Writer Officina - Biblioteca

Autore: Valentina Bindi
Quando l'amore fa male
Drammatico LGBT
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Quando l'amore fa male
Tutto incominciò quel giorno in cui abitavo con alcune persone e dividevo l'appartamento per le spese affittuarie, lavoravo saltuariamente e non potevo permettermi una casa per conto proprio, così, decisi di mettere qua e là tra giornale e internet qualche annuncio per cercare persone della mia età che lavorassero e dividessero un appartamento con me, almeno in quattro sarebbe stato perfetto per pagare tutto quello che serviva e per avere una casa di modeste dimensioni a Goldsboro nel North Carolina. Per me non era stato facile ambientarmi all'inizio perché provengo da Raleigh, lì tutto è immenso e maestoso.
Ammetto che in poco tempo ricevetti delle telefonate e non sempre erano di persone per bene, molto spesso erano ragazzi di intenzioni poco buone, la ricerca non era affatto facile come pensavo e io dovevo provvedere alle spese finché non trovavo qualcuno pronto a coabitare con me e con chi altro sarebbe entrato successivamente.
Una mattina, però, mi chiamò un ragazzo e dalla voce sembrò un tipo pacato e cordiale, di quelli che ti immagini sempre seduti alla scrivania con gli occhiali da bibliotecario, a leggere e studiare senza sosta e senza vita sociale.
“Salve, chiamo per l'annuncio della casa in affitto in Evergreen Ave, ho chiamato il numero giusto?”
“Sì! Certo, lei è interessato ad abitare con più persone? - ”
Per un momento il ragazzo dall'altra parte del telefono sembrò esitare
“Diciamo che potrei esserlo, ma voglio delle garanzie.”
“Certamente, mi dica pure.”
Era proprio un tipo da biblioteca anche dal modo di porsi al telefono, lento e troppo cortese.
“Per prima cosa, vorrei assicurarmi che le inquiline o gli inquilini che ci saranno non siano delle persone troppo rumorose, sa io sto prendendo un master per poter insegnare al college, e nel frattempo faccio tirocinio, quindi non posso stare in un ambiente troppo rumoroso, è un problema quello che chiedo?”
Come volevasi dimostrare era un topo di biblioteca più che un tipo, le sue richieste me le ero già scordate, ma feci finta di niente e avendo bisogno di persone per bene e soprattutto di soldi, accettai senza esitazioni.
“No, non è un problema, congratulazioni, lei sarà il primo coinquilino, deve venire a vedere la casa prima di firmare i fogli per abitarci.”
“Va bene se passo nel primo pomeriggio?”
Erano circa le undici di mattina e non avevo niente da fare, andava più che bene.
“Perfetto, ci vediamo dopo...”
Non sapevo il nome e tentennai per sentire se si sarebbe presentato per telefono.
“Sono Ethan Galls, piacere, a dopo e grazie.”
“Grazie a lei Ethan.”
Riattaccai felice di aver trovato qualcuno, avrei solo dovuto mettere a posto la casa un po' in disordine, ma d'altra parte il trasferimento era stato fatto da poco e ancora mancavano dei mobili, sperando che qualcuno di loro contribuisse a comprarli.
Mentre aspettavo che si facesse l'ora in cui sarebbe arrivato Ethan, decisi di prepararmi un caffè doppio e di mettermi a leggere qualche notizia su Twitter.
Provai a pubblicare una sottospecie di annuncio anche su Facebook che cercavo altre due persone, in quanto una l'avevo trovata e qualcuno mi rispose, dicendomi, che era disponibile e se ci fosse la possibilità di coltivare losche piante in qualche stanza, lo tolsi immediatamente e cancellai subito l'idea dei social per gli annunci.
Finalmente suonarono alla porta e andai un po' con lo stomaco in subbuglio ad aprire, era la prima volta che facevo una cosa del genere e non era facile dover abitare con qualcuno di cui non sai niente.
Aprii la porta e mi trovai di fronte un bel ragazzo dall'aspetto saccente, proprio come trasmetteva la sua voce al telefono; aveva capelli ricci con taglio anni Quaranta corto, occhiali da vista che per un attimo nascondevano i suoi piccoli occhi verdi, era alto più di me, dall'aspetto sembrava potersi fidare di lui e poi i ragazzi dai capelli rossi mi facevano sempre ridere non so bene perché.
- Salve, sono Ethan. -
Mi tremava la voce all'inizio.
- Piacere, sono Elizabeth Gardniss, ma può chiamarmi Eliza, lo preferisco. -
Sorrise, ci fu un po' di silenzio e poi, molto imbarazzata, mi resi conto di doverlo fare entrare in casa. Farlo aspettare sul portico non mi sembrava cortese.
- Prego, mi scusi sa è la prima volta non sono molto pratica di queste cose. -
- Nessun problema. -
Appena entrati nella casa si accedeva alla stanza maggiore che era il soggiorno, molto grande ma da arredare e per il momento c'era solo un mio divano a tre posti e un televisore da circa quaranta pollici, dopo il soggiorno sulla sinistra aprendo la porta scorrevole si accedeva alla cucina, funzionale e con penisola molto pratica se si abita in più persone, sia per cucinare che per mangiare, risparmiando lo spazio per un tavolo gigante che comunque avremmo dovuto comprare.
Le camere erano tre e sarebbe stato un problema perché in tutto avremmo dovuto essere quattro per permetterci le spese, a meno che uno di loro non fosse ricco; qualcuno avrebbe dovuto dividere la camera.
Il bagno era scomodo perché era uno solo, le lotte per ottenerlo e le gare per arrivarci prima e chiudersi dentro sarebbero iniziate presto.
Feci completare il giro a Ethan, per il resto avevamo solo grandi finestre luminose, non si poteva chiedere di più ed era già abbastanza, adesso avrebbe solo dovuto scegliere la sua stanza, questo era un vantaggio del primo arrivato, anzi del secondo essendo io la prima.
- Penso che prenderò la più lontana dal bagno. -
Mi sembrò equo e accettai, la sua stanza era di fronte alla mia.
- Perfetto, allora quando pensa di venire a stare qui? -
- Dunque, devo firmare delle pratiche e lasciare la mia casa attuale che oramai è praticamente vuota. Credo che domani sia il giorno giusto, ho poche cose da portarmi dietro, per lei va bene? -
Era più che perfetto.
- Sì, va benissimo, allora tornerà domani? -
- Sì, adesso vado a sbrigare tutto quello che devo, mi faccia trovare i fogli da firmare così potrò spedirli al padrone di casa. -
- Certo! A domani allora! -
Mi salutò e se ne andò, finalmente il primo inquilino era scelto; un maschio e apparentemente tranquillo, forse anche troppo.
Restavano solo altre due persone da trovare e speravo che presto mi avrebbero contattato.
La sera stessa dopo che mi ebbe contattato Ethan ricevetti una telefonata da una ragazza, sembrava molto di premura al telefono, come se stesse partecipando a una maratona, aveva il fiatone.
“Scusami, c'è ancora posto?”
“Mica siamo al cinema” pensai, ma non lo dissi.
“Intendi per la casa?”
“Beh, sì ovvio.”
Già mi dava sui nervi, ma i soldi erano più importanti, me lo ripetevo spesso in questi casi.
“Sì, ovvio!”
Risposi nella sua stessa maniera e questo parve stordirla perché cambiò tono, divenne più cordiale.
“Sono un po' di fretta, perdonami, se possiamo trovarci domani lì al tuo appartamento, sarei interessata.”
“Va bene, domani arriverà il primo coinquilino, se tu deciderai di abitare qua saremo tre e mancherà solo una persona.”
La ragazza sembrò aspettare e pensarci, ma la risposta fu subito pronta.
“Certo! Considerami una nuova inquilina, ho bisogno di andarmene da casa dei miei, non ne posso più! Tranquilla, io lavoro, ho letto l'annuncio quindi garantisco serietà, mi chiamo Hannah Adway.”
“Bene Hannah, piacere mio Elizabeth.”
“Allora ci vediamo domani nel pomeriggio?”
“Sì, a domani e grazie!”
Fece presto a chiudere la chiamata, alla fine si era rivelata simpatica e finalmente due erano trovati. Non eravamo al completo, ma sempre meglio di essere da sola e in un solo giorno era come aver vinto alla lotteria. Capii che non era poi così difficile trovare persone per bene.
























2.
CHIAMALO DESTINO




Il giorno in cui il mio destino, futuro o come preferite chiamarlo cambiò fu quando la quarta persona venne ad abitare con noi. Passò molto tempo prima che arrivasse, la casa era già sistemata, avevamo comprato tutti i mobili, dividevamo le spese e avevamo formato un bel trio. Stranamente stavamo bene insieme ed eravamo diventati ottimi amici; certo si litigava ogni tanto, ma è normale nell'amicizia, ognuno di noi tre era diverso dall'altro e non avevamo quasi niente in comune, neanche il modo di vestire o un tipo di musica.
Io la classica ragazza semplice acqua e sapone, molto casual e musica di quel che capita; mentre Hannah era quella tipa che tutte a lavoro vorrebbero essere, intraprendente e con uno spiccato senso da leader, le sue origini ebraiche dovevano averla dotata di una capacità unica per il lavoro. Ci sapeva fare ed era anche molto bella e proprio per questo era stata scelta in un negozio di abbigliamento all'ultima moda chiamato Hepaz, la sua altezza mista ai lunghi capelli biondi le facevano risplendere i grandi occhi verdi, e infatti alla porta era un via vai di corteggiatori a cui lei dava più dispiaceri che altro.
Ethan, il ragazzo misterioso; sempre preso a studiare e lavorare non lo si vedeva quasi mai e non parlava mai di donne o di cose da donne. Era però un bravo ragazzo disponibile e sempre cortese, il classico uomo canadese buono e silenzioso.
Come dicevo non avevamo proprio niente in comune, neanche il tempo, ma l'unica passione che non ci toglieva nessuno e che tutti e tre adoravamo fare era metterci sul mio divano e guardare intere saghe di film come dei veri nerd.
Stavamo così bene insieme che quasi ci scordammo dell'annuncio; di avere bisogno di un quarto coinquilino, non avevamo problemi a pagare quello che dovevamo. Ognuno faceva la sua parte e anche io riuscii a trovare un piccolo lavoro fisso in una casa editrice, correggevo delle bozze, non era il massimo, ma ci campavo.
Era proprio in una delle nostre serate da film che una telefonata interruppe il terzo film del Signore Degli Anelli, dissi a Ethan e Hannah di scusarmi e che sarei tornata subito, un numero che non conoscevo mi stava chiamando alle dieci di sera, erano passati tre mesi dalla prima volta dell'annuncio.
“Pronto? Chi parla?”
Dall'altra parte del telefono rispose una voce calda anche un po' sensuale; almeno questa fu la prima impressione che mi dette i brividi.
“Mi chiamo Leslie. Ho letto l'annuncio, cercavo un posto dove abitare, vengo da Charlotte.”
Charlotte distava duecentoventi miglia da Goldsboro; da quel che sapevo era un posto alla moda.
“Perché cerchi casa qui?”
Stentò per un momento a rispondere, quasi scocciata.
“Non mi piace parlarne al telefono, magari di persona te lo dico, quindi posto c'è o no?”
In quel momento Ethan e Hannah non sapevano che stavo parlano con una possibile nuova inquilina, non avevamo bisogno di nessuno e mi stava pure antipatica, rifiutai.
“No, non c'è, l'annuncio è vecchio.”
Rimase un po' in silenzio, sentivo solo la linea disturbata gracchiare ogni tanto.
“Allora perché lo lasci? La gente cerca casa lo sai? Non è mica un divertimento.”
Dopo quello che mi rispose mi si smossero i nervi e cambiai nuovamente idea.
“Sai che ti dico? C'è posto, uno sgabuzzino e te lo dovrai liberare e pulire dalla roba inutile mia e dei miei coinquilini, siamo già tre e te sarai l'ultima ad arrivare quindi dovrai attenerti alle regole, se ne hai così bisogno vieni domani mattina entro le dieci altrimenti fai conto che sia occupata.”
Non ero mai stata così decisa, nemmeno quando dissi il mio discorso di laurea.
“Ok, a domani.”
Terminò la chiamata; io rimasi senza parole, dopo tutto quel discorso tirato fuori a fatica, io che non riuscivo a far spaventare una mosca, avevo preso coraggio e fatto una scenata per telefono dicendo di decidersi e lei con solo tre parole acconsentì, non era quello che mi aspettavo, forse voleva davvero quella stanza, ne aveva bisogno e io mi ero comportata molto male.
Tornai a guardare il film senza dir niente ai due amici aspettando di vedere come sarebbe andato il giorno dopo. Passai la notte a pensare a come poteva essere la ragazza e se davvero sarebbe venuta a vedere la casa.



La mattina seguente stavo bevendo un caffè ed ero ancora in pigiama quando alle nove e mezza suonarono alla porta; pregai che non fosse la ragazza, corsi versi il bagno e mi sistemai velocemente i capelli dandomi una sciacquata, i miei occhi erano meno verdi del solito e forse per colpa delle nuvole che non facevano entrare abbastanza luce. Suonarono ancora e non ci fu scampo, dovetti andare ad aprire in pigiama.
Mi schiarii la voce e poi tirai verso di me la porta, per un istante il mio battito sembrò fermarsi, era decisamente una bellissima ragazza.
- Salve. -
- Dunque è giusto il posto, posso vedere lo “sgabuzzino”? -
Mi venne da ridere, ma evitai di farlo in faccia a lei dopo tutta quella strada fatta apposta per essere qui.
- Certo, prego. -
Leslie entrò in casa e mi fissò per un momento come se volesse prendermi in giro.
- C'è un pigiama party? -
La fulminai con lo sguardo, non era affatto una battuta simpatica.
- Se qualcuno avesse rispettato l'orario prestabilito, forse adesso sarei vestita decentemente e non mi ritroverei in questa situazione ridicola. -
- Ehi tranquilla, stavo solo scherzando. -
- Seguimi. -
La portai dritta alla sua stanza; a dire il vero era troppo piccola per far sì che fosse una camera, ma pensandolo senza tutta quella roba dentro a malapena entrava un letto singolo a parete, una scrivania o una libreria e non poteva andare bene, mi ero dimenticata di dirgli la cosa più importante; cioè che il quarto inquilino avrebbe dovuto dividere la camera con qualcuno, ma adesso che figura avrei fatto a dirglielo dopo avergli fatto fare ore di strada per arrivare fin qui?
- È tutto? -
- Oddio scusami, avrei dovuto dirtelo, ma ieri me lo sono scordata e poi mi hai chiamata tardi, nel bel mezzo della serata film. -
La ragazza sembrò un po' seria.
- Oh perdonami se sto cercando un posto, non volevo disturbarti aiutandoti magari con le spese affittuarie, ma se è questo buco sinceramente non ci tengo, me ne vado. -
Leslie se ne stava andando e la presi per un braccio per fermarla, anche se non avevo confidenza. Fu un gesto impulsivo come se qualcuno nell'aria mi avesse detto di farlo perché altrimenti me ne sarei pentita.
- Puoi dividere la camera con uno di noi tre. -
Il suo sguardo parve di riflessione.
- E chi siete? -
- Dunque. Ethan un tranquillissimo e bravissimo studente e lavoratore, ha venticinque anni come tutti noi. Poi c'è Hannah, anche lei lavora ed è una ragazza per bene, fa un po' di confusione, ma è davvero brava e hanno delle stanze grandi. -
Sembrò pensarci.
- E di te, che mi dici? -
Sussultai, io non pensavo certo di dividere la mia stanza.
- No, io non divido la stanza. -
- Perché no? -
Bella domanda, sinceramente non ci avevo pensato, forse perché ero la prima arrivata di tutti, perché avevo trovato la casa e perché avevo fatto la selezione dei due coinquilini. O semplicemente per egoismo.
- Potrei pensare di dividerla anche io, comunque sono una ragazza tranquilla... non parlo molto, ho un modesto lavoro e leggo tanto, se questo può esserti utile da sapere, non saprei come descrivermi o come ti possa servire per capire con chi dividere la stanza. -
Decise subito senza pensarci troppo.
- Va bene, sposta le tue cose. -
- No, aspetta ... come? -
Aveva scelto di dividere la stanza con me. Non le importava nemmeno del resto della casa, tantomeno di dividerla con una ragazza come se fosse normale. Voleva solo un posto dove le spese da dividere non fossero troppo care; non mi disse altro, solo che sarebbe tornata il tardo pomeriggio con la sua roba e che se non avessi fatto spazio per le sue cose se lo sarebbe fatta lei stessa.



Mi tolsi il pigiama e mi cambiai indossando un paio di jeans e una felpa semplice con una scritta sul falso amore e rispecchiava un po' quello che pensavo, non credevo all'amore e a tutte quelle stronzate che si dicono su di esso.
Dovevo dire a Ethan e Hannah dell'arrivo imminente di Leslie, non so come l'avrebbero presa, speravo bene.
Aspettai l'ora di pranzo quando avrebbero fatto rientro da lavoro.
- Ragazzi, oggi verrà una nuova inquilina. -
La pizza che stavano per mangiare cadde dalle loro mani e mi guardarono a bocca aperta.
- Come scusa? -
Ethan sempre con fare molto filosofico lo disse educatamente, mentre Hannah si scatenò.
- Scusa, ma come hai potuto non dirci niente? Dove la mettiamo? In cucina? Non c'è posto! -
- Calmatevi! È passata stamani, ha visto la casa e ha deciso di dividere la camera con me. -
Si zittirono subito, certo nessuno di loro avrebbe dovuto scomodarsi per dividere la propria stanza e avrebbero anche risparmiato dei soldi; erano tranquilli.
- Ma non la conosci nemmeno. -
Mi rimproverò Hannah.
- Tranquilla, siamo tre in casa e se lei dovesse fare qualcosa, ci siete voi con me. -
Ethan sorrise e mi sembrava già di intuire quale domanda stesse per farmi, aveva occhi famelici di curiosità.
- E dimmi, com'è? È carina? -
Quando ripensai a lei per descriverla mi vennero i brividi, l'immagine che avevo stampata nella mente di quando aprii la porta non la scorderò mai.
- Sì, decisamente. -
Ma non dissi altro, fu solo dopo, che mi resi conto dallo sguardo di Ethan che voleva il proseguo della descrizione.
- È alta, ha degli occhi bellissimi color ghiaccio, non ho mai visto un colore così bello... -
Sembrò interessargli.
- Gli occhi degli angeli, almeno così vengono chiamati. -
E direi che lei ha gli occhi del cielo. Mi alzai da tavola sorridendo come un'ebete per quella conversazione appena fatta con Ethan senza sapere perché.
Andai nella mia stanza, era giunto il momento di far spazio e trovare il giusto luogo per tutte le mie cose, non avevo idea di dove metterle, anche se per lo più erano libri e videogame; quest'ultima una mia altra grande passione. La camera era abbastanza grande per due, sarebbe bastato spostare il mio letto da un lato e far più spazio nell'armadio. Certo era un po' come essere in quelle stanze del college che si dividono con altre studentesse, ma spettava a me dividerla, non avevo avvisato gli altri quindi era giusto che mi prendessi la briga di arrangiarmi.
La mia stanza era abbastanza moderna, non aveva colori accesi, anzi era molto soft e mi trasmetteva sempre molta tranquillità quando ero immersa nei miei pensieri. Ethan entrò in camera a chiedere se avessi bisogno di aiuto, ma rifiutai in quanto neanche io sapevo dove mettere il resto della roba, però un indizio utile me lo dette: lo sgabuzzino.
- Oh, santo cielo, tutto là dentro prima o poi scoppierà. -
- Eliza hai voluto tu la quarta inquilina e adesso devi far presto a trovare posto alle cose, l'unico rimedio è quello. -
Ci pensai su, ma alla fine aveva ragione e quindi accettai il suo aiuto prima che tornasse a lavoro, Hannah era già andata via, evitava sempre le sfacchinate.
Il pomeriggio arrivò presto, non ebbi neanche il tempo di farmi una doccia, lei era già lì pronta a suonare il campanello, ma la anticipai e le aprii la porta, indossava i vestiti che la mattina avevano messo in risalto ancor più i suoi bellissimi occhi. Una giacca in pelle nera a parer mio anche di buona fattura, si poteva vedere dalle pieghe su di essa e se ne sentiva il profumo; pensai fosse una modella dato il colore nocciola dei pantaloni da lei indossati che le mettevano in risalto le gambe lunghe e snelle. Mi accorsi di fissarla quando mi parlò.
- Posso entrare o prima devi analizzare se sto trasportando una bomba? -
- Scusami, è che hai dei capelli davvero belli. -
La scusa che trovai fu in parte vera, i suoi capelli erano stupendi, aveva il colore delle more maturate in estate e quei piccoli raggi del sole, che ogni tanto trapelavano dal cielo nuvoloso, risaltava in essi i riflessi, non le trovavo neanche un difetto, io ne avevo tantissimi rispetto a lei che era molto più bella.
- Grazie, sei molto gentile. Posso portare queste scatole in camera? -
Con sé aveva circa cinque scatoloni, l'aiutai, era tutta la sua roba e mi preoccupai se presto sarebbe arrivato un camion pieno di mobili o se avesse dovuto comprare tutto.
- Hai altro? Un letto o mobili vari? -
Per un momento mi guardò come se avessi parlato in latino o in chissà quale lingua, evidentemente pensava ci fosse già un letto o qualcosa per accomodarsi e non credeva di doverlo comprare.
- La mia roba è tutta qui e sinceramente pensavo ci fosse già tutto, io non ho mobili, non ho nient'altro, solo la mia auto parcheggiata fuori, quindi per stasera o mi lasciate dormire sul divano o dovrò farlo in macchina. -
L'impressione che fosse un po' pazza me la stava giusto dando in quell'istante.
- Figurati, stai pure sul divano, ma è un problema per te trovare un letto? -
Parve pensarci su, io non sapevo che altro dire, non avevo soluzioni.
- No, però oggi non posso prenderlo, devo sbrigare delle cose al computer per lavoro e poi ho da risolvere altro ... -
Si interruppe cambiando tono e anche espressione, sembrò pensare a qualcosa di triste, come se stesse scappando da una vita infelice, non le chiesi niente, solo il necessario per far conoscenza.
- Posso farti delle domande? -
Alzò le spalle, era un sì a quanto pareva.
Ci trasferimmo in cucina e le chiesi se volesse qualcosa, non aveva neanche visto la casa al completo, ma mentre si stava sedendo su di uno sgabello sembrò osservare l'arredamento, moderno e monocromatico, in puro stile americano.
- Carino qui, avete scelto insieme? -
- Sì, più che altro io e Ethan, mentre Hannah ha pensato alle cose più piccole, come bicchieri piatti e tovaglioli in stoffa benché fin dall'inizio avessimo detto di prediligere la plastica per una questione di praticità, ma che vuoi farci è una testa dura. -
Leslie sorrise.
- Che cosa volevi domandarmi? -
- Giusto, intanto volevo sapere se ti va un caffè o un tè, così, magari, mentre ti faccio il terzo grado ti senti più a tuo agio di fronte a una bevanda calda. -
- Vorrei un caffè non troppo forte. -
Bene, caffè, me lo sarei fatta anche per me e ciò facilitò la conversazione.
- Allora lo preparo per due, volevo chiederti come mai sei venuta a cercare casa qui da così lontano. -
Non mi rispose subito e iniziò a giocherellare con la tazza bianca del caffè che le avevo messo di fronte, per prendere tempo e forse per trovare le parole.
- Abitavo con una persona, è andata male e ora sono qui. -
Non me l'aspettavo, si era lasciata con il suo compagno forse e magari è per quello che non era poi così cordiale. Il caffè stava uscendo dalla macchinetta mentre tentavo di immaginare diverse situazioni; come al solito cominciai a fantasticare su cosa potesse essere accaduto, facevo sempre così quando mi raccontavano storie o vicende, ma Leslie mi fece tornare sul pianeta Terra.
- Guarda che il caffè sta riempiendo la brocca. -
Ed era vero. Spensi la macchinetta e lo versai nelle tazze, amaro e non troppo forte.
- Brava, lo sai fare bene. -
Sorrisi, lo sapevo e questa era la punizione per cui mi toccava prepararlo ogni santo giorno ai miei coinquilini e forse da oggi anche a lei.
- Quindi... ti sei lasciata con il tuo fidanzato? -
Per poco non le andò attraverso il caffè, scoppiò a ridere e poi tornò seria, era un po' strana in effetti.
- Diciamo che è così. -
- Immaginavo. Senti, tu che lavoro fai? -
- Sembrerà strano, ma sono un'astronoma, mi occupo del cielo e delle stelle e quindi di studiarli classificarli e cose simili, lo so che non è un lavoro comune ma è sempre stata una mia grande passione. -
Cavolo un lavoro così te lo sogni, bisogna avere un cervellone che neanche mi immagino, deve essere bravissima, non se ne sente parlare spesso di astronomi; però è affascinante ed esserlo a questa giovane età significa essere una persona in gamba.
- Trovo che sia bellissimo, sarai sempre impegnata immagino, non ti reca disturbo dividere una casa? -
- No affatto, mi fa bene distrarmi ogni tanto e soprattutto preferisco non stare più dove ero prima, è più difficile lavorare quando stai con qualcuno e soffri, che stare con persone con cui potrei fare amicizia... -
Pensai che la sua vita sentimentale dovesse essere stata davvero dura.
- Amare è così doloroso? -
In quel preciso istante in cui le posi la domanda è come se stessi gettando le basi del mio futuro.
- Certe volte sì, tu non hai mai amato nessuno? Se posso chiedere. -

Valentina Bindi

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
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