La luna era crescente e la foschia della notte umida rendeva il suo chiarore lattiginoso. I suoi riflessi si spandevano sulla superficie dell'acqua mostrando piccole increspature che potevano far immaginare, poco sotto il pelo del lago, le squame luminescenti della schiena inarcata di un grosso serpente lacustre. Il mostro di Loch Ness, se quel tipo di mostro esistesse e se intorno allo specchio d'acqua ci fossero state le alture che circondano la valle di Inverness anziché risaie a perdita d'occhio. Nelle immediate vicinanze, visibili dalle piane circostanti, enormi cumuli di terra, sabbia e ghiaia nascondevano gran parte del bacino. Pure i rumori ne risultavano attutiti, anche se, nel silenzio della notte, il rombo di un motore diesel, che poteva essere confuso con quello di qualche auto che sfrecciava sulla provinciale poco lontano, non passava inosservato. Quando i due smisero di lavorare e spensero tutto, le onde si placarono, come se la schiena del serpente si fosse piano piano distesa sotto la superficie dell'acqua e lui affondasse silenzioso nella profondità della sua umida tana. Il gracidio delle rane riprese subito il sopravvento e fu come se nulla fosse successo. Mentre si avviavano verso il piazzale per raggiungere le auto, Michele ebbe un leggero brivido. - Minchia, fa ancora freddo! - - Che ti aspettavi? Siamo solo ai primi di maggio - , fece Salvo in tono asciutto. - Dici che ci toccherà ancora a lungo, di fare 'sto travagghio di notte? - L'altro lo guardò storto. - Ci toccherà finché ci toccherà. E tu, meno domande fai, meglio è. - Michele abbassò la testa, come avesse preso uno scappellotto, poi abbozzò un sorriso: - Dai, non ti incazzare subito. Volevo solo sapere se domani me ne posso andare a ballare. - Salvo si rabbonì: - Sì, domani è sabato, non si lavora. Vedremo poi la prossima settimana cosa c'è. E semmai non sarà prima di martedì o mercoledì. Per cui, a inizio settimana travagghieremo soltanto di giorno. E ora, andiamo a dormire. - Si diedero la buonanotte e ognuno prese la sua strada.
Era già sveglio almeno da un quarto d'ora. Stava lì, con gli occhi chiusi, a sentire i passeri cinguettare sempre più forte, e a pensare. Che poi, uno magari dice: “Che carini, che dolci!” mentre invece loro si stanno insultando a sangue per una storia di femmine. Se ne stanno lì, tra le fronde dell'acero, e riempiono della loro merda il parapetto del terrazzo. Per non parlare di quello spaccapalle del merlo, che col suo tuc tuc tuc ha iniziato a raspare nei vasi e mi butta tutta la terra in giro... In quel momento suonò la sveglia. Cazzo, è pure lunedì! Infine aprì gli occhi, stropicciandoseli con le dita. Le sei meno cinque ed è già chiaro... Sembrava una bella giornata, prometteva sole. Aria limpida verso Superga e un bel rosa sopra le montagne ancora coperte di neve. La primavera è stata abbastanza fredda, finora. Alla faccia del cambiamento di clima. Si vestì, poi andò in cucina e cominciò a preparare la solita colazione: un bicchiere di latte tiepido con i biscotti e caffè nero alla fine, per non rovinarsi il gusto. Porca miseria, il latte è finito! Si può sapere che razza di imbecille sono diventato? Rincoglionimento dovuto all'età, è evidente. Decise che si sarebbe accontentato di un biscotto intinto nel caffè e che avrebbe preso qualcosa al bar più tardi, a Novara. Non aveva molto tempo. Lasciò la tazzina sporca nell'acquaio, prese la bici dall'ingresso, la portò giù per le scale e si mise a pedalare rapido. Non c'era ancora nessuno o quasi, in giro. Il marciapiede del ponte della Gran Madre era tutto libero. Il fiume era spettacolare a quell'ora, con il sole dietro al monte dei Cappuccini. Non aveva però tempo per fermarsi ad ammirare il paesaggio, così come non poteva indugiare sulle geometrie alla De Chirico di piazza Vittorio. Per quanto avesse dotato la bici di un lucchetto a prova di tenaglie d'acciaio, preferiva di gran lunga lasciarla a Porta Susa che a Porta Nuova. E poi, così facendo, guadagnava dieci minuti. La ciclabile di via Principe Amedeo era solo una striscia disegnata sull'asfalto. Meglio che niente, pensò. Meno male che comincia a esserci un po' di luce... Qualche tempo prima, infatti, quando a quell'ora era ancora notte fonda, all'improvviso si era trovato davanti un cretino che camminava in mezzo alla strada. E si era pure incazzato, il cretino, visto che il fanale davanti non funzionava. Aveva anche ragione, in verità. Una dozzina d'anni prima: due mesi passati a studiare, tra le altre cose, anche il codice della strada. Poi un concorso vinto a pieni voti da vice commissario di polizia provinciale. Dopo sette anni, il grado di commissario; da tre, quello di commissario capo. Sai che roba, diceva alzando le spalle pensando ai novanta euro in più al mese. E dopo tutto questo, a Torino, Ettore Esposito se ne va in giro con la bici coi fanali rotti! pensò divertito. Assicurò la bici con il lucchetto, entrò in stazione e il treno arrivò dopo due minuti. Si sistemò vicino al finestrino, come piaceva a lui, e si mise a guardar scorrere la campagna. Presto i campi di mais lasciarono il posto alle risaie. Erano state allagate da poco; l'acqua era una distesa piana, liscia, un po' bruna un po' celeste un po' argentea per i giochi di luce a quell'ora del mattino. Il sole tingeva di rosa le cime innevate e il gruppo del Rosa, il più alto, si rifletteva nello specchio dell'acqua formando una specie di doppio cono gelato alla fragola. Che spettacolo, pensava, e Giovanna non l'ha mai visto, e neanche Ric. Loro, a Roma, hanno ben altro da vedere, si disse. Chissà, magari un giorno riuscirò a convincere almeno Riccardo a venire su. Potremo così fare il confronto tra la Mole e San Gaudenzio a Novara. Bella San Gaudenzio, ma per Antonelli è stata come una prova generale. La Mole, quella è un'altra cosa. Beh, quella Ric comunque l'ha già vista, e anche il Museo del cinema. Per una volta, un museo che gli è piaciuto... Neanche a farlo apposta, proprio quando stava facendo quei ragionamenti, il treno entrò in città. Già si scorgeva la cupola, in bella vista. Come sempre, si era sistemato in fondo al vagone, in modo tale da poter restare seduto fino all'ultimo momento. La fila degli studenti pronti a scendere iniziò a formarsi; quando arrivò a lui, si alzò e confluì nel serpente umano in attesa di scendere. Marciapiede, sottopasso, poi le vie del centro storico. Tutto il percorso avrebbe potuto ormai farlo a occhi chiusi, impiegandoci comunque sette minuti di buon passo. Immanuel Kant a Königsberg, pensò. Vecchi ricordi liceali che raccontavano che quando il filosofo, metodico com'era, passava per strada, i suoi concittadini regolavano gli orologi. Arrivato nel corridoio del settore ambiente incrociò subito la sua vice, Maristella, che gli sorrise: - Ciao Ettore! Tutto bene il week-end? - Era una ragazza alta, piuttosto bella, capelli lisci castani. Impegnata, in vista di sposarsi. Quando era arrivata, qualche anno prima, tra loro era sorta una reciproca simpatia che sembrava poter preludere a qualcosa di più di un'amicizia. Parlavano di libri, di film, avevano gli stessi gusti e lo stesso humour, lui però non si era mai fatto avanti. Ufficialmente, la spiegazione che si dava era che fosse meglio non creare legami di un certo tipo sul luogo di lavoro, soprattutto poi con una propria vice. Sapeva benissimo che non era quello il problema. Così, lei aveva conosciuto Marco e in poco tempo si erano messi insieme. Troppo velocemente, pensava Ettore con una punta di irragionevole fastidio. In realtà 'sto Marco non è poi così malaccio, doveva però ammettere. Qualche volta lui e Maristella erano pure andati a Torino a trovarlo ed erano usciti tutti e tre assieme. Ettore era sicuro che Maristella avesse intuito i suoi sentimenti, tuttavia era chiaro che anche lei desiderava che la loro amicizia continuasse, e così era stato. - Meglio non parlarne Mari: non ho fatto proprio un bel niente. Calma piatta totale. Mi sarebbe piaciuto andare al cinema, ma non ho fatto neanche quello. Guardo un attimo la posta e poi andiamo a prenderci un caffè, ti va? Dammi una mezz'oretta. - - Va bene capo, vieni a chiamarmi quando hai fatto. -
Edoardo Guerrini
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