Seduto al bancone del bar, osserva la sua prossima vittima. Respira. Sorseggia la sua birra. Pensa. Ne segue i movimenti con lo sguardo. Un filo invisibile li collega, ma lei ancora non lo sa. Un filo che unisce ciò che altrimenti sarebbe diviso, per l'eternità. Hanno qualcosa in comune, non molto forse, ma abbastanza per far sì che i loro destini si congiungano. L'uomo si passa una mano sulla bocca per asciugare le labbra e appoggia il bicchiere. Lancia un'occhiata attorno a sé: c'è troppa confusione per i suoi gusti. Vede gente ipnotizzata davanti alle slot machine come cani di fronte ai padroni in attesa di un boccone, mentre i rulli che scorrono si riflettono nei loro occhi dallo sguardo vuoto. Vuoto, questa sarà la sensazione cha proveranno una volta terminato di giocare. Come gli ignavi, il loro destino è quello di rincorrere per sempre qualcosa che non riusciranno mai ad afferrare: la fortuna. Più in là, altre persone sono sedute ai tavoli da gioco, altre ancora stanno in piedi accanto alle roulette che girano e girano senza mai fermarsi. Socchiude gli occhi per un attimo quasi impercettibile: le luci del casinò cominciano a infastidirlo. Guarda di nuovo a destra e poi a sinistra, ovunque ci sono persone prese dal gioco. Inizia ad agitarsi, sente i battiti accelerare e piccole gocce di sudore formarsi sulle sue tempie. “Non ora”, pensa. Ora, deve svolgere il suo dovere. Torna a osservare la sua vittima. La donna allunga le braccia sul tavolo e punta tutte le sue fisches. Il croupier, al termine delle puntate, dà il via al gioco. La roulette gira, prima veloce e poi sempre più lenta, fino a quando non si ferma. La donna esulta: ha raddoppiato. La scritta “welcome to Las Vegas” stampata sulla sua t-shirt ondeggia seguendo il movimento del seno prosperoso che si alza e si abbassa a ogni salto. “Ridi, ridi, per te ora è il tempo della gioia, ti senti padrona del mondo perché la fortuna è dalla tua parte. Sciocca! Non sai ancora in quale guaio ti stai cacciando. Quando verrai traghettata negli inferi, non potrai più fare ritorno.” La donna abbraccia gli sconosciuti attorno a lei, sorridente. Lancia poi alcune fisches al croupier, che la ringrazia con un cenno del capo per la mancia ricevuta. D'altronde, sa come tenersi buoni i suoi uomini “portafortuna”. Raggruppa quindi la vincita e si dirige verso la cassa, mentre gli altri giocatori rimangono a vociferare attorno al tavolo da gioco scambiandosi opinioni e battute. Un ragazzo, seduto dietro al vetro del bancone, vedendola arrivare con un numero di fisches irragionevole, alza la cornetta e chiede all'ufficio che gli vengano portate altre banconote. Sul suo viso si dipinge un'ombra di preoccupazione per l'operazione che lo attende, sospira e si arma di pazienza. La vincitrice appoggia il malloppo sul banco del cassiere, che lo preleva e lo immette poco alla volta in un contatore automatico. Il ragazzo strabuzza gli occhi quando sul monitor del computer appare il totale della vincita. Nel frattempo, un uomo che indossa la sua stessa divisa blu notte, al di sotto della quale si intravedono una camicia bianca e una cravatta a strisce blu e rosse, è giunto con alcuni mazzi di banconote di grossa taglia scortato da una guardia. Il ragazzo, dopo averli sistemati nel cassetto, inizia a contarne un mazzo per liquidare la vincita alla donna. Una volta terminata l'operazione, saluta l'ospite con un - good luck! - L'uomo, che ha osservato con cura tutta la scena, sorride nell'udire quelle parole. “Tanto ti ha dato la fortuna, tanto ti toglierà tra poco. Goditi questi ultimi attimi di finta felicità.” La donna estrae dalla tasca dei jeans un cellulare, compone un numero, appoggia il telefono tra l'orecchio e la spalla inclinando la testa e, con le mani finalmente libere, afferra i soldi. Sorride nel raccontare all'interlocutore della sua vincita e di quella serata così fortunata. Terminata la conversazione, la ragazza si dirige con passo spedito verso l'ascensore. La dea bendata ha già preso le sue difese quella notte, meglio non sfidare troppo la sorte. Decide per cui di ritirarsi nella sua stanza e fantasticare su come spenderà quella somma da capogiro. È l'una di notte e nel casinò c'è ancora fermento. Preme il pulsante di richiamo dell'ascensore e, col sorriso sulle labbra e un'espressine sognante, attende il suo arrivo. Un suono metallico precede l'apertura dell'elevatore. La donna sale e, quando la porta si richiude, sparisce dalla vista dell'uomo che si alza, estrae il portafoglio dalla tasca e, dopo averlo aperto lascia una banconota sul bancone. Fischiettando si avvia verso le scale: sa già dove deve dirigersi. La donna estrae la chiave magnetica dalla tasca dei jeans e la inserisce nella fessura; un piccolo “click” conferma che può accedere alla stanza. Si chiude la porta alle spalle, le banconote ancora strette tra le mani. Le solleva all'altezza del naso, e le annusa. Sanno di vita. Le appoggia sulla piccola scrivania dal design moderno posta vicino alla porta finestra e poi si reca in bagno. La vescica le sta scoppiando, d'altronde non poteva di certo fermarsi proprio mentre la dea bendata aveva appoggiato una mano sulla sua spalla. La donna si slaccia i pantaloni, li cala fino all'altezza delle ginocchia, e poi si siede sulla tavoletta. Mentre l'orina scende, prova un piacevole senso di liberazione. Sente la vescica svuotarsi pian piano e il calore del piscio alzarsi verso i suoi genitali. Tira un sospiro di sollievo, preme lo sciacquone e si riveste. “E ora che cosa faccio?” pensa. L'adrenalina non aveva ancora abbandonato il suo corpo, per cui non era il caso di andare a dormire, si sarebbe ritrovata stesa sul letto a fissare il soffitto cercando inutilmente di prendere sonno. Per tergiversare, decide di tornare nella stanza a osservare i soldi vinti, come per assicurarsi che nel frattempo non fossero spariti. Li accarezza con cura, non vuole sciuparli. All'improvviso, una mano arriva rapida e silenziosa a tapparle la bocca e, al contempo, un braccio a stringerla forte attorno al collo. Urla, pur sapendo che sarà inutile; solo un gemito di paura trova lo spazio necessario per uscire da quella mano e diffondersi nella stanza. L'uomo la tiene salda e la trascina con forza fino a gettarla sul letto. Ora che è lì, stesa e impotente, la guarda dritta negli occhi. - La fortuna, prima o poi, chiede sempre il conto con gli interessi - le dice con tono nefasto. La donna si dimena, cercando di liberarsi con tutte le sue forze. Il suo tentativo, però, è inutile: quell'uomo è troppo forte. L'aggressore le si mette a cavalcioni e, con la mano libera, le dà uno schiaffo sul viso per intontirla qualche istante e porle sulle labbra dello spesso nastro adesivo. Poi l'afferra e la scaraventa per terra. La donna batte la testa contro una sedia e cade su un fianco. Rimane sul pavimento a gemere di dolore fino a quando non trova la forza di alzare il busto: sul suo viso sono comparse delle lacrime a creare solchi fino alle labbra. A un sordo mormorio della donna, si unisce il singhiozzio di un pianto disperato. - So cosa stai pensando - dice l'uomo mentre afferra la corda che ha portato con sé legandola su se stessa per formare un nodo, - oddio adesso mi ammazza, non mi merito di fare questa fine, e bla... bla... bla... - continua tirando la fune con forza mentre la donna si trascina sul pavimento fino a raggiungere la porta. - Ma non è come pensi tu. Voi credete che io sia qui per punirvi, o magari sia interessato ai vostri soldi, e invece non capite. Quello che mi preme di più al mondo è proprio la vostra vita. - La donna appoggia la schiena alla parete e cerca di afferrare la maniglia dell'ingresso, manca però la presa e cade a terra. L'uomo le si fa appresso e l'afferra per i capelli sbattendola di nuovo sul pavimento. La vittima si rialza in fretta e inizia a battere una serie di pugni contro la porta, cercando di fare più rumore possibile nel tentativo di catturare l'attenzione di qualche passante nel corridoio. Nessuno però la sente; la sua dose di fortuna, per quel giorno, è davvero terminata. Il singhiozzio è diventato insistente, tanto da rendere il respiro soffocato. L'uomo le si avvicina e le infila il cappio che ha preparato attorno al collo, stringe forte, e comincia a trascinarla lungo la stanza. La donna si aggrappa con entrambe le mani alla corda, al di sotto del mento. L'ossigeno inizia a confluire sempre meno verso il cervello; la vista si annebbia, mentre le forze cominciano ad abbandonarla. Il suo viso diventa rosso, quasi viola. Giunto alla porta finestra, l'uomo afferra l'estremità libera della corda e la lancia oltre la trave a vista del soffitto, la riprende e, appoggiando un piede sulla parete per aiutarsi a fare leva, inizia a issare il corpo della donna fino a quando, arrivato a circa mezzo metro da terra, fissa la fune alla maniglia della finestra. Sospesa in aria, la donna scalcia aggrappata al cappio nel vano tentativo di alleviare la stretta che la sta soffocando. Il suo corpo si contrae per alcuni minuti che paiono interminabili, poi gli spasmi si affievoliscono sempre più, fino a quando la vittima non si arrende alle grinfie della morte. Un sorriso si allarga sul viso dell'uomo, soddisfatto.
Elisa Cassinari
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