Gli spalti erano già gremiti fin dalle prime ore del pomeriggio; Scilla aveva notato molta più partecipazione rispetto agli anni passati, o forse era perché stavolta faceva parte di coloro che giocavano e le pareva che le grida fossero più alte, i salti e gli esulti più accentuati, i colori più colorati, i palloncini più gonfi, le bibite più frizzanti... - Ciao, Scilla. - Alzò gli occhi e vide Massimiliano. C'era determinazione in lei e le sorrise sicura che, comunque finisse quella partita, sarebbe stato difficile anche per sua madre sradicarla da quel gioco per sempre. - Perché te ne stai zitto? - gli chiese, incuriosita dalle occhiate silenti che il ragazzo le stava dando. - Non credo tu abbia bisogno di sentire altri discorsi. - - Sai che ancora non sono riuscita a vederlo? - disse Scilla riferita a Barucci, Massimiliano annuì con la testa. - Nessuno l'ha ancora visto, sembra quasi non ci sia. - Lei scoppiò in una risata forzata. - Sarebbe una bella fregatura! Tutta questa imbastitura e poi non c'è. O se c'è non mi scegliesse neanche come avversaria. - Ma entrambi sapevano che Barucci c'era e che avrebbe scelto lei. Chi altri sennò? Mancava ormai una manciata di minuti e la partita in corso sarebbe finita, poi, in un modo o nell'altro, Scilla si sarebbe tolta il rospo dalla gola. Ancora una volta il profumo nell'aria la raggiunse prima del rumore dei passi, si voltò verso Francesco. - Dove eri finito? Credevo che quel bastardo di Mazzeschi avesse fatto di tutto per tagliarti l'accesso agli spogliatoi. - - Non sentirti perseguitata, Scilla, resta concentrata, tu non hai bisogno di me in questo momento e neanche di odiare Mazzeschi per trovare la grinta sufficiente per vincere questa partita. - Ugualmente si avvicinò prendendosela tra le braccia. - Dov'è David? - le venne spontaneo chiedergli. - Sugli spalti, non era il caso che lo facessi scendere fin qui per poi fargli fare il salto agli ostacoli tra la gente per tornare al suo posto, non dopo la sfacchinata a cui si è lasciato sottoporre ieri da te. - La ragazza cambiò espressione accennando un paio di scuse senza finirne una. - Non ti chiedo di giustificarti, Scilla, ma David è in un momento un po' delicato, basta poco per farlo mollare e se molla ora non guarirà più. - - Pensi che mi stia prendendo gioco di lui? Anche tu la pensi come Mazzeschi? - Francesco cadde dalle nuvole: - Mazzeschi? - - Sostiene che sia un tipo che non si farebbe scrupoli nei confronti di nessuno, se volessi raggiungere uno scopo. - - Mazzeschi non potrebbe mai conoscerti meglio di me, non credi? - Scilla gli sorrise. - Non farei mai del male a David, io... A me lui piace - aggiunse sicura, Francesco interruppe la discussione con un cenno della mano. - Non ora, adesso concentrati sulla partita, fai del tuo meglio. Di David, se credi sia necessario, ne riparleremo. - Sentirono il fischio della fine della partita. Livorno Vs. Siena, Siena vincente per 3 set a 0. Il cuore di Scilla ebbe un sobbalzo insostenibile, lui la tenne per un braccio perché non cadesse e le sorrise. Raggiunse gli altri della squadra, mentre Francesco tornò sugli spalti da David. Scilla alzò i suoi occhi alla ricerca di lui, sentiva di avere bisogno di vederlo mentre le sorrideva. Le sarebbe bastato un solo sorriso, solo l'accenno di esso. Ed eccolo, Lorenzo Barucci, Giant, alzatosi in piedi dalla sua panchina che la guardava ridacchiando sprezzante insieme ai suoi compagni. Non era cambiato poi molto da quella fatidica primavera. - Certo che è bello alto. - - Ma è diventato più robusto? - - Sembra forte. - - È solo grasso! - sbottò Scilla spazientita, facendo zittire all'istante tutti quei discorsi senza senso, poi si voltò nuovamente verso gli spalti alla ricerca di quel sorriso, ma ancora non lo vide. La partita si aprì con Barucci che andò dai giudici a dichiarare il nome del suo avversario. Scilla si sentì chiamare e, nello stesso istante in cui l'altoparlante disse il suo nome, anche Marco la chiamò, lei si voltò verso di lui e il ragazzo le porse il cellulare, nel quale brillava un messaggio: “Adesso fammi vedere che sai ballare.” David! Cercò avida tra tutte quelle persone urlanti, ma non lo vide neanche stavolta. - Scilla, vai ti hanno chiamata! - le disse Marika, lei si incamminò decisa, incontro alle risatine sprezzanti di Barucci, sicuro di una vittoria facile. Il fischio dell'arbitro risuonò come la sirena di un faro in mezzo al mare agitato, onde color glicine si sollevarono altissime fin da subito, mentre un'aura verde fosforescente si levava dagli occhi di Scilla. E sorrideva. Ma non aveva paura? Barucci non se l'aspettava e si scoprì in difficoltà di fronte a tanta agilità. - Non ce la farai a saltare come uno stambecco per tutta la partita! - - Non ho intenzione di farla durare tanto, Giant! - gli rispose lei senza smorzare il sorriso, spiazzandolo inesorabilmente e scaraventandogli una pallonata su quel bel muso rubicondo. 1 a 0, si conquistò la battuta e se la tenne fino al 4 a 0. Tutta la squadra del Pisa era in subbuglio, Barucci non riusciva a seguire Scilla, sembrava che il campo fosse soltanto suo e, nonostante il vantaggio, non accennava a fermarsi. Mazzeschi seguiva in silenzio con braccia conserte e senza espressione sul viso. Per Scilla ogni contorno non esisteva più, vedeva solo il pallone e Giant da sconfiggere, ma dopo un clamoroso 8 a 0 iniziò ad accusare la stanchezza. Guardò il cartellone col punteggio e l'incredulità le si stampò in faccia. Barucci ribolliva serrando i pugni, da quel momento in poi non li avrebbe più allentati, neanche per colpire il pallone. Un tiro di una violenza impensabile scaraventò Scilla contro la parete trasparente insieme alla palla ricevuta in piena faccia. - Ma che bastardo! - esclamò Marco scattando in piedi dalla panca. - Mi chiedevo quando avrebbe iniziato - proseguì Alessio riferendosi a quel dannato vizio che Barucci aveva di ribattere con i pugni. - Adesso tutto si complica - piagnucolò Marika. Intanto Barucci si era ripreso la battuta dopo otto punti subiti senza riuscire a fermare quella scheggia impazzita di Scilla, che ansimando e massaggiandosi l'orecchio destro cercava di mandar via il bruciore, ma ogni sua parte era rovente e sudata e niente le portava sollievo. - Cambiarmi i connotati non ti servirà, Giant! Sei fuori luogo qui, ti farò uscire dal Campionato! - Lui ridacchiò sarcastico, mentre si preparava a battere ostentando il pugno con aria di sfida. - Sarai all'ospedale per quel momento, mezza sega! - e ridistese il pugno in segno di sicurezza. Scilla non riuscì a trattenersi e fu la sua fortuna. - Non puoi far carriera tirando di pugno sempre, prima o poi ti scopriranno! - - Stai attenta a non beccarti una squalifica per ingiurie! - rise spavaldo il ragazzo, ma l'arbitro parve arrossire e cambiò espressione. Mentre Barucci si voltò alla parete per battere, l'uomo si avvicinò alla giuria e confabulando con i giurati aumentò il rossore in viso. Il ragazzone aveva battuto e nessuno fece caso alle mosse dell'arbitro, il quale prontamente fischiò per far ripetere la battuta. - Se batti ancora una volta senza che ti abbia dato il via ti squalifico! - gli disse, già risentito per il dubbio sortogli dopo l'esclamazione spontanea di Scilla. La battuta fu ripetuta, stavolta a mano tesa e senza fare danni, Scilla la intercettò e la rispedì al mittente imprimendole un discreto effetto toccandola di striscio, sfruttando la velocità che già aveva ma senza farsi male. - Brava piccola - si lasciò sfuggire Francesco. David si voltò verso di lui, erano entrambi in piedi sulle scalinate e con sua sorpresa il ragazzo si accorse che non accusava né dolore né stanchezza. - Se smette di dimenarsi come sta facendo gli permetterà di inquadrarla ogni volta che tirerà e perderà il vantaggio - disse David. - Probabile, ma Scilla è entrata in campo sicura che perderà, vedere che invece sta vincendo non farà che aumentare la sua forza e la sua sicurezza. Al contrario Barucci mi appare leggermente deconcentrato. - David dovette annuire, ma col timore che invece il ragazzone non avesse tirato fuori tutta la sua crudeltà. Il set finì 10 a 3 e nessuno, Scilla per prima, ci stava credendo. La panchina del Pisa, che prima era in subbuglio, adesso era furiosa. Scilla si avvicinò ai suoi compagni con ancora l'adrenalina che trasudava perfino dai capelli. In un istante il suo telefonino avvertì di un nuovo messaggio e Marco che lo aveva preso in consegna lo visualizzò e glielo mise davanti agli occhi. La ragazza neanche lo prese in mano da quanto ancora tremava, lo lesse direttamente dalle mani dell'amico. Era di Francesco: “Dimentica che stai vincendo, cambia tattica, lui lo farà. Fallo giocare un po' e cerca di capire cosa vuole fare. David ti consiglia di continuare a ballare, se ne hai il fiato”. Cercò ancora una volta i due sugli spalti, ma neanche stavolta riuscì a vederli. L'arbitro fischiò di nuovo, Giant e Scilla tornarono in campo, incrociandosi sulla linea di metà. - Ti farò sparire quel sorrisetto, ti farò sputare tutti i denti. - - Ma tu perderai lo stesso - osò lei con una sicurezza con la quale meravigliò perfino se stessa. La partita riprese, con lui che colpiva duramente, con lei che ballava come se fosse una foglia sbattuta dal libeccio e con il verde dei suoi occhi che increspava l'aria. Era talmente veloce che lasciava la scia e Lorenzo Barucci, se lo si osservava bene, faceva sempre le stesse dieci mosse. - Ti ho trovato il punto debole - mormorò quasi tra i denti. - Che tipo di poca fantasia che sei, se sei così in tutte le tue cose, qualsiasi ragazza ti mollerà dopo due ore! - E sghignazzando rilanciò un pallone che andò a perdersi sul fondo. Altro punto per lei. Mazzeschi continuava nel suo muto atteggiamento a braccia conserte, le occhiate furibonde di Marco non lasciavano dubbi sulle intenzioni che il ragazzo aveva nei confronti dell'uomo, Marika lo osservava e, un po' per la faccia che lui aveva un po' perché Scilla era avanti di un set rispetto al temibile Giant, ridacchiava ironica. - Non ti sarai mica aspettato che le dicesse qualcosa? Se Scilla perde o vince per lui non fa differenza. - Il cellulare trillò di nuovo un messaggio, Marco lo visualizzò mentre lo mostrava a Marika con eloquente significato. - Non può giocare ricevendo consigli dal suo allenatore tramite sms! - Poi lo lesse e ripeté a Scilla: - Spingiti fino alla metà campo! Non ribatterlo di forza, lasciatelo rimbalzare addosso. Rallenta, riprendi fiato! - La ragazza si voltò verso Marco che le parlava ostentando il cellulare, allora capì che Francesco la stava seguendo nonostante lei non lo vedesse. Si sentì sicura, protetta, mentre il pallone la raggiungeva a segarle le gambe con una velocità supersonica. Si girò su se stessa in una sorta di pirouette e ribatté con il ginocchio, il pallone tornò da Barucci, che lo prese in pieno stomaco. Non se l'aspettava, per questo non si preparò e accusò il colpo. I giurati ebbero un sorriso di soddisfazione. - Si stanno divertendo, ha già vinto - disse Francesco, David annuì. - Ce la può fare, vero Fran? - - Inizia ad avere buone probabilità, sì. - Barucci schiumava, la sua panchina ribolliva come il mosto dentro un tino. L'allenatore del Pisa era furioso. - È un pidocchio di neanche quarantacinque chili, Lorenzo! Falla fuori! Maledizione, guarda il cartellone! - Scilla aveva perso il conto e quando Barucci si voltò verso il punteggio lo fece anche lei: 7 a 4. Un punto ancora, poi non avrebbe dovuto concedergliene più. Si agitò, l'arbitro fischiò, il pallone arrivò veloce e si ritrovò senza equilibrio a scansare la parete dietro di lei. Finì a terra con la palla tra le gambe: 7 a 5. - No - mugolò Alessio. - Alzati, Scilla! Fregatene, stai vincendo! Lascia stare la tua stupida scommessa, sei sopra di due punti, alzati! - le urlò Marco, ma non aveva il cellulare aperto. Scilla volle fidarsi lo stesso. Per una volta tanto avrebbe fatto come volevano gli altri, che la stavano seguendo col cuore in gola. Di nuovo il fischio dell'arbitro e Barucci che non fece passare neanche mezzo secondo. Tirò la palla contro la parete con tutta la rabbia che aveva, l'impatto ne smorzò la potenza, Scilla mise entrambe le braccia tese in avanti a mani aperte cercando di ribatterla con l'eminenza palmare. [...]
Marina Cappelli
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