La Ragazza dei Faraglioni
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Ci sono alcune notti che hanno un non so che di magico, quando il cielo assume i colori di un sortilegio e si riflette negli occhi di una gatta che, sensuale e sorniona, si gode l'incanto del silenzio circostante. Quella sera era proprio così: la Luna splendeva alta tra le stelle illuminando i Faraglioni e disegnando sul mare delle meravigliose strisce argentate che sembravano nate dal tocco magico di una fata. Tutto intorno era fermo, immobile, una brezza leggera e carezzevole che profumava di salsedine faceva sognare gli innamorati e rendeva l'atmosfera magica, quasi irreale. Tommaso era disteso sul letto: la porta finestra del balcone era aperta e le tende di mussola azzurra si muovevano delicate ad ogni alito di vento; la luce di quella notte così chiara faceva capolino nella stanza mentre il rumore delle onde in lontananza era la colonna sonora perfetta per quello scenario. Denise dormiva abbracciata a lui, i capelli sciolti sparsi sul cuscino, serena e appagata dopo quella giornata così intensa: erano andati in spiaggia, poi di nuovo in giro per Capri, poi a cena in un ristorante romantico affacciato sul mare, e infine erano rientrati a casa ed avevano fatto l'amore con lo stesso desiderio e la stessa complicità di quando si erano conosciuti. In due anni di fidanzamento la passione tra i due non era mai mancata e non si era mai affievolita, anche in momenti in cui il loro rapporto era sembrato sul punto di vacillare. Ma se Denise trovava tutto questo ‘perfetto', per usare un termine che le piaceva tanto, Tommaso non era esattamente della sua stessa idea. Ed erano proprio questi pensieri che, quella sera, non lo facevano dormire.
Hai una fidanzata bella e ricca... ma non la ami.
Le parole della zingara risuonavano nella sua testa e parevano amplificarsi sempre più. Tommaso pensò che quella donna aveva proprio ragione: non aveva idea di come avesse fatto a scavare nella sua vita e a sapere così tante cose di lui, non riusciva a capacitarsi di come avesse intuito i suoi pensieri senza minimamente conoscerlo. Forse aveva davvero dei poteri soprannaturali, o può darsi che fosse una di quelle ciarlatane che mandano i loro scagnozzi ad investigare sulle vite degli altri, e non appena riescono a carpire qualche notizia si fingono indovine e partono con le truffe. Di solito però un'affabulatrice che si rispetti prenderebbe di mira un uomo molto ricco per spillargli del denaro, si disse, non un giornalista aspirante scrittore poco più che trentenne con un lavoro precario, per giunta tampinato dal caporedattore. Giocherellò con il ciondolo a forma di lucertola che aveva al collo, e guardandolo si accorse che, in penombra, era fosforescente. Pensò alla statuina segna tempo che vedeva in casa di sua nonna quando era piccolo: era sul televisore, a forma di cigno, e nel 1988, quando aveva nevicato a Napoli, era diventata esattamente dello stesso colore, un blu cobalto bello carico che si illuminava al buio. Un soffio di vento più intenso invase improvvisamente la stanza, accompagnato da un rumore simile a quello che si sente quando si accosta l'orecchio a una conchiglia. Denise si mosse farfugliando qualcosa, Tommaso si liberò dalla sua presa cercando di non svegliarla e si alzò dal letto, uscendo sul terrazzo. Il panorama da lassù era mozzafiato, e il ragazzo respirò a pieni polmoni quella brezza vivace che ora stava scompigliando la distesa scura dell'acqua. Fu in quel momento che, sulla riva, scorse la figura esile di una ragazza che camminava a piedi nudi, con passi lenti e cadenzati, guardando verso di lui. Ebbe subito l'impressione che si fosse materializzata dal nulla: poi accantonò questa ipotesi pensando che, forse, l'incontro con la zingara lo aveva suggestionato oltre misura. Si sporse leggermente dalla ringhiera per vederla meglio, e in quel momento i loro sguardi si incrociarono. A volte basta un attimo per creare un'alchimia perfetta tra due anime, un momento speciale che le lega indissolubilmente l'una all'altra. Tommaso provò subito un'attrazione molto forte, come se quella donna lo stesse calamitando verso sé, e, sedotto da quella notte talmente bella da sembrare irreale e dal suono quasi magico del mare, cercando di non far rumore rientrò in casa, accostò le tende e, dopo essersi accertato che Denise stesse ancora dormendo scese con passi felpati le scale che lo portavano al piano di sotto. Dopodiché uscì dal portoncino in legno che affacciava sul retro della villa e si diresse in spiaggia. Lei era ancora lì: quando la vide davanti a sé sentì il cuore muoversi nel suo petto in un modo in cui non era più abituato. La ragazza indossava un abito lungo bianco dalle spalline sottili, aveva i capelli lunghissimi, neri e lisci. Il suo viso era un ovale perfetto, la fronte leggermente bombata, il naso dritto ed armonioso, da dea greca, la bocca piccola e rosea simile a un fiore delicato. Ma ciò che colpì Tommaso furono gli occhi: grandi, leggermente a mandorla, dalle ciglia lunghissime e folte, due gemme di un azzurro strepitoso, come il mare di Capri nelle giornate estive. Bastava guardarli per rendersi conto che anche se fosse stata meno bella, decisamente brutta o ancora più bella di com'era in realtà, nessuno ci avrebbe fatto caso, catturato da quello sguardo da sirena, sensuale, enigmatico e invitante al tempo stesso. Rimase incantato a fissarla e pensò subito alle Sirene di cui aveva letto studiando l'Odissea: forse erano davvero così, e si sentì stregato da quella visione proprio come era accaduto ai compagni di Ulisse, ugualmente coinvolto e rapito, preso da un'emozione indescrivibile che aumentò ancor di più quando si trovarono molto vicini, uno davanti all'altra. La ragazza gli sorrise mostrando una fila perfetta di denti bianchissimi, e lo guardò dritto negli occhi con aria maliziosa: poi notò il ciondolo che Tommaso aveva al collo, quella piccola lucertola azzurra e luminosa, e la sfiorò delicatamente con l'indice: in quel momento il ragazzo notò che al polso lei aveva un braccialetto di cuoio simile alla sua collana, con appeso un ciondolo identico al suo, una lucertola azzurra. “Chi sei? Come ti chiami?” mormorò, confuso e incredulo. Fu allora che il vento iniziò a soffiare in maniera fastidiosa, il rumore del mare si fece quasi assordante e la luce della Luna divenne talmente intensa da costringerlo a chiudere gli occhi per non rimanere accecato. Tommaso si coprì gli occhi col braccio, mentre con l'altro cercò di trattenere quella misteriosa ragazza afferrandola delicatamente per la mano, ma il vento, i rumori e la luce lo travolsero completamente, tanto che ebbe la sensazione di essere al centro di un ciclone. Una volta da bambino si era trovato in spiaggia durante una tromba d'aria: sua madre si era sbrigata a prenderlo in braccio e a correre verso casa prima che fosse troppo tardi, quindi il ricordo che aveva di quel fenomeno si riduceva alla semplice vista un po' inquietante di un cono rovesciato di colore grigiastro al confine tra cielo e mare; inoltre, il calore dell'abbraccio materno e la voce della sua mamma che aveva fatto di tutto per tranquillizzarlo, lo avevano fatto sentire subito al sicuro. Ma quella sera le cose erano andate diversamente: non avrebbe mai immaginato, a distanza di anni, di vivere un fenomeno simile sulla propria pelle e di provare così tanta paura, solo, di notte, in mezzo a una spiaggia che ora gli sembrava improvvisamente sconosciuta e ostile; pensò al suo passato, ai suoi genitori, ai suoi amici, ed ebbe la sensazione di vedersi scorrere tutta la vita davanti agli occhi proprio come quando si è sul punto di morire. Perse conoscenza. L'unica sensazione che provò anche mentre era svenuto, e che lo tenne relativamente vigile durante un lasso di tempo che non fu in grado di calcolare se non dopo, fu quella che qualcuno gli stesse tenendo stretta la mano, come a volergli impedire di andarsene. Immaginò si trattasse della ragazza incontrata sulla spiaggia, e si sentì tranquillo, sollevato, mentre pian piano riprendeva coscienza. Le onde del mare ora avevano il solito rumore rilassante, il vento pareva essersi calmato, i rumori e le voci che sentiva in lontananza e che pian piano lo stavano riportando alla realtà erano quelli della vita quotidiana. Sentì il sole bruciare sul viso, aprì gli occhi e si accorse che era giorno da un bel po'. Davanti a sé vide Denise, in infradito rosa, con la camicia da notte corta con gli unicorni che indossava la sera precedente. Era lei che lo aveva trovato, quella mattina, sdraiato in spiaggia, con indosso solo i pantaloni del pigiama, e che si era presa uno spavento colossale pensando fosse morto. Era lei che gli aveva preso la mano per sentire dal polso se ancora il suo cuore batteva, e che ancora gliela teneva stretta. “Amo', ma che hai combinato? – le disse lei non appena si accorse che era sveglio del tutto – mi hai fatto prendere un colpo!” Tommaso si guardò intorno, si passò una mano tra i capelli e respirò profondamente l'aria salmastra del mattino: “Ieri notte non riuscivo a dormire, forse il caldo... allora sono sceso in spiaggia a prendere una boccata d'aria, mi sono seduto sulla sabbia e... devo essermi addormentato senza accorgermene...” Denise lo abbracciò con impeto, come al solito: “Quando ti ho visto così sdraiato ho pensato che ti fosse successo qualcosa di brutto... sei sicuro che non ti abbiano aggredito? Magari qualcuno ti ha dato una botta in capa pensando di derubarti...” e prese a toccargli la testa per sentire se avesse dei bernoccoli. Non ne aveva. “No, no, tranquilla – replicò lui intenerito da tante premure – nessuna aggressione. Evidentemente l'aria fresca della spiaggia di notte mi ha conciliato il sonno.” “Dai, andiamo a casa – gli disse lei aiutandolo a rialzarsi – che ci sono le sfogliatelle calde.” Tommaso le cinse le spalle con un braccio, cercando di mascherare il suo turbamento: non erano ancora le otto e già aveva detto a Denise una quantità industriale di bugie.
Raffaella Legname
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