La scalata quattro valichi alpini
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Prefazione.
La storia che mi appresto a raccontare è in larga parte partorita dalla mia fantasia, ma prende spunto da fatti realmente accaduti ai quali io sono particolarmente legato. Col nome di Scalata quattro Valichi Alpini fu chiamata una corsa motociclistica di regolarità che fu indetta per la prima volta nel lontano 1927 con la partecipazione di uno sconosciuto giovane mantovano che divenne poi famosissimo come pilota di auto: Tazio Nuvolari. Il percorso prevedeva la partenza e l'arrivo a Edolo e attraversava i passi più importanti del comprensorio a cavallo tra la Lombardia e il Trentino. In particolare, toccava il Tonale, il Gavia, lo Stelvio, il Vivione, la Mendola, le Palade e l'Aprica. Il percorso non era sempre uguale ma la regola era che bisognava attraversare quattro passi imposti dall'organizzazione, da cui il nome Quattro Valichi Alpini. Partita come gara di regolarità aveva un regolamento che la trasformava di fatto in una competizione di velocità, senza oltretutto che le strade fossero inibite al normale traffico, perciò era veramente una cosa d'altri tempi. La corsa si tenne per parecchi anni con la sospensione in concomitanza della Seconda guerra mondiale, dopo della quale venne corsa solo dal 1948 al 1954. Le moto e le condizioni erano cambiate e così come era stata concepita la competizione era diventata troppo pericolosa. In ricordo di quegli epici anni nel 1999 alcuni appassionati motociclisti costituirono a Edolo un moto club chiamato proprio Moto Club Quattro Valichi Alpini, con lo scopo di riproporla in chiave moderna, ma con gli stessi mezzi di allora. Dal 2001 io sono il presidente di codesto moto club e mi appresto a dare il via alla ventesima rievocazione. Questa è un racconto che ha per protagonisti due ragazzi di Edolo, con la passione per i motori, che vissero in quegli anni attraversando le gioie e i dolori della storia d'Italia, fino a rivaleggiare sui tornanti delle nostre montagne.
La piazza.
Quella che normalmente gli abitanti di Edolo chiamano “la piazza” in effetti non lo è nella vera e propria definizione della parola, ovvero un luogo di ritrovo privo di costruzioni all'interno di un centro abitato, circondato da edifici. Essa è invece uno slargo all'inizio della statale 39 che si dirama dalla 42 proveniente da Brescia in direzione Ponte di Legno. La biforcazione forma un trivio appena superato il ponte sul fiume Oglio dove, in direzione est, la statale 42 continua per Bolzano, mentre in direzione ovest prosegue per il passo Aprica prendendo appunto il nome di statale 39. Chi percorre tale slargo si trova a destra una serie di edifici composti da negozi, bar ed eleganti case private, mentre a sinistra costeggia una passeggiata lungo il fiume. Dopo circa un centinaio di metri la strada piega a destra a 90 gradi con un ampio raggio, accompagnando le costruzioni che la delimitano. La strada che poi prosegue attraversando il paese, chiude di fatto quella che ufficialmente si chiama piazza Martiri della Libertà. Circa a metà tra il trivio e la curva un ponte, solo pedonale, attraversa l'Oglio per collegare la suddetta piazza al Municipio che si trova al di là del corso d'acqua. Di fronte a quest'ultimo una fontana in granito, in perfetto stile montano, è l'unico arredamento urbano dove sopra un rustico piedistallo centrale una grande aquila, in grandezza naturale e ad ali spiegate, ghermisce con i propri artigli un grosso cervo accovacciato nell'atto di lanciare l'ultimo bramito. Entrambi gli animali sono in bronzo e rappresentano lo stemma della Valle Camonica. La suddetta piazza è geograficamente ubicata al centro del paese e, sia in inverno che in estate, è molto frequentata da pullman, motociclette e automobili varie perché si trova alla fine di due lunghe discese: una proveniente dal Passo dell'Aprica l'altra dal passo del Gavia e del Tonale. Tutto questo viavai ha permesso che su tale piazza abbiano potuto prosperare non meno di sette esercizi pubblici tra bar, alberghi e ristoranti dove i viaggiatori spesso si fermano per una pausa ristoratrice. Ai tempi di questa storia c'erano (e ci sono tutt'ora, per ovvi motivi non gli stessi, ma i discendenti diretti e indiretti) personaggi che passavano il loro tempo libero a vagare da un bar all'altro con l'unico scopo di spettegolare su tutto e su tutti. Ovviamente come in tutte le brave comunità si creavano i clan, dove la sede non era dichiarata, ma tacitamente eletta dai leader naturali che influenzavano gli adepti. Uno dei bar dove più folta e variegata era la schiera degli abitudinari era il bar delle Alpi che si trova tutt'ora proprio alla fine della piazza in una rientranza chiamata Largo Serini. La barista era la Olga. Piccola e tonda com'era assomigliava ad una palla. Malgrado i suoi modi apparentemente bruschi era però amata e rispettata da tutti, anche se veniva spesso presa di mira da scherzi e battutacce al limite dell'indecenza che lei, da navigata professionista, rimandava al mittente. D'estate una serie di tavolini arricchiva la parte prospiciente il locale che le varie compagnie di ragazzi avevano eletto luogo di ritrovo per organizzare la serata. Il locale di Olga era però la meta preferita di una serie di buontemponi che si sentivano più a loro agio lì che casa loro. Più che il locale, ad attrarre era l'inconscia consapevolezza di sentirsi parte di una comunità dove venivano sviscerati gli argomenti più interessanti del momento e, in quei lontani primissimi anni Cinquanta, di cose di cui discutere ce n'erano. Aprile 1952 La Scommessa Dal Giornale di Brescia di un giorno di primavera del 1952 a firma di Savino Mariani. - Il prossimo 31 agosto riparte da Edolo la corsa motociclistica Scalata Quattro Valichi Alpini, arrivata alla sua ottava edizione. La competizione, che ha avuto il suo battesimo nel lontano 1927, con allora la partecipazione del mitico Tazio Nuvolari, ha subito una lunga sospensione a causa degli eventi bellici. Ripartita con rinnovato slancio nel 1948, metterà in mostra quanto di meglio ci sia oggi nel campo motociclistico sia di mezzi a motore che di piloti. La gara prevede la partenza del primo concorrente dalla piazza della cittadina camuna alle ore 7.00 e a seguire gli altri distanziati di un minuto primo. I centauri si contenderanno la palma della vittoria attraversando il passo del Gavia, il passo Stelvio, il passo Palade e il passo Tonale per lanciarsi poi a capofitto sul primo passaggio del traguardo di Edolo. Proseguiranno poi per Forno Allione inerpicandosi sui tornanti del passo Vivione, poi attraverseranno Boario e taglieranno lo striscione di arrivo, dopo una galoppata di circa 400 Km, ancora a Edolo. Il trofeo che prevede penalità solo per i ritardi sulla tabella di marcia è a tutti gli effetti una gara di velocità. Le squadre della Mi-val, della Mondial e della Moto Guzzi hanno già dato per certo la propria partecipazione, mentre sono ancora in forse quelle della Morini, della Mv, della Gilera e della Rumi. La Quattro Valichi Alpini è estremamente importante per le case costruttrici, perché è uno dei migliori banchi di prova che si possano avere per testare i loro prodotti. Siamo sicurissimi che alla partenza di Edolo gli squadroni dei maggiori produttori di motociclette italiani e no, saranno prontissimi a darsi battaglia, assieme a tanti privati che vorranno misurarsi sui tornanti delle montagne bresciane e trentine. Nel frattempo, cresce nel paese dell'alta valle l'attesa per una mitica corsa che ha visto sfidarsi tanti campioni in imprese leggendarie in sella alle loro moto. Si ringrazia il comitato organizzatore nelle persone del presidente sig. Felice Romelli (vicesindaco di Edolo), i membri rag. Giuseppe Patti, sig. Giacomo Calvi, Dr. Gino Valdameri, Dr. Aldo Sangalli, sig. Ugo Ballardini e il segretario della manifestazione sig. Antonio Mottinelli.
Così leggeva ad alta voce davanti agli amici Eraldo Barbetti detto Brillantina, per il vezzo che aveva di pettinarsi i capelli nerissimi con la riga in mezzo e ungerli con detto gel fino a farli luccicare. Avrebbe voluto essere ricercato anche nel vestire scegliendo sempre dei bei vestiti, ma le condizioni di nullafacente non gli permettevano molti lussi oltra il sopracitato unguento. Alto e magrissimo, aveva un naso stretto e adunco e il suo incedere dinoccolato in abiti quasi sempre neri lo faceva sembrare una cornacchia anoressica. - Per me quest'anno vince il Somaschini con la Mi-val. Chi aveva parlato era Luciano Rivadossi detto il Minestra, chiamato così per la nota propensione a tale piatto. Capelli biondi e occhi azzurri, era un omone grande e grosso con una voce chioccia che strideva con la sua mole, tanto che chi l'avesse sentito parlare senza vederlo avrebbe potuto pensare ad uno scricciolo. - Io credo invece nel Longinotti. Ribadì Aldo Sartorelli detto Bira (sarebbe birra per la passione che aveva per tale bevanda, che si poteva anche intuire dalle dimensioni dell'addome, ma nel dialetto della Valle Camonica non esistono le doppie). - Quest'anno c'è il nostro Casalini che corre con la Gilera. Io farò il tifo per lui. Sarebbe bello che vincesse uno dei nostri. A parlare era Luigino Bernardi detto Tic-toc, per un problema alla gamba sinistra causatogli dalla poliomielite che lo obbligava ad incedere al ritmo di un pendolo. - Mi dispiace ma qqqqqest'anno vvvvinco io. Ho cccccomprato un Duecinquanta della Guzzi e lo sto pppppreparando dal meccanico. L'ultima affermazione era uscita dalla bocca del dottor Severino Righetti, ottimo medico ed appassionato motociclista. Peccato per quel problema di comunicazione che lo obbligava a tartagliare, anche se i suoi pazienti ormai si erano abituati e non ci facevano più caso. Era l'ora dell'aperitivo e il bar delle Alpi si stava riempiendo. Molti avventori avevano cominciato a prestare attenzione alla discussione sulla nota corsa motociclistica che si sarebbe tenuta quell'estate, intervenendo chi più chi meno a proposito. L'argomento era stuzzicante e toccava l'immaginazione dei cittadini. I bar erano a quei tempi (e in parte lo sono ancora oggi) quello che sarebbero diventati i social network attuali. Ognuno diceva la propria opinione facendo considerazioni e battute proprio come si scrive oggigiorno su Facebook o su Twitter. Questo la dice lunga su come sia insito nella gente la voglia di esprimere un pensiero cercando il confronto con un proprio simile, con la differenza che in un locale pubblico il rapporto è diretto senza la possibilità di camuffarsi sotto pseudonimi o altro. C'è da aggiungere che i bar, proprio per loro natura, tendono ad amplificare tali azioni spinte anche dalla somministrazione di bevande alcoliche che in qualche modo alterano gli animi. Mentre gli avventori sorbivano i loro aperitivi infervorati nelle loro discussioni sulla nota corsa edolese e soprattutto su chi l'avrebbe vinta, si sentì arrivare da infondo alla piazza un rabbioso rombo di motore. In un turbine di polvere con una plateale manovra plastica si fermò, davanti al bar a ridosso dei tavolini in uno stridio di freni, una lucente moto rossa. Dopo un'ultima sgasata il pilota tolse la chiave dal quadro e il rombante mezzo si quietò come un cavallo legato al palo fuori dal saloon. Con eleganza il pilota scese mentre gli avventori del bar lo scrutavano incuriositi, con un gran sbattere di ciglia femminili attirate dalla prestanza del giovane pilota. Tolse il casco e gli occhialoni e si palesò un bel viso con qualche macchia d'olio, sovrastato da una capigliatura corvina e illuminato da due occhi azzurri e profondi. Una tuta da meccanico con evidenti segni del mestiere fasciava il corpo asciutto e scattante del giovane centauro. Senza nessuno sforzo apparente sollevò la moto sul cavalletto centrale guardandosi intorno. Luigi Vincenzi detto Gigi Legor, (in italiano Gigi la Lepre) si recò presso un crocchio di giovani che stavano sorbendo tranquilli il loro aperitivo. Si rivolse ad uno di essi porgendogli le chiavi della moto così dicendo: - Ciao Antonio, ti ho portato la tua nuova moto. Ho sistemato la carburazione, ho aggiunto mezzo chilo d'olio, ho controllato le sospensioni e le gomme. È davvero un gran bel mezzo. Ha potenza, velocità e una buona frenata. - Grazie Gigi di avermi portato la mia nuova MV. Signori, è con questa che vincerò la corsa. Rispose con fare altezzoso e sprezzante Antonio de Paoli, figlio del noto avvocato Cosimo de Paoli ricco e potente, rivolgendosi agli amici in un tono tale che tutti potessero capire.
Vestito come un damerino aveva l'aria del figlio di papà. Alto e ben proporzionato portava una capigliatura bionda che faceva risaltare i tratti somatici duri e sostenuti. La sua vocazione alla bella vita e la sua disponibilità economica gli avevano creato attorno un alone di interesse da parte di amici e belle ragazze, sempre pronti ad approfittare della sua prodigalità. - Sono pronto a scommettere 100.000 lire che sarò io a vincere la corsa. - Mi ddddispiace ma quest'anno vvvvvinco io. Accetto la scommessa. Rispose il dottor Righetti. Il tono della controversia era salito e il cicaleccio degli astanti si zittì quasi di colpo. La cifra in palio era piuttosto alta perché era circa cinque volte quello che era il premio in denaro offerto dal moto club Edolo. Intervenne allora il giovane centauro Gigi. - Posso partecipare anch'io alla scommessa? - Se hai 100.000 lire da spendere io accetto anche te. Certo così la cosa si fa ancora più interessante. Il premio raddoppia perché chi vincerebbe piglierebbe tutto. A questo punto io rilancerei, perché potrebbe succedere che vinca qualcuno che non fosse uno di noi tre. Allora propongo che vinca chi si piazza meglio nella classifica finale. Ci state? - Io ccccci sto. Rispose il dottore. - Anch'io ci sto. Ribadì Gigi. Fu così che davanti ai tanti avventori del bar delle Alpi fu siglata questa scommessa con una vigorosa stretta di mano tra i tre motociclisti. Salutato gli amici, Luigi Vincenzi detto Gigi se ne tornò a piedi alla sua officina in fondo al paese euforico e allo stesso tempo preoccupato. Dove avrebbe preso le 100.000 lire se avesse perso la scommessa? Non aveva il becco di un quattrino e oltretutto non possedeva nemmeno una moto competitiva per fare la gara, tranne un po' di rottami e una vecchia Bianchi Freccia d'Oro appartenuta ad un federale ormai morto da tempo e che nessuno aveva più reclamato. Forse si era fatto troppo prendere dall'entusiasmo per tutti quei soldi che gli avrebbero permesso di sposare la sua amata Margherita. La rivalità tra Gigi e Antonio era di vecchia data. Si può dire che tra di loro fosse stato un misto di amore-odio fin da quando si erano conosciuti piccolissimi e crescendo, ogni volta che le loro vicende si intrecciavano, era scattata quella sorta di sana rivalità nella quale ognuno voleva prevalere.
Mauro Tamagni
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