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Autore: Monika Venusia
Ritrovarsi, storia d'amore
Romanzo
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Ritrovarsi, storia d'amore
Napoli 2010.
Sarah era contentissima, lei lavorava in un'azienda farmaceutica e aveva vinto assieme a delle colleghe un viaggio in Polonia. Avrebbe dovuto lavorare ma era contentissima di poter partire. Era di Napoli e in quel momento aveva la valigia, e stava salendo sull'aereo assieme alle colleghe e al capo, che avrebbe seguito tutte loro. Sarebbe stata una bellissima avventura, in una terra a lei sconosciuta. Sarebbero andate a Varsavia, e per quella sera avrebbero solo posato le valigie e mangiato per poi fare una riunione. Dal giorno dopo e per altri quattro sarebbero rimasti in città per lavorare. Ormai aveva ventidue anni ed era soddisfatta.
Il viaggio fu molto tranquillo, come al solito, appena l'aereo cominciò a partire e a prendere quota, vide come le case e tutto l'aeroporto si facesse sempre più piccolo, finché non si ritrovarono sopra le nuvole. Era una sensazione meravigliosa. Dopo poco si appisolò. Il chiasso delle colleghe dopo un'oretta le fece aprire gli occhi, stavano passando le hostess con le bevande. Così prese un bicchiere di coca cola, poi un libro dalla borsa e cominciò a leggere.Quando alla fine arrivarono, andarono a prendere le loro valigie, contente in quanto tra poco in taxi avrebbero visto la città di notte. Così fecero e dopo una ventina di minuti arrivarono in hotel. Era grandissimo, il Polonia Palace hotel.
Il loro capo parlò con la receptionist così tutte demmo i nostri documenti e tutte avemmo le nostre chiavi.
Così salimmo, ma prima il capo disse:
"Tra un'ora vi aspetto qui, così andiamo a cena e poi facciamo la riunione".

La stanza era davvero carina, piena di tutti i confort, ma tanto la televisione non l'avrebbe vista. Così sistemò i vestiti e i trucchi mise la valigia accanto all'armadio e poi dopo poco scese giù. Si ritrovarono tutti alla reception e così andarono a cena. Fu deliziosa a base di verdure. Alla fine dopo un dolce molto saporito cominciarono a parlare del lavoro e di come sarebbe stato svolto, dal giorno dopo.
Il programma era semplice, ognuno di loro doveva andare per strade diverse e dare dei volantini. I prodotti che vendevano erano italiani, ma l'azienda si stava organizzando per l'estero, facendo molta pubblicità.

Così dopo aver chiacchierato un po', si alzarono. Ognuno di loro aveva la serata libera. Dopo il lungo viaggio, Sarah si sentiva stanca per cui salì in camera e si fece una doccia, poi mise la sveglia alle sette e dopo aver messo il pigiama, continuò la propria lettura. Nella propria valigia aveva portato due libri, della propria scrittrice preferita Danielle Steel.
Dopo un'oretta prese sonno.

La sveglia suonò e lei si alzò contentissima per quello che l'attendeva. Andò in bagno a lavarsi e poi si guardò allo specchio, beh era carina bruna con occhi nocciola verdini, un metro e sessanta circa, un po' formosa.
Si vestì con jeans e maglietta e si pettinò facendo una coda, poi mise le all star e scese giù. Assieme alle altre fece colazione e poi il capo, Marco, diede una sacca con dei volantini e la strada che dovevano percorrere.
Così uscirono. Per fortuna, visto che aveva poco senso dell'orientamento, la strada era semplice e vicina. Altrimenti si sarebbe persa. Rise tra sé e sé. Gi si perdeva nella propria città, figurarsi qui. Lei che a malapena conosceva un po' di inglese fatto alle superiori ma avrebbe rimediato.
Così cominciò a camminare e a dare volantini, e intanto guardava ciò che la circondava. Era davvero bellissimo. Intorno alle tredici, si fermò a mangiare un hot dog e poi continuò a lavorare.

Bryan si stava lamentando per aver fatto troppo tardi. Doveva andare a lavoro, così dopo aver fatto colazione e indossato la giacca jeans, scese e prese la macchina. Era ingegnere, aveva capelli rossi ed era canadese. Era un tipo amichevole con tutti. I colleghi lo trattavano bene e spesso andavano a bere assieme. Aveva avuto una promozione per cui era stato mandato per una settimana a Varsavia, per un lavoro. Era solo il secondo giorno e aveva fatto tardi. Era sempre il solito. Aprì lo sportello della macchina e salì, partendo. L'azienda dove lavorava era abbastanza vicina. Dopo una ventina di minuti arrivò, parcheggiò e corse per non fare ancora più tardi.

Erano ormai le diciotto ed era molto stanca. I volantini erano quasi finiti, ma era lì dalla mattina. Tra un'oretta sarebbe tornata in albergo. Mentre dava l'ennesimo, vide da lontano un ragazzo, rimase scioccata. Era di certo straniero, aveva i capelli rossi, molto muscoloso ed era almeno un metro e novanta, forse anche un po' in più. Davvero bello, più si avvicinava e più lo vedeva da vicino. Gli occhi li aveva azzurri. Era fantastico, quella giacca jeans, era un po' stretta e modellava tutta la propria muscolatura, anche se coperta da una camicia. Non appena lui arrivò dove si trovava, gli porse un volantino. Di certo non si sarebbe mai fermato per una come lei, così semplice.

(Il corsivo per l'inglese)

Un po' di tempo prima:
Bryan era uscito dal lavoro ormai erano quasi le diciotto, stava correndo, desiderava arrivare alla macchina per non trovare eccessivo traffico, nel tornare all' albergo, quando vide una ragazza che dava dei volantini. Di norma non si fermava mai, aveva sempre da fare e pochissimo tempo, ma decise di osservarla, era davvero bella, bruna, con una coda, occhi sembravano nocciola, ma non riusciva a vederli da dove stava, aveva un bel corpo, vestiva in modo molto semplice. A lui piaceva. Desiderava conoscerla. All' improvviso si trovò vicino a lei a guardarla. Si erano nocciola, ma c'era anche un po' di verde. Era davvero bella, piccolina rispetto a lui, ma continuava ad esserne affascinato. Di certo non era né polacca, né americana. Rimase a guardarla, aveva la pelle bianca ed era davvero delicata. Poi fece caso al fatto che gli stava porgendo un volantino, ma fece cenno di no con la testa e poi disse:

"Io parlo 6 lingue, quale preferisci?Francese,inglese, tedesco, cinese, giapponese, spagnolo".
Lei lo stava guardando, era davvero altissimo e bellissimo, davvero voleva conoscerla. Non gli interessavano i volantini. Così lo fissò e mormorò:
"Italian?"
Lui la fissò e le sorrise, poi negò e lei mormorò:
"English".
Così disse tutto contento:
"Piacere sono Bryan e tu?"
"Sarah".
Brava Sarah, pensava lei, stai rispondendo, qualcosa ti ricordi.
"Io sono canadese e sono ingegnere".
Lei lo fissò capendo ma non sapendo rispondere, poi alla fine rispose aggrottando un po' le sopracciglia e pensandoci su.
"Io sono rappresentante farmaceutica e vengo dall'Italia".
"Quanti anni hai?Io 26" disse lui.
Questa volta non ricordava, così incominciò a dire:
"22" poi cominciò ad aggrottare le sopracciglia e a pensare, quando lui disse:
"AAAHHHHHhh"
come a dire che aveva capito e lei nello stesso tempo disse:
"anni".
"Che ne dici se ci vedessimo qui più tardi dopo il lavoro?" disse lui.

Quella ragazza era davvero simpatica, non solo bella. Cercava di parlare con lui, anche se si vedeva che non era pratica né a parlare con i ragazzi, doveva essere un tipo serio, né con le lingue. Beh si sarebbero arrangiati, ma a lui avrebbe fatto davvero molto piacere conoscerla. Non aveva mai avuto problemi con le donne, loro erano attratte da lui e lui non le disdegnava. Era un uomo e il sesso a lui piaceva molto e le donne a lui piacevano molto, ma quella ragazza nella propria semplicità lo aveva rapito. E non desiderava portarsela a letto, voleva conoscerla, anche se magari lei avrebbe avuto paura, senza sapere la lingua e in una terra diversa, con uno sconosciuto.

Aveva capito quello che le aveva chiesto, ma non rispose subito, uno perché non sapeva che dirgli, lei era sola in terra straniera, non sapeva nessuna lingua, e avrebbe dovuto uscire con un ragazzo straniero, appena conosciuto. Se si fosse persa? Se fosse stata violentata? Non avrebbe potuto chiamare nessuno, come avrebbe fatto? Però sarebbe stato bello se fossero stati insieme nel bar dell'albergo, protetta dalle colleghe e dal capo, ma come poteva dirglielo? Sarebbe stata capace di farglielo capire? Poi anche se si fossero conosciuti meglio, sarebbe tornato in Canada e lei a Napoli, che senso avrebbe avuto? Le amiche a Napoli le dicevano sempre che era troppo seria e che doveva divertirsi un po', che male c'era se avesse accettato solo per quella sera?

La stava osservando e capiva quello che provava. Come se riuscisse a vedere il ragionamento, rimase lì, anche se fino a qualche minuto prima desiderava solo tornare in camera e fare una doccia. Ora voleva invece una risposta affermativa da quella ragazza.

Alla fine decise di accettare, anche se era titubante così prese dalla tasca l'indirizzo dell' hotel dove dormiva e lo chiamò:
"Bryan" afferrandolo per la manica.
Lui si girò verso di lei e lei gli fece vedere un foglio dove c'era scritto l'indirizzo dell' hotel. Cercò di capire.
Lei rispose:
"Stasera all' albergo, alle 21, fuori. Ok?"
Bryan era contentissimo, aveva detto di si, anche se davanti all' albergo. Forse voleva sentirsi sicura. Lì lo era. Anche se voleva solo conoscerla meglio. Capiva che sarebbero tornati presto a vivere nelle loro città e che aveva un fondo di paura.
Lui annuì e poi disse:
"Ok, alle 21".
Poi scappò, non vedeva l'ora di ritornare.

Stava tornando in albergo. Non poteva crederci, aveva detto di si. Che fine aveva fatto la vera Sarah? La timida e introversa Sarah? Quel giorno si sarebbe divertita, o perlomeno rilassata.
Arrivata in albergo salì verso la propria camera. Si fece una doccia, poi si vestì, con un fuson nero e una camicetta verde acqua con un piccolo scollo a v. Non si vedeva nulla, mise su di essa una catenina con una farfalla, un po' di matita agli occhi e un po' di gloss rosa ed era pronta. Non indossava mai tacchi alti, e lì non li aveva portati, ma mise un paio di stivaletti con zeppa, che si allacciavano ai lati.
Scese giù dove trovò le altre ragazze che si stavano preparando per andare a cena. La videro e vollero chiacchierare con lei:
"Sarah, perché sei vestita così bene? Mica devi uscire con qualcuno?" disse Dafne, una ragazza della propria età molto simpatica e diretta.
Sarah arrossì e poi disse:
"In realtà sì, ho incontrato un ragazzo canadese, oggi mentre lavoravo. Pensavo volesse un volantino, ma poi sorridendo mi ha voluto conoscere e stasera ci vediamo qui".
Si toccò i capelli, annodandoli all' indice. Era un difetto, quando si sentiva nervosa.

"Ero indecisa, sai siamo in un luogo che non consociamo, dove non sappiamo la lingua, dove non conosco tanto l'inglese. Avevo paura, ma alla fine ho pensato che qui potevo vederlo. Ci siete tutti voi. Mi sento più sicura così".
"Stai tranquilla, sii te stessa, tu sei molto simpatica e vedrai, tutto andrà bene. Non essere nervosa. Magari ogni tanto verrò a vedere come va. Se ti fa sentire meglio vi spio da fuori".
Lei arrossì e poi annuì.
"Magari un paio di volte, così sarò ancora più sicura. Grazie".
"Di che? Le amiche a che servono?Almeno avrai un bel ricordo di questo viaggio".
Poi le diede una pacca sulle spalle e andò via.
Così lei si appoggiò tranquilla su una poltrona vicino alla porta, aspettando le 21. Mancavano solo una manciata di minuti ormai.

Bryan stava guardando l'orologio, era in perfetto orario. Aveva parcheggiato lì vicino, quella sera si era vestito con pantaloni classici ed una camicia, aveva lasciato un paio di bottoni sul collo aperti e una giacca. Sotto aveva indossato le scarpe classiche per un appuntamento. Si sentiva contento davvero.
Mentre stava per arrivare vide una ragazza che si avvicinava alla porta scorrevole e che si appoggiava giusto all' uscita. Era lei...dio ma era bellissima. Stava benissimo, quei capelli lasciati sciolti, erano come una cascata nera, sulle sue spalle, quel viso truccato, quelle labbra così delicate e allo stesso tempo, tentatrici e quel corpo, era così voluttuoso e formoso. Era davvero bellissima. Era stupito. Appena l'aveva intravista quel pomeriggio le era piaciuta, ma ora la desiderava. Era incredibile. Desiderava conoscerla meglio al più presto possibile.
Mentre si avvicinava, lei lo vide e si avvicinò salutandolo con la mano. Lui le sorrise e si abbassò, dandole un bacio sulla guancia. Quando si staccò vide che era arrossita.

Sorrise, non vedeva ragazze che arrossivano da anni, forse da quando aveva dodici anni. Poi incominciarono a chiacchierare stesso lì fuori.

Poco prima:
Sarah appena si era fatta l'ora, era uscita fuori dall' albergo per aspettarlo. Neanche qualche minuto dopo lo aveva visto arrivare. Era rimasta affascinata. Era fantastico, più bello del pomeriggio. Era l'emblema del maschio, quei capelli rossi lunghi sul collo, quello sguardo così profondo, così sexy, quei muscoli che immaginava, visto come su di lui, la camicia e la giacca andava stretta. Era elegantissimo. Quegli occhi azzurri poi erano così profondi e allegri. Avrebbe potuto annegare in quello sguardo. Non appena si avvicinò di più gli andò incontro salutandolo con allegria. Era contenta che non l'avesse bidonata.

Quando le si era avvicinata aveva notato l'allegria nel gesto di saluto e il sollievo per il fatto che fosse andato. Aveva ragione, di norma gli appuntamenti così, organizzati all' ultimo momento, non si realizzavano quasi mai, erano buche quasi al cento per cento, ma a lui davvero piaceva molto quella ragazza.
La fissò contento e le chiese:
"Come stai?Sei bellissima".
"Bene...e tu?"
Poi la vide arrossire di nuovo e sorrise. Notò che con l'indice si arrotolava una ciocca di capelli. Era nervosa? Lo era anche lui.
"Sto bene anche io, non essere nervosa".
Avrebbe voluto tranquillizzarla con una carezza sulla guancia, ma loro non si conoscevano, per cui la prese per mano e disse:
"Vieni, andiamo a cena".
"Ok"

Per fortuna alcune cose le ricordava. Se le cose si fossero approfondite durante la cena, come avrebbe fatto a rispondergli? Lei era stata presa per mano da quel ragazzo, era incredibile. Quella mano così grande e lunga avvolgeva la propria più piccola e pallida. Poi sentì la pelle d'oca ed una sensazione di brividi in tutto il corpo. Sapeva di essere una ragazza, con poca esperienza. Aveva avuto solo due ragazzi e non capiva quasi niente, ma si rendeva conto che il contatto con il giovane, la faceva emozionare ed eccitare. I capezzoli si erano inturgiditi. Era rimasta stupefatta a fissare le loro mani unite e meno male che aveva una camicia a maniche lunghe, così non se ne sarebbe accorto.

La stava fissando e aveva notato che guardava le loro mani unite stupefatta e poi aveva un po' di pelle d'oca sui polsi. Sorrise, anche lui era emozionato ed eccitato. Era contento che l'attrazione era da entrambe le parti. Non si era sbagliato. Si era accorto di questo quando l'aveva incontrata, con un semplice scambio di sguardi.

Si andarono a sedere e arrivò il cameriere che portò loro il menù. Invece di parlare lei gli fece cenno di avvicinarsi e gli indicò i piatti che voleva. Poi disse :
"1 coca cola"
"anche a me ma una birra da bere".
"Ok, arriva tra un po'" disse il cameriere.
"Da che parte dell' Italia arrivi?"
"Napoli e tu?"
"Ottawa, Canada".
"Qual'é il tuo piatto preferito?"
"Pasta alla siciliana e il tuo?"
"Pizza".
Il cameriere dopo un po' arrivò con le bevande, così lei aprì la propria lattina e cominciò a bere.

La stava fissando. Quelle labbra che si posavano sulla lattina, sentiva una grande eccitazione e per un secondo guardò verso il basso. I pantaloni andavano stretti. Era possibile che quella ragazza non si accorgesse di nulla? Non si rendeva conto di quanto fosse bella e sexy? L'avrebbe voluta adesso, invece doveva trattenersi. Era incredibile.
"Che cos'è la pasta alla siciliana?"
Lei corrugò la fronte, cercando di capire, se era davvero quella la domanda che le aveva fatto.
Rispose:
"Pasta con melanzane, mozzarella, pomodoro, formaggio, al forno. Ottima".
"Buona, mai provata".
Poco dopo il cameriere portò loro una minestra a base di patate, molto saporita.
Così cominciarono a mangiare.
Quando lui le disse:
"Che canzone preferisci?"
"Ritorno da te di Laura Pausini. E tu?"
"To be loved di Michael Buble".
"Michael Buble? Bellissimo, adoro le sue canzoni di Natale".
Poco dopo arrivarono le prime portate, due Pierogi molto grandi, con un ripieno di patate e formaggio. Dovevano essere ottimi.
Mentre assaporavano quella gustosa pietanza fu lei a chiedergli cercando di farsi capire alla meglio:
"Hai fratelli e sorelle?"
"Sì, ho due fratelli e una sorella".
Avrebbe voluto chiedergli tante cose, tipo se gli somigliavano, se i genitori era alti come lui, se avesse preso dalla madre o dal padre, ma non sapeva dirlo mentre pensava lui le chiese:
"E tu?"
"Sì, un fratello e una sorella".
"Come si chiamano?"
"Marina e Roberto e i tuoi?"
"Max, Robin,Jennifer"
Nel mentre che parlavano, assorti a guardarsi negli occhi, Bryan notò che vicino all' ingresso stava per entrare un'altra ragazza, che li osservò per un minuto, sorrise e andò via. Poi dopo poco le arrivò un messaggio.

Sarah mentre stava chiacchierando con lui, sentì un bip al cellulare, così arrossì e lo guardò come a chiedergli il permesso di rispondere. Annuì così lei guardò sul cellulare e notò che era Dafne, che le diceva che erano davvero teneri e che lui era un figone. La ragazza si mise a ridere, e la tensione calò, poi le rispose dicendo che fino a quel momento era stata emozionata, ma era contenta.
Il ragazzo l'aveva osservata, aveva visto che dopo quel messaggio si era rilassata e aveva capito che quella che le aveva scritto doveva essere la ragazza che era venuta a guardarli prima. La vedeva più serena, e per di più, la propria risata era stata cristallina e bellissima, come un trillo di campanelle. Tutto di lei lo affascinava. Lo eccitava. Sentiva il membro ingrossarsi ancora di più. E anche se parlavano, o cercavano di parlare, notava che si sforzava di capire e di rispondere, che era già tanto. Avrebbe voluto sapere anche l'italiano, per farla sentire a proprio agio.
Mentre arrivava il dessert, aveva notato che all'ingresso avevano fatto capolino, quattro ragazze, che erano rimaste a guardarli e una le aveva fatto un ok con la mano.

La ragazza arrossì così tanto, che si intenerì e si mise a ridere. Era vero, con il gruppo di amiche si sentiva sicura e quella sera stava passando davvero in maniera spensierata e veloce. Loro uscirono dall' ingresso e lui disse:
"Quelle ragazze erano tue colleghe?"
"Sì, e una è mia amica da parecchio tempo".
Arrossì di nuovo, voleva parlarne ma non sapeva come spiegarsi, così lui disse:
"Non preoccuparti, la serata tra noi è andata benissimo. Anzi domani che ne dici di rivederci?Sempre qui e sempre alle 21?"
"Va bene, sono davvero contenta di rivederti".
Lo disse arrossendo di nuovo e attorcigliandosi il ciuffo con il dito.
Intanto lui la stava guardando con ammirazione, sembrava davvero una ragazza deliziosa, simpatica, dolce e bella e non abituata agli uomini. Doveva controllarsi. Era di base un uomo passionale e davvero la voleva, però desiderava anche conoscerla meglio.

Afferrò la mano che con nervosismo si toccava i capelli e la strinse nella propria. Poi disse:
"Non essere nervosa, con me puoi stare tranquilla".
Dopo aver finito la cena, chiese il conto e pagò, poi la prese per mano e si avviarono fuori dall' albergo. Si guardò attorno, individuando una panchina poco distante. Si avviarono lì e si sedettero.

Il cielo quella sera era pieno di stelle e bellissimo. C'era un bel venticello fresco, e con tutta la camicia lei ebbe un brivido di freddo. Lui se ne accorse, così si tolse la giacca e la avvolse sulle sue spalle, facendola arrossire di nuovo. Continuò a guardarla con dolcezza e se la strinse un po' in più per coprirsi meglio, venendo avvolta dal un profumo da uomo, era intenso e amaro allo stesso tempo. Pochi minuti dopo le alzò il vis e disse:
"Meglio?"
"Sì"
Il ragazzo sentiva un'attrazione fortissima dentro di lui e quelle labbra lo stavano calamitando sempre di più. Da quando l'aveva vista bere, l'aveva desiderata, avrebbe voluto che le sue labbra si potessero abbeverare dalle proprie, così arrivò vicinissimo e la guardò negli occhi, come a chiederle il permesso, ma lei stava fissando le sue labbra, come in preda ad una brama famelica. Così la baciò. Fu un bacio profondo, ma non tanto, perché desiderava conoscerla meglio e non voleva che lo giudicasse un cattivo ragazzo, sapeva che le italiane erano più come dire pudiche rispetto alle Canadesi, o alle Americane e lui voleva andarci piano. Si staccò e si fissarono negli occhi, poi sorrisero e lui la strinse a sé, abbracciandola. Lei si appoggiò e continuarono a stare così per un po'.

Era emozionata. L'aveva baciata.

Senza accorgersene, con le dita si stava toccando le labbra, che ancora erano calde. Un enorme sorriso comparve sul volto.
Quelle dita che toccavano le labbra lo calamitarono a guardarle. Poi un sorriso le illuminò e così la baciò di nuovo, stringendo con il palmo della mano la propria testa, assaporando le sue labbra e la propria bocca così dolce, allacciando la propria lingua a quella di lei, continuando per qualche minuto. Non avrebbe mai voluto staccarsi. Sentiva una perfezione che non aveva mai provato prima. Però dovette staccarsi seppur con malinconia e con affanno da parte di entrambi. Alla fine lui le carezzò una guancia, accaldata e poi alzandosi la riaccompagnò stretta a sé all' albergo, ricordandole di nuovo l'appuntamento per il giorno dopo alla stessa ora.
La baciò e poi andò via, pensando che si sarebbe dovuto fare una sega, cosa che non gli succedeva da molto tempo, sorridendo.

Il giorno dopo ore undici del mattino:
Una telefonata urgente, propria sorella aveva avuto un incidente, era stata portata in ospedale. Doveva partire. Così dovette preparare le valigie e si malediva per il fatto di avere così poco tempo a disposizione. Provò a chiamarla, ma il telefono risultava isolato. Provò di nuovo, ma non ci furono cambiamenti. Avrebbe riprovato più tardi. Era da tempo che non provava sentimenti così forti e adesso doveva partire e non avrebbe avuto il tempo per andare da lei ad avvertirla. Chiuse la mano a pugno. Non c'era nulla da fare. Immaginava la delusione che avrebbe avuto la sera, la propria ara triste e mogia, ma la sorella aveva la priorità. Non l'avrebbe dimenticata sarebbe potuta diventare una storia seria.
Una volta in aeroporto riprovò, ma il cellulare risultava sempre isolato. E se avesse segnato male qualche numero? Si malediva, non l'avrebbe mai voluta lasciare, per nessun motivo

Monika Venusia

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Erri De Luca Erri De Luca. Nato a Napoli nel 1950, ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi. Il suo ultimo libro è "A grandezza naturale", edito da Feltrinelli.
Maurizio de Giovanni Maurizio de Giovanni (Napoli, 1958) ha raggiunto la fama con i romanzi che hanno come protagonista il commissario Ricciardi, attivo nella Napoli degli anni Trenta. Su questo personaggio si incentrano Il senso del dolore, La condanna del sangue, Il posto di ognuno, Il giorno dei morti, Per mano mia, Vipera (Premio Viareggio, Premio Camaiore), In fondo al tuo cuore, Anime di vetro, Serenata senza nome, Rondini d'inverno, Il purgatorio dell'angelo e Il pianto dell'alba (tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero).
Lisa Ginzburg Lisa Ginzburg, figlia di Carlo Ginzburg e Anna Rossi-Doria, si è laureata in Filosofia presso la Sapienza di Roma e perfezionata alla Normale di Pisa. Nipote d'arte, tra i suoi lavori come traduttrice emerge L'imperatore Giuliano e l'arte della scrittura di Alexandre Kojève, e Pene d'amor perdute di William Shakespeare. Ha collaborato a giornali e riviste quali "Il Messaggero" e "Domus". Ha curato, con Cesare Garboli È difficile parlare di sé, conversazione a più voci condotta da Marino Sinibaldi. Il suo ultimo libro è Cara pace ed è tra i 12 finalisti del Premio Strega 2021.
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