- Oggi pomeriggio arriveranno i conti Rage e anche il tuo amico Sciatzi. Spero sarai qui per accogliere entrambi, questa volta - osservò Edgard dopo aver raggiunto Alec nelle scuderie mentre quest'ultimo stava strigliando Fuliggine. - Sì, farò il possibile. - - Perché per una volta non provi a fare solo le cose normali? - gli domandò il padre, cercando di mantenere la calma mentre il cavallo incominciava a raspare il terreno con lo zoccolo, visibilmente innervosito dal tono della sua voce. - Sapete una cosa? Non vi sopporto più! - esclamò Alec. - Spero di aver capito male - ribatté Edgard. - Avete capito benissimo, invece. Sono stufo di voi. Sono stufo del vostro tono così... così... oh, non mi viene in mente nemmeno la parola giusta per descriverlo. Forse, dispregiativo è quella che si addice di più. - - Se uso questo tono così dispregiativo come asserisci, forse è soltanto colpa tua, non credi? Se ti comportassi da persona adulta invece che... - - Io mi dovrei comportare da persona adulta? Io? Ma cosa state dicendo? Siete soltanto un ipocrita! - - Che cosa sarei? Come ti permetti? - gridò Edgard. - Un ipocrita! Siete sempre lì a pontificare su onore, rispetto e doveri e poi non siete neanche capace di andare dal pastore Friedrich per chiedergli scusa. Siete soltanto capace a venire qui e nascondervi al sicuro tra le mura di questa casa sontuosa perché sapete che lui, pover'uomo, non verrà mai fin qui a implorare un perdono che voi... - - Adesso basta così! Hai superato ogni limite! Se c'è qualcuno che è soltanto un ipocrita tra noi due, quello sei tu! Vai in giro a parlare così bene della tua famiglia, a dire che ci vuoi bene, che sei orgoglioso e poi ci nascondi tutto di te! Sparisci per intere settimane e poi ritorni come non fosse accaduto nulla e pretendi anche che tua madre e io non abbiamo diritto di preoccuparci! Chi è l'ipocrita qui tra me e te? Chi? - ribatté Edgard, furioso. - Ho le mie ragioni per comportarmi così! - rispose Alec. - E allora perché non lo dici chiaramente? Non siamo forse all'altezza di saperlo? - - Non posso. Se potessi, vi giuro che lo farei. -
Mi ricordo ancora quel maledetto giorno, quando tornai da Londra dopo aver trovato Sarah. Il giorno in cui andai in quel dannato palazzo e appena entrato in quella stanza, vidi Ovidio venirmi incontro pensò Alec. - Alec, anche tu qui? - mi domandò, C'erano altri giovani della nostra età che stavano attendendo come noi di sapere il motivo della loro presenza lì. - Sì. Tu sai perché ci troviamo qui? - gli risposi mentre ci sedemmo su due sedie vuote vicine. Mi guardai attorno salutando con un cenno della testa alcune conoscenze. - No, pensavo che tu ne sapessi qualcosa in più. Dopotutto, tuo padre è il duca Grenze... - - Io ne so quanto te, Ovidio. Davvero. - - Forse, l'Africa! - - L'Africa? - gli domandai senza capire dove volesse andare a parare. - Sì, l'Africa! Dai, Alec, non far finta di non capire. È da quando siamo bambini che vogliamo andarci. Da quando abbiamo visto quelle immagini su quei libri. Dopotutto, a fine anno termineremo la scuola militare e verremo assegnati ai nostri reparti. Chissà quando ci capiterà l'occasione di andarci. - - La carriera militare non mi attrae. Non penso riuscirò a superare il primo mese senza non essere punito neanche una volta! E poi, tutti si aspettano grandi cose da me, mio padre e Bismarck in primo luogo. - - Bismarck? - - Sì. Una settimana fa è venuto a cena a casa nostra e non ha fatto altro che chiedermi quali progetti avessi per il mio futuro. Mio padre ovviamente, continuava a rispondere che era così orgoglioso che avessi deciso di servire la patria, cosa a cui non ho potuto mai oppormi. Dovevi vedere Bismarck come annuiva tutto soddisfatto. - - Vedi che ho ragione, allora? Tuo padre non vede l'ora di spedirti a diventare un perfetto militare! - - Mi chiedo perché ci abbiano chiesto di presentarci a una determinata ora se poi sapevano che saremmo passati per ultimi. - - Non so cosa dirti. Quello che mi domando, piuttosto, è cosa ci facciamo qui - replicai. - Grenze! Sciatzi, venite - ci chiamò lo stesso uomo che aveva fatto entrare prima di noi tutti gli altri giovani presenti. Non appena dentro l'ufficio, osservai quei due uomini fissarmi intensamente dall'altra parte di una scrivania in legno di noce: erano Bismarck e il generale Hoffen. - Grenze, Sciatzi. Prego, accomodatevi - esordì Bismarck. - Vi starete chiedendo il motivo della vostra presenza qui - continuò incrociando le mani sulla scrivania e osservandomi dritto negli occhi. - Immagino che la vostra presenza a cena a casa mia alcune sera fa sia legata a oggi - risposi malamente. - Esatto, Grenze. Esatto - annuì Bismarck. Era compiaciuto e si vedeva. - E potrei sapere il perché sarei qui anch'io? - domandò Ovidio. - Certo, Sciatzi. Tra poco vi spiegherò tutto. Anzi, il generale ve lo spiegherà. Quello che vi posso dire è che vi abbiamo osservato per molto tempo e tutti quanti ci aspettiamo grandi cose da voi. - - Grandi cose? In che senso? - domandai. - Generale, a voi la parola. - - Grazie, Primo Cancelliere - rispose quest'ultimo con voce seria, puntando il suo sguardo diretto nei miei occhi per poi posarli in quelli di Ovidio e tornare infine a me senza più spostarli. - Voi due, insieme ai giovani che avete visto prima, siete stati prescelti per entrare a far parte dei servizi segreti dell'Impero Tedesco. - - Che cosa? - - Avete capito bene, Grenze. Voi due, da questo momento, entrerete a fare parte del servizio segreto dell'Impero. - - E se non volessi? - domandai. - Grenze, non avete possibilità di scelta. Con il vostro talento sareste sprecato in una vita di ordini e contro ordini. No, servirete la patria in maniera più decorosa. Sia per voi sia per il nostro Impero. - - Quindi? - - Voi due diventerete spie dell'Impero e come di sicuro immaginerete, la vostra vita da oggi non vi apparterrà più. Apparterà solo e soltanto all'Impero e porrete il bene di esso davanti a tutto, compreso la famiglia - aggiunse il generale, sottolineando la parola “famiglia”. - Penso di sapere dove vogliate arrivare con questo bel discorsetto, ma non ho intenzione di dirvi una sola parola su mia cugina. - - Vostra cugina? - domandò il generale Hoffen. - Non penserete davvero che sia così idiota. Avete aspettato che tornassi da Londra dopo averla trovata, per questa richiesta? Non m'interessano le vostre parole. Io non metterò mai il bene dell'Impero davanti alla mia famiglia - ribattei deciso mentre Bismarck annuiva divertito. - Otto, avevi ragione. È perfetto - gli disse il generale. - Perfetto per cosa? Io non... - - No. Io non tradirò la mia famiglia per il bene dell'Impero! - esclamai, alzandomi in piedi e dirigendomi verso la porta. - Avete due possibilità, Grenze. Farlo con le buone o con le cattive. - - Ma... - - Ascoltatemi bene. So che per voi è una questione di onore e chiedervelo non ci fa piacere, ma vedetela così: potete decidere di collaborare con noi, oppure uscire da quella porta. Se però deciderete di andarvene, sappiate che dall'altra parte troverete delle guardie che hanno l'ordine di portarvi in prigione con l'accusa di omicidio e disonore verso la patria. Getteranno via la chiave una volta che sarete entrato nella vostra cella e vostro padre potrà muovere mari e monti, ma voi non metterete mai più piede fuori da quella prigione. State pur certo che ci sono molte persone pronte a testimoniare contro di voi. Volete davvero portare l'onta della vergogna sul nome della vostra famiglia? E non contate su Sciatzi. Lui farà quello che diremo noi, se vuole avere una casa dove tornare questa sera - aggiunse Bismarck, azzittendo Ovidio che stava per dire la sua. - Che cosa dovrei fare, secondo voi? Mentire per tutta la vita? - domandai continuando a fissare la porta. - Sì, è quello che vi stiamo chiedendo. Siete con noi o contro di noi? - - Con voi, visto che di ricatto si tratta - risposi mesto, tornando a guardarli dopo un momento di silenzio. - Non vedetela così, ma come un'opportunità che non viene concessa a tutti. E voi, Sciatzi? - - Non ho intenzione di lasciare Alec nelle vostre mani. Quindi sì, io sono con lui. - - Queste sono le parole che volevo sentirvi dire - rispose il generale sorridendo.
La voce di suo padre lo destò da quei ricordi dolorosi. - Certo, farò finta di crederti, Alec. Se oggi pensi che la tua famiglia sia degna del tuo prezioso tempo, allora spero sarai con noi ad accogliere sia Sciatzi sia i conti Rage. Altrimenti, immagino che ti vedremo questa sera a cena. Buona giornata, figlio. - Alec lo guardò girare sui tacchi e andarsene, ma rimasero entrambi bloccati sul posto perché all'entrata della scuderia Sarah, in tenuta da amazzone, li osservava in silenzio. - Sarah, cosa fai qui? - domandò Edgard alla nipote mentre Alec osservò la cugina chiedendosi quanto di quella spiacevole discussione avesse sentito. - Io... Alec mi ha chiesto se questa mattina volevo andare a cavallo con lui. Sono settimane che sono qui e ho visto poco o nulla della tenuta. La nonna mi ha dato il permesso - rispose d'un fiato. - Se tua nonna ti ha dato il permesso, allora non mi opporrò di certo. Cerca di riportare tua cugina a casa sana e salva - ribatté Edgard senza girarsi verso Alec. - Sì, padre, lo farò. -
Valentina Fontan
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