Era una fresca mattina di settembre quando Alessio, marito di Sara, le disse che forse non l'amava più... Perché? Cosa aveva sbagliato? E cosa voleva dire forse? Si erano conosciuti da ragazzini ed era stato subito amore. “Siete così giovani...”: il commento dei loro genitori. Ma loro si amavano, e avrebbero lottato contro tutto e tutti. Certo, i primi tempi erano stati spensierati ma allo stesso tempo difficili, burrascosi. Erano venute a mancare le vacanze con gli amici, le serate in allegria, le piccole sciocchezze che si fanno da ragazzi, chi non le ha fatte? Ma il sentimento fra Alessio e Sara era troppo forte per qualsiasi ragionamento razionale. E così erano passati i primi quattro anni, fra crisi amorose, piccoli flirt, lacrime, rappacificamenti, e tutto quanto può minare un rapporto fra due giovani innamorati. Ma non il loro, e col passare del tempo la maturità ebbe il sopravvento: le crisi scomparvero, la voglia di evadere sparì lasciando spazio alla ricerca di qualcosa di più grande, di più importante. Dopo otto anni di fidanzamento, Alessio aveva chiesto a Sara di andare a convivere e lei aveva accettato con entusiasmo. Avrebbe imparato a cucinare per lui, a lavare per lui, a stirare per lui, a vivere per lui, a rinunciare per lui. Lui non voleva figli, erano troppo impegnativi; lei, che aveva sognato fin da bambina di cambiare pannolini in continuazione, aveva fatto propria anche questa idea. Quindi, niente figli. In fondo la loro vita era piena, i soldi non mancavano, e con loro gioielli, serate maestose, viaggi, macchine di lusso. A ogni suo capriccio Alessio non faceva passare neppure un secondo e l'accontentava. E lei faceva altrettanto. Eppure quella mattina lui le disse che forse non l'amava più... Forse. E quel forse batteva nella sua testa come un martello. Cosa voleva dire forse? Lui le aveva rinfacciato di essere una donna superficiale, che non si era mai comportata come una vera moglie: non aveva reso più maturo il loro matrimonio, avvenuto dieci anni dopo il loro primo bacio, perché non aveva insistito per avere figli. Quei figli che lui non aveva mai e poi mai voluto, e che erano stati in varie occasioni motivo di litigio. Le aveva rinfacciato di aver vissuto alle sue spalle una vita vuota, fatta solo di divertimenti e cose effimere. Sara era allibita, non poteva credere alle proprie orecchie. Lei, che si era sempre divisa fra lavoro, casa e divertimento perché lui così la voleva, era adesso messa al banco degli imputati senza possibilità di replica. O forse sì? Era quello il significato della parola “forse”? Avevano trascorso insieme vent'anni: lui, ora trentottenne, da un po' di tempo era apatico e sembrava annoiato in ogni cosa che facevano; lei, trentaseienne, era splendida e affascinante come non lo era mai stata neppure da ragazzina. Anche questo le rinfacciò: aveva passato troppo tempo alla sua cura personale trascurandolo, lei che si concedeva quelle due ore di ballo alla settimana per poi dedicare tutto il suo tempo al marito che amava ancora, dopo tanti anni, come il primo giorno. Pensò che quel forse significasse “dedica a me anche quelle due ore” e così fece. Sparì il ballo e con esso gli ultimi sprazzi di quella libertà che si era concessa. Da quella mattina di settembre trascorsero quasi due anni, durante i quali lei annientò completamente la sua vita: era come rincorrere una farfalla che non riusciva mai a prendere. Cercava sempre conferme da parte di suo marito, che puntualmente non arrivavano. Ogni cosa che faceva poteva essere fatta meglio o diversamente, ogni parola detta era fuori luogo, se cambiava l'acconciatura stava male, se acquistava un abito nuovo per compiacerlo lui non se ne accorgeva. Finché, alle porte delle vacanze estive, a pochi giorni dalla partenza per un viaggio in Canada che aveva organizzato con cura, Sara tornò a casa dal lavoro come sempre e lui le disse che non sarebbe partito con lei. Le chiese scusa per essere così duro e crudele ma che tanto la verità, prima o poi, sarebbe venuta a galla. Lui amava un'altra donna, e, in poco tempo, sarebbe diventato padre di una bambina. Il loro rapporto non poteva continuare, non sarebbe stato giusto. Poi chiuse la porta e se ne andò, chiedendo nuovamente scusa, e dicendo che ne avrebbero riparlato a settembre in quanto, ora, era troppo doloroso per lui. Erano le 19.00 del 20 luglio, una giornata estiva senza sole. Sara rimase seduta sul pavimento in lacrime fino a quando il sonno ebbe il sopravvento. Le prime luci del mattino furono la triste e dolorosa conferma che non si era trattato di un brutto sogno. Si alzò con tutto il peso di quel dolore addosso e solo allora realizzò che il giorno prima Alessio non si era recato al lavoro, aveva preparato e già portato via tutte le sue cose. Le aveva lasciato un contratto dove le regalava un'auto che lei dovette ritirare per non ritrovarsi a piedi e che restituì al concessionario qualche giorno dopo in cambio di un'altra. Non riusciva a sedersi in quella macchina senza provare dolore. Non lo sentì più, non lo vide più, e le notizie di lui arrivarono con una lettera di un avvocato dopo poche settimane. Lo incontrò dopo qualche mese per firmare la loro separazione. In seguito avrebbe scoperto che l'inizio della relazione di Alessio risaliva a due anni prima, al periodo del “forse”. Un lungo anno era passato e l'estate si preannunciava particolarmente calda. La vacanza con le amiche era arrivata, in età un po' più matura, ma aveva un sapore nuovo e questo la metteva di buon umore. Quindici giorni a Santorini, isola dai paesaggi magici, ma ricca di divertimenti a qualsiasi ora del giorno e della notte. E lei di questo aveva bisogno. Voleva vivere quell'emozione mai provata, voleva divertimento, musica, confusione, ballo, avventura, notti bianche! Ma l'unica cosa che veramente la colpì lasciando un segno indelebile fu lo sguardo di due occhi azzurri come il mare che incrociò il suo. Un tuffo al cuore, le farfalle che si agitavano nello stomaco e il tremito nelle mani. Proprio come a quindici anni! Era contemplata anche una cotta nella vacanza fra amiche? Probabilmente, ma lei capì subito che non era una semplice infatuazione: c'era qualcosa che le impediva di staccare lo sguardo da quell'uomo così affascinante e allo stesso tempo rassicurante. Ma quel momento magico fu bruscamente interrotto da una voce femminile molto secca che chiedeva attenzione! Come aveva potuto pensare che un uomo così fosse solo? Riprese quindi il giornalino che aveva tra le mani e continuò a leggere. Dopo qualche ora sarebbe tornata al suo residence per trascorrere gli ultimi quattro giorni di vacanza prima di ritornare alla quotidianità. Avrebbe salutato quell'isola nella quale era arrivata con tanto entusiasmo e dalla quale se ne andava consapevole che i quindici anni non tornano più. Le ultime due serate a cena fuori erano state un inferno, vista la quantità di gente che era arrivata sull'isola, così le tre amiche avevano deciso di cenare al villaggio in quegli ultimi giorni. Non erano neppure le 20 quando Sara, Elena e Monica entrarono nel ristorante: non erano intenzionate a fare lunghe file per mangiare, visto che anche al villaggio c'erano stati diversi arrivi per il ferragosto. Era divertente e affascinante passare fra i tavoli dei buffet ancora intatti, pesce, frutta e verdure fresche erano posizionate nei vassoi a formare delle vere e proprie opere d'arte. Giovani studenti provenienti da istituti alberghieri, vestiti di tutto punto, offrivano invitanti stuzzichini accompagnati da bevande di ogni tipo, una luna brillante si specchiava in un mare liscio come l'olio e un sottofondo musicale creava un'atmosfera magica. Gli occhi di Sara si fecero umidi... D'improvviso quella vacanza divenne un incubo, avrebbe voluto partire in quello stesso momento, una marea di sensazioni tristi si affacciarono dentro di lei, provò dolore e vuoto dentro di sé e si chiese se quella ferita, che lei pensava chiusa, non fosse invece solo nascosta. Pensò a come fare per passare quei quattro giorni. Le si chiuse lo stomaco. Salutò le sue amiche e si ritirò in camera. Elena e Monica parteciparono alla festa organizzata nel villaggio e tornarono in camera dopo le 4. Sara era sul balcone, addormentata sulla poltroncina in vimini, contornata da un tappeto di fazzolettini sul pavimento. La colazione del mattino successivo fu abbondante, aveva fame e aveva voglia di andare a fare un bel bagno. Era caldo, e i raggi del sole rendevano il mare ancora più brillante. Le tre amiche si erano concesse il lusso di prendere un ombrellone e tre lettini in una zona appartata del villaggio, in modo da avere sempre il loro posto a qualsiasi ora e non dover fare le corse per accaparrarsi un triangolo di spiaggia e di ombra. Il momento di tristezza era passato, Sara mise l'asciugamano sul lettino, si spalmò la crema sul viso e si mise a leggere; ora voleva solo godersi il silenzio in quella parte di spiaggia così tranquilla, in completa rilassatezza, in attesa del richiamo dell'animatore per l'acquagym. Rilassatezza che fu interrotta da una voce imperiosa, femminile ma sgraziata, che non le giunse nuova. Si voltò e, di nuovo, quegli occhi che la guardavano, furtivi, mentre l'uomo metteva gli asciugamani sui lettini. E c'era qualcosa in quegli occhi, qualcosa che era anche negli occhi di lei... erano occhi felici di incontrarsi di nuovo. E in un momento lei comprese che a provocarle il malessere della sera precedente non erano i ricordi, non era il dolore per il suo matrimonio finito, ma la voglia di innamorarsi di nuovo. E qualcosa dentro collegava quel pensiero allo sguardo di quello sconosciuto. Ma no, era sciocco anche solo pensarci, si disse, e con un balzo rispose al richiamo dell'animatore per la sua lezione di acquagym. L'aereo si alzò puntualissimo, il volo fu tranquillo e il rientro a casa piacevole. La vacanza tutto sommato non era andata male anche se, pensò, l'anno successivo avrebbe fatto qualcosa di più adatto alla sua età. Aprì la valigia e iniziò a tirare fuori le cose da lavare, mise tutto in lavatrice e quando fu il turno dell'asciugamano le tornarono in mente quegli occhi. Negli ultimi giorni della sua permanenza a Santorini non aveva più incontrato quell'uomo misterioso e, dopo qualche secondo, tornò alla sua valigia. Ancora due giorni e avrebbe ripreso il tran tran lavorativo e la vita di sempre. Il Natale stava puntualmente iniziando a farsi sentire: le strade scintillavano di luci, le vetrine abbondavano degli articoli più originali e stravaganti, avvolti in tralci di abete innevati e palline rosse, subendo i commenti dei passanti. Sara adorava il Natale e, visto che l'ultimo trascorso era stato devastante, si era ripromessa di godersi ogni momento. Aveva decorato la sua casa come non mai e deciso di dedicare una bella fetta della sua tredicesima in regali. Si chiese cosa avrebbe regalato la signora dalla voce sgradevole al suo bellissimo marito dagli occhi color del mare e rise su questo pensiero che improvvisamente era riapparso. Già, erano passati dei mesi senza tornare a quel pensiero e ora eccolo di nuovo li. Sorrise, finì i suoi acquisti e si provò un costume olimpionico, che però non acquistò in attesa di provare la prima settimana gratuita di un corso di acqua-gym che avrebbe iniziato nel pomeriggio. Era una giornata molto fredda e il cielo grigio non prometteva niente di buono. La grande piscina era avvolta nel vapore acqueo, che le dava un senso di soffocamento. Due delle cinque corsie erano riservate ai corsi femminili, le altre tre al parterre maschile. Le compagne del corso erano variegate, dalla ragazza paffutella che iniziava il corso per prepararsi all'estate, alla mancata top model che sfoggiava costume e cuffia delle marche più prestigiose. L'insegnante non l'aveva colpita particolarmente e alla fine della prima lezione decise che avrebbe impiegato i restanti giorni a cercare un altro corso in un'altra piscina. Fece la doccia e uscì accaldata dallo spogliatoio. La sorpresa all'uscita dal centro benessere non fu gradita. Una pioggia torrenziale la costrinse ad attendere prima di avviarsi verso la macchina, così si rannicchiò nel suo piumino sotto una pensilina perché aveva bisogno di un po' d'aria fresca. La pioggia non sembrava intenzionata a dare tregua e, dopo qualche minuto, decise di raggiungere la sua macchina con una piccola corsa. Si tirò su il cappuccio per non bagnarsi troppo, mentre una voce maschile sconosciuta le chiese se poteva darle un passaggio sotto il suo ombrello. Si girò per capire se quell'invito fosse rivolto a lei e dal volto dello sconosciuto, in parte coperto da una sciarpa, riconobbe quello sguardo. Lui era lì, di fronte a lei e le parlava, le aveva offerto il suo aiuto. - Piacere, Mauro - si presentò, ricordandole che si erano incontrati di sfuggita a Santorini. Ma lei questo lo sapeva bene, lo aveva riconosciuto appena si era voltata e quella giornata era improvvisamente diventata splendente. Lui l'accompagnò all'auto e le chiese da quanto tempo lei frequentasse il centro benessere perché non l'aveva mai vista. E lei rispose che aveva iniziato la settimana di prova e si sarebbe iscritta nei giorni successivi. Di colpo le piaceva quell'ambiente, l'insegnante e le sue compagne di corso. Lo rivide all'uscita della piscina il giorno dopo e quello dopo ancora e così per tutta la settimana. Si scambiarono gli auguri per il nuovo anno e si pensarono molto la sera di San Silvestro. Mauro era sposato da quasi diciassette anni, imprigionato in un matrimonio che lo aveva sempre visto perdente. La moglie Caterina, più grande di lui di quattro anni, era una donna gelosa, possessiva e arida: era molto ricca, e aveva fatto della sua ricchezza il cappio per il suo bel marito. Si erano incontrati al liceo: lei era al quinto anno quando Mauro aveva iniziato e si erano conosciuti perché Marina, sua sorella minore, era in classe con lui. Dopo qualche anno la differenza di età aveva iniziato a non essere più importante e si erano innamorati. Il padre di Mauro aveva una piccola azienda edile, nata da un progetto del nonno e portata avanti dalla famiglia; avrebbe voluto che il figlio ne prendesse le redini una volta andato in pensione, ma lui aveva un altro sogno nel cassetto. Desiderava di fare il medico e, arrivato all'età di quattordici anni, si era iscritto al liceo. Si divertiva però ad andare sui cantieri con il padre e, una volta preso il diploma e dato qualche esame di medicina, aveva capito che la carriera medica non faceva per lui. Iniziava a piacergli l'idea di vedere nascere case da un progetto, ristrutturare ambienti fatiscenti rendendoli moderni e eleganti, e aveva deciso di cambiare facoltà e iscriversi a ingegneria edile. Era stato meno facile del previsto: era penalizzato dagli studi liceali per quella facoltà troppo tecnica e gli esami andavano un po' a rilento. La situazione era andata a genio al padre di Caterina che, dopo aver regalato alla figlia una bellissima villa, aveva sottolineato ai due fidanzati che era tempo di fare le “cose per bene”. Era stato facile invogliare il futuro genero a buttarsi in una nuova esperienza proponendogli la classica occasione che capita una volta nella vita. Nel giro di tre mesi Mauro e Caterina si erano sposati. Lui, seppur lavorando, aveva comunque continuato gli studi riuscendo a laurearsi, anche se fuori corso. Già dopo pochi anni Mauro aveva compreso che lei non era la donna adatta a lui. Ma non era un donnaiolo e soprattutto, nonostante i soli trentanove anni, si riteneva un po' “anziano” per buttare tutto all'aria. Inoltre tutto dipendeva da lei. Abitavano in una splendida villa con piscina e campo da tennis, ogni inverno si concedevano due settimane bianche in uno splendido chalet a St. Moritz e ogni estate visitavano un luogo nuovo per poi rilassarsi nella villa in Sardegna: il tutto, ovviamente, di proprietà della moglie. Dopo aver dovuto dire addio ai suoi progetti lavorativi e messo la sua laurea in un cassetto, era diventato dirigente nella nota azienda di biancheria da casa del suocero, che gli elargiva un cospicuo stipendio e un'auto di lusso. Ma non si riteneva un uomo felice: era un uomo caduto in una bellissima rete d'oro dalla quale, però, non gli era permesso uscire. Aveva dovuto faticare non poco per mantenere qualche amicizia dell'università, ed era necessario informare con largo anticipo la moglie e attendere comunque il suo benestare per qualche serata con i vecchi amici. Con i dovuti limiti ovviamente. Non gli era mai pesato però, aveva capito che questo era per lei un modo di sentirsi importante e tenere tutto sotto controllo. Se voleva il preavviso di due settimane per un'uscita, lui glielo dava. La ricchezza di Roberto, il padre di Caterina, non dipendeva però dall'azienda di biancheria, per quanto molto rinomata e importante, ma dalla sua passata carriera. Ormai prossimo alla pensione, vantava di essere uno dei più grossi e importanti notai di tutta Italia. Era conosciuto e stimato da molte persone e anche un po' temuto, in quanto non si era mai fatto troppi scrupoli a dare alcune dritte su qualche “affare”, a scapito dei disgraziati che si erano rivolti a lui per mettere a posto una situazione mal iniziata. Anche la famosa azienda di biancheria era stata sottratta per pochi soldi al precedente proprietario che aveva acquistato le azioni dal socio, indebitato fino al collo dal gioco d'azzardo. Quest' ultimo non era però risultato in grado di gestire la situazione e, una volta trovatosi a sua volta pieno di debiti, aveva ricevuto un'offerta dallo stesso Roberto per rilevare l'attività, dando poi il posto di dirigente a Mauro. Mauro e Caterina avevano avuto una grossa crisi qualche anno prima, proprio perché lui si sentiva imprigionato, e la moglie non aveva mancato di fargli notare che era libero di scegliere se buttare tutto quanto e ricominciare da zero oppure trovare un accordo. Avevano trovato l'accordo. Lui non aveva una casa, sarebbe rimasto senza un lavoro e comunque voleva bene a sua moglie. Adesso si sentiva ancora più incatenato, ma riusciva ad affrontare meglio questa sua sensazione; aveva la sua nuova amica che, oltre a essere bella, era molto simpatica. Già dopo qualche settimana le conversazioni di Sara e Mauro si erano fatte più personali, si raccontavano delle loro storie d'amore che, in qualche maniera, li accomunavano. Avevano entrambi dedicato tanto amore ricevendo briciole in cambio. Solo che se ne erano accorti troppo tardi. Passarono i giorni, le settimane e i mesi e, puntualmente, arrivò una nuova estate. La partenza per le vacanze era ormai imminente: Mauro sarebbe partito per un viaggio negli Stati Uniti con sua moglie, Sara si sarebbe avventurata in un safari in Africa con le sue fedeli amiche Elena e Monica. Non si sarebbero visti per qualche settimana e l'approssimarsi delle partenze era diventato un argomento doloroso. Ma non si domandavano perché, entrambi sapevano benissimo che la loro amicizia voleva essere qualcosa di più. E lui, durante una delle scappatelle dalla piscina per un pranzo insieme, le prese il suo bel viso fra le mani e la baciò. Fu un bacio tenero ma intenso, con tanta voglia di non fermarsi. Quei venti giorni di lontananza furono eterni e al loro ritorno i baci ebbero un seguito che cambiò le loro vite. Passò un altro lungo anno rubando momenti preziosi per vivere un sentimento che cresceva sempre più. Lui cercava di essere presente con Sara il più possibile: i pochi momenti che condividevano erano traboccanti di passione e di lunghe chiacchierate e ogni giorno che passava era una conferma che il loro sarebbe potuto diventare un grande amore. Ma era un argomento che non veniva mai toccato, nonostante Mauro si rendesse conto di tenere sempre di più a Sara. Il peso delle serate a bere champagne con persone aride che parlavano di soldi, di abiti firmati, di orologi di valore e auto nuove era diventato insostenibile. Si sfogava con lei ogni volta che poteva, ma i loro incontri erano sempre più difficili: Caterina aveva capito che qualcosa era cambiato nel marito ed era sempre più esigente. Sara avrebbe voluto averlo tutto per sé ma non aveva mai chiesto niente. Temeva di rovinare tutto, sapeva che quella donna si sarebbe messa fra di loro con tutte le sue forze. Si accontentava di quei pochi momenti in cui il mondo si fermava ed esistevano solo loro due. Ancora un'estate separati: Sara si apprestava alla sua terza vacanza con le amiche nei paesi del Nord, Mauro avrebbe trascorso le ferie nei Caraibi, una crociera di venti giorni su una nave di lusso. Ma questa volta la lontananza si era fatta sentire, e l'impossibilità di contattare Sara per così tanti giorni gli aveva fatto capire che quella donna era diventata troppo importante per lui. Dopo il suo rientro dalla crociera, Mauro aveva trascorso tre mesi alla ricerca di un lavoro e fu in un nebbioso giovedì mattina di fine novembre che presentò le dimissioni al suocero giustificando il suo gesto con il volersi mettere in gioco con le proprie forze. Avrebbe lavorato presso un'azienda edile che gli aveva proposto un lavoro che lui aveva accettato. La scenata che scatenò questa sua iniziativa fu impressionante. La moglie lo accusò di essere un irriconoscente, di non pensare ai bisogni di lei, di non amarla più, di aver gettato al vento una posizione invidiabile per un lavoro il cui stipendio a malapena copriva le spese e qualche bolletta. Mauro cercò ancora una volta di spiegare il motivo della sua decisione. Si sentiva in gabbia, una gabbia dorata dalla quale voleva evadere, voleva mettersi alla prova, a loro non mancavano certo i soldi, avevano tutto e più di tutto e voleva provare a camminare con le proprie gambe. E anche se il vero motivo della sua decisione era di non avere il controllo quotidiano del suocero e della moglie a ogni passo che faceva, nelle sue parole c'era sincerità. Voleva ancora bene a quella donna così egoista e aveva bisogno di fare chiarezza dentro se stesso. Furono una giornata e una nottata molto lunghe e la mattina seguente non fu delle migliori quando si ritrovò intorno l'intera famiglia della moglie che cercava di farlo ragionare. Aveva una posizione che poche persone hanno il privilegio di avere: il suocero gli offrì ancora più soldi, un'auto ancora più bella e decise di regalargli un orologio di famiglia di enorme valore, che però sarebbe diventato suo solo alla sua morte. Volevano comprarlo, nessuno in quella famiglia aveva compreso che lui voleva scappare proprio da quello. Si era ormai fatta sera e smise di ascoltare quelle voci fredde e venali che parlavano ormai da tante, troppe ore. Si rese conto che in tutta la giornata le parole “sentimento”, “amore”, “comprensione” non erano mai state menzionate. Si chiese se ne conoscessero il significato. Lasciò quelle persone nella loro tragedia e si ritirò in camera. La moglie lo raggiunse poco dopo, e dopo una nuova lunga discussione, che tenne sveglio Mauro per tutta la notte, Caterina si rese conto che lui, visibilmente sfinito, non sarebbe tornato sui suoi passi. Lanciò quindi l'ultima sferrata; se non fosse tornato a lavorare per il suocero, lei lo avrebbe buttato fuori di casa. Quel benessere era l'arma che lei utilizzava, in modo poco elegante, ogni volta che un'occasione scomoda lo richiedeva, rendendola vittoriosa. Ma non questa volta. Mauro chiuse gli occhi, vide il volto di Sara, così bella, dolce e rassicurante, e si rese conto che non doveva fare chiarezza dentro se stesso: tutto era già fin troppo chiaro. Si alzò da quel letto che lo aveva visto insonne, prese il suo bel giubbotto firmato e disse a Caterina che, se questa era la sua decisione, lui non avrebbe ceduto. Un brivido gli percorse la schiena. Ora avrebbe dovuto iniziare davvero tutto daccapo e sarebbe stato un percorso difficile, ma non era solo e avrebbe affrontato qualsiasi sfida pur di uscire da quella trappola. Erano le 8 di sabato mattina quando qualcuno suonò alla porta di Sara. Lei aprì con gli occhi assonnati e un po' gonfi, non aveva sentito Mauro nei due giorni precedenti, non lo aveva visto in piscina e non aveva ricevuto risposta ai messaggi che gli aveva scritto, con sua grande angoscia. Lui era lì, sotto la pioggia, a dirle che non l'avrebbe più lasciata. La stessa pioggia che li aveva fatti incontrare di nuovo anni prima, ora li univa per sempre. E quando la domenica mattina lei si svegliò, la prima cosa che fece fu girarsi nel letto per capire se il suo era stato solamente un sogno bellissimo. Ma lui era accanto a lei ed era realtà. Sul comodino un pacchettino color argento con un fiocco rosso. Lo aprì con le mani che le tremavano, lui estrasse il contenuto, le si avvicinò e le mise al collo una collana di perle nere con un antico fermaglio di brillanti neri a forma di S, che le aveva comprato durante l'ultima vacanza estiva. Lo aveva tenuto ben nascosto e avrebbe dovuto essere il suo regalo di Natale per lei. Era invece diventato la sua promessa d'amore. Le due settimane che seguirono non furono certo monotone. Il telefono di Mauro squillava continuamente, Caterina non gli dava pace, senza contare i messaggi che passavano da toni dolci a velate minacce. Lo rivoleva, gli prometteva che tutto sarebbe cambiato e lui non si sarebbe pentito di questa sua decisione. Lui non le aveva mai risposto, sperava che si sarebbe arresa e infatti improvvisamente chiamate e messaggi cessarono. Finché una sera, tornando da una cena, Mauro e Sara se la ritrovarono davanti casa: probabilmente lo aveva seguito nei giorni precedenti per sapere dove trovarlo. Caterina fissò Sara per un lungo istante; poi, senza dire niente, entrò nella nuova auto di lusso che il padre le aveva regalato e se ne andò. Dopo pochi giorni gli fece pervenire tutte le sue cose. Tutto sembrava fin troppo facile e tranquillo e arrivò il Natale. La mattina di Capodanno una notizia attirò l'attenzione di tutti gli abitanti della città. Una giovane donna, Aurora, era stata trovata morta in mezzo a un bosco. La ragazza era sparita il 26 dicembre, ma la famiglia ne aveva denunciato la scomparsa solo il giorno successivo quando si erano accorti che la figlia non era tornata a casa la notte. Non era da lei un comportamento del genere e ciò era risultato per i genitori subito inquietante. L'auto della ragazza era parcheggiata sotto casa, quindi era stato supposto che il rapimento fosse avvenuto lì. Dalla sua borsa non mancavano soldi, non erano stati rubati i gioielli che indossava e quindi era stata subito eliminata l'ipotesi della tentata rapina finita male. Anzi, la famiglia dichiarò che uno dei gioielli trovati addosso alla donna non le apparteneva, a meno che non fosse il regalo del compagno che aveva da poco, col quale la vittima doveva incontrarsi proprio il giorno di Santo Stefano. Sara conosceva Aurora perché abitava con i genitori nella strada parallela a quella in cui si trovava il suo appartamento; anche se il loro rapporto si era limitato a qualche saluto in strada e presso i negozi nei dintorni, era rimasta molto di-spiaciuta nell'apprendere della sua morte. Aveva seguito le notizie ai telegiornali dal momento della scomparsa e si era recata un paio di volte a far visita ai genitori, per dare un po' di conforto. Ma la cosa che fece rabbrividire Mauro e Sara fu il gioiello trovato addosso alla vittima: una collana di perle nere simile a quella ricevuta in dono da Sara.
Sonia Alcione
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