Tredicesimo episodio di Parker.
È uscito dal palazzo non ancora del tutto ripresosi dalla botta ricevuta al volto, ma Parker ha la pelle dura per pensare di lasciarsi andare a facili piagnucolii; più che un affronto personale, teme per l'incolumità di Elsa il cui destino è in serio pericolo. Il detective le ha promesso che l'avrebbe tirata fuori da questa drammatica situazione e, di solito, mantiene sempre la parola data. S'incammina per alcuni isolati guardandosi intorno nel tentativo di trovare la coppia, poi raggiunge la sua berlina e prosegue la ricerca perlustrando la zona in un perimetro più ampio. Non è che si aspettasse chissà quali magie, ma è giusto che segua una certa prassi. Il suo dovere l'ha fatto, ora è bene seguire altre piste. Il problema è che non sa da dove iniziare. Anzi no, ci sarebbe la possibilità di chiedere informazioni ai condomini del palazzo dove abitavano Elsa e il suo aguzzino. - È della polizia? – chiede l'anziana donna sull'uscio di casa. - No, sono un amico di Elsa – risponde Parker. - Cosa vuole sapere? – - Quante più cose possibili; la devo ritrovare prima che sia troppo tardi. Spero che lei capisca. – - Entri, non mi va che si parli fuori. – Parker entra nell'appartamento chiudendo alle sue spalle la porta. - Si segga pure, io debbo farlo per forza per via delle ginocchia. – - Grazie – dice il detective sedendosi sulla poltrona del soggiorno. - Ho sentito cosa è successo poco fa e ho visto tutto dallo spioncino della porta – afferma la donna sedutasi sull'altra poltrona. – Si chiederà perché non ho chiamato la polizia. – - Posso immaginarlo. – - L'ho fatto una volta credendo di porre fine alle violenze che subiva sistematicamente quel povero angelo. – - Ha fatto la cosa giusta – osserva il detective. - Mi ha minacciato, dicendomi che se ci provavo ... - - La capisco perfettamente, non deve sentirsi in colpa, chiunque al suo posto avrebbe avuto paura. – - Lei non ne ha a quanto sembra. – - Qualcuno deve pur rimanere sul campo di battaglia – risponde Parker con un'espressione rassicurante. - Spero che lo fermi e che gli venga data una lezione da ricordare per tutta la vita. – - Ci può contare. – - Elsa è nelle mani del diavolo, e non solo lei ... - - Cosa vuole dire? – chiede Parker, scrutando lo sguardo preoccupato della donna.
***
L'uomo con indosso un camice da lavoro di colore azzurro davanti al cofano anteriore alzato di una Chevrolet station wagon, ascolta con attenzione il rombo del motore, quando gli si avvicina Parker. - Vorrei parlare con il capo officina. – - È lì impegnato con una nostra cliente. – - Grazie. – Il detective attraversa il piccolo capannone dirigendosi nella coppia indicata e attende che la donna si allontani. Quando giunge il suo momento si presenta al capo officina, un uomo sulla cinquantina, alto e magro. - Salve, sono John Parker. – - Salve, immagino che sia il proprietario della Toyota che si è messa a fare i capricci all'imbocco della statale. – - No, sono un amico di Elsa. – L'uomo si fa scuro in volto. - Cosa c'è? – - La situazione si è complicata. – Bastano poche parole per mettere in allarme l'uomo. - Vado a cambiarmi, mi attenda fuori. – Dopo pochi minuti Parker vede sopraggiungere una Nissan coupé color verde bottiglia. - Ha la macchina? – chiede il capo officina all'interno della vettura. - Sì. – - Mi segua. –
***
Le due vetture si fermano dinanzi a una fila di case unifamiliari con giardino, simili a quella dove abita Parker. Gli occupanti scendono dalla macchina, l'uomo si dirige in uno degli appartamenti facendo cenno al detective di avvicinarsi. - Da quanto tempo conosce Elsa? – domanda l'uomo con le chiavi in mano. - Pochi giorni – risponde Parker. Il capo officina lo guarda attonito. - Pochi giorni? – - Già. Ci siamo conosciuti in circostanze particolari ed è nata un'amicizia particolare. Lei mi ricorda una cara amica alquanto sfortunata ... - - Che strana coincidenza. – - Già. - - Cosa può fare per lei? – - Aiutarla. Gliel'ho promesso. – L'uomo infila la chiave nella toppa, esegue tre giri che fanno scattare il meccanismo di apertura della porta. - Non si è mai prudenti – si giustifica il capo officina. I due si apprestano ad entrare nell'appartamento quando vengono spinti all'interno con irruenza dal compagno di Elsa. - State calmi o vi giuro che scatenerò l'inferno – dice l'uomo, puntando loro una pistola. - Sei sorpreso nel vedermi, non è così? - Chiede al detective. - Sì, lo ammetto, avrei preferito incontrarti in circostanze diverse – risponde Parker. - Non ci crederai, ma il destino ha voluto darmi una mano; non appena ti ho visto, in maniera assolutamente casuale, non credevo ai miei occhi. Immaginavo che mi avresti portato dalla piccola, così ti ho seguito. – - Dov'è lei? – - La tua cara amica? È in buone mani – risponde con un sorriso sprezzante l'uomo. - Se le torcerai anche un solo capello ... - - Cosa? Mi prendi a sculacciate? Ritieniti fortunato se ancora sei in questo magnifico mondo; per l'esattezza, lo devi proprio alla tua cara amica. – Nel salone sopraggiunge una donna, quarantenne, bassa e in carne, tutto l'opposto del capo officina. - Bene, siamo quasi al completo – osserva l'uomo con la pistola in mano. – Allora, dov'è? – - Non so di cosa parli, noi abitiamo da soli – risponde il padrone di casa. - Ho detto che siamo quasi al completo, manca il pezzo pregiato: mia figlia. Scommetto che si trova qui; quella puttana di sua madre non poteva scegliere posto migliore. – - Mi sa che hai preso un granchio – interviene Parker. - Non ti ho interpellato, perciò ti consiglio di tapparti la bocca. – - Non sappiamo nemmeno chi sei – dice la donna. - Credo di non essermi presentato; comunque, sono il compagno di Elsa e la bambina che nascondete qui dentro è mia figlia, mi appartiene – l'uomo punta l'arma dritta sulla testa della donna. – Ora, ve lo chiedo per l'ultima volta, dov'è? – - È di sopra – risponde, temendo per la compagna, l'uomo alto e magro. - Ok. Cosa fa? – - Gioca nella sua stanza – dice la donna. - Voi chi siete? – - Elsa è una mia amica – risponde lei. - La nostra Elsa è circondata da amici fidati – replica con un sorrisetto l'uomo. – Chiamala! – La donna cerca di allontanarsi, quando le viene imposto di fermarsi. - No! Ho detto di chiamarla, non di andare a prenderla. – Sono momenti di tensione in cui la donna non riesce a prendere una decisione; il compagno le fa un cenno con il capo liberandola dai suoi tentennamenti. - Bessie, vuoi scendere per favore – dice la donna alzando il tono della voce, guardando al piano superiore dell'appartamento. Sul viso del compagno di Elsa traspare un'espressione di arrogante compiacimento. - Ti starai chiedendo chi te l'ha fatto fare a immischiarti in questa faccenda – dice l'uomo, volgendo lo sguardo a Parker. - Ti sbagli – risponde sornione il detective. – Sto cercando di immaginare la fine che farai. – - Chi cazzo ti credi di essere! – tuona l'uomo, facendogli sentire la canna fredda della pistola sotto il mento. - Un amico di Elsa. – - O il suo amante? Te la sei fatta? Non hai il coraggio di ammetterlo. – - Se ti tradisse non commetterebbe nessun peccato – le parole del detective scatenano l'ira dell'uomo, il quale reagisce colpendolo duramente sulla guancia, nello stesso lato della prima botta. Il detective si china, ma tiene duro, non vuole dargli false illusioni; così si rialza, mentre dal piano superiore scende Bessie. - Ciao piccola – l'uomo saluta, avendo la delicatezza di mettere la pistola sotto la cintura dei pantaloni dietro la schiena, sicuro che nessuno dei presenti approfitti del suo momento di vulnerabilità. - ... ciao – risponde la bambina, sette anni, capelli lunghi e lisci di colore castano chiaro, con indosso un paio di jeans e una maglietta arancione. - Come stai? – - Bene. – - Sono venuto a prenderti, la mamma ti aspetta. – La bambina titubante si guarda intorno, soffermandosi sulla donna, la quale, ancora una volta, non riesce a prendere una netta decisione e aspetta che sia il compagno a rassicurare lei e la bambina. Così avviene, l'uomo dà il suo assenso. Il papà di Bessie si compiace. - Sei un lurido verme! – è la reazione, alquanto inaspettata, della donna che si avventa sull'uomo con l'intento di afferrarlo per il collo, ma viene bloccata energicamente per i polsi, rendendola impotente. In suo aiuto interviene il compagno con altrettanta sfortuna, fermato dal peso della sua donna che gli finisce addosso, scaraventata con forza dal papa della bambina. Bessie urla dalla paura. Il clima rischia di degenerare, senza che nessuno ne esca vincitore. Parker ne è pienamente convinto e cerca di porre fine allo scontro delle due parti. - Ora basta! Prenditi la bambina e vattene! – - Non voglio andare – dice la bambina. - Non vuoi vedere la tua mamma? È lì che andremo. – Bessie fa il broncio rimanendo in silenzio. - Sì, non aver paura, la mamma ti aspetta – la rincuora il capo officina. - Andiamo – dice il padre. Bessie muove i primi passi con una profonda tristezza. - Vado a prendere le sue cose – interviene la donna. - Lascia stare, non è un problema, qualsiasi cosa necessita, gliela compreremo – replica l'uomo. Padre e figlia escono dall'appartamento, lasciando alle loro spalle un'aria dimessa. - Che fine faranno lei e la sua mamma? – si domanda la donna. - Che Dio le aiuti – dice il compagno. Parker sull'argomento ha le idee fin troppo chiare. - Dio sarà impegnato in altri problemi, ci penso io. La storia non finisce qui, ve lo assicuro. – - Ma cosa può fare, ha visto che tipo è?! – replica la donna. - Sì, è un pessimo individuo. Nella mia vita ho visto di peggio. Credo di riuscire a riportarlo sulla buona strada. Male che vada, pagherà la testardaggine sulla sua pelle, e la cosa non ci riguarda – afferma sornione Parker.
Salvatore Scalisi
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