva Michael Jackson con quel suo corpo che alla fine era diventato una maschera asettica, sintetica, repellente. Come il nostro amore. - Amore! - Mi chiama mio marito, con un sorriso mascherato da sorriso. Che tristezza, tutta questa civiltà. - Sì, ciao, eccomi. Cos'è successo, stavolta? - - Ma niente di che, Barbara, vedrai. Bah, la tipa della segreteria è stata molto misteriosa e anche un po' sadica, al telefono, sai come quando ti chiamano i carabinieri in ufficio e a te ti viene un colpo, ma è solo per chiederti se vuoi comprare il loro calendario. In ambu, invece, senti questa... - Intanto che saliamo le scale della scuola di nostro figlio e aspettiamo il nostro turno al colloquio con la professoressa (che ci ha pur sempre convocati d'urgenza, eh!), Federico mi racconta che oggi al suo ambulatorio è arrivata una paziente con un coniglio nella borsa e allora bla e bla. Bleah. Mi hanno sempre fatto tanto ridere le sue storie ma adesso ho come la nausea. Mi sembra sterile e inutile tutto questo buonumore così ostentato, questa distanza emotiva da tutto, questi sentimenti così bene educati. Ah, tutta ‘sta forzatura mi fa girare le palle, ma poi mi passa un flash e mi ricordo improvvisamente di un'uscita geniale di mio fratello da piccolo. Si chiama Federico anche lui ma è l'opposto: selvaggio, cavallo pazzo, nato suonato, sempre alla rovescia. Occhi azzurri e boccoli biondi, un angioletto meravigliosamente indemoniato. Meravigliosamente ingestibile. Avrà avuto tre anni, una signora lo guarda, si innamora, gli fa: “diiio che bel bambino, come ti chiami?”, lui con un sorriso di dentini strepitoso risponde: “rutto.” - Signori, prego... - ci chiamano, ci alziamo, e prima di entrare nell'aula insegnanti così, lì per lì, ho un'illuminazione. Realizzo che devo fare qualcosa, subito!, devo tentare una rianimazione del mio matrimonio, presto!, respirazione bocca a bocca! Afferro il braccio di questo bel dottore brizzolato, mezzo dentista e mezzo velista, mezzo marito e mezzo migliore amico, lo guardo fisso negli occhi e gli faccio “buuurp!” ..... ESUBERANZA ...... Sono scivolata nell'acqua bollente profumata di olii essenziali, tutto intorno cielo blu mirtillo, candele color zucchero d'orzo immerse nella neve rosa Big Babol. Morten era già dentro, mi ha guardato entrare nella vasca con un sorriso divertito, di sicuro perché avevo ancora su la biancheria. Per di più spaiata. Non mi dispiace, in realtà, fare abbinamenti un po' creativi, quel giorno indossavo un balconcino nero alla Brigitte Bardot e uno slip a vita bassa sempre nero ma con le roselline arancione, e insieme non erano male. - Barbara, sembri un fumetto di Milo Manara. - - Manara? Ma che ne sai? - l'ho guardato esterrefatta. - Mi piace, ha un tratto sexy, pulito. Bellissimo. Dopo il Konstfack, l'Università del design di Stoccolma, ho fatto uno stage nello studio di un architetto che ha lavorato sul progetto dell'Aeroporto di Oslo, a mio avviso una delle opere di bio-architettura più sconvolgenti del mondo. Solo vetro, acciaio, legno e poi il silenzio, ma ti rendi conto... - Ci siamo infilati in una chiacchiera fitta fitta su design, estetica, arte. Non riuscivo a staccare gli occhi dalla bocca di quel ragazzo. Mi girava la testa, mi sembrava troppo. Non era possibile che uno così bello fosse anche così intelligente, non c'era giustizia. Ho cercato di distrarmi concentrandomi sui contenuti, tra l'altro pure interessanti, del suo monologo. - Insomma, in quel periodo allo studio lavorava anche un ragazzo italiano, Vincenzo, di Napoli. È stato lui a farmi conoscere il lavoro di Manara. Comunque adesso, cara la mia Barbarella, fase due. Saltiamo fuori dalla vasca e ci buttiamo nella neve. Va fatto, almeno una volta nella vita. - - Certo, una volta nella vita e fine, dato che poi hai un arresto cardiaco. - Brad Pitt ha riso ricordandomi ancora una volta che aveva i denti quasi azzurri. Poi mi ha avvicinata sott'acqua, catturandomi con gambe e braccia, e si è messo dietro di me stringendo. - Pronta? - Senza aspettare la mia risposta mi ha sollevata di peso e mi ha trascinata con lui nella neve, lanciando un urlo in stereo col mio. Che sensazione pazzesca, senti milioni di aghi sottopelle, è uno shock, continui a urlare e ridere per avere la conferma di essere ancora viva. Dopo pochi secondi mi ha ripresa in braccio e mi ha scaraventata di nuovo nella vasca, seguendomi a ruota. Siamo rimasti incollati naso contro naso nell'acqua ancora caldissima, un po' stravolti, partiti per un viaggio ormai senza ritorno. Dagli di cinema romantico softcore scrauso.
- Vieni con me - ha detto al mio occhio sinistro il Brad Pitt di “Troy”, mentre mi passava un dito sotto la spallina del reggiseno per sistemarla. Poi si è staccato e con quel suo corpo nudo statuario, monumentale, è emerso dalle acque come un dio greco generando uno tsunami nella vasca e nei miei vasi sanguigni.
Se sei una donna portata per il sesso, sei una maiala. Una zoccola, un puttanone, una troia, una porca. Il pregiudizio sulle donne esuberanti e giocose a letto è ancora bello presente, anche nelle menti più colte ed evolute. Sia maschili che femminili. Sì, sì, anche la donna giudica la donna, eccome!, e la cosa più surreale è che non lo fa soltanto quella repressa sessualmente o la moralista, pure la maiala collega della maiala. Che brutta parola, anche proprio come fonema. L'uomo esuberante e giocoso a letto invece, lo sappiamo tutti, è considerato un grande amante, un esperto di ars amatoria, un professionista, un figo. Ma chi autorizza la creazione di queste etichette? Chi asseconda queste aberrazioni? Brutto da ammettere, ma lo facciamo noi femmine. Noi siamo responsabili, cosa credi, tanto quanto i maschi. Noi abbiamo in mano i futuri uomini e le future donne, dalla nascita. Se siamo coscienti del nostro compito, non possiamo fare altro che lavorare su di noi a tutta forza per poter dare esempi che siano meno orrendi possibili. Siamo noi che lasciamo correre quando il papà, dando una gomitata al figlio di 8 anni, dice “guarda che bella gnocca”. Siamo noi che insegniamo alle femmine, fin da piccole, a castrare il maschio con la denigrazione e il giudizio. “Non diciamolo al papà, che è un uomo e non capisce”, è una frase gravissima che le mamme dicono alle figlie milioni di volte al secondo, in tutto il pianeta. È una frase che educa alla menzogna, al disprezzo, alla svalutazione, al senso di superiorità (noi capiamo, lui no), alla competizione (che tra l'altro è un valore patriarcale, quindi siamo matte se lo alimentiamo) e alla complicità di genere (noi contro l'uomo, che è considerato un pirla). Che delitto, si compie in questo modo. Contro tutti, femmine e maschi. Restiamo sfregiati tutti. Amputati degli arti superiori, fatti apposta per abbracciare la complementarietà dell'altro, e di quelli inferiori, disegnati per inchinarci di fronte alla regalità delle valenze del sesso opposto. Le parole sono importanti. Il linguaggio genera il pensiero. Il pensiero crea comportamenti. Allora, come donne, impariamo a comportarci.” ......
PATATA E PISELLO Facciamo indigestione di idee tossiche e comportamenti andati a male noi patate, quando si tratta di piselli. Siamo bulimiche, ingurgitiamo relazioni amorose avariate una via l'altra, fino a sfinirci. Ad ogni nuova relazione senza rendercene conto ricreiamo le stesse situazioni e agiamo nello stesso modo, convinte che avremo risultati diversi. In una parola: siamo copionali.
La maestra, la cintura nera, la capa del mondo tra le donne copionali è Chiara, la mia ex collega di quando ero in pubblicità. Lei ha il copione: “essere utili per essere amati”, quindi per farsi amare da un uomo lavora gratis per lui. Il cosiddetto copione ci fa comportare sempre allo stesso modo, avere sempre le stesse reazioni e commettere sempre gli stessi errori quindi nel caso di Chiara, dato che è una bravissima art director, da anni il gioco perverso è impaginare qualsiasi cosa per qualsiasi fidanzato. La sindrome della locandina, la chiamiamo. Mi telefona disperata mentre sto guidando sulla via di casa dopo aver fatto la spesa. - Scusa se rompo, Barbara, sono in tilt, è successo un'altra volta. - - Non dirmi che ti è partita di nuovo la sindrome! Anche con questo qui! - - Sì, anche stavolta. Sono veramente una deficiente. Scusami, è che gli ho scritto una mail e prima di mandargliela te la volevo leggere, posso? - - Ok. - - Ecco, allora. Sai, no, che fa il musicista e quindi quando siamo insieme si parla sempre di lui, sai come sono gli artisti, egocentrici, isterici, io c'ho pazienza e non è un problema ma ora sono sfinita perché intanto che lui parla, io impagino gratis. Allora, insomma, ora ti leggo. - Per un po' ascolto, ma poi la noia mi assale e mi spinge a spostare l'attenzione su un bellissimo manifesto 6 metri per 3 dell'Esselunga, fuori dal finestrino alla mia sinistra. Penso ai colori primari, secondari e complementari, come sotto ipnosi. - Eh? Barbara? Cosa dici della lettera? - ha finito di leggere, mi risveglia, vuole il verdetto. - Scusami se ti ho rubato quella tua cosa di parlare delle cellule, però ormai è diventato un modo di dire anche mio, e... - - Mannò, ma figurati, mica ho il monopolio, ce le abbiamo tutti le cellule. Fosse questo, il problema.- - Allora? - - Ehm, sì, no. Boh. Mi pare abbastanza bene la lettera anche se, insomma, questo qui come tutti gli altri non credo capirà molto. Salti fuori con le proteste dopo mesi che lavori gratis per lui facendo finta che la cosa ti mandi in estasi, e ora gli presenti il conto. Secondo me non capisce. Ma comunque, cavolo, ma questi qua prima di te non avevano una vita? Ma come facevano, prima, a impaginarsi i manifesti. - - O i libretti dei cd, questa volta sto facendo un libretto da 9 quartini, Barbara, 36 pagine. - - Eccoci. Ma anche te, qua nella lettera prima protesti, presenti il problema che è serio e delicato, e poi stemperi e torni a essere seduttiva. Non sei credibile, secondo me. Chiudi in un modo più autorevole, dai, lascia stare le cagate. Che palle non sei mica chiara, Chiara. - ......
Paola Russo
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