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Autore: Arsenio Siani
Attimi rubati alla vita
Racconti
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Attimi rubati alla vita
Luca se ne stava seduto su uno sgabello, teneva i gomiti poggiati sul bancone del bar e gli occhi puntati sul fondoschiena di Valentina. Le labbra erano leggermente piegate all'insù a disegnare un vago sorriso, il mento era poggiato sulle nocche delle mani e di tanto in tanto accompagnava il boccale di birra alla bocca senza perdere di vista quella lussuriosa visione. Valentina gli dava le spalle, puliva il piano di lavoro, sistemava le bottiglie sulle mensole e asciugava i bicchieri. Fingeva di non accorgersi di aver calamitato le attenzioni di Luca, tranne quando gli mandava qualche occhiata di assenso per fargli capire che il suo comportamento non la infastidiva. Si piacevano, Luca e Valentina. Da mesi si studiavano con attenzione e quieta curiosità, lui si recava nel bar, dove lei lavorava almeno una volta il giorno, talvolta scambiavano qualche parola ma il più delle volte era un gioco di sguardi, sospiri e silenzi che lasciavano intendere più di mille parole. Quella sera Luca si era fermato fino a tardi, il locale era vuoto, si avvicinava l'ora della chiusura e già fantasticava sulla possibilità di infilare la sua mano in quel mare di capelli ricci, afferrare la sua nuca e spingere il volto di lei contro il suo per baciarla con passione. Quella sera lo avrebbe fatto, sì. Pensò che dopo tanti tentennamenti e rimandi fosse giunta l'ora.
Si alzò, uscì dal locale e si accese una sigaretta. Pensò che una fumata gli sarebbe servita per darsi la carica.
“Me ne offri una?”
Luca voltò la testa e vide il volto in penombra di Valentina. Tirò fuori il suo pacchetto di Marlboro e glielo porse, lei ne trasse una sigaretta e se la accese. La brace illuminò il suo viso, e gli occhi colmi di desiderio brillavano come due tizzoni ardenti. “Stasera ti deciderai finalmente a fare qualcosa o intendi continuare a guardarmi il culo all'infinito?”
Luca tirò una profonda boccata, poi parve che avesse intenzione di dire qualcosa. Buttò fuori il fumo e rimase in silenzio. Non era stata una buona idea mettersi a fumare. Gli aveva ricordato perché, dopo tanti anni, aveva ricominciato. Un'ombra calò sul suo volto e Valentina, nonostante fosse buio, se ne accorse.
“Andiamo, Luca. Ora hai stufato. Ancora con quella storia?”
Luca scosse la testa. “Scusa...”
“Quando ti deciderai a metterti l'animo in pace? Giulia non c'è più. E' finita. Guarda avanti.”
“Non è così facile...”
“Il problema è che fai un passo avanti e dieci indietro. Non ti sforzi minimamente di dimenticare.”
“Non è così facile” ripeté. “Forse è meglio che vada.”
“Fa come vuoi. Ma non ti aspetterò in eterno. Sappi che mi sto stufando, Luca. Anzi, sono già stufa. Vai al diavolo.” Si voltò, rientrò nel locale, Luca udì il rumore della serratura che scattava mentre Valentina chiudeva la porta a chiave. Esitò per un istante, avrebbe voluto bussare alla porta e chiederle di aprirgli, ma infine rinunciò.
Si avviò al parcheggio, la sua auto era l'ultima rimasta nel piazzale. Salì, mise in moto e prima di ripartire buttò lo sguardo sullo specchietto retrovisore. Vide i suoi occhi spenti, sofferenti, incatenati al passato.
“Dove sei Giulia?” pensò. “Stai bene? Ogni tanto pensi a noi come ci penso io?”
Erano trascorsi due anni dal loro ultimo incontro. La loro storia era finita in un modo abbastanza singolare. Per diversi mesi erano stati perseguitati da un individuo misterioso che si divertiva a mandargli lettere minatorie. Dapprima non ci fecero caso,pensarono a uno scherzo di cattivo gusto, ma le lettere divennero sempre più frequenti e dal contenuto sempre più minaccioso. Le frasi erano composte tramite parole ritagliate da giornali e i fogli non erano firmati, per cui era impossibile risalire al mittente. In nessuna di esse si accennava all'autore del gesto, non c'erano riferimenti a chi aveva materialmente realizzato quelle missive. Brevi frasi, inquietanti, talvolta beffarde. Il primo mese ne arrivarono quattro, tutte contenenti lo stesso messaggio: “Dovete stare per un anno senza vedervi.”
Il secondo mese ne arrivarono sei. “dovete stare per due anni senza vedervi.” Il messaggio continuava sul retro del foglio, dove era contenuta la parte che ogni volta li faceva sussultare e gli procurava angoscia: “Se ci tenete alla vita.”
Non denunciarono mai l'accaduto alle autorità perché lo sconosciuto sembrava controllare le loro mosse. Una sera Luca, esasperato, disse che la mattina dopo sarebbe andato alla Polizia. Nel cuore della notte fu svegliato da un urlo agghiacciante, saltò giù dal letto, corse in cucina, dove trovò Giulia accovacciata in un angolo, in lacrime. Stringeva tra le mani una lettera, l'ennesima. Gliela strappò di mano, la aprì. Sul foglio c'era scritto. “niente Polizia, se ci tenete alla vita.”
Misero a soqquadro l'appartamento alla ricerca di microfoni o cimici nascoste, ma non trovarono nulla. Interrogarono i vicini per chiedere se avessero notato qualcuno che girasse per il quartiere con atteggiamento losco, ma tutti dissero di non aver visto nulla. Come se fosse tutta opera di un fantasma, una forza sovrannaturale che pretendeva di governare il loro destino.
All'inizio del terzo mese, dopo la prima lettera in cui lo sconosciuto chiedeva che Luca e Giulia stessero tre anni senza vedersi, lei manifestò l'intenzione di dargliela vinta.
“Ho paura, Luca. Quest'uomo sa quello che fa.”
“Dobbiamo andare alla Polizia, Giulia. Abbiamo sbagliato a mantenere il segreto. Gli abbiamo fatto capire che abbiamo paura di lui e che ha pieno potere su di noi.”
“No!” urlò Giulia. “Non andare alla Polizia, ti prego.”
“Per l'amor di Dio, Giulia! Non posso credere che hai intenzione di cedere a questi ricatti. Vorresti buttare all'aria la nostra storia per un farabutto megalomane che pretende di giocare con le nostre vite?”
“Non mi fido, Luca. Il mondo è pieno di pazzi. Allontaniamoci per un po', magari penserà di aver vinto e smetterà di tormentarci.”
Luca stringeva tra le mani un sigaro, aveva sentito il bisogno di fumare ed era l'unica cosa che aveva trovato in casa. Un odore dolciastro aveva inondato la stanza, si guardarono attraverso la coltre di fumo, come se volessero studiarsi. Luca strinse gli occhi arrossati e sospirò. “Perché quest'uomo ci fa questo? Io mi sono fatto un'idea. Da quello che scrive, sembra che sia invaghito di te. Vuole separarci perché non sopporta la mia presenza. Forse vuole averti tutta per sé e se ci separiamo, saresti comunque in pericolo...”
“Ma piantala!” urlò Giulia, interrompendolo. “Non sappiamo neanche se sia un uomo o una donna. Magari il tuo ragionamento vale a rovescio, è una tua corteggiatrice che mi odia. Come facciamo a saperlo?”
Luca annuì, e abbassò lo sguardo. Attese qualche istante, poi chiese: “Quindi?”
“Quindi vediamo che succede. Stiamo lontani per qualche tempo, e vediamo se sparisce.”
“Mi fa star male l'idea. Perché deve succederci una cosa del genere?”
“Non lo so. Ma è successa. Prendiamone atto, e cerchiamo di risolvere il problema.”
Luca allungò un braccio, e le strinse una mano. “Io non voglio separarmi da te. Deve esserci un'alternativa...”
“Smettila” ripeté Giulia, ritirando la mano e stringendosi nelle spalle. “Non rendere tutto più difficile.”
E così fecero. Giulia tornòa stare con i suoi genitori, lasciarono l'appartamento e Luca prese in affitto un monolocale, dove stare da solo. Lei gli aveva chiesto di non farsi sentire, non cercarla, non chiedere di lei. Aveva paura, voleva assecondare il persecutore fino in fondocosì da non lasciargli margini di ricatto.
Passarono i giorni e infine Luca non resistette. Andò a casa dei suoi genitori, dove sperava di trovare Giulia ma scoprì con stupore che era partita. “Ha fatto domanda per un progetto di volontariato internazionale, l'hanno presa ed è partita” gli disse la madre, con tono freddo e distaccato. Sembrava che stesse parlando con un estraneo, nulla restava della dolcezza che gli aveva sempre riservato negli anni in cui era stato il compagno di sua figlia.
“Dove?” chiese Luca.
“In Turchia” rispose la madre di Giulia.
“E quando tornerà?”
“Non so dirtelo. Penso che ci vorrà un po'.”
Luca provò anche a chiedere il suo nuovo numero di cellulare ma la madre si rifiutò categoricamente di darglielo. Si arrese, e alzò i tacchi. Mentre si allontanava, udì la voce della madre di Giulia che lo chiamava con un sussurro, come se volesse dire qualcosa di nascosto. Luca si voltò e si guardarono. “E' stato meglio così. Anche per te, credimi.”
“Per l'amor del cielo signora, se sa qualcosa me lo dica. Questa storia mi sta facendo impazzire.”
La madre di Giulia lo guardò, sembrava indecisa sul da farsi. Infine scosse la testa. “L'unica cosa che posso dirti è che mia figlia è sempre stata...strana, ecco. Fin da bambina. Forse non hai mai conosciuto deisuoi aspetti...è molto brava a nasconderli. E in fondo tutti abbiamo delle parti che celiamo agli occhi degli altri. Un lato oscuro che a volte non conosciamo neanche noi...”
“Mi sta dicendo che Giulia mi ha tenuto nascosto qualcosa durante la nostra storia?”
“Può darsi. Sì, credo di sì. Ma in fondo lo facciamo tutti. Vuoi farmi credere che non hai mai nascosto nulla a mia figlia? Non le hai mai mentito, né hai mai celato qualche parte di te che non volevi che lei conoscesse?”
“No, signora. Mai fatto.”
La madre di Giulia tirò su un sopracciglio e lo guardò con aria sfidante. “Davvero? Proprio mai?”
Luca aprì la bocca per rispondere ma le parole gli morirono in gola. Deglutì, poi sospirò. Infine si voltò e andò via senza salutare.
Dopo qualche giorno gli arrivò una lettera chiusa in una busta. Su un foglio bianco vi era incollata una foto di Giulia sorridente. Sullo sfondo poteva vedere un paesaggio montuoso, bellissimo e selvaggio. La Cappadocia, probabilmente. Indossava un vestito sportivo e teneva sulle spalle uno zaino da trekking.
Sotto la foto vi era una scritta beffarda, fatta con i soliti ritagli di giornale. “Ottimo lavoro.”
Quella lettera confuse Luca ancora di più. Chi era quell'individuo? Com'era entrato in possesso di una foto che ritraeva Giulia in Turchia? E cosa volevano dire le parole di sua madre?
Passò il tempo, arrivò valentina ma Giulia era sempre nei suoi pensieri. Nonostante lei fosse lontana, assente fisicamente, Luca sentiva di non riuscire a rassegnarsi all'idea di averla persa per sempre e nonostante fosse attratto da altre donne, reprimeva ogni impulso ad andare oltre perché sapeva che nel momento esatto in cui avesse ceduto alla tentazione, avrebbe messo definitivamente fine alla sua storia con Giulia. Sperava ancora di vederla tornare, di ricominciare da dove erano rimasti, continuare ad amarsi e lasciarsi alle spalle quella terribile esperienza.
Dopo l'ennesimo tentennamento con Valentina decise di andare a pulire la macchina. Era buio e l'autolavaggio a gettoni gli garantiva un margine d'intimità per starsene da solo con i suoi pensieri. Gli piaceva lavare l'auto, era una di quelle attività che lo distraevano e davano un senso di benessere, come se riuscisse metaforicamente a ripulire anche la sua mente. E poi era affezionato a quell'auto in modo quasi morboso. L'aveva comprata insieme con Giulia ed era l'unico ricordo che aveva di lei, unico elemento in comune che lo legava a colei che non c'era più.
La lavò con cura, impiegando diverso tempo, in modo anche più minuzioso del solito. Ogni centimetro doveva brillare, in onore di quell'amore svanito ma ancora vivo. Infilò una mano nella tasca laterale del sediolino dell'autista e ne tirò fuori un vecchio foglio di giornale. Lo studiò con cura, poi si rese conto che era ritagliato. Nelle colonne degli articoli erano presenti dei quadrati, attraverso cui erano state rimosse delle lettere, o delle intere parole.
Luca deglutì. Sedette sul sedile posteriore e vi rimase per ore, impietrito, con lo sguardo perso nel vuoto. Il tassello mancante... d'un tratto, come se un lampo avesse squarciato le tenebre, gli apparve tutto più chiaro. Il fantasma che nessuno riusciva a vedere...la sparizione di Giulia senza dirgli nulla e senza lasciare traccia...le parole di sua madre... “mia figlia è strana...”
Poi portò l'attenzione al petto. Stranamente sentì un gran calore e il cuore che batteva. Guardò l'ora. Prese il cellulare. Era tardi, ma doveva fare una telefonata. Il telefono squillò. Dopo qualche secondo Luca udì la voce assonnata di Valentina. “Pronto?”

Arsenio Siani

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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