Tutti hanno parlato di lui.
Un'inondazione di libri, canzoni, musical, opere di ogni genere, ha segnato, in questi 70 anni ormai trascorsi, la storia di Salvatore Giuliano.
Sicuramente, con la sua presunta morte, ha preso vita la potenza di un mito durevole. Un mito che, tuttavia, era già nato con la latitanza, e con gli anni di guerriglia del Comandante...7 anni controlegge vissuti con grandissima energia.
Perché nasce questo mito? Moltissimi gli elementi scatenanti l'interesse di tante generazioni. Per capire la portata storica di questo personaggio su cui sono stati versati fiumi d'inchiostro, ci fermiamo a considerare alcuni fattori eclatanti:
1) Giuliano diventa bandito per via di un sopruso dello stato. Diventerà anche un difensore dei deboli. Ciò ha doppia valenza etica e ce l'ha anche ai giorni nostri, essendosi lui posto non solo a fianco dei deboli, ma anche come il nemico di uno stato sfruttatore del popolo. 2) L'enorme potere economico, che in soli sette anni, anche se con atti di guerra, di orribile violenza e saccheggio, riuscì a raggiungere. In anni in cui si viveva con poche migliaia di lire al mese, Giuliano riuscì ad accumulare una fortuna di oltre un miliardo di lire: un potere economico che avrebbe potuto concedere ogni libero lasciapassare per ogni libera parte del mondo: non avere usato quest'arma di potere, lascia pensare ad una coscienza etica. 3) Giuliano ha un'immagine accattivante: bellezza, intelligenza e fascino. I suoi modi sono educati, riservati, riflessivi e decisi. Diventa un mito dei rotocalchi dell'epoca. Negli anni della sua latitanza viene contattato, adulato e corteggiato, da aristocratici maschi e femmine, poliziotti, politici e mafiosi. 4) Il suo spessore umano e sforzo culturale. In anni in cui in Sicilia c'era un tasso altissimo di analfabetismo, Giuliano rubava dizionari nelle case dei nobili. Studiava l'inglese e le maree, fu anche l'inventore di una sorta di motore perpetuo, pare funzionante, che sfruttava la forza del mare. Si sforzava di studiare e di ampliare la sua coscienza: gli atti di saccheggio, di violenza o di guerra, cercavano di mantenere, quasi sempre, almeno una motivazione, uno spiraglio minimo, verso valori umani di un certo plausibile grado etico.
Ancora oggi, però, il pensiero sulla sua persona è fortemente divisorio. C'è chi lo considera un volgare assassino e uno spietato terrorista legato al fascismo, alla mafia, ai latifondisti e alle squadracce nere, e chi rabbrividisce solo a sentirlo definire “bandito”, pensandolo come un patriota, un Robin Hood isolano, un partigiano, una sorta di Colonnello Che Guevara siciliano, e un uomo morto incensurato (nessuna condanna penale gli fu mai addebitata).
È bene stabilire subito il fatto che questi due partiti di pensiero, non verranno MAI ad un compromesso nelle loro convinzioni, bisognerà quindi avere un baricentro personale, intorno a queste due opposte fazioni.
Inoltre, fino a quando non verrà disvelato del tutto il Segreto di Stato sulla fine di Giuliano, e sui fatti di Portella, e ciò avverrà compiutamente nel 2016, ogni convinzione o idea, potrebbe essere smentita dalla verità sui fatti accaduti, oggi molto controversi nella loro valutazione.
...Non è certo facile sintonizzarsi con sua storia.
Sulla sua frequenza si agganciano voci diverse, agganciate l'una all' altra in modalità spesso inestricabile ed opposta.
Per questo noi inizieremo la storia di Giuliano cercando di capirlo dal suo stesso punto di vista, indossando, come direbbero gli inglesi, le sue scarpe, ma sempre mantenendoci nel solco logico della sua stessa storia, in modo equidistante dai fatti: questo è l'unico modo per cercare di capire gli avvenimenti di quegli anni, confrontando i suoi sentimenti e le sue stesse parole, con gli avvenimenti realmente accaduti, spesso falsati dalle visioni e dagli attaccamenti di parte. Un altro caposaldo del percorso che ci ha guidato in questa opera su Giuliano, sono, infatti, i suoi scritti. Lettere scritte di suo pugno, discorsi elettorali infiammati, frammenti di poesie, manifesti separatisti, memorie, ecc, sono un ritratto esaustivo del personaggio. Giuliano aveva frequentato regolarmente solo le elementari, ma aveva ambizioni culturali, certamente uno dei tratti più accattivanti della sua personalità. La sua era una viva intelligenza che si accompagnava ad un temperamento aperto e leale. Il suo sincero interesse per i suoi compaesani, cui non lesinava aiuti di ogni genere, l'amore per i valori della famiglia, lo rendono di certo, un personaggio che conserva - nonostante tutto, e in dissacrante contraddizione con i morti che pesano sulle sue spalle - una controversa immagine etica. Giuliano, ventenne, appare, ad ogni modo, più una vittima predestinata, che si difende dal proprio destino, ferocemente e spietatamente come farebbe una giovane belva in trappola, che un incallito e cinico criminale, dipinto come futuro fascista e/o terrorista. L'altro, fondamentale richiamo di Giuliano per noi, è il suo Amore per la Sicilia. Le parole che lui dedicò alla sua terra all'epoca, sono, per noi, vive a tutt'oggi. Sono parole che produssero un vero e proprio assedio ad uno Stato odiato, perchè invasore e sfruttatore. La sua guerra allo stato, essendo lui uno dei bracci armati del separatismo siciliano, produsse il risultato, ed il miraggio, di un'agognata autonomia, che, lui stesso, lucidamente, all'epoca percepì illusorio, e del tutto inefficace. Proprio per questo motivo, proprio per le implicazioni che ancora oggi, colpiscono il vivo tessuto siciliano, noi riteniamo l'aspetto patriottico e territoriale di Giuliano, l'aspetto culturalmente fondamentale. Se la Repubblica italiana onora personaggi di doppia etica come Garibaldi, o qualsiasi altro condottiero e uomo di guerra, non ci si può esimere dal ritenere anche Giuliano, innanzitutto un uomo di guerra. Il nostro lavoro deve servire anche a far conoscere i diritti negati ai siciliani, quei diritti per cui Giuliano combattè con tutte le sue forze. Quei diritti negati da uno stato che, ai tempi di questa storia, si comportò in modo assolutamente criminale, malvagio e vessatorio, e che liquidò l' Autonomia e la Concessione dello Statuto Speciale alla Regione Siciliana, come un' assegnazione solo virtuale, mistificatrice ed illusoria. Dopo più di 70 anni, il nome di Giuliano ci riporta indietro ad anni mai totalmente compresi. Torniamo alle responsabilità di uno Stato che difende ancora e sempre, solo il potere e il capitale, e mai il popolo. Ma è solo il popolo, unito e cosciente, e proprio in virtù della sofferenza che gli viene inflitta dal potere, il vero motore della rivoluzione. È dal basso che si realizza l'inizio di ogni cambiamento sociale e di ogni rinnovamento di valori. LA STORIA
La prima considerazione da fare è valutare il contesto in cui nasce, e cresce, la storia di Giuliano. La Sicilia del 1943, è la Sicilia del caos più profondo, perché in questa terra già poverissima, sfiancata anche dalla guerra oltre che dalla solita miseria isolana, più nera che mai, lo sbarco degli anglo-americani, porta una completa destabilizzazione di ogni ordine apparente. Le truppe alleate sbarcano con il consistente aiuto, l'organizzazione, e con la piena alleanza, delle famiglie mafiose dell'isola e del continente americano. Con l'aiuto degli alleati, saranno liberati i detenuti mafiosi messi al confino e tenuti a bada dal fascismo. Sfruttando (anche) il fattore linguaggio (si proponevano, infatti, come furbi traduttori) i più abili mafiosi, riusciranno ad impadronirsi di alcune leve del potere. Molti mafiosi, supportati dagli Alleati, infatti, diventeranno i nuovi sindaci di molte città siciliane, inaugurando un costume: mafia-potere politico, durevole nel tempo... L'isola è più povera che mai. La guerra ha indebolito la già misera economia. Gran parte della popolazione vive appena sopra il livello di sopravvivenza. Le classi sociali, in quegli anni, hanno un dislivello molto forte. Contadini e poveri non hanno alcun diritto, e sono sottomessi ai latifondisti e agli aristocratici che possiedono le terre, il 40% dei siciliani è analfabeta, e l'isola è tenuta sotto il pugno dell'autorità nazionale, la quale requisisce i raccolti e concede appena il necessario per vivere: solo 150 g di farina e soli 100 g di pasta per ogni giorno, che venivano distribuite tramite le famigerate “tessere”. Anche chi ha un po' di grano nascosto, non può macinarlo con facilità: tutti i mulini sono stretta sorveglianza militare, 24 ore su 24.
Per sostentare, anche solo con lo stretto indispensabile, i propri cari, ogni capofamiglia è costretto alle più incredibili imprese e fatiche, e certamente, a comprare e a vendere ad “intrallazzo”. È in questo contesto, di mancanza del minimo necessario, di miseria, ed umiliazione, che nasce la storia di Giuliano, assolutamente figlia del caos profondo nato dall'invasione degli alleati anglo–americani in Sicilia. Bisogna subito stabilire il concetto basico che il giovane Giuliano, per quanto fosse solo un ragazzo senza molta istruzione, aveva iniziato molto presto ad interessarsi di politica e di quel Separatismo, che, nel 1943, era il sentimento politico più diffuso e contagioso tra i siciliani.
La sua coscienza politica si era sviluppata nel contesto di associazioni segrete: già all'età di vent'anni aveva cominciato ad integrarsi al gruppo “Sicilia e Libertà” , un gruppo politico clandestino fondato da Andrea Finocchiaro Aprile, il padre del Separatismo Siciliano. Quando il 10 Luglio del 1943, gli alleati sbarcarono in Sicilia, tutti i siciliani, e lo stesso Giuliano, erano più che mai convinti che il peggio fosse ormai passato e che finalmente gli anni della guerra, e delle follie ad essa connessa, fossero ormai un ricordo lontano.
Non avvenne esattamente così...
Per Salvatore Giuliano in particolare, ma anche per tutto il paese di Montelepre, iniziò da quel momento un'odissea ancora più sconvolgente di quella subita negli anni di guerra. Una penosa odissea che non ha lasciato neanche dei precisi riferimenti storici, in quanto la stagione del Separatismo e del banditismo, che in Giuliano erano strettamente interconnessi, venne cancellata dalla nostra storia e dimenticata, falsata e seppellita, mentre, al contrario, tutto ciò che avvenne nel Nord Italia, in quegli stessi anni, ha sempre avuto un grande risalto ed un'attenzione spasmodica anche ai nostri giorni.
Il Dopo Armistizio siciliano, invece, che nei fatti rivestì un'importanza enorme anche per le connessioni tra mafia e politica che ne risultarono e per la completa egemonia statunitense sull'isola che ne scaturì, venne completamente dimenticato e rimosso. E ciò è imperdonabile per una comprensione critica della nostra recente storia.
L'avventura conosciutissima che renderà latitante Giuliano ha almeno due risvolti che devono essere presi in considerazione: il primo è che un arresto per contrabbando in quegli anni poteva costare carissimo, anche la vita, in quanto i presidi che si occupavano di queste faccende erano militari e agivano con la massima durezza contro i civili, usando anche la pena di morte. Inoltre, come riportato da molti testimoni, purtroppo la corruzione vigeva più diffusa che mai. I carabinieri che fermarono Giuliano per due sacchi di farina che rappresentavano il sostentamento, o il piccolo guadagno illecito di chi doveva pur sopravvivere, facevano passare contrabbandieri ben più equipaggiati e carichi, ma che pagavano, e corrompevano, chi avrebbe dovuto controllare. La morsa di ferro dello stato impediva, infatti, – insieme ad una corruzione a più strati - perfino di sopravvivere. La fatica e la fame venivano rese sempre più duri da uno Stato che, per sé stesso non ammetteva regole, o se ne beffava. E' da questa molla, carica fino all'estremo, che nascerà un bandito che per sette anni vivrà una storia che ha lasciato il segno fino ad oggi. L'altro elemento essenziale che dà il tratto definitivo per una completa comprensione della storia di Giuliano, e che nel nostro lavoro di ricerca storica e musicale abbiamo voluto far rilevare, è la CRIMINALE REPRESSIONE che venne effettuata dallo Stato nei confronti di molti siciliani e degli abitanti di Montelepre, in particolare. Rastrellamenti militari, imboscate di truppe in assetto di guerra che mettevano il paese a ferro e fuoco all'alba, arresti di massa ingiustificati, uomini legati a gruppi di sei e lasciati sotto il sole feroce - come fossero bestie - per ore, e per di più frustati come buoi, arresti e violenze sulle donne che dovevano portare in prigione anche i neonati, e alla fine anche le torture per chi cadeva nelle mani degli aguzzini di Stato. Ce n'è abbastanza, e anche di più, per dare a Giuliano, noi che abbiamo sempre creduto ad UNA CULTURA e al CULTO DELLE VITTIME, una credibilità ed uno spessore di piena e dolente umanità. Perché a volte le vittime si ribellano, e lo fanno con la forza di cui la natura li ha dotati.
Grazia Capone
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