Saliva rapidamente, cercando di stare dietro a suo padre ed evitando di guardare attorno a sé. Aveva paura dell'altezza ma aveva scoperto che, se non guardava in basso, poteva proseguire tranquillamente saltando sui massi enormi che costeggiavano il fianco della montagna. Alzò lo sguardo verso l'alto e vide sua madre che li salutava. Era già arrivata in cima. L'aveva osservata con invidia salire fluida e leggera come una cerbiatta, con quel suo passo che sembrava sospeso nell'aria, così diverso dal passo deciso e forte del padre. Il sole la illuminava e il vento le scompigliava i lunghi capelli biondi. Era bellissima. - Ismaele, cosa aspetti? Muoviti! Suo padre lo richiamò bruscamente. Sospirò e riprese a salire. Presto il respiro si fece affannoso e rallentò, bene attento a non cadere dentro una delle profonde fessure che si aprivano tra un masso e l'altro, da cui, altro motivo di ansia, poteva spuntare fuori una vipera. Quando rialzò la testa, si accorse di essere arrivato quasi in cima. Suo padre gli porse la mano e lo aiutò a salire sullo stretto pianoro, da cui si godeva la vista della catena dei monti, imbiancata di neve, che incorniciava una pianura verde e luminosa. - Ce l'hai fatta. Vedrai che scendere sarà più semplice, ma cerca di prestare ancora più attenzione: in montagna, più in fretta si sale, più rovinosamente si rischia di cadere, come nella vita. La moglie gli diede un pugno sulla spalla. - Non spaventarlo. Ha solo otto anni. L'uomo guardò Ismaele con quello guardo profondo e magnetico che lo faceva sentire sicuro: era lo sguardo di un uomo che niente avrebbe mai piegato. - Marco... Mormorò la madre indicando un punto lontano. Ismaele aggrottò lo sguardo e vide cosa indicava: qualcuno stava salendo lungo il sentiero che portava alla baita in mezzo al bosco in cui vivevano. - Sono amici, hanno le divise del governo. Disse Marco. La donna gli si avvicinò, stringendogli la mano. - Sono amici, ma non portano buone notizie. C'è anche Aisha. Disse mordendosi le labbra. Ismaele distinse chiaramente la snella figura della donna nera che camminava sicura davanti al piccolo gruppo. Marco sospirò. - Andiamo a vedere. Ismaele, tu scendi con calma, io e la mamma dobbiamo accogliere gli ospiti. Il bambino lo guardò con gli occhi sbarrati dalla paura, incapace di rispondere. La madre gli carezzò il viso. - Se hai paura, fermati e poi ricomincia a scendere. Vedrai che sarà più facile di quanto pensi. All'inizio, scese con circospezione, vedendo i suoi genitori rimpicciolirsi e scomparire in fretta lungo la ripida discesa che conduceva al sentiero che li avrebbe ricondotti a casa. A poco a poco, passo dopo passo, prese sicurezza e si ritrovò sul pianoro quasi senza accorgersene. Non aveva più paura, andava spesso lì da solo, a osservare i cerbiatti che giocavano tra loro o brucavano l'erba tranquilli. Andò a dissetarsi alla fonte che sgorgava dall'antico abbeveratoio, si sciacquò il viso e la testa con l'acqua gelida e, quando si voltò per riprendere il cammino, restò impietrito. Il lupo lo fissava con uno sguardo gelido e impenetrabile. Era immobile, maestoso e silenzioso. Ismaele aveva visto, qualche tempo prima, quello che era rimasto di un cerbiatto aggredito dai lupi. Ma quello che lo stava fissando era solo, non c'era un branco a seguirlo. Quando si mosse verso di lui, restò incantato dalla sua eleganza. Il suo manto grigio era segnato da cicatrici, forse il frutto di uno scontro nella foresta. Era come ipnotizzato, incapace di reagire, non riusciva a smettere di fissarlo. Quando fu di fronte a lui, il bambino istintivamente, allungò la mano per accarezzarlo tra le orecchie. Il lupo emise un verso sordo, gli diede un colpetto alle gambe con la testa e corse via. Ismaele restò a lungo immobile, chiedendosi se fosse accaduto davvero, o se era stato solo un sogno. Quando vide la casa stagliarsi in mezzo al bosco, il sole stava calando e cominciava a spirare un vento gelido che lo fece rabbrividire. Sentiva delle voci concitate provenire dall'interno e allungò il passo con una certa preoccupazione. C'erano soldati di guardia nel giardino di fronte a casa. - Ma sai che sei diventato davvero un bel giovanotto? La voce lo fece trasalire ma quando si accorse da chi proveniva, sorrise. - Zia! Disse correndo verso la piccola donna dagli occhi azzurri come il mare che lo strinse in un abbraccio. - Come stai, Ismaele? - Bene. E tu? Ascolti sempre il vento? Il viso della donna si contrasse in una smorfia. - Sì, piccolo amico mio, lo ascolto e non porta buone notizie. - Dov'è papà? - Oh, hanno da discutere di cose importanti con la zia Aisha. Cose che a loro sembrano importanti, ma in realtà non lo sono. Vieni con me... Lo prese per mano e lo portò su una collinetta da cui si vedevano le montagne. - Cosa c'è di diverso dall'ultima volta che le abbiamo guardate insieme? Ismaele aguzzò la vista e, dopo qualche istante, guardò la donna perplesso. - Sono più bianche. Ha nevicato. Non è un po' presto? - Bravissimo, piccolo uomo. Ma non è neve, è ghiaccio, si stanno riformando i ghiacciai. Erano decenni che non succedeva più. - Cosa significa? Chiese Ismaele incuriosito. La piccola donna lo fissò con uno guardo che lo inquietò. - L'inverno sta arrivando, piccolo uomo, e sarà un inverno mai visto. La porta di casa si aprì e sulla soglia comparve una donna nera. Indossava un paio di jeans e una camicia di fustagno, era bellissima. Ismaele la salutò sorridendo. - Aisha! La piccola donna si avvicinò e abbracciò Aisha che, a sua volta, strizzò le guance di Ismaele. - Sei venuta alla fine. Vieni dentro, anche tu Ismaele. Sei grande ormai. Il bambino, un po' intimorito, seguì le due donne fino al piano di sopra. Suo padre era seduto su un cuscino, la schiena rivolta al camino acceso, la madre era in piedi, in un angolo e sembrava di cattivo umore. Quando le due donne entrarono, Marco fece loro cenno di accomodarsi sul divano e chiamò vicino a sé Ismaele. Tutti restarono in silenzio per alcuni minuti, in un'atmosfera tesa. Fu Aisha la prima a parlare. - Se Greta ha ragione, non c'è più tempo. Devi tornare prima che la situazione precipiti. Ilenia, tu lo capisci, vero? Gli occhi della madre di Ismaele si inumidirono. - Non abbiamo già fatto abbastanza? Chiediamo solo di essere lasciati in pace. Disse con voce rotta. Ismaele capì che stava per scoppiare in lacrime e le si avvicinò prendendole la mano. - Servirebbe a qualcosa? Se Greta ha ragione, sarà impossibile evitare il caos. Disse Marco. - Non se tu riesci a convincere la gente. Potremmo prepararla. Disse la piccola donna chiamata Greta. - Tu e Ilenia siete due simboli, potete ancora fermare la follia prima che tutto precipiti, impedire che i padroni di ieri sfruttino la situazione per tornare al potere. Altrimenti quello che abbiamo passato sarà un piacevole intermezzo rispetto a quello che ci aspetta. Marco sospirò. - Quanto tempo abbiamo prima che... accada? Greta sorrise. - Quindi tu non credi che io sia la folle del nord, come titolano i giornali. Marco fece una smorfia. - Che tu sia folle, non c'è dubbio, ma mi fido di te, quanto tempo? Scrollò le spalle. - Da due a cinque anni. Non è possibile prevederlo. Avverrà all'improvviso, senza preavviso, come un ladro nella notte. Marco fece un gesto spazientito. - Lascia stare i libri sacri, per favore, mi inquieti. - Non posso darti una data. Il mondo sta impazzendo e non si rende conto di giocare con l'Apocalisse. Marco si voltò verso Ilenia, che accarezzava i capelli del figlio. La donna fece un lieve cenno d'assenso. - Cosa volete esattamente da me? - Che torni a parlare alla gente, che gli dica che devono avere fiducia nel governo. - Il governo ha cancellato molti diritti negli ultimi due anni. Difficile avere fiducia. Rispose guardando negli occhi Aisha, che sostenne il suo guardo. - C'è un'epidemia, la gente muore. Stiamo cercando di contenerla. Marco annuì. - Arrestando i membri dell'opposizione, mettendo a tacere il dissenso. Funziona? Rispose senza nascondere il sarcasmo. - Non possiamo permettercela, l'opposizione, non ora, non quella opposizione, non una massa di irresponsabili che continua a negare l'esistenza del virus e propagare l'infezione con le sue manifestazioni di piazza. Marco un sorriso amaro. - Si chiama democrazia, Aisha, sapevamo che poteva essere difficile, che risparmiare i vinti avrebbe significato convivere col nemico. Ma era un rischio che dovevamo correre, per dare l'esempio, per vincere di nuovo. Senza armi, questa volta, con i fatti. Abbiamo perso. Quando hai fatto arrestare i loro capi, hai dimostrato che non era cambiato niente. Concluse col tono di chi pronuncia una sentenza. Aisha si morse le labbra. ma non replicò. - Tu ti sei ritirato a fare il saggio in questo piccolo paradiso, tuo figlio cresce sano e forte e tua moglie è ancora più bella di quando l'hai incontrata. Ma la gente sta soffrendo, Marco, muore, ha paura. Le città sono lazzaretti. Tu sei un eroe, tuo malgrado, e quando la notte si fa scura, c'è bisogno di eroi. Dai loro una speranza. Aisha aveva parlato con dolcezza. Greta scosse la testa. Marco fece un sorriso amaro. - Eroe? Hai dimenticato che sono stato processato come collaborazionista? Ti ricordi la gente ammassata fuori dal tribunale, gli insulti, le minacce alla mia famiglia? - Bastava una tua parola e non si sarebbe celebrato nessun processo. Esclamò Aisha. - Vivere sempre con l'ombra del sospetto? No, grazie. Dovevo farlo, sapevo che mi avrebbero fatto male, che ne avrebbero approfittato per gettare fango su di me, ma dovevo farlo. - Non ha dormito per settimane. Disse Ilenia posandogli una mano sulla spalla, mentre Ismaele posava la sua mano sull'altra. - Si svegliava all'improvviso, di notte, cominciava a passeggiare per la stanza e andava avanti per ore. Di giorno si inoltrava nei sentieri più impervi, era cupo, silenzioso. Aveva uno sguardo terribile e, a volte, tornava ferito, sanguinante. Ho ripreso a vivere quando ha cominciato a portarsi dietro il bambino. Non voglio più vedere il mio uomo ridotto in quello stato. Conoscete tutte e due la sua vulnerabilità, è ancora angosciato dal senso di colpa. Tornare in città significherebbe rivivere un incubo. Aisha lanciò un'occhiata a Greta, che annuì. - Prenditi tempo, d'accordo? Prendetevi tempo. Non mi devi niente, hai diritto alla tua pace e la responsabilità del governo di questo paese è mia. Tua moglie ha ragione: non posso chiederti di tornare a lottare. Ilenia fece un gesto spazientito: aveva capito cosa stava tentando di fare l'amica. Marco le strinse la mano, sorridendo. - Non cercare di pungermi sull'orgoglio, Aisha, è inutile. Hai ragione, non puoi chiedermi di tornare a lottare e io non ho più niente per cui lottare. È stato bello sognare un mondo più solidale, aperto, naturale. Se Greta è tornata nel suo eremo in Islanda, significa che quel sogno è finito, che i compromessi da accettare per sopravvivere hanno superato il limite. Ti avevo avvertito: non fare mai quello che avrebbero fatto loro. - Non avevo altra scelta. Disse Aisha chinando la testa. - Sì, che l'avevi. Abbiamo sempre un'altra scelta. Lei fece una smorfia e distolse lo sguardo. Si alzò, si avvicinò a Ismaele e gli diede un bacio sulla fronte, abbracciò Ilenia e poi Marco, mentre le lacrime le scivolavano lungo le guance. Greta salutò tutti con un abbraccio, ma quando fu il turno di Marco, gli disse, fissandolo negli occhi: - La prossima volta che ci rivedremo sarà in un mondo molto diverso da questo. Non per colpa tua, qualunque sia la decisione che prenderai. Marco restò immobile, mentre Ilenia lo fissava. Ismaele, turbato, si sedette sul divano a osservare i suoi genitori impegnati in un dialogo di sguardi e silenzi che non sapeva decifrare. Era consapevole che fosse successo qualcosa di molto grave, qualcosa che aveva fatto tornare a suo padre quello sguardo spaventoso e aveva rattristato sua madre. Comprese che era il caso di lasciarli soli. Uscì fuori e risalì la collina davanti a casa, fino a un ampio pianoro. Fu lì che lo vide. Il lupo stava divorando un piccolo cerbiatto il cui corpo ancora pulsava. Ismaele rimase immobile a guardare affascinato quello spettacolo orrido e primordiale. Il lupo si voltò verso di lui, il muso grondante di sangue. Gli parve che sorridesse.
Pietro Bertino
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