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Autore: Valentina Bindi
Thèrése
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Thèrése
Rincaso sempre intorno alle tre o quattro del mattino nella mia casa a Milano, il mio ragazzo dorme e devo evitare di svegliarlo anche se non si arrabbia mai, anzi mi dà un bacio e mi augura una dolce notte, io sorrido e niente più.
Da qualche tempo non riesco a dormire come prima, ho mille pensieri nella testa e comincio a stancarmi e dubitare di tutto, la mia routine al lavoro e il mio fidanzato.
Sono circa le dieci del mattino di domenica quando mi sveglio, i raggi del sole invadono la camera da letto, mi sfiorano lievemente gli occhi e cerco di coprirmi, poi un'ombra si fa avanti e stropicciandomi un pochino noto la sagoma di Leonardo.
I suoi piccoli e teneri occhi ambrati mi sorridono, posso percepire nell'aria l'odore del suo dopobarba, mi piace da impazzire, mi dà un bacio sulla guancia sedendosi sul letto.
- Buongiorno Elisa. -
- Ei. Sei in piedi da tanto? -
- Non molto, ma da quanto basta per vederti svegliare e osservare la bellezza dei tuoi movimenti. -
Non mi piacciono particolarmente tutte queste smancerie al mattino, in otto anni di fidanzamento le ho sopportate seppur non le amassi particolarmente.
- Quanta dolcezza stamani, posso anche non mettere lo zucchero nel caffè. -
Faccio una linguaccia.
- A proposito di caffè, vieni che è pronto. -
Alle sue parole mi scatta come una molla, la chiamo la molla energetica, adoro berne una tazza intera la mattina.
Mi alzo dal letto, la stanza è un completo disastro, lenzuola sparse qua e là, armadio mezzo aperto con vestiti poggiati ovunque come se fosse scoppiata una bomba, il cassettone alla sinistra del letto è pieno di oggetti tanto che non ne riconosco nemmeno uno in quell'ammasso. Il bagno in camera è una benedizione, ma non quando nel nostro caso diventa un deposito di vestiti da lavare, cose della palestra e trucchi miei ovunque. Io metto quasi sempre in ordine, ma ultimamente con il lavoro, la danza e tutte le faccende che devo svolgere non riesco proprio a seguire un ritmo in casa. Penso di rinfacciare anche a Leonardo che sarebbe il caso di dare una mano maggiore.
Prendo quello che trovo di pulito, una felpa semplice grigia molto comoda e pantaloni di una tuta che neanche sapevo esistessero, per altro di colore rosa, io lo odio il rosa.
Percorro il corridoio che dalla camera porta a tutte le stanze e mi dirigo in cucina, mi sento mancare il cuore, è un disastro anche qui. Non credevo che la casa fosse messa così male, dovrebbero mandarci al programma di "case da incubo" se non trovo rimedio al più presto.
- Leo ma ti rendi conto? Hai notato in che stato è riversata la casa? -
Si guarda attorno e comincia a ridere.
- Sì, ma oggi sistemi giusto? Allora non ci sono problemi. -
Dentro di me provo una stretta allo stomaco, è di rabbia però, sento i nervi protestare.
- Ascoltami bene, tu non mi aiuti in niente. D'accordo lavori e porti lo stipendio a casa, ma è quello che faccio anche io. Cosa credi che io sia? Una facchina? Ho forse scritto in fronte che sono una domestica? Non mi pare. Quindi o in casa mi aiuti anche tu o qui dobbiamo cambiare qualcosa perché non ci siamo proprio. Sono stanca. -
Il suo sguardo è di perplessità, si alza dallo sgabello su cui era accomodato e viene verso di me.
- Basta chiedere, non arrabbiarti. Odio litigare lo sai. -
Sa sempre dire la cosa giusta al momento giusto, io non riesco mai a contraddirlo, litighiamo veramente poco e il nostro rapporto va alla grande.
Mi siedo anche io su di uno sgabello e prendo dal piano bar la tazza calda di caffè, è buonissimo e saporito. Mi guardo in giro e mi dico che le case moderne sono perfette e comode, ma certe volte sento di voler tornare in una casa rustica spersa in qualche bosco.
Penso a cosa potrei fare durante il giorno, è domenica e sicuramente fino alle sette non devo andare a lavoro.
Leonardo mi vede assorta nei miei pensieri e tenta di distrarmi.
- Ei piccola, che cosa hai? -
- Niente, scusami. Penso solo a cosa fare oggi. -
- Come? Non ricordi? Dobbiamo andare con Thèrése e Clara al cinema, glielo abbiamo promesso da un sacco di tempo. -
- Già, allora intanto vado a farmi una doccia e a sistemarmi, visto che dovremmo anche pranzarci. -
- D'accordo, mi raccomando non esser troppo felice. -
Lo mando a quel paese con tanto di bacio, poi corro nella doccia, posso stare un po' in pace sola con me stessa. Il rumore dell'acqua rovente che scende su di me e cade a terra è come una rigenerazione dei sensi.
Penso alla giornata che mi aspetta e non sembra male in fin dei conti, Thèrése è la cugina di Leonardo e per questo ogni tanto usciamo con loro.
Thèrése è più grande di tre anni rispetto a noi, suona spesso al pub dove io servo ai tavoli e per un fortuito caso me la ritrovo anche a danza. Clara non la sopporto proprio e non perché sta insieme a Thèrése da due anni. C'è chi si ama diversamente dal comune e problemi non ne ho mai avuti, ma lei è arrogante e troppo sicura di sé. Non c'entra niente con Thèrése e per me avrebbero dovuto lasciarsi, ma ogni volta che chiediamo perché stiano insieme dicono che sia per l'amore.
Mi viene da ridere, all'amore ci credevo i primi tempi, i primi mesi e forse i primi anni di fidanzamento, ci credevo prima di provarlo. Ma adesso mi ha consumata ed è solo abitudine, non provo più quella scintilla che mi faceva accendere con un niente come quando ero ragazza.
Tutto è cambiato ed ho paura che mai cambierà ancora.
Una volta terminata la doccia mi preparo velocemente, senza un filo di trucco non esco mai, qualcosa di semplice e niente più. Asciugo in fretta i miei lunghi capelli castani, facendo attenzione a non bruciarmi o a darmi una botta con il phon, dato che succede sempre ogni qualvolta sono di fretta. Leo si è preparato nel bagno degli ospiti ed è già pronto, a lui basta poco, ha i capelli corti e non deve penare come me. A lui basta indossare una camicia e dei jeans con sneakers ai piedi e ha finito. Io no, devo scegliermi un vestito elegante per l'occasione e poi l'ardua scelta degli stivali o delle scarpe col tacco, non so mai cosa mettere fino all'ultimo momento, per questo comincio un'ora prima.
Cerco disperatamente qualcosa nella confusione più totale, noto che la mia camicia bianca di ottima qualità è profumata e stirata con cura, prendo quella senza dubbio accostandola a ciò che trovo: pantaloni in flanella neri e una giacca lunga burberry.
Sto già uscendo con tanto di borsa quando Leonardo sgrana gli occhi e mi fa un cenno con il dito indicando i piedi.
- Oddio le scarpe! -
Ridiamo tutti e due, devo proprio essere fuori di me per essermi scordata le scarpe.
Indosso le solite décolleté e usciamo di fretta, si è quasi fatta ora di pranzo e le ragazze ci attendono al Ristorante Nuova Sapienza.
Prendiamo la macchina di Leo che è decisamente meglio della mia piccola auto di città, lui ha il suo bellissimo fuoristrada e così lo obbligo a usarlo quando usciamo.
Mentre andiamo verso il ristorante ci intratteniamo parlando.
- Sei bellissima oggi. -
- E tu sei sempre gentile, anche troppo. Non è che anche alle tue colleghe dici queste cose? -
Lo vedo arrossire, ma so benissimo che lui non fa mai queste cose con le altre, non è il tipo, e anche se fa il fotografo professionista non significa che io non mi possa fidare, in tutto questo tempo mai mi ha dato il sospetto che possa tradirmi e di ciò ne sono orgogliosa.
- Ma che stai dicendo! Senti puoi scrivere a Thèrése che stiamo arrivando? -
Prendo il telefono dalla borsa e le invio il messaggio, risponde subito dicendo che loro sono al tavolo e di fare con calma.
- Sono già sedute. -
- Peccato, non possiamo intrattenerci in macchina nell'attesa. -
- Come sei malizioso! -
Gli do un bacio sul collo.
Arriviamo dopo cinque minuti dall'invio del messaggio, l'auto la parcheggiamo a pochi metri di distanza ed entriamo nel locale, non è lussuoso e nemmeno rustico, più che altro moderno e semplice, carino.
Vedo le ragazze sedute accanto alla vetrata principale, sono molto carine ed il tavolo ben lontano dagli altri.
- Ciao! Come siete splendide. -
Ci salutiamo con dei baci sulla guancia, io e Leonardo sediamo di fronte a loro.
- Thèrése il tuo vestito è davvero splendido. -
- Merci Elisa. Anche la tua giacca non è niente male. -
Adoro davvero il suo vestito, lungo fino alle ginocchia e completamente rosso in tartan, le sta bene e risalta i suoi occhi scuri.
Clara mi lancia un'occhiataccia, a pelle non ci sopportiamo, ma fingiamo sempre di fronte agli altri che non sia così. Crede che io possa essere una minaccia per lei, ma si fa idee del tutto sbagliate, in quanto sto con Leo da anni ormai e mai guarderei una ragazza nel senso che intende lei.
- Dunque donne, dato che sono l'unico maschio credo che offrirò io. -
Lo ringraziamo in coro. Il cameriere in poco tempo si fa avanti per prendere gli ordini, ma ancora non sappiamo che cosa scegliere.
- Posso chiedere se avete deciso? -
Leo fa da portavoce, la prima cosa è certamente da bere.
- Da mangiare dobbiamo ancora scegliere, ma da bere un buon vino rosso, basta sia di buona qualità. -
- Le andrebbe bene un Chianti? -
Accettiamo e in attesa del vino pensiamo a cosa mangiare, io sono vegetariana e spesso non ho molta scelta, anzi sono quasi obbligata a prendere gli unici piatti senza carne.
Anche Thèrése è vegetariana e quindi per entrambe mangiar fuori è più problematico. Per non dimenticare che dobbiamo stare attente alla linea o a danza ci rimproverano costringendoci a lunghi allenamenti senza sosta.
Il cameriere torna e apre il vino versandolo gentilmente nei calici, infine ordiniamo per tutti un piatto unico senza carne o latticini vari, una sorta di tofu alle erbe con contorno di torta integrale di zucchine e carote, sembra molto gustoso.
Osservo i tre che parlano e io mi assento con la mente, penso a tutto tranne che a stare con la testa attenta alla conversazione, sorseggio vino e mi isolo. Una voce calda e profonda ad un certo punto mi porta alla realtà.
- A che cosa stai pensando? -
Thèrése, ero così assorta nei pensieri che per un momento non l'ho riconosciuta.
- Niente di particolare. -
- Stai mentendo secondo me. -
Io e lei non siamo proprio come due vere amiche. Però quando la noto scrutarmi è come se sentissi che stesse entrando nei miei pensieri e questo mi reca fastidio.
- No, davvero dico sul serio. -
- Ancora non ti credo, ma accetto la tua risposta. -
- Grazie. -
Lo dico infastidita perché ha ragione, ero convinta di non esser osservata da nessuno e invece lei lo stava facendo, questo non mi va giù.
Sento che il suo sguardo è fisso su di me, non capisco come mai mi stia osservando così spesso. Mangiamo e restiamo per un po' al tavolo. Leo continua a parlare e parlare con le ragazze e io sento il bisogno di distrarmi un po', penso di andare al bagno.
- Scusate, qualcuno sa dove è il bagno? -
- Ti accompagno io se ti va. -
Thèrése è molto gentile anche se a me scoccia andare in due. Mi dice di seguirla e proprio vicino al bancone per pagare ci sono delle scalette che portano al piano di sotto.
- Fa attenzione Elisa, è poco illuminato. -
La ringraziao per l'avvertimento, ma non è abbastanza perché inciampo nell'ultimo gradino, lei prontamente mi tira all'indietro evitandomi una pessima caduta.
- Grazie. -
- Ti avevo avvisata! -
Scoppia a ridere, ma la fulmino con lo sguardo.
Comincio a darmi una rinfrescata, mi sistemo il trucco e noto ancora che mi fissa, sono stanca di questo.
- Che vuoi Thèrése? -
- Va tutto bene con mio cugino? -
La domanda mi coglie di sorpresa, come può pensare che qualcosa non va bene se nemmeno sa come sia la nostra vita.
- Sì, certo. Come sempre. -
La vedo pensierosa.
- Eppure, sei diversa. Sei come assente. -
Mi sento gelare il sangue, non so come possa capirmi così in fretta senza conoscermi a fondo.
- Sono solo pensieri riguardo al lavoro, mi stanca un po'. -
- A me sembra che sia altro a stancarti. -
Le sue parole sono come una tempesta oceanica. Non so mai cosa rispondere di fronte alla verità, di solito divengo fredda o semplicemente annuisco, ma mai capita di trovarmi di fronte qualcuno che con solo uno sguardo in poco tempo mi capisce. Leo a volte sì, anzi è l'unico a capirmi con solo un'occhiata, ma Thèrése è strana, come se io fossi un libro aperto per lei. Non so che cosa fare, se dirlo o meno, non ne ho idea. Posso provarci.
- Sono stanca di tutto. -
Il suo sguardo è come di conferma, sa che avevo qualcosa.
- Lo sospettavo, tutte le volte che ci siamo viste non eri così pensierosa, anche al pub ti ho osservata qualche sera e sbuffavi spesso. A danza sbagli e sei quasi assente con la mente. Sicura che con Leo sia tutto ok? -
Oramai non posso tenere nascosto niente, lei mi ha scoperta.
- Lui è perfetto, non ce ne sono altri come lui. Sono io, è colpa mia. Penso troppo. -
Thèrése si avvicina e mi prende una mano, vede che sto crollando.
- Dimmi la verità. -
- Non lo so nemmeno io, ho bisogno di tempo per me, ma allo stesso momento non voglio stare senza di lui. -
Lei mi abbraccia e mi dice che andrà tutto bene, che questi momenti capitano in tutte le coppie che stanno insieme da molti anni, ma per me è diverso, non riesco nemmeno a spiegarlo perché è come una di quelle sensazioni che provi e non sai come tramutarle in parole, solo sensazioni.
- Torniamo. -
Faccio cenno di sì con la testa e asciugandomi qualche lacrima mi sistemo nuovamente e torniamo al tavolo dagli altri due.
- Ei voi, pensavo vi foste perse. -
Leo mi dà un bacio e Clara invece continua a mandarmi maledizioni silenziose. Usciamo dal locale un'oretta dopo, passeggiamo lungo Via Monte Napoleone a guardare qualche vetrina, nel riflesso sul vetro dei negozi ogni tanto scorgo Thèrése e noto che il suo sguardo è spesso rivolto su di me, mi sento in colpa verso Leonardo per quello che ho detto a lei. Il solo pensiero di aver detto quelle cose mi fa stare male, non sono abituata a dubitare della mia relazione e mai avrei pensato di farlo.
Andiamo al cinema centrale, scegliamo un film drammatico romantico che parla di una storia d'amore ai tempi della Prima Guerra Mondiale, è molto ambito dalle persone e infatti accanto a noi si riempono i posti in poco tempo, da un lato ho Leo e dall'altro Thèrése con Clara.
Percepisco una certa tensione, non vedo l'ora di andare a casa e non pensare più a questa strana giornata.
C'è una scena intensa di guerra, mentre una donna cerca di salvarsi da un soldato le punta il fucile contro, quasi balzo in aria... ma più che per il film è per Thèrése, che mi prende la mano di nascosto, mi sento agghiacciare. Non capisco perché lo ha fatto. Mi volto verso di lei che mi sussurra qualcosa.
- Pardonnez-moi, è stato il mio istinto. -
La lascia subito come se avesse toccato il fuoco rovente, io mi sento strana, imbarazzata e sorpresa, ho una sensazione addosso simile all'aver preso fuoco. Mi avvicino a Leo e lo stringo a me, lei non mi guarda più per il resto del film.
Non appena usciamo dal cinema ci salutiamo e ognuno torna sui propri passi. Questa giornata mi ha scombussolata e non poco, cerco per il resto della sera di non pensarci, ma non sarà facile dovendo andare al lavoro al pub. So che Thèrése suonerà stasera, mi sento agitata e per la prima volta non voglio lavorare.


Quando arriviamo a casa corro in camera, mi cambio indossando la felpa con l'insegna del Panic Pub, è nera con scritta gialla simile a quella della birra Ceres.
Mi lascio i miei pantaloni e metto delle scarpe comode, servire ai tavoli birra e panini non è particolarmente pratico da fare con i tacchi. Benché al mio capo non dispiacerebbe, so che a lui piaccio, ma non ho occhi che per Leonardo.
Il resto per me non esiste.
Esco di casa dopo averlo salutato, perlomeno sono riuscita a stare con lui tutto il giorno, vado al lavoro e quando arrivo il pub è già pieno di persone che vogliono mangiare, fino alle otto di sera non serviamo cibo. Prendo penna e taccuino e comincio a scrivere le ordinazioni tra i tavoli.
Ci sono molte persone adulte, forse è per la serata country che inizia intorno alle nove. Il pub non è particolarmente grande, è simile ad un far west, antiche carrozze usate come zone per mangiare, il bancone classico come i saloon, un piano ad un angolo e una zona con un piccolo palco per chi viene a suonare.
Porto birre e hamburger o carne a quasi tutti i tavoli e mentre sto servendo ad un tavolo vicino al piano, sento una voce familiare con un leggero accento francese.
- Vedo che sei molto indaffarata stasera, mon cher. -
Mi volto e trovo Thèrése che sta andando sul palco, deve prepararsi a suonare, non faccio mai caso a cosa suona o se canta, non me ne è mai importato. Ma dopo oggi mi sento in imbarazzo a parlarle.
- Sì, c'è molta gente. Scusa, ma ora torno a servire. -
Me ne vado subito.
Per tutta la sera ho cercato di non avere neanche un momento libero e non è stato difficile, è domenica e il locale è pieno. Thèrése suona da tutto il tempo la chitarra e ogni tanto accompagna la voce del cantante principale, ma lei più che altro suona, non è una gran cantante.
La serata passa velocemente e la gente è così tanta che non riesco a passare con tranquillità in mezzo ai tavoli. Scorgo ogni tanto verso il palco e noto che Thèrése riscuote attenzione da molti uomini, mi chiedo perché mai si sia messa con una donna, è molto bella e per Clara mi sembra davvero sprecata.
E stasera è particolarmente bella... non so bene cosa sia, ma ha un qualcosa di raffinato e intrigante che fa impazzire i maschi e sborsare tante mance. Meglio per il locale.
Intorno alle due le persone cominciano ad andarsene, rimangono solo i clienti fissi al bancone che si ubriacano fino a stare male.
La band ha finito di suonare e si rinfrescano con birra o tequila, Thèrése viene verso di me con in mano un bicchiere di pinta. Io sono intenta a riordinare le sedie e pulire i tavoli.
- Serata piena. Vero? -
Faccio cenno di sì con la testa, lei siede ad un tavolo che ho appena pulito e mi guarda scrupolosamente, beve un sorso e si pulisce l'angolo della bocca con la punta della lingua... era rimasta un po' di schiuma e sono rimasta come una deficiente a fissarla senza motivo. Mi riscuoto dai pensieri e continuo a pulire finendo il mio lavoro.
- Mi ignori? -
La sua domanda mi coglie di sorpresa, non la vedo in quel modo, ma in un certo senso lo sto facendo.
- No, io non voglio che lo pensi, ma come vedi la serata è stata infernale, mi sto riposando solo ora. -
Mi interrompe.
- È per la mano? -
Non capisco che mano intende, poi mi fermo un momento a pensare e capisco che si riferisce al cinema.
- Ah, be' è stato strano. -
Lei beve e poi mi sorride.
- Non strano, istintivo. Sono abituata ad avere Clara alla mia destra. -
La butto sullo scherzo.
- Ma di solito le persone amate si devono avere vicino al cuore, sulla sinistra. -
- Hai ragione, lei era lì. Ma tu non avevi Leo alla tua sinistra. -
Dallo scherzo finiamo in una conversazione fuori dai limiti, torno a pulire velocemente per non rispondere.
- Comunque, sto scherzando Elisa. Un po' di relax ti farebbe bene, i tuoi occhi non sono come quelli di una volta. Adesso sono di un verde appassito, come quando l'erba muore e si fa quasi grigia. Vorrei solo esserti di supporto, so che non hai nessuno a parte Leo, ma non sempre si può condividere tutto con i propri amati. -
Mi blocco, le sue parole sono così vere e dette talmente sinceramente che mi sento avvampare, ho come un nodo alla gola.
- Vuoi dire un'amica? Questo vorresti essere per me? -
- Oui, la tua unica e migliore amica, perché in fondo ci conosciamo da tanto tempo anche noi. -
Penso un po', è strano, perché dopo tanti anni che la conosco non ho mai approfondito il rapporto, ma adesso ne ho bisogno, non particolarmente di lei, ma di qualcuno con cui sfogarmi.
- D'accordo. -
Sorridiamo a vicenda e ci stringiamo la mano. Poi con il dito mi fa cenno di aspettare, va al bancone e si fa dare due bicchieri di tequila.
- Dobbiamo festeggiare. -
Beviamo e ridiamo e poi finalmente posso andare via, la serata è finita. Saluto tutti, Thèrése compresa e torno a casa.
Sono le tre quando arrivo, Leo dorme come sempre, la casa è ancora in disordine e lo sospettavo, comincio a sistemare la cucina preparandomi prima una tazza di camomilla e poi ordinando ogni cosa, per la mia gioia vado stanca e sfibrata a letto, domani niente lavoro per mia fortuna!

Valentina Bindi

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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