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Autore: Fabio Valentino Tipa
La Capsula del Tempo
Mistero Noir
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La Capsula del Tempo
Vi siete mai chiesti cosa rimarrà di noi dopo la nostra morte?
Passiamo la vita ad accumulare oggetti, ricordi che per noi hanno un significato ben preciso, ma a cui gli altri non daranno lo stesso valore.
Eleanor stava mettendo a posto il vecchio baule dove erano conservati gli oggetti appartenuti a sua madre. Li tirava fuori uno a uno e sperava che toccandoli avrebbe ricevuto lo stesso calore che la madre le trasmetteva quando era ancora in vita. Faceva fatica a disfarsi di quegli oggetti, ma aveva bisogno di fare spazio. Il piccolo appartamento in cui sarebbe andata a vivere col suo futuro sposo Jack non le avrebbe permesso di possedere tanta roba. Piccolo ma accogliente. Un buon inizio per una coppia che avrebbe avuto tutta la vita davanti.
È vero, non aveva fretta, ma da qualche parte doveva pur cominciare.
Ma quando tirò fuori tutto si accorse che il fondo del baule in realtà era formato da un pannello di cartone che si era quasi spaccato a circa tre quarti. Probabilmente il fondo non era quello reale e qualche oggetto posto sotto aveva fatto da spessore, ma non era stato in grado di riempire tutto lo spazio disponibile. Così, spinta dalla curiosità cercò di tirar via quel pannello di cartone ormai usurato ma ancora ben fissato alle pareti del baule.
Aiutandosi con qualche oggetto di fortuna riuscì nell'impresa. Ma con lo stupore di chi scopre un tesoro inaspettato, trovò una scatola di alluminio, una scatola che un tempo conteneva dei biscotti. La aprì con maggiore curiosità e vide dentro alcuni oggetti che davano l'impressione di essere stati conservati da moltissimo tempo.
Eleanor trovò un biglietto dell'autobus e mentre lo osservava minuziosamente le venne in mente che la vita è come un viaggio in pullman. Si sale pensando di arrivare fino al capolinea, e invece, a un certo punto, le porte si aprono e si è costretti a scendere. E come nella vita, ci sarà sempre qualcuno che viaggia comodamente seduto, davanti al finestrino, e chi invece farà tutto il viaggio in piedi, senza lamentarsi dei dolori alle caviglie. Ecco, la madre aveva fatto il viaggio in piedi, ma con il sorriso di chi è consapevole che il viaggio merita comunque di essere goduto ogni istante.
Posò il biglietto e tra gli altri oggetti vide una foto che ritraeva dei bambini di scuola elementare. Non aveva mai visto quella foto. Così cercò velocemente tra quei bimbi chi potesse somigliare alla madre. E in effetti una di esse era precisa identica a lei da bambina. E fu felice di vedere che effettivamente come le raccontava spesso sua madre, i suoi genitori si conoscevano fin da piccoli. Il padre doveva essere quel bimbo in piedi a fianco a lei poiché le loro mani si sfioravano.
Che grande amore quello dei suoi genitori. Ma purtroppo finito troppo presto. Il padre aveva lasciato la famiglia e si era rifatto una vita altrove, abbandonando tutti e tutto.
Eleanor pensò che l'amore avesse la stessa forza di due calamite. Due persone innamorate si attraggono nonostante qualcosa si interponga tra loro, e se l'amore è molto forte nulla le può separare. Ma se una delle due persone decide di andare via, le due calamite si respingono con la stessa forza, e seppure si possa avere l'impressione di riuscire a tenerle unite, prima o poi si separeranno.
La foto non era una semplice foto della classe delle elementari. Ritraeva il gruppetto di bambini insieme alla propria insegnante nel giardino della scuola, sotto un grande albero di gelsi. Era il tempo in cui una sola insegnante bastava per tutta la classe, doveva conoscere tutte le materie e il rispetto degli alunni le permetteva di gestire l'irrequietezza tipica della giovane età. Ma alcuni particolari catturarono l'attenzione di Eleanor. L'insegnante reggeva tra le mani una grande scatola di legno, e una grande buca era visibile ai piedi del grande albero. Eleanor non riusciva a capire cosa stessero facendo in quel preciso momento. E purtroppo era troppo tardi per chiedere alla madre maggiori informazioni. Ma si domandò perché occultare questa foto nella parte nascosta del baule? Forse per la madre non era un bel ricordo? Forse le ricordava l'amore tra due ragazzi iniziato e terminato allo stesso modo. Troppo presto.
Eleanor prese la foto con sé e rimise tutti gli oggetti all'interno del baule. L'operazione di scelta di cosa conservare e cosa buttare era rimandata a un altro giorno, anche se era sicura che quel giorno sarebbe arrivato dopo il matrimonio. Jack avrebbe capito, e in fondo un posto nel garage si sarebbe trovato, così come l'avrebbe trovato Jack per i suoi cimeli.

Eleanor non riusciva a prendere sonno. Il pensiero della madre non le faceva chiudere occhio. C'era qualcosa in quella foto che non le tornava. Perché nascondere quella foto? Se volessimo cancellare quel ricordo potremmo strapparla, gettarla via in modo tale che anche in maniera del tutto casuale non verremmo mai a contatto con qualcosa che potrebbe suscitare dei cattivi ricordi. Oppure, al contrario, una foto ci potrebbe fare tornare in mente fatti della nostra vita realmente accaduti o persone ormai scomparse, ma che ci farebbe piacere rivedere proprio attraverso quella foto. Quindi perché conservarla accuratamente, per nasconderla alla vista di tutti e probabilmente anche alla propria, ma non avere il coraggio di farla sparire del tutto?
Mossa dalla curiosità si alzò, accese la luce e andò a riprendere dalla tasca della sua giacca la foto. Presa dall'entusiasmo non si era neanche premurata di verificare se ci fosse qualcosa scritto sul retro. La sua curiosità era ormai tanta e per riuscire a prendere sonno avrebbe dovuto prima soddisfarla. E infatti sul retro della foto c'era una frase scritta a mano, con calligrafia da bambina delle elementari, probabilmente quella di sua madre.

.:.

Capsula del tempo? Eleanor si chiedeva cosa significasse quella frase. Pensò si trattasse di qualcosa di fantascientifico ma che nulla potesse avere a che fare con una classe delle elementari. Probabilmente la capsula doveva essere quella scatola in legno ritratta nella foto. Ma perché sotterrarla?
Con questo ulteriore dilemma se ne tornò a letto, spense la luce e si girò verso il lato destro, sperando che il cervello si spegnesse lasciandole un po' di meritato riposo.

Il preside entrò in classe con la sua solita andatura che incuteva timore ai piccoli bimbi che, già abbondantemente preparati a quella visita, si alzarono di scatto per rispetto verso quello che chiamavano ‘il capo della scuola'.
Il preside li guardò un attimo con tono severo, ma poi il suo viso si fece più disteso e rassicurante, quasi paterno.
“Buongiorno bambini. Oggi è un giorno speciale per voi. Spero vi siate preparati adeguatamente.”
La maestra Mary, che affiancava trepidante il preside, incoraggiò la risposta corale dei suoi piccoli alunni.
“Sì, signor preside.”
“Signor preside, ogni bambino ha portato un oggetto da mettere nella scatola. E come vede sono molto emozionati.”
“Lo credo bene. Questa classe è stata scelta perché ha il rendimento migliore. E ci aspettiamo che ogni oggetto non sia un semplice oggetto. Cari bambini, questa che vedete sopra la scrivania della vostra maestra non è una semplice scatola in legno. È una capsula del tempo. Senza che ve ne rendiate conto viaggerà attraverso il tempo per arrivare ai vostri nipoti.”
Uno dei piccoli alunni alzò la mano, quasi vergognandosi del gesto che stava facendo. Aveva una domanda da porre la cui importanza abbatteva quel muro di paura che la presenza del preside gli aveva messo addosso.
Il preside lo notò e con un cenno del viso lo invitò a parlare.
“Mi scusi signor preside, ma come fa a viaggiare nel tempo se stiamo per sotterrarla?”
Il preside sorrise per l'ingenuità di quel piccolo studente. Gli si avvicinò e accarezzandogli i capelli rispose alla domanda posta.
“In realtà non viaggerà nel tempo come immaginate. La scatola resterà sempre lì sotterrata in quella buca e noi, semplicemente, ce ne dimenticheremo. Ma quando tra molti anni verrà rinvenuta, la scatola racconterà qual era il senso della vita dei bambini del nostro tempo, senza bisogno di parole, ma esaminando gli oggetti che vi abbiamo riposto dentro. E sono proprio gli oggetti che avete scelto.”
Poi si rivolse all'insegnante.
“Signora Maestra, porti tutta la classe fuori perché l'occasione pretende di essere immortalata per futura memoria. Non vorremmo che la sepoltura venga effettivamente dimenticata e che il viaggio nel tempo non si concluda mai. Per questo motivo in giardino vi aspetta un fotografo.”
La maestra Mary invitò i bimbi a prendere i propri oggetti e a disporsi su due file per recarsi ordinatamente in giardino. Lei si premurò di prendere la scatola in legno.
Cantando una canzoncina, i piccoli scolari seguirono la propria insegnante fino al punto indicato da uno scavo ai piedi del grande albero di gelsi, che dominava il grande giardino. Si misero nei posti assegnati, ognuno con il proprio oggetto in mano, e posarono per il fotografo che nel frattempo si era preparato con la sua attrezzatura.
Scattate un paio di foto, la maestra Mary aprì la cassetta e cominciò ad invitare tutti i bambini a riporvi dentro l'oggetto che avevano scelto.
Il Preside indicò al signor Perkins, l'inserviente tuttofare, di chiudere la scatola in legno e di prepararla per inserirla nella buca che aveva appositamente preparato. Poi si schiarì nuovamente la voce e si rivolse alla platea di piccoli ometti che assisteva trepidante alla sparizione di quell'oggetto, che adesso pareva ancora più misterioso.
“Cari bambini, state assistendo alla partenza, per un lungo viaggio attraverso il tempo, dei vostri oggetti che avete messo nella capsula. Adesso avete tanta voglia di crescere e pensate che il tempo non passi mai, e ogni volta che passerete davanti a quest'albero penserete che il tempo si sia fermato. Ma purtroppo vi accorgerete a vostre spese che il tempo a disposizione, che adesso vi sembra infinito, in realtà scorre molto velocemente, trasformando in un battito di ciglia le nostre esperienze in ricordi, rimorsi e rimpianti. Ricordatevi queste parole quando con i vostri nipoti vi ritroverete tra cinquanta anni davanti a questo grande albero per assistere all'arrivo della vostra capsula del tempo.”
I bambini applaudirono. Non perché avessero capito il significato di quelle parole, ma perché obbligati dalla loro insegnante.

Fabio Valentino Tipa

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
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