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Autore: Marco Caruso
La Terra invasa dai Rettili
Fantascienza
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La Terra invasa dai Rettili
Studio Parapsicologia dall'età di quindici anni. La Parapsicologia è la scienza che si occupa di analizzare e catalogare i fenomeni ESP. Il grande merito di questi studi è aver sottratto alla superstizione popolare personaggi e avvenimenti al limite della realtà oggettiva. Per quanto riguarda l'Ufologia e i fenomeni correlati, niente come le adduzioni (abduction) e le indagini da compiere in questi casi, somigliano e chiamano in causa, a mio avviso, la classica indagine di tipo paranormale.
Quando siamo in presenza di una persona che si ritiene oggetto di un rapimento da parte di entità aliene, la prima cosa da fare è sincerarsi delle sue condizioni psico-fisiche.
Si deve poi analizzare con la massima attenzione il suo racconto al fine di evitare possibili raggiri o persino l'eventualità di un racconto fatto da un esaltato mentale.
Eseguita questa analisi preliminare, il racconto della persona che si ritiene oggetto di rapimento dovrà poi essere incasellato in una fattispecie analoga già esistente.
Tra i rapimenti da parte di entità credute aliene, si registrano molte diversità.
Il problema è che il materiale di pubblico dominio è talmente vasto e variegato, co-me pure sono diversissimi i metodi attuati per evitare frodi e raggiri, che risulta praticamente impossibile inserire i vari casi in categorie concettuali precise.
Infatti, l'unica classificazione prevista dall'Ufologia classica riguarda i tipi di incontro:
Un incontro ravvicinato è per gli ufologi, un evento che prevede di venire in contatto da parte di una o più persone, con un oggetto volante non identificato (UFO) e con esseri viventi (alieni). Si deve a J. Allen Hynek, questo tipo di classificazione.
Tra gli incontri ravvicinati del primo tipo, vengono elencati gli avvistamenti di dischi volanti diurni, luci vaganti di notte, oggetti aerei che non è possibile collegare alla tecnologia umana.
Gli incontri ravvicinati del secondo tipo, prevedono il contatto con i fenomeni ricon-ducibili a un UFO o alla sua attività diretta, quali cerchi nei cereali, calore o radiazioni, danni visibili sul terreno, animali spaventati, paralisi di esseri umani, interferenza diretta con motori o radio comunicazioni, perdita temporale, ricordi confusi.
Il terzo tipo di incontri ravvicinati include l'osservazione diretta di personaggi ricon-ducibili ai passeggeri di un UFO.
L'ufologo Jacques Fabrice Vallée introdusse un quarto tipo di incontri ravvicinati, nel caso appunto delle abduction. Una o più persone che vengono rapite e spesso tratte a bordo degli UFO, da entità aliene o presunte tali.
Steven M. Greer fu poi il primo a classificare con il termine incontri del quinto tipo, tutte le riunioni bilaterali a cui hanno partecipato esseri umani ed esseri alieni.
Il sesto tipo di incontri ravvicinati riunisce più o meno le prime due fattispecie. Di solito si usa questa classificazione quando il contatto con un UFO genera ferite o la morte degli umani che ne sono direttamente coinvolti.
Il settimo tipo di incontri ravvicinati riunisce tutti quei casi quando, nel passato o nel presente, si registra un' unione carnale tra elementi non terrestri ed esseri umani.
Ritengo che la classica ricerca ufologica soffra di un errore concettuale abbastanza grave. Non si mette mai in dubbio l'autenticità della percezione registrata dai testimoni viventi umani in relazione alle caratteristiche stesse di quanto percepito. Al di più, si verifica la credibilità del percettore.
In altre parole, si verifica comunque, generalmente, la bontà del racconto, la sua genuinità e mai il fatto che possa risultare la realtà stessa di quanto percepito ingannevole piuttosto che autentica.
E' un po' il caso di un bambino molto piccolo che veda una scena in televisione.
Credendo che la televisione mostri una realtà oggettiva seppur solo visiva, il bambino non potrà mai capire quanto di vero, di verosimile o di simulato ci sia in una qualunque trasmissione. Per il nostro ipotetico bambino, il filmato di guerra di un telegiornale sarà esattamente uguale a un film di guerra. Anzi, il testimone della trasmissione televisiva non si porrà neanche il dubbio di un'eventuale differenza di immagini mediamente perfettamente analoghe.
Quel che vediamo, nella nostra vita, può dipendere non solo dalla nostra capacità di percepire ma anche dalla realtà della percezione stessa.
Quando osserviamo un evento non riconducibile all'ordinarietà della nostra vita, parliamo indifferentemente di un accadimento incredibile, impossibile o addirittura di un miracolo. E tale convincimento può dipendere direttamente dalla nostra capacità di perce-pire ma anche dalla nostra cultura e persino dall'intensità del nostro misticismo.
Difficilmente ci porremo il problema opposto: è vero quel che abbiamo percepito o visto direttamente? È la realtà provata o è semplicemente una finzione approntata appositamente da chi vuole ingannarci?
Questo dilemma ha invero colto alcuni ricercatori che, analizzando determinati in-contri ravvicinati del primo tipo, hanno ipotizzato che le navi o navicelle presumibilmente di origine extraterrestre, possano invece essere aerei di nuovissima generazione o comunque macchine volanti sperimentali o segrete prodotte dagli umani.
Altri hanno pensato di risolvere questo dilemma con l'idea che nel caso trattasi di macchine volanti costruite dagli esseri umani, la progettazione di tali macchine, molto avanzate per la nostra tecnologia, derivi invece da retro-ingegneria aliena recuperata da dischi volanti abbattuti o caduti.
Ecco perché le classificazioni comuni all'Ufologia classica finiscono inevitabilmente per cozzare contro lo scetticismo militante di certi intellettuali e dei negazionisti per mestiere. Un'operazione non riuscita ai detrattori della Parapsicologia che si sono dovuti limitare a negare l'esistenza stessa dei fenomeni studiati prima del tentativo di denigrare il metodo di studio e di classificazione di tali fenomeni.
Da studioso di Parapsicologia, invece, ritengo che prestare il sistema classico di analisi e di classificazione proprio di tale scienza, ai fenomeni ufologici, possa servire a renderli molto più credibili e soprattutto riconoscibili, adatti a una classificazione perfetta-mente razionale.
Questo libro è partito da queste, mie, convinzioni. Quanto avvenuto durante la ri-cerca in questo libro narrata è invece il frutto della mie indagini sul campo.
Tali indagini sono state svolte da me nel manifestarsi di alcuni eventi e mediante i racconti di determinati personaggi che ho potuto incontrare direttamente.
In modo particolare, la conoscenza di un addotto, B., è stata grandemente preziosa e illuminante riguardo una realtà che non immaginavo prima, anche se avevo letto di de-terminati argomenti.
Le conclusioni alle quali sono pervenuto, non inducono alcun rassicurante senti-mento. Da un periodo nel quale ho provato una semplice curiosità intellettuale, sono pas-sato a sperimentare l' angoscia tipica del ricercatore frustrato e infine la paura di una vera e propria, imminente, invasione aliena con lo scopo d' impadronirsi del nostro pianeta e sottomettere definitivamente e completamente la razza umana ai propri voleri.
Quanto potrete leggere nelle pagine che seguono, potrà convincere voi di tale peri-colo oppure no. La vittoria degli invasori alieni dipende esclusivamente da tutto ciò.

COME HO CONOSCIUTO B.

Negli ultimi giorni di gennaio 2018, la mail di un amico m'incuriosì non poco. Si trattava, in realtà, di persona conosciuta durante una gita a Viterbo, città dove avevo ambientato l'ultimo romanzo: una storia incentrata sulla ricerca letteraria riguardo le opere di Mario Signorelli, medium e archeologo scomparso nel 1990.
Questa persona, che indicherò con il suo nome di battesimo, Carlo, mi raccontò di conoscere uno strano personaggio che pensava potesse ispirare la mia attività di scrittore. Si trattava di un ex contadino e artigiano del legno, ormai sessantenne, che in quel periodo affermava di vagare senza una meta precisa, tra Abruzzo e Lazio, dicendo di doversi proteggere dai nemici di certi personaggi non di questa Terra che lo avevano più volte contattato ed anche prelevato... In pratica, la vittima di una cosiddetta abduction.
Carlo mi offrì d'incontrarlo dopo due giorni, visto che aveva stabilito un appunta-mento con questo personaggio, che chiamerò “B” a causa dell' esigenza di ovvia protezione, per incontrarsi a Viterbo.
Il luogo dell'appuntamento era una trattoria presso il centro del capoluogo della Tu-scia. Carlo, un giornalista di un periodico locale, ed io, avremmo potuto parlare con B., che ovviamente cercava conforto e protezione in maniera che sulle prime non potevo comprendere.
La curiosità, più che l'interesse professionale, fu tale che decisi di partecipare a quella cena e una sera del 27 gennaio, ero seduto con questi signori nella trattoria luogo dell'appuntamento.
B. entrò nel locale, discretamente affollato, alle venti e quindici minuti. Fuori, il tempo non era certo clemente e l'uomo, alto circa un metro e sessanta, con la pelle cotta dal sole, indossava una pesante giacca a vento, un paio di jeans e un berretto di lana azzurra che gli copriva interamente la fronte.
Riconobbe subito Carlo e si affrettò a sedersi sull'unica sedia libera del tavolo da quattro che occupavamo. Si liberò della giacca e del berretto e, senza presentarsi, afferrò la brocca di vino rosso che avevamo ordinato versandosi un bicchiere colmo del liquido color rubino che scolò in un attimo.
- Chi sono? – chiese, senza tanti preamboli al mio amico, l'unica persona che già conosceva, dopo essersi pulita la bocca con il dorso della mano destra.
- Persone fidate – rispose Carlo – Un giornalista di qui e uno scrittore che abita a Roma.
L'uomo fece una smorfia – Perché me li presenti? Che cosa vogliono sapere da me? – In quel momento sembrava discretamente agitato.
In precedenza, Carlo ci aveva spiegato come B. conducesse ormai una vita da no-made, senza fissa dimora e ovviamente senza poter svolgere altro che qualche lavoretto saltuario per sopravvivere.
In effetti, i suoi occhi color grigio-verde si spostavano di frequente tra noi tre, come se cercasse di decidere se potevamo costituire un pericolo, o almeno un problema.
Carlo lo calmò subito, spiegando che noi due ci occupavamo d'informazione e quindi potevamo essere comunque di qualche aiuto. Aggiunse che il giornalista viterbese avrebbe pagato qualche euro per un'intervista anche se in forma anonima.
B. assentì vigorosamente – Non saprete mai il mio nome. Nessuno deve saperlo. Lo voglio dimenticare anch'io. –
Non aveva un accento particolarmente caratteristico della Tuscia. Anzi, avrei giura-to che fosse originario della Sardegna.
- Caro signore – intervenni – mi pare di capire che qualcuno, o qualcosa, la stia mi-nacciando. Ci può accennare chi, o cosa, teme in particolare?
B. mi fissò solo per un istante. Si versò un altro bicchiere di vino, lo tracannò senza nemmeno pensarci su e sospirando, rispose:
- Non mi crederebbe. Nessuno, tranne lui – accennò con la mano destra verso Carlo – mi ha creduto finora...
Il giornalista, un tipo asciutto con capelli e baffi brizzolati, accese un registratore portatile, posandolo sul tavolo. B lo guardò ma non fece obiezioni e riprese, più calmo:
- Vi dico subito che si tratta di alieni, i peggiori. – disse, guardandosi un attimo in-torno.
Nella trattoria, gli altri nove tavoli erano affollati da commensali allegri e chiassosi. Gente comune, un paio di famigliole, che cenavano tranquillamente, gettando ogni tanto uno sguardo alla televisione che gracchiava dal fondo della sala, esattamente dall'altro lato dell'entrata. Apparentemente, nessuno faceva caso a noi, tantomeno le due giovani cameriere che si aggiravano tra cucina e tavoli.
B. si era fermato a giudicare le nostre espressioni. Era consapevole che le sue pa-role avrebbero prodotto in noi un certo scetticismo. Carlo, che conservava nei suoi con-fronti un atteggiamento esageratamente protettivo, chiarì subito:
- Aspettate a giudicare. Purtroppo, ha prodotto delle prove riguardo quel che potrà dirvi tra poco.
Il giornalista era d'accordo:
- Sono qui apposta. Non abbia paura e ci descriva chi o cosa la sta inseguendo, oppure chi o cosa la minaccia...
B. sorrise stranamente – Apparentemente, nessuno. Avevo solo sei anni quando li vidi, per la prima volta, e non capii certo chi fossero. Dormivo poco lontano da qui, con i miei genitori, entrambi contadini. I campi erano a un chilometro e qualcosa fuori Viterbo. Scambiai gli esseri per personaggi da favole. Sembravano uomini-drago. Li vidi nel buio e mi parlarono con voci umane anche se leggermente cavernose, svegliandomi. Dissero che mi avrebbero portato con loro, per un viaggio fra le nuvole, per poi riportarmi a casa. Io avevo paura, ma non ricordo più nulla di quel che accadde dopo.
-Quante volte li ha rivisti? – chiese il giornalista.
- Da bambino, abbastanza spesso. Ricordo che la vigilatrice, a scuola, mi chiese cosa fossero quelle ferite e quei lividi che mostravo sulle braccia, le spalle e le gambe. Dalla scuola convocarono i miei genitori che negarono qualunque responsabilità. Mio padre, a casa, mi chiese in che modo mi fossi procurato quelle che sembravano contusioni ed io non seppi rispondere. In realtà, quando sognavo gli incontri con quegli Uomini-drago, mi svegliavo sempre, semplicemente, nel mio letto.
Il discorso fu interrotto dalla cameriera che ci chiese le ordinazioni. B. si fece porta-re una cena luculliana. Sembrava non mangiasse da un bel pezzo.
Carlo intervenne ancora:
- Riuscì a frequentare le scuole fino alla terza media. Ovvero fino alla morte del pa-dre.
- Esatto. – confermò B. – Poi iniziai a lavorare, insieme a mia madre, sui campi e gli incontri con quegli esseri continuarono, diciamo, con frequenza mensile.
- Tutti i mesi, o un giorno particolare di ogni singolo mese? – domandò il giornalista.
B. sembrava voler ricordare ma che non fosse in grado di dare una risposta precisa:
- Mi ricordo che fino ai quattordici anni, li vidi, quasi sempre in sogno, chiaramente, nitidamente, ogni mese e basta. Ma dai quindici anni in poi, una sera di novembre, ero certo di non dormire quando vidi un lampo nella mia stanza. Erano le due del mattino, nel buio, vidi una luce innaturale. Uscivano da quella luce e si materializzavano nella mia stanza.
Nell'ora seguente, mentre mangiavamo, B. ci raccontò episodi relativi a veri e propri rapimenti da parte di questi presunti Uomini-drago che si svolgevano in piena coscienza, quasi sempre tra le due e le tre del mattino, e che conducevano l'adolescente direttamente dalla sua stanza da letto fino all'interno di una sorta di portale che per il ragazzo corrispondeva all'ingresso in un'astronave lucente. Non vide quasi mai lo Spazio dall'interno della navicella in movimento, ma piuttosto, ricordava benissimo gli ambienti interni, molto simili a un moderno laboratorio per le ricerche diagnostiche.
Raramente, B. ricordava di aver provato dolore o paura; anzi, la presenza degli Uomini-drago, per me somiglianti a quelli descritti da Fortunato Zanfretta, fin dalla fine degli Anni 70, infondeva nel ragazzo benevolenza e una grande pace unita a un senso di rispetto inossidabile.
- Erano molto alti, almeno due metri e mezzo, ma qualcuno anche di più. Indossa-vano tute nere, senza alcun distintivo. Avevano un viso simile a quello dei demoni descritti nella Bibbia, ma i loro occhi erano di tipo umano anche se più grandi. Sulla sommità della testa avevano due o tre corni. Il colorito era nerastro e le loro mani erano nascoste da guanti ma erano molto grandi, il triplo delle mie. Mi promettevano che sarei stato parte di un grande piano e che sarei stato ricompensato bene. In pratica, mi dicevano che ero un prescelto e mi avrebbero reso ricco in cambio di un piccolo impegno.
- Ricorda di aver subito operazioni chirurgiche? – chiesi.
B. assentì, senza mostrare particolare timore nel ricordare – Sì ma il tutto accadde senza dolore, o almeno non più di quello provato sulla poltrona del dentista. Ricordo quando mi chiesero il permesso di farmi un regalo tramite una pistola magica che punta-rono dietro il mio orecchio destro. Sentii una specie di puntura e qualcosa di liquido che colava. Ho ancora una piccola cicatrice.
Il giornalista si rivolse a Carlo dopo aver spento il registratore:
- Non è la prima volta che ascolto racconti simili. Il problema consiste nel verificare le prove oppure anche una testimonianza come questa lascia il tempo che trova. Lei cosa ne pensa? – mi chiese.
Mentre B. mi fissava, ragionai che una storia come quella potesse essere racconta-ta con maggior profitto a Corrado Malanga per una seduta d'ipnosi regressiva.
- Al di là delle prove materiali, o testimoniali, non ho capito come, da questi incontri apparentemente non cruenti, sia nato l'attuale timore... Carlo mi dice che lei, amico mio, stia in pratica fuggendo da questi alieni. – dissi.
B. rise amaramente – Non fuggo da loro, infatti. La storia continua e non in senso favorevole a me, e neanche alla nostra razza.
Carlo lo pregò di proseguire.
- Una sera, avevo circa sedici anni – sospirò B. iniziando a mostrare una certa agi-tazione nervosa – quando l'incontro mensile fu molto breve. Uno degli Uomini-drago, più alto e massiccio degli altri, mi parlò in modo alquanto brusco. Mi avvisò di non avere molto tempo e che avrei fatto bene, una volta tornato nella mia stanza, a cercare un rifugio sicuro. Gli dissi che non capivo cosa volesse affermare ed egli mi mostrò, su un pannello luminoso che riempiva l'intero soffitto di quell'ambiente, con una specie di mappa stellare tridimensionale animata, alcuni trattini rossi che parevano muoversi intorno alla nostra direzione dicendo che si trattava dei loro e dei nostri nemici.
“Mi parlò per la prima volta della vera storia della razza umana che era stata ibrida-ta più volte sia dalla loro civiltà sia da altre civiltà concorrenti. Chiarì che ero ormai abba-stanza adulto da comprendere che quel che la società ci aveva inculcato fin dalle scuole materne era un insieme di menzogne preparato e imposto dai loro e dai nostri nemici. Queste menzogne costituivano le leggi e le regole che ponevano, in effetti, la razza umana sotto il controllo dei Rettiliani. Per la prima volta sentii questo termine, che descriveva i loro nemici mortali. Mi disse che l'intera realtà oggettiva che ci circonda è totalmente falsata da onde elettromagnetiche che le loro torri orbitali lanciano intorno alla Terra. Un inganno preesistente ma che loro hanno trovato modo di strumentalizzare efficacemente. I servi dei loro nemici erano moltitudini di ibridi e di umani asserviti totalmente per guadagno o per paura. Comunque, era cominciata la caccia a loro stessi e quindi anche ai loro protetti, così chiamavano le persone come me.
B. si versò un altro bicchiere di vino mentre il giornalista si grattava la testa, mo-strando qualche perplessità.
Comprendevo perfettamente il suo punto di vista. Anche se la persona sembrava totalmente genuina e sincera, non potevamo sapere se quel che raccontava fosse frutto di esaltazione, follia o comunque di semplice auto-convincimento.
- Da quella notte, dopo la morte improvvisa anche di mia madre, ho lasciato la mia casa e sto vagando per non dare un punto di riferimento ai Rettili. Molte altre cose sono successe, in seguito, ma ora sono stanco. Non mi va di proseguire il racconto.
La serata si concluse con il giornalista che passò qualche banconota al fuggiasco che comunque affermò di doverci lasciare poiché un amico lo stava aspettando per ospi-tarlo qualche giorno.
Fuori dalla trattoria, Carlo ci chiese cosa pensavamo dello strano personaggio.
Il giornalista disse che, con ogni probabilità, non avrebbe scritto il pezzo che spera-va di ricavare da quell'incontro.
- Gente che per qualche bicchiere di vino racconta storie anche più incredibili, ve ne potrei presentare a decine – commentò, scuotendo la testa. Ci porse la mano, a mo' di saluto e sparì nel freddo dei vicoli del centro di Viterbo.
- Ho preso alloggio in un albergo poco distante da San Pellegrino. – dissi al mio amico.
- Se possiamo bere qualcosa prima di dormire, ho da mostrarti una cosa. – rispose, accennando alla borsa di pelle che portava a tracolla.
Più tardi, all'interno di un locale proprio accanto al mio albergo, Carlo mi mostrò una radiografia. Era di un cranio umano.
- E' stata analizzata da esperti. La macchia circolare che vedi, vicino l'orecchio, non è un piccolo tumore. E' l'impianto di cui parlava B. La sua storia, o almeno questa parte, è vera.
Stavamo sorseggiando due bicchieri di brandy, profumato e confortante.
- Hai preso a cuore questa storia, mi pare.
- Lo sai che in passato ho collaborato con (mi disse il nome di un gruppo ufologico). Secondo me si tratta di una vera e propria abduction. E non credere sia stato facile portarti B. stasera. Ha paura e non si fida di nessuno.
- Potrebbe aver paura, anche se fosse realmente convinto di aver vissuto cose che ha soltanto sognato. Come fai a sapere che non faccia uso di sostanze? Che cosa sai della sua salute mentale?
Carlo batté le mani sulla borsa, dove aveva riposto la radiografia.
- Stasera ti ha detto solo una minima parte della sua storia. Vive in un incubo e ha il terrore di essere catturato dai nemici dei suoi protettori o benefattori come li chiama spesso. Ma tu gli piaci. Vedrai che ti cercherà lui stesso. Del resto, il messaggio che deve diffondere, riguarda tutti noi. I Rettiliani non si fermeranno.
Non capivo in quale modo potessi risultare utile per un personaggio del genere. Eppure il mio amico aveva ragione. Ricevetti, dopo una decina di giorni, una mail con un breve messaggio e un numero di cellulare. Mi rispose lui stesso.
- La persona che mi ospitò la sera della cena a Viterbo – lo sentii dire al telefono – mi ha consegnato questo cellulare con una sim intestata a lui. Mi ha raccomandato di dare il numero solo a persone fidate.
- Ti ringrazio della fiducia. Tuttavia non immagino come potrei aiutarti.
- Se vuoi conoscere il resto della storia, mi basta un po' di aiuto, talvolta un po' di cibo o qualche soldo. La mia esistenza è un continuo vagabondare. Non posso mettere radici. Comunque, se scrivi, potrai diffondere quel che ti devo raccontare.
In seguito, l'ho incontrato altre volte. Quanto mi ha detto, e soprattutto quel che mi ha mostrato, mi consentono di poter affermare con ogni evidenza che la sua storia è vera e reale.
Come disse durante quella cena a Viterbo, la nostra razza è davvero in grande pe-ricolo. Io sono certo che quel che afferma ha un fondamento concreto. L'invasione sta per cominciare o meglio, sta per rivelarsi pienamente, essendo già in corso praticamente da sempre.
Quel che seppi da B. a partire da gennaio 2018, sarà presto reso pubblico nei libri interamente dedicati a tali evidenze, come questo. Per quanto mi riguarda, ho controllato alcune, sue, affermazioni; ho affidato ad altri determinate speculazioni ed esaminato con taluni esperti prove fotografiche e di altro genere. Il risultato è purtroppo una conferma delle parole di B.
Molte delle sue rivelazioni integrano perfettamente il lavoro di altri autori, medium e contattisti. E del resto, spetta a chi legge l'ultima parola. Tuttavia, secondo queste rivela-zioni, il tempo che ci resta non sarebbe nemmeno sufficiente ad approntare una difesa militare e civile adatta a contenere la peggior minaccia che si possa immaginare. Il tempo e l'incredulità della gente sono nostri nemici al pari dei Rettiliani.
Dopo il primo incontro, una sera di quel gennaio che stava per salutarci, ragionai parecchio su questo personaggio e quel che prometteva di rivelare. Certamente, il mio amico Carlo non poteva che concordare con la sua storia ed era il suo maggior alleato. B. stava fuggendo da una minaccia per lui reale, questo era indubbio. Inoltre, presentava un impianto perlomeno sospetto, sul temporale destro, dietro l'orecchio.
Al di là della sua storia, questi erano gli unici dati certi. Per una seria indagine di ti-po paranormale, avrei dovuto reperire informazioni sui suoi genitori, il luogo dove aveva vissuto prima di iniziare quel suo girovagare in perenne fuga e capire qualcosa della sua personalità e delle sue abitudini da parte di chi lo aveva conosciuto. Avrei dovuto, insom-ma, conoscere la sua identità magari utilizzando i dati anagrafici per risalire al suo passa-to... Metodologia che B. non gradiva di certo. Era per lui indispensabile proteggere il suo anonimato.

Marco Caruso

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