Giulia, in fuga da sè stessa
|
Mi ricordo ancora il giorno della festa di laurea di Giulia, era bellissima, i suoi lunghi capelli biondi cadevano perfetti su quell'esile corpo che sembrava di una ragazzina, invece era diventata un medico farmacista con il massimo dei voti e la lode. Ricordo i suoi occhioni azzurri che trasparivano tutta la sua tristezza, invece che gioia per i risultati ottenuti. Quel mezzo sorriso che offriva a chi si complimentava con lei, sembrava forzato, era un sorriso di breve durata e subito dopo chinava il capo. Giulia, una ragazza meravigliosa che viveva a testa bassa, umile, riservata, introversa da sempre. Nessun'amica, nessun amore; un genio che conosceva alla perfezione il contenuto dei libri più importanti di chimica, ma non riusciva a conversare con la gente. Quando voleva distrarsi si rifugiava nella sala da pranzo a suonare il pianoforte, il regalo che i suoi genitori le fecero per il suo ottavo compleanno. La musica era l'unico suo svago, amava le opere sinfoniche e le suonava meravigliosamente. I suoi genitori le fecero vivere una vita agiata, non le mancava nulla, erano più che benestanti, vivevano in una bellissima villa in periferia, e avevano due domestiche, perché spesso erano assenti per lavoro. Erano però oppressi dai sensi di colpa, convinti che la tristezza di Giulia fosse dovuta al fatto che erano stati poco presenti, speravano che crescendo si sarebbe creata amicizie, visto che frequentavano l'alta società e spesso uscivano con amici che avevano figli della sua stessa età. Lei non legò con nessuno, convinta che i suoi coetanei non avessero i suoi stessi interessi. Non usciva mai di casa, ma aveva un blog su internet dove comunicava con persone di tutto il mondo, persone a cui piacevano le cose che amava lei. I suoi genitori si preoccupavano, non comprendevano come fosse possibile che riuscisse a comunicare con il mondo sul computer e non fosse capace di stabilire un rapporto con una persona reale. Giulia non diede mai loro spiegazioni in merito, diceva solo che si sentiva vuota dentro, con un'anima incompleta, le mancava qualcosa, ma non sapeva cosa. Presenti alla festa di laurea c'erano solo i parenti e alcuni amici dei genitori, tutte persone altolocate che discutevano tra di loro di affari e intrighi. Anch'io mi sentii fuori luogo, e lasciai la festa molto presto. Giulia, come me, non si sentiva a suo agio, e appena lasciai la sua casa si ritirò a suonare il pianoforte. Come prevedeva, nessuno si accorse della sua assenza, si erano completamente dimenticati di essere venuti alla sua festa di laurea tanto erano immersi nei loro discorsi di lavoro. Mentre suonava, i suoi pensieri scorrevano come nuvoloni spinti dal vento, per tutta la vita aveva sentito quel vuoto dentro, aveva cercato di tenersi impegnata con gli studi, suonando, ma... appena si fermava un attimo ricominciava la sensazione di vuoto. Gli impegni le tenevano attiva la testa, ma c'era qualcosa che non riusciva a riempire il suo cuore. Il problema era che in effetti, pur non avendo avuto nessun problema né di salute né di denaro, non riusciva ad accettare sé stessa, nonostante fosse stata una studentessa esemplare. Non aveva autostima e non sapeva se sarebbe stata in grado di mettere in pratica, in un eventuale lavoro reale, quello che aveva imparato. Sapeva di possedere un potere, quella magia che è la capacità di volersi bene, ma... era fermo, in attesa che il tempo modificasse gli eventi e le portasse quel pezzo mancante che le avrebbe dato il coraggio di cambiare la sua vita, senza soccombere al vittimismo e all'autocommiserazione che la obbligavano a rinunciare alla spontaneità, all'individualità, impedendole di andare avanti. Con la laurea in mano decise che fosse utile iniziare subito a lavorare, doveva imparare a credere nelle sue capacità, era importante iniziare a mettere in pratica anni e anni di studio per rendersi autonoma economicamente. Doveva fare anche un intenso lavoro interiore, perché chiunque si fosse accorto della sua insicurezza nell'affrontare le persone e la vita stessa, del suo essere estremamente introversa non l'avrebbe certo assunta. Consapevole che le sue paure fossero attribuite a invenzioni mentali che si creava da sempre, consultò una psicologa, la quale le spiegò che accettarsi per quello che si è, non è facile per nessuno, molti vorrebbero essere quello che non sono. Difficile accontentare la mente umana: - Se non ti conosci o non ti accetti, non fai del male solo a te stessa ma anche chi ti ama... - le disse la psicologa. - Io conosco me stessa, ma non mi accetto, vorrei essere come gli altri, ma non ci riesco, mi manca qualcosa, ma non so cosa. Dormo poco, forse ho bisogno di qualche sostanza che mi faccia dormire, che mi faccia sognare. - - Assolutamente no! - tuonò la psicologa : - Puoi assumere tutti i farmaci e le droghe che vuoi, troverai in loro solo una calma apparente dalla durata limitata all'azione del farmaco, la calma è viva dentro di te e anche le risposte che cerchi, ma sono talmente nascoste in profondità che non riesci a trovarle.
Devi imparare ad amarti e a rispettarti di più, smettila di annullarti per i desideri degli altri, fai quello che ti piace, creati un nuovo stile di vita, che sia tuo, concretizzato dai tuoi pensieri, dai tuoi desideri. Hai fatto tanto per compiacere i tuoi genitori, vedi di imparare a compiacere te stessa. -
Giulia osservava in silenzio la dottoressa mentre le parlava, mentre le diceva che era molto importante per lei entrare il più rapidamente possibile in un ambiente lavorativo per iniziare a conoscere gente, dialogare, forse avrebbe trovato nella realtà qualcuno con i suoi stessi interessi, non solo su internet. La vita sociale reale era sicuramente molto più importante di quella virtuale... forse... chissà : - Sono consapevole di essere una persona timida, piuttosto introversa, desiderosa di starmene da sola per i fatti miei... - rispose Giulia - In vita mia sono uscita un paio di volte con le amiche di scuola, ma non mi sono mai sentita coinvolta nei loro discorsi, li ritenevo frivoli e non mi interessavano. Mi sento estremamente sensibile e questo influisce non poco sulla mia autostima. Nonostante ciò, mi ritengo una persona interessante... per chi coltiva i miei interessi. Amo la musica classica da morire, amo i film intriganti, amo leggere, amo la scienza, la politica, lo sport e la cultura in generale. Mi ritengo, e non è immodestia, molto intelligente, forse sono anche capace di rispondere a tutte le domande che mi fanno, su qualsiasi argomento, ma tendo a bloccarmi di fronte alla spavalderia, la mia insicurezza di fronte a chi si sente tanto sicuro anche se sbaglia, mi mette ansia. Sono consapevole che sia obbligatorio superare questo mio stato, quindi accetterò il lavoro nella farmacia del paese, devo provare ad avere più contatti con la gente... devo provare... Non sei sconfitto quando perdi, ma quando desisti. - Così fece, e in breve tempo iniziò il lavoro. La gente del paese conosceva bene la famiglia di Giulia e pochissimo lei, non avendo mai partecipato alle attività giovanili della comunità. La ritenevano una ragazza schiva e viziata, ma apprezzavano la sua intelligenza e quindi si rivolgevano spesso a lei per consigli, anche stupidi a volte. A Giulia sembrava cercassero dei pretesti per conversare, come se volessero conoscerla meglio, forse non lo facevano per cattiveria, ma questo continuo chiedere qualsiasi cosa la disturbava, quindi era molto sintetica nelle risposte e questo creava malumore nei clienti che si sentivano poco considerati. La sua titolare le stava sempre addosso, la rimproverava di non essere abbastanza sorridente con gli avventori e di essere troppo sbrigativa nelle spiegazioni, il suo modo di fare così freddo li allontanava dalla farmacia. Questa donna, con le sue continue osservazioni, la svuotava, tornava a casa stremata, senza forze, ogni giorno era più ansiosa e depressa. I suoi genitori, preoccupati, le dissero che avrebbe potuto prendersi un periodo di riposo, non comprendevano le sue angosce, il suo stato d'animo peggiorava e nessuno ne capiva il motivo. Aveva avuto tutto quello che desiderava dalla vita, nessuno comprendeva cosa passasse nella sua testolina e cosa stesse cercando di così importante da farle togliere quel bel sorriso. L'unico rifugio: il suo pianoforte, era il solo amico che aveva e le dava tanta energia. Un giorno decise di parlare ai suoi cari per esprimere loro il desiderio di andare a vivere da sola, in un altro paese, in un'altra regione. Sapeva che essendo figlia unica, i genitori ne avrebbero sofferto, ma sapeva anche che per la sua felicità mai le avrebbero tarpato le ali, anzi, l'avrebbero aiutata. Solo sua nonna le si avvicinò e le prese la mano.
- Vuoi scappare? - le chiese
- Da chi e da cosa scappi? Cara Giulia, puoi andare, ma ricordati che se stai scappando da te stessa, non ti sarà servito a niente andartene da casa. Vuoi tentare una strada nuova per provare che ne sei capace? Allora provaci, ma ricordati che se vuoi scappare da ciò che sei, potrai girare il mondo intero, se non lavori su di te, mai troverai la tua strada. -
Mollare tutto e partire fa paura, eppure in quel momento era l'unico suo desiderio, doveva sperimentare, uscire, forse scappare dall'aridità, dalla noia, dall'insoddisfazione che stava vivendo e che la portava in depressione. Prendersi cura di sé da sola, senza cameriere, servitù, pronti a esaudire tutti i suoi desideri, era quello che voleva. Doveva fuggire da quella gabbia dorata in cui viveva, si sentiva soffocare. Sapeva che tutte le sue compagne di scuola invidiavano la sua vita agiata, la sua timidezza veniva da loro definita “snob”, per questo non le prese mai in considerazione, non avevano capito niente. Lei aveva già perso il sorriso ed era sicura che quel lavoro le avrebbe fatto perdere la salute. Si guardò allo specchio, solo lì riusciva a sorridere, sorrideva alla sua immagine riflessa, anche se poi si sentiva stupida per averlo fatto. Dopo cena andava su internet a vedere storie di viaggi, di libertà, di vita... anche lì era spesso discontinua, causa le pause, i vuoti, le assenze... piombava nel silenzio mentale totale, persa nei pensieri più profondi dove si pensa di tutto e di niente, dove la paura di affrontare una nuova strada blocca tutti i progetti. Forse aveva ragione la nonna... non era il viaggio in sé che doveva affrontare, ma sé stessa. Cercare nuovi posti, nuove vite forse non era cercare la felicità, forse non avrebbe mai trovato le risposte che non riusciva a darsi. Doveva riflettere ancora, quindi riprese il lavoro nella farmacia del paese, anche se si sentiva oppressa, derisa da chi lavorava con lei, perché non era come loro. Un giorno, sola in farmacia, entrò un uomo e le chiese qualcosa per dormire. Giulia si mosse in cerca di un prodotto naturale da dargli. Quando si voltò, l'uomo teneva in mano una pistola e le intimò di aprire la cassa. Lei lo fece senza fiatare, e si dimenticò, per paura di muoversi, di premere il pulsante dell'allarme sotto la cassa. L'uomo prese l'incasso e scappò via indisturbato. Lei rimase immobile davanti a quella cassa vuota, fino all'arrivo della sua titolare che la rimproverò duramente, chiamò la polizia e la ritenne complice e responsabile di quella rapina. Il padre avvocato riuscì a scagionare la figlia, ma inevitabilmente perse il lavoro. La sua condizione di immobilità le fece capire una volta di più di come fosse incapace e inutile come persona, aveva studiato tanto per poi alla fine non aver capito niente della vita. Era quindi fondamentale a quel punto fare quel salto nel buio... quello che la spingeva ad andarsene era la paura di quella gabbia che la stringeva ogni giorno di più, la paura di diventare vecchia senza diventare adulta. Doveva affrontare quella paura, mollare tutto e partire era l'unica soluzione, solo che non sapeva dove andare. Si rivolse di nuovo a internet, e questa volta per cercare lavoro. Non sarebbe potuta partire se non avesse trovato un lavoro e una casa, doveva cercare subito qualcosa, non importava dove, sapeva solo che doveva andare, forse avrebbe trovato le risposte segrete che le stavano facendo perdere il sorriso, la salute, le stavano avvelenando lo spirito, indebolire il corpo e addormentare la mente. Aveva già perso tanto tempo a cercarsi senza riuscire a trovarsi. Si pose davanti allo specchio, pronta per una domanda.
- Tu cosa ne pensi, devo partire? -
Sorrise alla sua immagine, e capì che quella decisione era spinta dalla speranza, non dalla paura, che non era una fuga, ma una ricerca, quindi era quella giusta.
Orietta Bosch
Biblioteca
|
Acquista
|
Preferenze
|
Contatto
|
|