Era un giorno qualunque, e come ogni mattina, Mark si stava preparando per andare al lavoro. Capelli castani cortissimi da marines e occhi color nocciola, era alto e robusto, scaltro e furbo, ma aveva un carattere simpatico ed estroverso, prendeva la vita con allegria ed era un buon calcolatore: maniaco dell'ordine e del controllo organizzava le varie faccende in modo molto meticoloso. Dopo anni vissuti tra scommesse e affari discutibili, aveva deciso di dare un taglio al passato, cambiando radicalmente stile di vita, riuscendo a mantenere però, l'astuzia e la sagacia celate dietro il suo carattere allegro. Viveva a Potsdam, graziosa cittadina a sud di Berlino, capoluogo della regione Brandeburgo, e possedeva una tabaccheria vicino all'Hoodpark, un piccolo parco tranquillo situato nella zona sud della capitale tedesca. Era un negozio a due vetrine, disposto ordinatamente. Davanti all'entrata c'era il bancone molto lungo, alle sue spalle l'arredo a libreria con le sigarette classiche, mentre quelle elettroniche erano poste in perfetto ordine su tre pensili a vetrina appesi sulla destra. A sinistra del bancone era posizionata la ri-cevitoria per i pagamenti e per le giocate ai vari concorsi e di fianco un armadio angolare a vetrina con centinaia di accessori tra i più disparati e di dubbia utilità. Due dispenser di caramelle di fianco al banco e due espositori da pavimento di patatine e snack ai lati dell'entrata accoglievano i vari clienti. La giornata si rivelò piuttosto insolita: mentre stava sistemando la merce che il corriere gli aveva appena consegnato, entrarono in negozio tre uomini. Mentre acquistavano le sigarette, uno dei tre cominciò a tossire in modo convulso. Poco dopo anche gli altri due iniziarono ad agitarsi quasi fossero in preda ad un attacco epilettico. Mark non sapeva come comportarsi, era imbarazzato e sconcertato nel vedere l'uomo contorcersi, e rimanere quasi senza respiro a causa di colpi di una tosse quasi abbaiante. Dapprima provò a dare il suo aiuto, porse dei fazzoletti all'uomo che tossiva e chiese agli altri due se il loro amico avesse qualche problema. I due però non riuscirono a rispondere soffocati da una crisi respiratoria e si agitarono ansimando. Caddero a terra e Mark notò subito che dalla loro bocca fuoriusciva bava: pensò che si trattasse di crisi epilettiche, non perse tempo, chiamò il numero unico delle emergenze e dopo circa quindici minuti arrivarono due ambulanze per portare all'ospedale più vicino i tre malcapitati amici. Dopo quel trambusto, la giornata proseguì normalmente e tornato a casa, fece una doccia, una cena veloce, ed esausto, andò a dormire. Il mattino seguente si sentì strano: gli girava la testa e avvertiva un senso di spossatezza, pensò che fosse dovuto al fatto che avesse dormito un'ora in più, era domenica, oppure alla mancata colazione. Comunque non diede peso alla cosa e si preparò per andare a trovare il fratello che abi-tava a Francoforte sull'Oder, a circa cento chi-lometri da Potsdam. Con la sua Golf, Mark si sentiva rilassato e a suo agio, gli piaceva molto guidare, guardare la strada che si trasforma, scoprire luoghi nuovi e cocco-lare la sua macchina, quasi fosse una persona. Era l'unico modello di auto che gli piaceva. Fin da ragazzo, infatti, aveva posseduto soltanto Golf, quella che stava guidando era già la quarta. Contento e smanioso di riabbracciare i nipotini Lucas e Leila, e di rivedere dopo quasi un mese il fratello e la cognata, era partito con tutti i più buoni propositi. Dopo circa mezz'ora di strada, però, quando la statale si restringeva per lavori in corso, perse il controllo dell'auto e procedendo a zig-zag sbandò, andando a sbattere contro un albero. Per l'urto la macchina balzò al centro della carreggia-ta, un camion che sopraggiungeva, non riuscì a fermarsi e colpì l'auto facendola roteare fino al vicino distributore di benzina: dopo l'impatto, la Golf prese fuoco. Mark uscì velocemente piuttosto turbato, tanto che non si accorse che il suo giubbotto stava bruciando! Dal vicino coffee-snack, tre persone gli andarono incontro facendogli ampi gesti perché si allontanasse da lì, lo aiutarono a spegnere il fuoco che divampava sul giubbotto e lo trascinarono all'interno: fecero appena in tempo, una deflagrazione fortissima fece esplodere il serbatoio di benzina e ridusse la macchina di Mark in una palla di fuoco. Il tremendo scoppio avvolse nelle fiamme anche il camion che aveva urtato la sua macchina. Mark, frastornato e visibilmente sconvolto, era sdraiato su alcuni divanetti nel coffee-snack. I soccorsi erano appena stati chiamati, quando d'improvviso si sentì un'esplosione ancora più forte e devastante: il boato fu talmente violento che la vetrina del bar si frantumò, terrorizzando tutti. Passarono altri interminabili minuti e giunsero Polizia Stradale, pompieri e ambulanze. Ci volle quasi un'ora per spegnere l'incendio e Mark fu accompagnato in ambulanza da un poliziotto e trasportato al più vicino ospedale di Beeskow a circa metà strada tra Potsdam e Francoforte. Appena avvisato, Carl, il fratello di Mark, si precipitò in ospedale. Quando arrivò, i sanitari gli vietarono di avvicinarsi al fratello: gli comunicarono che aveva febbre alta per un'infiammazione sconosciuta e doveva rimanere isolato. Carl non si perse d'animo, si presentò tutti i giorni in ospedale, insistendo con domande e richieste, riuscendo infine a imporsi con i medici ottenendo di parlargli almeno col cellulare. Mark gli raccontò lo strano episodio avvenuto al lavoro la settimana prima: le tre persone che nel suo negozio furono colte da tosse e crisi respiratorie e il suo successivo stato di spossatezza dell'indomani, fino al malore che aveva causato il terribile incidente.. ..Il giorno seguente, Carl e Agnes si presentarono all'ospedale Waldfriede di Berlino, il più vicino alla tabaccheria del fratello, e spiegarono ai medici il preoccupante stato di salute di Mark. Con grande sorpresa scoprirono che le tre persone ricoverate a seguito dell'incidente nella tabaccheria, erano state dimesse qualche giorno prima. Increduli ma sollevati, Carl e Agnes chiesero ai medici di confrontarsi con l'ospedale di Beeskow. La collaborazione tra i due ospedali aveva già dato indicazioni utili, così in pochi giorni, Mark, fu dimesso.. ..Carl andò a prendere Mark e lo portò a casa propria.. ..Nonostante fosse stato bravo a nascondere i propri stati d'animo giocando e scherzando con i nipoti, vedere la bella famiglia di Carl lo incupiva un po': in quei giorni era particolarmente sconfortato, ripensava alle ultime due settimane ed era pervaso da un senso d'inquietudine. Ora non possedeva più la macchina e i suoi profitti non erano tali da potersene comprare subito un'altra. Certo, aveva scampato la morte in un grave incidente, ma provava un forte senso d'insoddisfazione che insieme alla solitudine delle sue quotidiane giornate, lo stava portando verso uno stato depressivo. Orgoglioso qual era, non ne parlò con nessuno e non trovò altro sollievo se non rinchiudersi in casa senza riaprire il negozio: trascorreva le giornate dal divano al letto in un susseguirsi di sigarette, cibo in scatola e lunghi momenti di apatia. La telefonata di Carl e il suo modo forse un po' troppo brusco ma incisivo, lo spronò a riprendere in mano la sua vita, rimettendosi in gioco e riaprendo il negozio. Senza macchina quindi dovette usare i mezzi pubblici, e questo gli permise di socializzare. Stava, infatti, dirigendosi verso il negozio, quando una ragazza gli si avvicinò e gli chiese indicazioni per andare a Potsdam. Mark si voltò e si trovò di fronte una bellissima ragazza; con la gentilezza e la simpatia che lo contraddistingueva, si prodigò in informazioni chiare e dettagliate; la ragazza ne rimase piacevolmente colpita e giunti al negozio, entrò con lui. Continuarono a parlare del più e del meno finché l'arrivo dei clienti interruppe questa breve esuberante parentesi costringendoli a salutarsi, non prima, però, di essersi scambiati i numeri di telefono. Lei si chiamava Ana.
Fabio Gioiosa
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