Un giorno, tornato a casa, Andrea trovò Aroa ad aspettarlo seduta sui gradini davanti la porta di casa. Il suo viso era cupo, lo sguardo sfuggente. Aveva preparato una borsa con dentro i suoi vestiti. Disse di non sentirsi amata e non voleva continuare ad aspettarlo. Voleva andare via da quella casa, via da lui. Andrea non si stupì, in cuor suo sapeva, sin dall'inizio, che prima o poi sarebbe finita. Si trattava solo di anticipare il momento dell'addio. Il giorno stesso, raccolte le poche cose che possedeva, partì per il nord. Prima di raggiungere l'aeroporto più vicino, per tornare in Italia, voleva osservare per l'ultima volta la terra che lo aveva accolto con tanta attenzione e prese un pullman. Mentre la corriera correva lungo la costa, Andrea scrutava ogni particolare del paesaggio. La strada si snodava in un panorama per alcuni tratti brullo, poi, verso l'interno, lasciava intravedere spazi verdi e rigogliosi. Quei luoghi gli avevano fatto vivere momenti sereni, lì aveva ottenuto più di ciò che aveva dato, era innamorato di quel posto ma sapeva che non ci sarebbe più tornato. Non avrebbe più visto i colori del mare, prima azzurro, poi turchese, rosa e bianco nella schiuma delle onde. La convivenza con Aroa lo aveva arricchito, era maturato e per la prima volta si sentiva veramente lucido, con la piena padronanza di sé. Da anni non toccava più nessuna droga, ormai poteva considerarsi disintossicato. Ma solo durante il viaggio in corriera si sentì veramente liberato. Mentre guardava per l'ultima volta le spiagge luminose e brulicanti di persone, aveva la certezza di avviarsi verso una nuova vita. Rientrato in Italia, per prima cosa andò a cercare Scucchia e gli amici del vecchio gruppo. Aveva lasciato ad Aroa, come recapito, l'indirizzo di sua madre, si era recato più volte a controllare la posta, mai nulla arrivò dalla Spagna. Per Andrea la voglia di rivedere i vecchi amici si era poi trasformata nella decisione di troncare con loro. Nonostante alcuni fossero riusciti a costruirsi un'esistenza che poteva definirsi normale, erano tutti ancora impigliati nei lacci della dipendenza. Alcuni avevano continuato con le droghe leggere, ma cocaina e pasticche non mancavano mai nel fine settimana. Altri si erano dati all'alcool o avevano ripiegato sui farmaci. Scucchia non era da meno. Quando si erano rivisti, Andrea ebbe la netta impressione che fosse peggiorato, non ci stava più con la testa. Andrea per tanto tempo aveva fantasticato cosa sarebbero state la sua vita e quella di Yuri al suo ritorno, una volta diventati adulti. Andrea sperava che Yuri fosse uscito dalla “zona grigia”. Quella terra di mezzo tra legalità e illegalità, popolata da insospettabile “gente perbene”. Persone di tutto rispetto, così efficienti sul lavoro e cordiali nei rapporti sociali, capaci di mascherare abilmente la propria dipendenza. Scucchia invece era diventato uno di loro. Si sforzava di mantenere un profilo alto all'interno della comunità e della famiglia, ma era quasi sempre invischiato in miseri traffici per non rimanere a corto di roba. Soprattutto si trovava immerso nei debiti fino al collo per soldi persi al gioco e prestiti mai restituiti. Quando aveva provocato l'incidente con la moto, l'impatto aveva causato la morte di due persone ed era stata aperta un'inchiesta. Niente di cui sorprendersi. Anche nel caso di Yuri, anni prima, tutti pensarono che si drogasse. Si ricordavano quando andava al Cocoricò di Riccione, partivano da Roma in macchina, nel tardo pomeriggio, con una manciata di pasticche in tasca per ballare tutta la notte e ritornavano il giorno dopo all'alba. Non mancava la cocaina e, mentre alcuni la spacciavano, Yuri era generoso, la offriva volentieri. Ecco perché tutti erano sicuri che la notte del suo incidente fosse fatto di qualcosa. Per Andrea fu una sorpresa appurare che invece quella volta Yuri fosse pulito. - Non ricordo quand'è che abbiamo smesso di frequentarci - gli disse Scucchia, - mi doveva dei soldi, forse è per questo che è sparito - . Ma Andrea sapeva che non era vero. Avvertiva la solitudine che aveva accompagnato Yuri nei suoi ultimi giorni. Era sicuro che l'esistenza che conduceva il suo amico fosse cambiata perché le sue ultime lettere erano diverse, la sua voce al telefono arrivava più chiara, e poi capita che un incontro, una riflessione con la persona giusta, o l'amore, con tutta la sua potenza, rivoluzionino abitudini e stili di vita. Andrea credeva nell'amore. Era arrivato a trentasei anni senza smettere di crederci e mai avrebbe abbandonato il pensiero di un amore. Dalle lettere sapeva che Yuri aveva l'amore, e quando hai l'amore hai tutto. Ma adesso c'era una cosa che allarmava Andrea. Uno degli amici gli aveva raccontato che giravano strane voci sul conto di Yuri, si diceva che si fosse allontanato da Roma per un motivo grave, per nascondersi da qualcuno che lo voleva morto. E poi quella scritta sulla pietra. La lettera. Doveva trovarla, ma dove? Valentina aveva ragione, bisognava verificare se fosse arrivata da Aroa in sua assenza. Andrea non voleva riprendere i contatti con lei. Il suo senso di colpa era grande. Sapeva che andando via avrebbe portato con sé bei ricordi relativi al luogo, e quelli tristi per il periodo trascorso in carcere li avrebbe trasformati in qualcosa di positivo, di utile alla sua vita. Ma la storia con Aroa no. Gli sembrava di averla chiusa a chiave dentro uno scrigno, e poi, sotterrandolo in profondità, pensava di non riaprirla mai più. Ma rintracciare la lettera era fondamentale. Era pronto a dissotterrare lo scrigno. Doveva assolutamente farlo, si trattava di Yuri, l'unico vero amico che avesse mai avuto. - Novità dalla Spagna! - Valentina guardò Andrea che mollava la giacca sulla sedia, come ogni volta che arrivava trafelato da lei, ma alla parola “Spagna” avvertì una stretta allo stomaco. Doveva aver parlato con quella sua donna dal nome strano, e questo la inquietava. - Be', che hai saputo? - - Ho cercato Aroa, l'ho chiamata. Una videochiamata con il computer di pochi minuti. Avevi ragione, una lettera era arrivata ed era proprio di Yuri. Mi ha detto di averla messa in un pacco con alcune mie cose dopo qualche giorno che me n'ero andato. Pensava di spedirmelo, ma alla fine se n'è dimenticata - . - Forse l'ha trattenuto di proposito. Magari sperava che prima o poi ti saresti fatto vivo - . - Non credo. È stata fredda al telefono, c'era del rancore nella sua voce, aveva il viso tirato, sembrava scocciata. Ma non mi ha negato il favore di recuperare la lettera e inviarmela via fax - . Valentina sentì la stretta allentarsi. Era sincero? - E non avete parlato di nient'altro? - chiese. - Non avevamo nulla da dirci - . - Questa è la lettera di Yuri - . Andrea estrasse dalla tasca un foglio, glielo porse e lei cominciò a leggere: - Andrea, amico mio, ho paura di essere nei guai. Ho assistito a un fattaccio, non so come dire. Qualche giorno fa ho incontrato mio zio che mi ha dato un passaggio. Nell'auto oltre a lui c'erano due tizi che non avevo mai visto. Quello che guidava era calvo, con il tatuaggio di una piccola svastica nera sulla mano destra, tra l'indice e il pollice L'altro era uno più giovane, con un ghigno da idiota. Nel tragitto mio zio ha risposto brevemente a una telefonata. Con un ordine secco ha fatto cambiare direzione, e poco dopo siamo arrivati in una zona disabitata sotto uno svincolo dell'Aurelia. C'era uno spiazzo e due uomini tenevano fermo un ragazzo che non tentava nemmeno di divincolarsi. Era piccolo, magrolino, dall'aria terrorizzata. Mio zio mi ha imposto di rimanere in macchina, io non mi sono mosso, ma ho visto il calvo e l'altro precipitarsi sul ragazzo e tempestarlo di pugni e calci, fino a che non è svenuto per terra con la faccia insanguinata. Mio zio era lì, immobile a guardare, poi tutti e tre sono rimontati in macchina e siamo partiti. È stato tutto così veloce... non ho avuto il tempo di scendere dalla macchina e andarmene. L'avrei fatto, credimi! “Questo è il trattamento per chi ruba” ha detto mio zio. Penso che il ragazzo avesse imboscato una partita di droga. È stato in coma un mese. È morto. Ieri i giornali parlavano della morte di un giovane spacciatore a seguito di un pestaggio. Ti scrivo perché mio zio mi ha convocato. Mi ha detto che doveva essere solo una lezione, insomma per lui era stato un incidente. Io non avrei dovuto farne parola con nessuno altrimenti l'avrei pagata cara. È stato minaccioso, collerico, mi ha spaventato. E ora non mi sento tranquillo. Temo che possa accadermi qualcosa. So cosa succede al testimone di un delitto. Potrei scappare, ma non voglio. Non riesco a scrollarmi di dosso quello che ho visto, non ci dormo la notte... penso che avrei dovuto intervenire per quel povero ragazzo, ma è accaduto tutto così in fretta. Spero che non mi succeda niente ma se quando torni non mi trovi più, vuol dire che sono diventato scomodo per qualcuno. Ti abbraccio forte, fratello mio. Yuri - . La data indicava il 25 novembre. Yuri sarebbe morto quattro giorni più tardi. Valentina, leggendo, immaginò Yuri in quel momento. Lo vide correre all'ufficio postale con la lettera tenuta stretta in tasca. Con quale stato d'animo avrà aspettato la risposta di Andrea? Una risposta mai arrivata. - Dunque, cosa abbiamo fino a oggi? - . Questa volta non era la voce di Gibbs che si rivolgeva alla sua squadra, ma era lei che lo chiedeva ad Andrea. - Non molto, ma un indizio adesso ce l'abbiamo. Quel calvo con il tatuaggio sulla mano è il filo da seguire. L'altro compare non è identificabile. E non è ancora il momento di affrontare lo zio. Dobbiamo prima esser sicuri che sia implicato nella morte di Yuri. Avere le prove che lo inchiodano - . - E come pensi di trovare quell'uomo? - - C'è il tatuaggio della svastica, ma ci sono anche altri elementi. L'ambiente in cui penso che graviti, per esempio. Farò un giro. Adesso vado, fidati! - Si mise la giacca con il suo solito fare sbrigativo. Valentina lo vide afferrare il casco e lo bloccò. - Aspetta, voglio chiederti una cosa. Quand'è che Yuri ha smesso di suonare il sassofono? - gli domandò prima di accompagnarlo all'ingresso. - Verso i quindici o sedici anni - . - E come mai ha smesso? - - Perché aveva troppe cose da fare. La scuola, le lezioni di equitazione con la madre, la piscina... e andare pure a musica gli avrebbe portato via troppo tempo, non gliene sarebbe rimasto per gli amici e lui non voleva rinunciare a noi, così decise di smettere. Ma perché me lo chiedi? - - Perché quando suonava mi piaceva. Voi cosa ascoltavate quando stavate insieme? - . Allo sguardo interrogativo di Andrea precisò: - di musica, voglio dire - . - Erano rari i momenti in cui ascoltavamo musica. Capitava a una festa, in un bar... C'erano le colonne sonore di qualche film, ma che importanza può avere? Sai, non è la musica che mi fa ricordare Yuri. Lui sta qui - concluse, indicando il petto, - è con me - . Erano rimasti fermi davanti l'ingresso, lui con il casco in mano e lei così vicina. Andrea aprì la porta e dopo averle sfiorato la guancia con un bacio le disse: - Ci aggiorniamo - . Questa volta, però, nessuno dei due rise. Andrea sapeva che era difficile cercare l'uomo tatuato. Leggendo tra le righe gli era sembrato di vederla la svastica che spiccava nerissima sulla mano grande e tozza. La lettera non forniva altri dettagli, oltre allo stato d'animo di Yuri, atterrito dal pericolo incombente e dal presentimento di una tragedia. Anche Yuri era un sensitivo. Avevano iniziato insieme a captare i segni ma era stato soprattutto lui a trascinarlo nelle interpretazioni. E Andrea adesso sentiva che avrebbe trovato l'uomo del tatuaggio, non sapeva in che modo, ma ne era certo. Andrea era rientrato nel silenzio della sua casa. Pensando a Yuri capì che il filo che li univa non si era mai spezzato. Ricordò che qualche tempo prima, mentre percorreva una strada periferica, prima di una curva, aveva assecondato un richiamo improvviso: sembrava che delle mani invisibili avessero afferrato il volante costringendolo a sterzare bruscamente nella corsia opposta. Solo quella forza inspiegabile aveva evitato che lui si schiantasse contro un veicolo fermo dietro la curva, sulla carreggiata. Qualcuno era intervenuto. Non ebbe mai dubbi che fosse stato Yuri. E adesso, in casa, ebbe l'impressione di non essere solo, era come se tra lui e Yuri si stesse stabilendo un certo tipo di comunicazione. - Cerca di cogliere i segni - gli aveva suggerito una volta Yuri, - là c'è quello che vai cercando. Non siamo abituati a vederli, a riconoscerli, e tanto meno a interpretare il loro linguaggio. Ma è nei segni che troverai la risposta. Sempre - . Andrea ispezionò con un rapido sguardo la stanza, finché la sua attenzione si appuntò su un ventaglio di riviste sparse per terra. Ne raccolse una a caso e, sfogliandola, vide la pubblicità di un pub. Nella foto era inquadrato un locale con il bancone e sul fondo, dietro i tavoli, un lungo specchio alla parete. Una sera, prima di partire per la Spagna, un tizio sulla trentina che conoscevano di vista, portò lui e Yuri in un bar simile a quello della foto. Nel bar un grande specchio mascherava una porta. Dall'altra parte c'era una bisca frequentata soprattutto da militanti di estrema destra. Quel loro conoscente, che era un habitué, avendoli presi in simpatia, voleva introdurli nell'ambiente. - Ho colto il segno? Devo cominciare a cercare il tatuato in questi posti? - . Parlò a voce alta e all'improvviso gli venne in mente il nome di un pregiudicato che era in debito con lui per un favore. Era uno che grazie al silenzio di Andrea aveva scontato una pena ridotta e del quale Andrea si serviva di tanto in tanto per ottenere informazioni. Forse avrebbe saputo indicargli i luoghi giusti dove cercare il tipo con la mano tatuata. La sala dietro lo specchio non era molto cambiata da quando lui e Yuri, ancora ragazzini, vi avevano messo piede per la prima volta. C'era sempre la luce un po' spettrale dei neon e lo stesso sgradevole odore di fumo, sudore e alcool attorno ai tavoli da gioco. Doveva trovare un uomo chiamato Er Brasile, il suo informatore gli aveva rivelato che era il “distributore” di cocaina in almeno dieci bar-ritrovo della capitale. Quella sera l'avrebbe trovato lì. Gliel'aveva descritto bene, alto e grosso, con la pancia, i capelli nerissimi forse tinti, occhi torvi e scuri, Andrea non ci mise molto a individuarlo a uno dei tavoli da gioco. Gli si avvicinò. - Posso parlarti un attimo? - gli sussurrò all'orecchio. Er Brasile gli rivolse un'occhiataccia interrogativa. - Chi ti manda? - gli chiese a voce alta. - Un amico - . - Che amico? - ribatté secco. Aveva un doppio mento esagerato e cadente. Quando parlava gli tremava tutta la carne. Il pregiudicato, suo informatore, gli aveva indicato il nome di uno spacciatore che contava in quell'ambiente, non conosceva l'uomo dal tatuaggio ma sapeva da chi mandarlo. Poteva usare il suo nome come credenziale. Andrea si abbassò a bisbigliare nell'orecchio del Brasile il nome. Allora l'uomo si alzò, prese il cellulare e si allontanò in un angolo. Andrea era sulle spine, ma si acquietò un poco ricordando le parole di Yuri: - Sta' tranquillo, non aver paura di ciò che non conosci, aspetta il momento in cui saprai e poi decidi lì per lì - . Passati un paio di minuti, l'uomo gli fece cenno di avvicinarsi. La telefonata era andata a buon fine. - Dimmi che ti serve - . Erano uno di fronte all'altro. - Devo rintracciare un uomo calvo, con un tatuaggio sulla mano destra. Una svastica nera - sbottò Andrea senza preamboli. - Perché? - Andrea si era preparato: - C'è di mezzo una donna - disse. Sulla faccia di Brasile apparve una smorfia d'insofferenza. Nel suo giro di affari non ci si occupava di donne e le tresche erano da evitare, portavano guai, ma intanto la falsa pista di Andrea non creava allarmi e smorzava l'attenzione. L'altro lo squadrava con un'aria strafottente che sapeva di disprezzo. - Tempo fa era al servizio di un ricco camerata di Monteverde, uno che spacciava - sputò fuori Er Brasile. È tanto che non si vede in giro. Magari lo becchi al bar di Tor Sapienza, quello che fa angolo con via de Pisis. Abita da quelle parti - . Sbirciò Andrea in maniera truce e aggiunse: - Noi non ci siamo mai visti né parlati - . E se ne tornò al suo tavolo. Girando il libro con la copertina gialla, Valentina si accorse che la frase saltata ai suoi occhi – - La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla - – era disposta in tre righe anche sul retro. L'esergo era centrato, armonioso sullo sfondo, la grafica lo faceva assomigliare a una fotografia. Un modo per rimanere meglio impresso nella mente. Andrea le aveva detto che quando ricordiamo determinati episodi della nostra vita, a volte abbiamo bisogno di prove per essere sicuri di averli vissuti veramente. - L'immaginazione può ingannare - le aveva ribadito, - Ci ostiniamo sui nostri ricordi, ma forse un fatto di allora, in realtà, diventa un dettaglio a cui noi diamo risalto in base al momento che stiamo vivendo. Dobbiamo stare attenti alle emozioni, al bisogno che abbiamo di riempire un vuoto mitizzando ciò che è passato - . E quali prove stava cercando lei nella storia di Yuri? Aveva davvero bisogno di prove per capire se Yuri era stato veramente quello che ricordava e che “sentiva” con nostalgia ogni volta che lo pensava? Si chiedeva se, con il passare del tempo, non avesse finito per idealizzarlo troppo. Le tornavano di continuo in mente le parole di Patricia: - Voglio restituire a Yuri la verità sulla sua breve esistenza - . La sua voce, quell'intonazione che aveva quando nominava suo figlio, le provocava un'emozione indescrivibile ma forte. Valentina rifletteva sulla sensazione di sentirsi belli attraverso lo sguardo dell'altro, quanto ci fanno bene le parole che sono scandite come carezze, e Patricia sapeva dispensare l'uno e l'altro. Chiuse gli occhi con un respiro profondo. Sentiva il bisogno di uscire, di parlare con qualcuno. Sapeva che avrebbe trovato Tancredi ad aspettarla e come sempre l'avrebbe accolta con amore. - Quanto la fai lunga con questa storia! - Tancredi appoggiò il vassoio del tè sul tavolo nella sala dove, tra libri, quadri e il computer, avveniva abitualmente il loro scambio di confidenze. - Invece di stare a tormentarti e a domandarti se ha capito, se non ha capito, e cosa voleva dire con quello sguardo, che sottintendeva quella frase, quella parola, e perché non l'ha detto chiaramente, e cosa voleva insinuare... insomma, seducilo una buona volta e vedi che succede, magari scopri che non ti piace, ti delude a letto, vien fuori che è maldestro, oppure che è sbrigativo e non pensa che a se stesso. Insomma, cara mia, non si può andare avanti così. Fa' qualcosa! - - Non ci riesco. Non mi sono mai fatta avanti con un uomo, non è da me. E poi non so se m'interessa veramente una storia con lui oppure è solo un momento... mi prende così perché mi sento sola - . Tancredi sistemò sul tavolo il piattino dei biscotti e versò il tè nelle tazze. Sembrava concentrato nel suo ruolo di padrone di casa, ma Valentina sapeva che stava riflettendo su come aiutarla a sbrogliare la matassa di interrogativi e dubbi che si era insediata nella sua testa. Lo vide sedersi sulla poltroncina di fronte a lei - . - Ma non è che da piccola con Yuri era un po' la stessa cosa? Intendo dire, non vi siete mai accorti che si trattava di un amore? A volte l'amicizia, soprattutto se tanto stretta, in realtà è un amore mancato. E lo dico anche per il tuo Andrea. Potrebbe essere un sentimento di omosessualità latente quello che provava per Yuri. Magari era innamorato di lui senza saperlo. Sai, succede tra ragazzi - . Tancredi sapeva essere molto acuto, era intelligente, ma spesso pensava a senso unico, riconducendo tutto alla propria sessualità. E l'ipotesi di un innamoramento di Andrea per Yuri era inverosimile per lei. - Può darsi che io fossi innamorata di Yuri e non lo sapessi, oppure non lo volevo ammettere perché ero troppo giovane e troppo inesperta nel capire, ma Andrea no, non credo proprio che provasse per lui quello che provavo io, loro erano amici. Si può essere molto amici senza per questo celare un innamoramento, dai! Non vedere sempre le cose in quel modo. In ogni caso io adesso non so dire cosa provo per Andrea - . S'interruppe per bere un po' di te, poi aggiunse: - È come se con lui rivivessi ciò che mi legava a Yuri e al suo mondo. In alcuni momenti me lo ricorda molto. Non si somigliano, ma qualcosa di Andrea è presente in Yuri, nel ricordo che ho di lui - . - Ma cosa? Fammi un esempio - . - Il modo di guardarmi. Non hanno gli stessi occhi ma la stessa luce. A volte è un modo di fare, di dire, non so spiegartelo... - - Amare qualcuno è riflettere la sua luce? - - Che vuoi dire? Non capisco - . - Mia cara, sai che ti dico? Devi distinguere l'allora dall'oggi. Devi separare i tempi, lasciare quello che è stato senza rifletterci troppo, tanto ormai è passato. Lascia stare quella che eri, cerca piuttosto di capire cosa ti sta accadendo adesso. Voglio dire: se Andrea si fosse presentato oggi, se tu lo vedessi per la prima volta, ti piacerebbe? Proveresti le stesse emozioni? È su questo che devi riflettere - . Valentina lo guardò pensierosa. - Per il momento non ci riesco. Ci riuscirò quando sarò arrivata alla fine di questa indagine sulla morte di Yuri. Per ora ho ancora tanta strada da percorrere - . - Descrivimi un po' com'era Yuri da adolescente. Dammi qualche dettaglio così me lo posso immaginare - . - Era bello Yuri... da piccolo i suoi capelli erano castano chiaro, poi crescendo si sono scuriti e il viso era diventato più affilato perdendo l'impronta paffuta. Aveva le orecchie ben disegnate, poteva permettersi i capelli corti dando risalto all'orecchino che portava, gli donava molto. Non so descriverti Yuri con precisione, ma monopolizzava la conversazione con la parlantina che aveva quando si appassionava per qualcosa o per qualcuno, ne rimanevi attratto e poi, dopo, guardandolo bene, ti rendevi conto di tanti dettagli - . Si fermò un attimo guardando lo scaffale dei libri senza vederli, concentrata nel ricordo: - A diciotto anni era già alto, con un corpo asciutto e nervoso, Yuri non andava in palestra ma era ben formato anche se magro. Aveva delle belle mani... insomma era un bel ragazzo. Penso che ti sarebbe piaciuto - . Tancredi era in piedi davanti la libreria: - Mentre palavi ho trovato questo libretto - . Le mostrò un piccolo catalogo, conteneva una raccolta di disegni giapponesi con racconti e leggende. - Non so perché ma ho sentito l'impulso a prenderlo, e dato che ci siamo ti leggo il mito della carpa - . Tancredi ritornò a sedersi nella poltroncina. Si sistemò, e dopo un respiro profondo iniziò a leggere: - “In Giappone la carpa è il simbolo del coraggio e della perseveranza. Un'antica leggenda cinese racconta di una carpa coraggiosa che riuscì a risalire la cascata situata sulla Porta del Drago, lungo il Fiume Giallo, superando ostacoli e spiriti malvagi. Gli dèi, impressionati da tanto coraggio, la trasformarono in un grande drago. Sotto forma di drago, la carpa acquisisce il dono dell'immortalità ed è divenuta il simbolo di chi aspira a compiere grandi imprese e non teme di affrontare le avversità della vita”. Non continuo, ma alla fine dice che l'uomo, se sviluppa in sé costanza e perseveranza, può emergere dalle bassezze della vita e diventare cosciente di sé, cioè uomo superiore - . - Come ti è venuto in mente di prendere proprio questo libretto? - . Valentina era sorpresa ma anche emozionata. Era un segno? - Tu raccontavi e intanto ho avvertito una corrente che mi spingeva verso di lui. Sentivo che lo dovevo prendere per mostrartelo - . Forse il drago si era materializzato attraverso il gesto del suo amico. Non nel cielo. Valentina fissò con uno guardo interrogativo il catalogo e all'improvviso, nitida e concreta, gli si ripresentò alla mente l'immagine di Yuri. Lo vedeva percorrere il vialetto che portava a casa sua. - Che ti prende, ti sei incantata? - - Sto pensando a tutto il tempo che abbiamo passato in questa stanza, alle parole che ci siamo detti parlando dei nostri problemi, dei libri... ma solo adesso capisco che non ho ascoltato sufficientemente quello che accadeva. Penso a quante occasioni ho perso - . - Occasioni per cosa? - - Per cogliere i segni - . Lo disse piano, quasi sussurrando. Ma non era il momento adatto per parlarne. Non c'era l'atmosfera giusta e poi era più urgente raccontare cosa le era accaduto il giorno prima. Ritornò sul tema centrale della conversazione: - Ieri pomeriggio, sul tardi, sono passata da Andrea - . Tancredi pensò che le occasioni perse a cui si riferiva fossero quelle per Andrea e si mise attento all'ascolto. - Un amico di Andrea possiede nella zona di Tor Sapienza una monocamera che usa di tanto in tanto per incontrarsi con delle ragazze, un sottoscala con ingresso indipendente. Ad Andrea poteva servire come punto d'appoggio da quelle parti durante l'indagine. Quindi si è fatto lasciare le chiavi concordando almeno dieci giorni di permanenza. Nel fine settimana mi ha telefonato per aggiornarmi sulla situazione e ho pensato di passare a trovarlo. Ho preparato un couscous per due - . Il monolocale è arredato con poco, c'è l'indispensabile, un divano letto, un tavolo basso, delle mensole e un piccolissimo angolo cottura poco attrezzato. Trattandosi di un seminterrato, le finestre si trovavano in alto, proprio accanto al portone, per cui Andrea può vedere, oltre ai passanti della strada, chi entra ed esce dal palazzo - . - Aspetta, fammi pensare. C'è un film francese dove l'attore vive in un posto così e alzando lo sguardo alle finestre, in alto, vede le gambe delle donne... - - Esatto, infatti Andrea, non riuscendo a vedere le persone in viso, mi ha confidato che in certi momenti, guardando le scarpe e soprattutto osservando il modo di camminare, è colto da una gran voglia di sapere a chi appartengono, e qualche volta fantastica su questo - . Quando Valentina arrivò al portone, mentre cercava il numero sul citofono, Andrea la riconobbe subito. Le scarpe da ginnastica coi jeans e quel suo modo di alzare leggermente i talloni per acquistare in altezza avevano fugato ogni dubbio. - Ho portato qualcosa da mangiare - esordì Valentina entrando nel monolocale. - Spero che ti piaccia - . Andrea notò il rossore avvamparle sulle guance, ma fece fina di niente, si mostrò intento a sgomberare il tavolo dai resti del giorno prima. In lei c'era qualcosa di pudico, cercò di metterla a suo agio e quando gli sorrise provò tenerezza vedendo le due fossette che si formavano agli angoli della bocca - . - Devo trovare un posto da cui osservare il bar senza essere visto - le disse, - Ho fatto un giro qui intorno e l'unica soluzione è una macchina parcheggiata poco distante, quindi stasera la vado a prendere, me la presta il collega, quello delle barzellette, ricordi? - . Andrea aveva un tono più dolce del solito nella voce, e si sorprese di esser contento per il solo fatto di mangiare il couscous con lei. - Siamo stati bene insieme - . Valentina raccontava con entusiasmo: - Abbiamo parlato di tante cose, di musica, di cinema, anche un po' di noi. È stata una cena veloce perché Andrea doveva raggiungere al più presto la centrale e a me premeva rientrare per Lorenzo, ieri mio fratello aveva un'emergenza e non sapeva a chi lasciarlo - . - Quindi vi siete visti per poco - . Tancredi rimase un po' deluso dal racconto. - Il pomeriggio - . - E poi cosa avete fatto? - - Ci siamo salutati - . - E come? Senza un bacio? Una parola, insomma... come? - - Mi ha dato un bacio sulla guancia - . Mentre precisava sentì le guance avvampare: - lo... mi guardava in un modo particolare, un po' mi imbarazzava. Ma non è come pensi - . Valentina allontanava sempre certi pensieri, ma sapeva che Tancredi aveva ragione. Aveva subito soffocato il desiderio per Andrea temendo le conseguenze di un coinvolgimento troppo serio. Non sapeva cancellare il ricordo di come andavano a finire certe relazioni e già immaginava il dolore se non avesse funzionato nemmeno con lui. - Il suo era un gesto di affetto - ribadì a Tancredi, - E poi è troppo preso dai suoi impegni, va sempre così di fretta. Penso che neanche mi consideri in quel senso - . Valentina non aveva ancora quindici anni quando conobbe Andrea. Yuri era andato a prenderla per presentarla ai suoi amici che aspettavano nella piazzetta vicino a Villa Sciarra. - Vieni, così li conosci anche tu - le aveva detto sulla porta di casa. La madre di Valentina acconsentiva sempre se usciva con Yuri. Inoltre la scuola era appena finita e non c'erano più compiti da fare. Quel pomeriggio strinse molte mani. Trovò Andrea molto strano, aveva un'aria assente e non seppe spiegarsi l'eccentricità del suo sguardo. Solo più avanti capì che doveva aver preso qualcosa, lei, in quel periodo, era ancora all'oscuro del mondo delle droghe a cui loro si stavano avvicinando. Di quei ragazzi le era rimasto impresso Scucchia perché era il più brillante del gruppo. In tutti gli amici di Yuri notò, nel modo di scherzare e di stare insieme, una complicità molto forte e rimase sorpresa da tanto affiatamento. Ma soprattutto la colpì l'attaccamento di Yuri per quegli amici. Quando le parlava di loro gli brillavano gli occhi, nutriva per loro un affetto che a lei sembrava esagerato. Lei invece era abituata a mantenere sempre una certa distanza con tutti, anche con le amiche. Non dava mai troppa confidenza a nessuno perché un padre solitario e chiuso, una mamma troppo riservata, l'avevano educata a mantenere un “giusto contegno”, come spesso le ripetevano severamente quando manifestava troppo entusiasmo. Rimase stupita del modo di stare insieme di quel gruppo di amici, era come se non avessero confini. Di Andrea non aveva ricordi significativi. Tutte le volte che lo intravedeva non richiamava mai la sua attenzione. Eppure Yuri ne parlava sempre. Negli anni successivi, quando Valentina aveva iniziato l'università, si erano persi di vista. Ma poi c'era stato quel giorno al semaforo. Lei era ferma in attesa del verde, Andrea con la moto si era accostato alla sua macchina. - Ciao Valentina! - . L'aveva quasi spaventata. - Mi riconosci? - . Lei vide il suo bel sorriso e uno sguardo luminoso, stentava a credere che fosse lo stesso Andrea di tanti anni prima. Scattato il verde, lui era filato via in moto senza voltarsi a salutarla. Poi, dopo qualche mese, c'era stata la volta del supermercato. Si erano incontrati vicino allo scaffale dei dolci e biscotti, Andrea l'aveva salutata con affetto, e lei, osservandolo da vicino, aveva notato la sua maglia aderente che lasciava intravedere un corpo tonico e muscoloso. - Come mai da queste parti? - gli aveva chiesto Valentina senza nascondere la sorpresa per il suo cambiamento, - Abiti qui? - - No, sono di passaggio, devo prendere delle cose. E di te che mi dici? - - Anch'io di passaggio, ho visto un ampio parcheggio e ne ho approfittato per fare una spesa più consistente... Non abito in zona, sono rimasta a Monteverde, non più a casa di mia madre - . - Ti lascio il mio biglietto da visita, vado di corsa, se ti fa piacere chiamami - . Il tempo di sfilarlo dal portafoglio, metterglielo in mano ed era sparito. Quando l'aveva chiamato al telefono, era per sapere di Yuri, ma adesso non era più sicura che fosse solo per quel motivo. Mentre Valentina era immersa nei ricordi e nella ricostruzione della sua frequentazione con Andrea, Tancredi aveva già riposto le tazze del tè nel vassoio, spostando il tutto su un ripiano poco distante. Si era seduto di nuovo accanto a lei, ma sembrava irrequieto: - Aspetta, mi è venuta in mente una cosa! - . Si alzò come rapito da un'improvvisa visione per recarsi allo scaffale dei libri. Ne tirò fuori uno. Ritornò da Valentina, esaminò l'indice, prese la pagina cercata e le mise il libro aperto tra le mani: - Questa sembra scritta proprio per te - . Seduto vicino a lei, cominciò a leggere: Se saprai starmi vicino, e potremo essere diversi, se il sole illuminerà entrambi senza che le nostre ombre si sovrappongano, se riusciremo a essere “noi” in mezzo al mondo e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere. Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo e non il ricordo di come eravamo, se sapremo darci l'un l'altro senza sapere chi sarà il primo e chi l'ultimo se il tuo corpo canterà con il mio perché insieme è gioia... Allora sarà amore e non sarà stato vano aspettarsi tanto. Valentina nel frattempo aveva preso la borsa controllandone il contenuto. Si stava preparando per andare via. - Adesso indovina di chi è questa poesia - . - Me lo dirai la prossima volta, devo scappare - . Si alzò velocemente, sicura che Tancredi l'avrebbe accompagnata alla porta, ma dato che non si decideva a salutarla si avviò da sola. Lui le fu subito dietro con il libro ancora in mano. Valentina mise la mano sulla maniglia, stava per aprire quando Tancredi la trattenne, e guardandola seriamente le disse: - Pensa a scoprire quello che siete ora, lascia perdere come eravate - . E mentre lei era già a metà delle scale le urlò: - Te lo dice anche Neruda! -
Patrizia Pieri
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